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SETTIMA SERIE

AVVERTENZA

l. Questo volume, quarto della serie VII, abbraccia il periodo compreso tra il 15 maggio 1925 e il 6 febbraio 1927. Esso inizia, cioè, con l'assunzione al sottosegretariato agli Esteri da parte dell'on. Dino Grandi e termina con le

dimissioni, sen~a successore, di Chiaramonte Bordonavo dalla carica di segretado generale agli Esteri, insieme all'allontanamento di Romano Avezzana e di romasi della Torretta dalle Ambasciate di Parigi e Londra.

2. Il volume è basa,to sulla documentazione conservata nell'AI'chivio Storico del ministero degli Affari Esteri, per le cui singole 'serie valgono le stesse osservazioni fatte nelle Avvertenze dei volumi precedenti, con :particolare riferimento a quella dell'ultimo.

Per quanto riguarda il sempre più nutrito Archivio della Cifra occorre fare quaLche altra osservazlione. Col 1926 le due serie di Gabinetto dl grande e di p1ccola registra:zione sono contradidistin,te rispettivamente con l:e sigle R. (Raccolta) e P.R. (Piccola Raccolta). InoLtre la d~stinzione tra Raccolta e Piccola R!accolta v,iene introdotta anche nei telegrammi di serie normale: nel 1926

solo per quelli in partenza, nel 1927 an.che ,per quelli in arrivo. Nello stesso anno 1927 si precisa un'altra tendenza dell'Archivio della Cifra, che si era andata delineando nel corso del 1924 e poi nei due anni suc~cessivi. La serie normale della Raccolta, sia in partenza ~che ~in arrivo, consta di copie non :più s~critte .a macchina ma stampate (e, negLi anni precedenti, anche ciclostilate); insieme ai telegrammi in partenza si trovano rilegati negli stessi registri qUJelli in arrivo ritrasmessi come docnmenti diplomatici alle ,rappresentanze all'estero.

I volumi di telegrammi consultati sono, per la parte di Gabinetto, grande e piccola registrazione (poi R. e P.R.), i numeri 573-576, 580, 613-619, 678, 684 (in arrivo); 5~77-579, 5:80, 620-622, 685, 689 (in partenza); per la parte ordinaria, Raccolta e Piccola Raccolta, i numeri 560-5~65, 581-5196, 623, 62,4 (in arr,ivo); 568-572, 597-612, 653, 654, 668 (in partenza).

Le ricerche condotte nell'Archivio Centrale dello Stato, Carte Volpi, hanno dato risultati interessanti sui problemi della lira, dei debiti interalleati e dei rapporti finanziari con gli Stati Uniti d'America. Altre ricerche condotte, sempre presso l'Archivio Centrale dello Stato, nel

fondo P'l'esidenza del Consiglio dei Ministri e so:pr.atutto in quello Segreteria Particolare del Duce, carteggio riservato, hanno consentito di integrare la documentazione su alcuni p:mblemi particolari: i Fasci all'estero, i fuorusciti, l'irredentismo corso, ecc.

Sem;pre nell'Archivio Cenitrale si è trovato qualche documento sui rapporti

con la Santa Sede, anche se in misura assai scarsa. Le 'stesse ricel'che condotte aell'Archiv~o Storico dlel ministero Esteri hanno purtroppo dato, su questo problema fondamentale, risultati mediocri; sicchè la documentazione contenuta nel presente volume poco a:g,giung,e a quella g.ià edita in C. A. BIGGINI, Storia inedita della Conciliazione, Milano, 1942. Qualche utile precisa:z.ione peraltro è venuta da un raffro111to tra ri documenti dell'Archivio Storico e quelli conservati a Chieti in originale o in minuta nelle carte del principe Michele Pignatelli di Cerchiara, messe cortesemente a disposizione dalla figlia Donna Maria.

VII

Infine le Memorie inedite del Conte Alessandro De Bosdari, già utili:tzate in precedenza, hanno consentito di integrare in più punti la documentazione diplomatica anche nel presente volume.

3. Il prof. Giampiero Carocci, vice segretario della Commissione, ha dato, come per i ~oliumi precedenti, la sua preziosa collaboraziooe per la ricerca ed il ·coordinamento dei docume~ti. Con lui ringrazio le dottoresse Emma

Jannetti ed Emma Ghisalberti per la compilazione degli inrdici e per l'attenta revisione delle ·bozze. Desidero ricordare altresì l'aiuto del prof. Leopoldo Sandri e dei suoi collaboratori dell'Archivio Centrale dello Stato.

RUGGERO MOSCATI

VI II


DOCUMENTI
1
1

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, SOLA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. 1790/215. Belgrado, 18 maggio 1925, ore 23,50 (per. ore 11,40 del 19). Da mie informazioni colte ulteriormente si deduce che Conferenza della Piccola intesa (l) è stata particolarmente influenzata dal timore degli Stati partecipanti che la nuova situazione interna della Germania possa svegliare speranze o pretese di sollevare ... [manca] dei trattati in Austria ed Ungheria. Le parole assai dure del ministro Duca circa pretesi preparativi ungheresi e quelle più misurate ma precise di Nincich circa l'Austria e l'Ungheria hanno suscitato a Vienna ed a Budapest una comprensibile contrarietà anche perchè non erano attese. Perciò Piccola Intesa si trova rafforzata dalla necessità apparsa irrnperativa ai t.re ministri affa.ri esteri di ricostruire il fronte unico dinanzi al problema dell'unione dell'Austria alla Germania e dinanzi ai segni di vitalità che comincia a dare l'Ungheria. Ciò nonostante risalta con .evidenza che un solo problema ... [manca] esaminato nei colloqui veramente l'ungherese. Per ciò che riguarda l'Austria, tanto la Jugoslavia che la medesima Cecoslovacchia devono sollecitare il naturale appoggio dell'Tta.Ua non potendo contare su quello della Romania mentre per ciò che riguarda la Bulgaria non è possibile non giustificare il disinteressamento cecoslovacco. La benevolenza dell'Italia, a cui ministro Nincich ha fatto molteplici allusioni nelle sue dichiarazioni alla stampa (mio telegramma n. 214) sembra cominci ad essere considerata un

elemento decisivo per la realizzazione di taluni degli obiettivi principali della Piccola Intesa.

2

IL RAPPRESENTANTE ALLA CONFERENZA PER LA GIORNATA LEGALE DEL LAVORO, DE MICHELIS, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 781. Ginevra, 20 maggio 1925, ore 23,30 (per. ore 2,15 del 21). Per lei solo decifri ella stessa. Situazione nostra delegazione non è molto migliore scorso anno dato confederazione generale lavoro ha presentato ricorso contro nomina Rossoni delegato operai ritenendola illegale poichè corporazioni non ,sono composte soltanto operai e poichè non sono le più rappresentative fra le organizzazioni del regno.

È da ritenere però che l'assemblea plenaria confermerà voto due anni precedenti convalidando designazione Rossoni. Ma difficoltà e delicata situazione risie

dono nell'atteggiamento ostile al delegato italiano assunto dal gruppo operaio che va sistematicamente lasciando fuori Rossoni dalle commissioni che sono in definitiva veri e propri organi conferenza. Rossoni ha formulato davanti conferenza riserva circa suo atteggiamento nel caso questa esclusione si verifichi completamente anche per le altre commissioni.

Ha sollevato questione di massima avanti commissione redazione e dopo vivace dibattimento capo gruppo operai Jouhaux ha proposto una modifica al regolamento la ·quale però anche se accolta dalla assemblea plenaria non potrà avere effetto che anno prossimo. Oggi gruppi governativi padroni operai hanno costituito diverse commissioni eleg.gendo ciascuno un addetto membro e Rossoni è stato sistematicamente escluso da ogni commissione. Ho fatto le più esplicite riserve circa procedura che sarà scelta da nostra delegazione durante conferenza affine dì considerare soluzione dì questa increscìosa situazione che pw-e essendo ·conforme ai regolamenti attuali non sembra né equa né giusta.

Questo è lo stato delle cose. In una riunione della nostra delegazione sono state esaminate le due soluzioni che si prospettano e cioè:

l) continuare come scorso anno partecipare Conferenza cercando tanto ottenere convafidazione nostro delegato operaio ·quanto sostenere modificazione regolamento;

2) dopo .convalida nostro delegato operaio abbandonare lavori Coruferenza con esplicita richiesta Governo italiano. Questa seconda alternativa dovrebbe poi avere come logica conseguenza uscita Italia da Ufficio Internazionale Lavoro e a me sembra anche da Società delle Nazioni (1).

Deputato Olivetti partito per Roma potrà fornire a V. E. più precisi particolari. Resto in attesa istruzioni per condotta ulteriore tanto mia personale quanto della nostra delegazione.

(l) Riunita a Bucarest la settimana precedente.

3

L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 786/122. Parigi, 20 maggio 1925 (per. il 22).

Ho avuto una conversazione con Berthelot circa lo statuto di Tangeri. Debbo, con mio rincrescimento, informare V. E., ch'essa è stata tutt'altro che soddisfacente. Berthelot, che era stato da me prevenuto dell'argomento del quale volevo intrattenerlo, mi ha detto che egli aveva studiato la questione e ne aveva discorso con Briand. Erano entrambi venuti alla conclusione che la nostra richiesta non poteva essere accolta. Io ritengo --egli mi ha detto -che aderendo anche parzialmente al punto di vista dell'Italia, noi creeremmo una situazione vaga, piena dì equivoci e che anzi che giovare porterebbe in seno i germi di nuovi attriti. Ad evitarli è meglio essere franchi e sinceri. Noi dobbiamo rimanere fermi sull'accordo preso nel 1912 (2) col quale la Francia si è disinteressata della Libia e l'Italia del Marocco, intendendosi con questa denomina

zione tutto il territorio soggetto all'alta sovranità del sultano anche nei punti, come Tangeri, dove la Francia è venuta per circostanze estranee all'Italia, a componimenti con l'Inghilterra e la Spagna.

Le mie osservazioni sull'internazionalità di Tangeri, sulla nostra qualità di grande potenza mediterranea, e sulla considerazione .che fra il 1912 ed oggi era intervenuta la guerra combattuta insieme, per cui avevamo diritto ad essere considerati sotto un diverso aspetto, non lo hanno rimosso dalla posizione presa che egli ha mantenuto fino alla fine della conversazione con recisa fermezza.

Ne ha preso anzi occasione per richiamare la mia attenzione sul fatto che la stessa zona spagnuola era sottoposta alla sovranità del sultano, il cui benestare era richiesto per la nomina del califfo locale.

Ha concluso dicendomi che la decisione che mi comunicava era definitiva e che questa chiarezza di linguaggio non poteva diminuire la stima reciproca delle due nazioni. Era dolente di non poter fare altrimenti e si proponeva di dimostrare i sentimenti amichevoli della Francia in altro campo.

Avendogli chiesto quale, egli mi ha risposto: per esempio in quello metallurgico. (Con quest'ultime parole egli ha voluto probabilmente alludere ana proposta Serruys circa il carbone della Sarre, ed il ferro d'Algeria) (mio telegramma per corriere n. 353/119 del 14 corr.). Ma è questa una mia supposizione, atteso che non .credetti opportuno di chiedergli spiegazioni per manifestargli con maggiore efficacia la mia sorpresa per le dichiarazioni fattemi in contrasto con i discorsi e gli affidamenti di Herriot e di Briand, ed il mio rincrescimento che l'azione spiegata in questi due anni per ravvicinare i due paesi correva rischio di essere compromessa dal suo intervento.

Non è mestieri che io assicuri V. E. che farò delle vive rimostranze a Painlevé e Briand per la cattiva volontà dimostrata a mezzo del segretario generale nella prima negoziazione fatta col nuovo gabinetto, quantunque non so se valga la pena di farlo prima dell'apertura della camera (25 corr.) quando apparirà se esso abbia ancora una maggioranza (mio telegramma per corriere

n. 354/120 del 16 corr.). Ma poichè è probabile che sia per prevalere la volontà di Berthelot, mi sembra opportuno fin d'ora fare a V. E. un riassunto brevissimo della situazione, così nei riguardi della questione di Tangeri, che per le sue ripercussioni .sugli altri problemi, allo scopo di tenere presenti i vari elementi che possono determinare la nostra ulteriore linea di condotta.

Il mutato atteggiamento del Governo francese a nostro riguardo per Tangeri, è senza dubbio principalmente dovuto all'offensiva di Abd-el-Krim ed ai negoziati che si svolgono a Madrid fra Primo de Rivera e Malvy.

Sebbene io non abbia informazioni precise per l'assoluto segreto che su tali trattative mantengono così il Quai d'Orsay che l'ambasciatore di Spagna (persona come V. E. sa, ligia al Governo francese e che cura soprattutto d:i rendere possibili i viaggi che il re di Spagna si compiace di fare spesso in Francia), tuttavia debbo desumere dalla posizione d'intransigenza ·Subitamente assunta verso di noi e dall'accenno fattomi da Berthelot circa la sovranità del sultano sulla zona spagnola, che i passi che la Francia va facendo a Madrid siano diretti a prevedere la sostituzione eventuale di un protettorato francese su di un territorio che la Spagna si è dimostrata incapace di pacificare, quando le armi francesi, con notevoli sacrifici di sangue e denaro, riuscissero a dominare la ribellione e permettere alla Spagna una onorevole ritirata od un pacifico possesso di una zona ridotta, od un condominio nominale.

È ovvio che in tale previsione la Francia cerchi di dare all'accordo con l'Italia del 1912 un significato di disinteresse assoluto del Marocco, per opporcelo qualora noi, da una modificazione dello statu quo attuale, traessimo argomento per considerare mutato l'equilibrio mediterraneo, e chiedessimo compensi.

Segue col telegramma recante il numero successivo (1).

(l) Nota marginale di mano non identificata: • ?!!!Pensate. alle conseguenze? •.

(2) Testo, in Trattati e Convenzioni, ecc., XXII (1912-1913). p. 249.

4

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL RAPPRESENTANTE ALLA CONFERENZA PER LA GIORNATA LEGALE DEL LAVORO A GINEVRA, DE MICHELIS (2)

T. GAB. U. 416. Roma, 21 maggio 1925, ore 22.

Suo telegramma 20 corrente (3).

Onorevole Olivetti mi ha riferito su situazione nuovamente determinatasi Ginevra di fronte Rossoni. Credo che linea condotta da seguirsi sia la seguente: restare in ogni caso a Ginevra perchè andarsene sarebbe confessarsi vinti e gli assenti hanno regolarmente torto. Non insistere per la nomina nelle commissioni parziali e sollevare questione in seduta plenaria di conferenza.

5

L'AMBASCIATORE A MOSCA, MANZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 793/97. Mosca, 23 maggio 1925, ore 2,36 (per. ore 6,45).

Discorso di V. E. (4) ha prodotto in questi circoli politici grande favorevole impressione.

6

IL VICE SEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETÀ DELLE NAZIONI, ATTOLICO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 807/70. Ginevra, 23 maggio 1925, ore 20 (per. ore 24).

Ieri l'altro Benes che si era già intrattenuto con vari membri segretariato circa questione austriaca, ha avuto lungo colloquio in proposito anche con Stoppani incaricandolo riferirmene dettagLiatamente. Avendogli fatto pervenire per questi miei ringraziamenti Benes ha tenuto a vedermi personalmente il che è avvenuto oggi. Egli ebbe sopratutto sottolineare che non intende pro

cedere nella materia se non di pieno accordo con Italia. Soluzione problema austriaco data dalla lega delle nazioni nel 1922 fu una soluzione provvisoria necessariamente incompleto risultato di reciproca diffidenza. Ora la situazione è cambiata. Diffidenze si sono calmate. I veri interessi si sono fatti luce e tutti riconoscono che il problema austriaco è essenzialmente un problema italocecoslovacco mentre Italia e Cecoslovacchia a loro volta comprendono perfettamente che ogni... [manca] di accordo nella materia sarebbe pregiudizievole ad entrambi. Ciò premesso Benes ha riconosciuto che situazione obbiettiva è tuttavia tale da rendere possibile legittima divergenza di vedute. Queste possono essere appianate solo da contatti diretti fra persone responsabili, contatti cui prossimo consiglio potrebbe dare ottima occasione.

Benes insiste molto sulla necessità ·che d'accordo tra Italia e Cecoslovacchia diasi inizio subito studio del merito di possibili soluzioni definitive. Bisogna togliere all'Austria ogni pretesto per escogitare tentativi unione con Germania. Continuando a fare niente, poichè è provato che l'Austria è un organo economico non vitale, si fornisce appunto il migliore dei pretesti. D'altra parte le idee di una confederazione danubiana, di un « Zollverein », ecc. sono fuol'i discussione. Quale sia il piano concreto e positivo che ha ·in mente, Benes non dice tuttavia con chiarezza. Insiste sopra sacrificio cui la Cecoslovacchia deve sobbarcarsi data la vitalità dei propri interessi. Accenna ad accordi economici che potrebbero profittare all'hinterland di Trieste, ecc. e conclude col ripetere ancora che in ogni modo egli non farà nulla se non d'accordo con Italia.

Questa la mia conversazione con Benes. Io ho creduto tuttavia di controllarla immediatamente attraverso segretariato generale. Da questo ho avuto confermato quanto avevo già appreso da fonte francese attraverso Stoppani e cioè che la soluzione Benes consiste in una unione doganale fra Austria e Cecoslovacchia e tra questi due paesi soltanto. Ove Italia domandasse di entrare nella combinazione, Cecoslovacchia si ritirerebbe senz'altro. Queste informazioni di Drummond mi hanno sorpreso non solo per il loro contenuto che su per giù conoscevo, quanto per la loro categoricità. Dal colloquio con Drummond ho anche tratto impressione che idea di Benes stia riuscendo farsi una certa strada. Vi riuscirebbe certamente se Benes fosse lasciato a lavorare da solo ed è indubitato che sarebbe imprudente permettere che egli profittasse del consiglio di giugno per insinuare in Briand e Chamberlain dei punti di vista che sarebbe poi difficile rimuovere. Benes riparte oggi. Sarà di ritorno primo giugno.

(l) -Cfr. invece n. 11. (2) -II telegramma venne trasmesso attraverso il consolato generale a Ginevra. (3) -Cfr. n. 2. (4) -Si tratta del discorso di Mussolini al Senato del 20 maggio 1925. Il testo, in B. MusSOLINI, Opera Omnia, XXI, Firenze, 1956, pp. 315-321.
7

IL SEGRETARIO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, MAMELI, AL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI GENERALI, LOJACONO

T. GAB. (P. R.) S. 280/7. Milano, 28 maggio 1925, ore 2,40 (per. ore 4,20). Ho telefonato a Bossi con necessaria circospezione prime notizie discorso D'Annunzio. A chiarimento comunico che subito dopo partenza di S. E. Mussolini da Gardone, corteo di parecchie migliaia di fascisti, con inviati speciali

dei principali giornali si recò al Vittoriale per rendere omaggio al Comandante. Questi tenne alla folla due discorsi nel primo dei quali disse che siamo in ora di vigilia, che è imminente diciassettesima vittoria, che conquisteremo quarta sponda. Impressione folla e specialmente giornalisti è stata naturalmente enorme. Inviato Giornale d'Italia diceva che si tratta dichiarazione di guerra Jugoslavia. Presidente avvertito appena giunto Milano ha disposto che s1ia impedita su tutti i giornali ogni comunicazione non ufficiale. Comunicato Stefani sarà diramato appena possibile, probabilmente questa notte stessa. Si deve naturalmente tener conto suscettibilità D'Annunzio che da prime notizie sembra però rendersi conto situazione. Invierò altre notizie appena possibile.

8

IL SEGRETARIO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, MAMELI, AL MINISTERO DEGLI ESTERI (l)

T. GAB. 837/9. Milano, 28 maggio 1925, ore 13,35.

S. E. Mussolini ha diretto a S. E. De Stefani seguente telegramma: « Ricevo da Roma una comunicazione del ministero degli affari esteri s·econdo la quale progetto di prestito per Albania sarebbe arenato o annullato. Punto cui sono giunte le cose questo non è più possibile. Trattasi di un prestito privato cui modalità e conseguenze furono precisamente determinate e non credo che ciò possa nuocere a quelle eventuali aperture di crediti di cui alla lettera che ho mandato a V. E. prima di partire da Roma. Rinunzia all'O,perazione alla ultim'ora sarebbe disastrosa per nostra posizione speciale in Albania e generale nell' ... [manca] e annullerebbe quattro mesi di intenso lavoro. Mentre sonde per i petroli albanesi sono già in viaggio non si può assolutamente cambiare direttive. Prego quindi V. E. di impartire necessarie istruzioni perchè operazioni prestito secondo razionale determinazione piano Alberti abbiano svolgimento normale ~

9

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. 2062/53. Addis Abeba, 28 maggio 1925, ore 18,45 (per. ore 10,15 del 29).

Rispondo al telegramma di V. E. n. 493·4 del 29 maggio (2).

R1petizione chiesta n. 48 del 26 maggio:

Azione politica Francia nei riguardi armamenti se è mutata nei suoi effetti (poichè porto Gibuti è praticamente chiuso traffico armi) è però rimasta identica nello spirito come •lo prova pre·senza Ginevra colla missione etiop-ica del famigerato ministro Lagarde e le ripetute assicurazioni dell'attuale ministro di Francia al Governo etiopico che il Governo francese è decisamente favorevole alla richiesta Etiopia per la piena illimitata Ubertà armamenti alla quale invece Italia ed Inghilterra sarebbero decisamente contrarie. Ciò spiega persistente orientamento Abissinia verso Francia. Ras Tafari non mi ha nascosto che dalla

calorosa accoglienza ricevuta in Italia aveva riportato l'illusione che essa avrebbe appoggiato sua aspirazione anche nella questione armamenti considerando che la limitazione armamenti imposta Abissinia come condizione sua entrata Società Nazioni era lesiva suoi diritti acquisiti.

Ho fatto rilevare a Ras T'afari che illl;lsione ed errore maggiori erano stati quelli di credere che con sua entrata in Società Nazioni Abissinia si sarebbe sottratta a ogni ingerenza Italia e Inghilterra e che malgrado la tardiva accoglienza signor Lagarde a Ginevra non erano certamente favorevole suoi scopi: che dal giorno sua ammissione nessun fatto realmente poteva giustificare cambiamento condiziom 1mpostele, e che nei nostri riguardi per quanto atteggiamento Governo etiopico sia indubbiamente amichevole esso è però lontano dal soddlsfare nostro compito puramente economico-commerciale.

È comunque fuori di dubbio che attegg·iamento Italia ed Inghilterra posto in relazione con quello Francia nella questione armamenti avrà conseguenze favorevoli a quest'ultima ed influirà grandemente su ogni nostra trattativa con Governo etiopico.

(l) -Il telegramma reca il « visto » di Grandi. (2) -Sic, per evidente errore.
10

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL PRESIDENTE;DEL CONSIGWO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. R. 852/49. Addis Abeba, 28 maggio 1925, ore 19,40 (per. ore 11,15 deL 30). In un lunqo colloquio avuto in questi ultimi giorni coll'imperatrice presente Ras Tafari ed in previs·ione della impressione che non mancherà di produrre atteggiamento assunto Ginevra per questione armamenti ho francamente esposto valore illusorio e fallace della politica ostentatamente francofila seguita dal Governo etiopico e maggiormente accentuatasi in questi ultimi anni, in contrasto con la più abile azione di equilibrio fra le tre potenze seguita da Menelik. La mia argomentazione che non ha avuto nessun carattere ostile verso la Francia per quanto atteggiamento questo ministro Francia me ne dasse facile appiglio, ha vivamente impressionato imperatrice che mi ha fatto domandare

quali fossero i « desiderata » del Governo italiano col quale ha dichiaralto essere suo fermo proposito riaffermare e rafforzare intimi rapporti.

11

L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 865/365/123. Parigi, 29 maggio 1925 (per. ore 18 del 31).

Mi sono astenuto dal dar seguito al mio telegramma n. 364/122 (l) perchè dopo più mature riflessioni, ho ritenuto di non poter dare un giudizio comples

sivo sull'interpretazione dell'atteggiamento assunto da Berthelot nella questione di Tangeri e sul significato che tale atteggiamento poteva avere nelle relazioni tra la Francia e l'Italia e le sue ripercussioni sulla nostra politica generale, senza aver ben chiarito la situazione con i più autorevoli uomini del Governo.

Senza impegnare in nessun modo la libertà d'azione futura dell'Italia, ci è tuttavia indispensabile di sapere, per norma della nostra politica, il preciso pensiero del Governo francese e di Berthelot, non soltanto per Tangeri, ma anche sulla sua politica mediterranea e coloniale e sulla sua politica austriaca, in relazione al patto di sicurezza.

Ho creduto necessario di far precedere 11 discorso che terrò su tali argomenti con Briand, da una conveniente preparazione. Ho già fatto conoscere al presidente della repubblica la cattiva impressione ricevuta dalle dichiarazioni fattemi da Berthelot, ed avrò un colloquio con Caillaux, col quale farò colazione fra giorni.

Con De Monzie, col quale ho rapporti specialmente amichevoli, ho avuto ieri una interessante conversazione. Gli ho esposto la gravità delle decisioni di Berthelot, dopo che Barrère, Herriot, Painlevé e Briand si erano pronunziati favorevolmente ad una revisione dello statuto di Tangeri, per riconoscerei una .>ituazione proporzionata alla nostra qualità di grande potenza mediterranea e dopo che vi era stato un inizio di negoziati.

L'impressione che tale decisione farebbe sull'opinione pubblica italiana, quando fosse conosciuta, sarebbe stata certamente assai penosa, se dovevo giudicare dat dubbi che aveva fatto nascere in me stesso, anche perchè Berthelot era stato il collaboratore della politica di Clemenceau.

L'atteggiamento di Berthelot poteva essere interpretato come una ripresa

di quella politica, con tutte le sue conseguenze.

Se nella concezione di Berthelot l'Italia non rappresentava un fattore essenziale della politica dell'Europa, ovvero se egli riteneva che la Francia dovesse riprendere nei riguardi dell'Italia una politica di compressione, era mio dovere informarne il mio Governo.

De Monzie mi ha risposto che il Quai d'Orsay era stato sempre specialmente

geloso del Marocco, considerando come dogma fondamentale della politica fran

cese che non fosse portata nessuna modificazione alla situazione risultante dalla

stretta applicazione dei trattati in vigore. Anche durante la guerra, egli, De

Monzie, aveva proposto, per assicurarsi una più benevola neutralità della Spagna,

di largheggiare con questa ultima per Tangeri, ritenendo che Parigi, allora mi

nacciata dall'esercito tedesco, ne valesse la pena. Ma, anche allora, malgrado

la gravità del momento, si era urtato contro il rifiuto del ministero degli affari

esteri. De Monzie mi ha chiesto quale altro gesto potrebbe compiere la Francia

per compensare l'impressione che potrebbe fare la rottura dei negoziati per

Tangeri.

Gli ho risposto che non ne vedevo alcuno, poichè qualsiasi concessione di

carattere materiale non avrebbe avuto l'importanza nè le ripercussioni che si

collegavano al diniego di prendere in considerazione la nostra richiesta.

De Monzie mi ha detto che si rendeva conto dell'importanza delle mie con

siderazioni e che ne avrebbe parlato con Briand e Berthelot, a titolo personale,

non avendo qualità ufficiose per intervenire in tale discussione.

Gli ho risposto che anche il mio discorso aveva carattere strettamente amichevole, proponendomi di parlare dell'argomento in questione a Briand dopo che sarebbe stata chiarita la situazione parlamentare.

De Monzie, in termini molto enfatici, mi ha pregato di non attribuire a questo incidente un'importanza di carattere generale, per l'indirizzo della politica francese. Malgrado la riserva impostagli dal segreto al quale era tenuto, sulle discussioni che avevano luogo in consiglio dei ministri, credeva di poterla sciogliere per informarmi, in via confidenziale, che nell'ultima riunione Briand aveva esposto le sue vedute sulla politica francese, esprimendo l'avviso ch'essa dovesse assumere un carattere più latino e mediterraneo con conseguente ravvicinamento alla Spagna ed all'Italia e che la sua esposizione aveva avuto l'unanime approvazione dei colleghi.

De Monzie ha terminato dicendomi che l'Italia aveva nel Governo specialmente due uomini che consideravano indispensabile una politica di stretto ravvicinamento all'Italia: uno era egli stesso, e l'altro, quantunque da un punto di vista differente, Caillaux.

Questo telegramma ha carattere semplicemente informativo.

(l) Cfr. n. 3.

12

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA

T. GAB. S. 463. Roma, 30 maggio 1925, ore 24. Proporzioni che sembrerebbe venire ad assumere istituto per cooperazione intellettuale offerto dal Governo francese e che dovrà aver sede in Parigi cominciano a destare preoccupazioni nei circoli interessati. I più recenti documenti ne definirebbero il programma con tale larghezza di linee da rendere evidente l'intento da parte francese di coprire tutti i rami dell'attività internazionale nel campo intellettuale e culturale. Questa tendenza se secondata metterebbe un potente strumento di penetrazione nelle mani della Francia e sotto l'egida della Società delle Nazioni. Ciò non poteva essere nell'intendimento deil'assemblea ginevrina quando l'anno passato essa accettò senza troppo precisarne i limiti la proposta francese. Gradirei che V. E. sondasse con ogni cautela

pensiero in proposito di Chamberlain in vista anche di un'eventuale opportuna a2ìione comune in seno al prossimo consiglio.

13

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE BOSDARI

T. GAB. PER CORRIERE P. 449-bis. Roma, 30 maggio 1925. A suo tempo e in relazione alla sua conversazione con D'Abernon dello

scorso marzo, precisai a V. E. atteggiamento italiano per frontiera austriaca a proposito patto di sicurezza (mio telegramma n. 230) (1).

5 ~ DoCJtmenti diplomatici · Serie VII · Vol. IV

A seguito del suo colloquio con Stresemann dell'8 ,corrente (l) fu parlato in modo opportuno ed esplicito a questo ambasciatore di Germania insistendo sul punto di vista italiano e sulla necessità che anche codesto Governo chiarisse il proprio atteggiamento per evitare ogni equivoco che sarebbe stato evidentemente pericoloso. Qualche giorno dopo questo incaricato d'affari tedesco chiese di vedermi e d'ordine del suo ministro degli esteri mi fece la comunicazione di cui al mio telegr. n. 440 (2), negando redsamente che fosse nei propositi del Governo tedesco di sollevare comunque la questione dell'Anschluss a proposito del patto di garanzia od altro. Dacchè tuttavia nelle gravi difficoltà dell'attuale situazione internazionale pareva che da qualche parte s'i intendesse di equivocare sulla nostra posizione, stimai opportuno di approfittare del mio recente discorso al senato per ribadire la netta opposizione italiana all'unione dell'Austria alla Germania e per riaffermare chiaramente che mentre favorivamo la conclusione di un patto a cinque, invece di un patto a tre, « non bisognava galrantire ]le frontiere del Reno facendo in modo da rendere meno solide le garanzie per il Brennero». Volli pure ricordare pubblicamente che il Governo tedesco aveva dichiarato che non intendeva porre la questione dell'unione dell'Austria.

In relazione alle suddette conversazioni con questa ambasciata di Germania e a queste mie dichiarazioni al senato dtengo utiie informare V. E. che avanti ieri è venuto nuovamente al ministero questo incaricato d'affari tedesco per dire, d'ordine del suo Governo, quanto segue:

Il Governo tedesco considera della maggiore importanza il recente discorso del presidente al senato sulla politica estera, ed avendolo esaminato con tutto l'interesse che comporta, stima di portare a conoscenza del Governo italiano le seguenti considerazioni di ordine generale che esso ha determinato nel suo pensiero:

l) Per quanto concerne l'Anschluss conferma non essere stato menomamente nelle sue intenzioni di sollevare la questione, ed è riconoscente al presidente di aver voluto far cenno di tale chiarimento nel suo discorso.

2) Per quanto il presidente non abbia toccato l'argomento del disarmo in Germania e della evacuazione di Colonia, il Governo tedesco si augura che l'Italia voglia continuare a svolgere la propria azione presso gli alleati perchè la comunicazione che dovrà essere fatta in proposito fra breve alla Germania sia concepita in termini tali da rendere per quanto possibile, facile l'esecuzione del disarmo da parte tedesca. Per Colonia spera che l'evacuazione avvenga al più presto. Una favorevole soluzione di questi due argomenti costituirebbe una base per facilitare Ja sistemazione della complessa situazione internazionale.

3) Il Governo tedesco si rallegra vivamente che il presidente abbia affermato che l'Italia è per il patto a cinque, anzichè per un patto ristretto che sarebbe stato contro la Germania.

4) Il Governo tedesco si augura che l'accenno fatto dal presidente all'entrata della Germania nella Lega delle Nazioni non abbia ad 'interpretarsi come l'espressione di una condizione « sine qua non» per la conclusione del patto di

pubblicato.

sicurezza, ciò perchè il Governo tedesco pur considerando il problema dell'entrata della Germania nella Società delle Nazioni come uno dei più importanti temi [ritiene] che l'abbinarlo « sic et simpliciter » con quello del patto di garanzia proposto dalla stessa Germania allo scopo di alleggerire la s·ituazione, la compii~ cherebbe ritornando per altra via a quella forma di «protocollo » che il Governo tedesco era stato lieto di considerare come non bene accetto al Governo italiano.

5) Il Signor Prittwitz ha concluso col dire che il Governo tedesco esprime la speranza che il presidente vorrà dargli tutti quei consigli e quei suggerimenti per esso utilissimi come già per il passato che la Germania si sforzerà di tenere Eel maggior conto.

Quanto precede per sua personale e riservata conoscenza.

(l) Cfr. serie VII, vol. III, nn. 772 e 780.

(l) -Cfr. serie VII, vol. III, n. 846. (2) -T. Gab. per corriere 440, spedito da Roma il 20 maggio 1925 alle ore 18, non
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IL MINISTRO A PRAGA, PIGNATTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 860/159. Praga, 30 maggio 1925, ore 14,30 (per. ore 19). Mio .telegramma n. 15'5. Ho ieri parlato nuovamente a questo ministro affari esteri del problema austriaco. Benes ha detto di poter iniziare a Ginevra proficue conversazioni con il rappresentante italiano. Egli è d'avviso che l'Italia e la Cecoslovacchia debbono cominciare con l'esporre lealmente le proprie intenzioni ed eventuali proposte. Dovrebbe essere poi las.ciato il tempo necessario ai due Governi di preparare un proprio progetto tenendo conto anche dei risultati dell'inchiesta degli esperti che nel frattempo verrà maturandosi. Converrebbe infine concre

tare una linea di azione comune, fa.cendo da una .parte e dall'altra le necessarie rinunzie. Benes si è compiaciuto vivamente del « coraggioso » discorso di

V. E. (l) pronunciato in un momento che non poteva essere più opportuno. Il ministro è convinto che i recenti avvenimenti hanno reso ev·idente ,la grande necessità di un'intesa sempre più intima fra i due paesi le,gati da stessi vitali interessi.

15

IL MINISTRO A SOFIA, RINELLA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. P. 887/138. Sofia, 1 giugno 1925, ore 5,20 (pe1·. ore 0,55 del 6). Deeifri ella stessa. Mio telegramma posta n. 296 e precedenti. In un colloquio confidenziale monsignor Roncalli mi ha dichiarato che dopo·

diligente esame della 9uestione, ritiene protezione religiosa esercitata dalla Francia e particolarmente onori liturgici come semplice consuetudine locale

sprovvista qualsiasi fondamento giuridico. Mi ha as~icurato aver informato segreteria di Stato che probabilmente farà passi a Parigi per ottenere abbandono spontaneo della consuetudine: è convinto che tale risultato potrà essere più agevolmente raggiunto se anche il R. Governo vorrà svolgere analoga azione presso Governo francese.

(l) Cfr. p. 4, nota 4.

16

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. 1999/400. Londra, 2 giugno 1925, ore 21,40 (per. ore 1,10 del 3).

Telespresso di V. E. n. 220599 e telegramma V. E. n. 1455 (1).

Foreign Office comunica temere alla Conferenza di Ginevra prevalga ,sotto la influenza americana uno spirito liberale che riesca particolarmente pernicioso per quanto riguarda Abissinia giacchè Potenze interessate alla limitazione traffico armi in quello impero sono una minoranza rispetto al numero potenze deliberanti a Ginevra.

Non ho mancato poi espletare nuove dservate indagini circa concetti prevalenti al Foreign Office nei riguardi Egitto. Mi è stato ripetuto quanto già ho riferito a V. E. e cioè essere desiderabile che quello stato diventi partecipe nuova convenzione perchè in tal modo esso sarà obbligato eseguire lealmente prescrizioni che saranno stabilite e di conseguenza ad astenersi da ogni attività contrabbando.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 884 (2). Parigi, 3 giugno 1925.

Ho visto Berthelot, il quale aveva manifestato il desiderio di avere c0111 me una conversazione relativamente al patto di sicurezza. Egli ha cominciato per riferirsi al progetto di risposta alla Germania (3), di cui era stata data comunicazione non solo all'Inghilterra ma anche all'Italia.

Egli credeva di aver compreso dal tono generale della stampa e dalle relazioni dell'ambasc'iatore di Francia a Roma, che V. E. e il Governo italiano trovassero il progetto francese corrispondente alle direttive politiche dell'Italia.

Senonché ora il Governo inglese, con la lettera a Lord Crewe e da questi comunicata al Governo francese, aveva :fatto ,conoscere che l'Inghilterra, avendo interessi anche di carattere mondiale, non poteva a,ssumere, per quanto riguardava l'Europa, che solo alcuni impegni ben specificati, e cioè -nel caso in questione -non poteva garantire che la frontiera renana a mezzo del (Patto occidentale venuto in discussione in seguito alla proposta tedesca.

Non era possibile all'Inghilterra d'impegnarsi nella garanzia anche delle frontiere orientali e meridionali.

Con ciò, la Gran Bretagna non si opponeva a che le nazioni continentali prendessero fra loro accordi per assicurare anche per questa parte dell'Europa, il mantenimento dello statu qua territoriale.

Il Belgio, da parte sua, aveva fatto conoscere di non poter prendere impegni che andassero oltre la difesa della propria frontiera.

Berthelot mi ha detto che, in queste condizioni, si presentava la questione se la Francia e l'Italia, essendo di un unico sentimento per ciò che riguardava la necessità d'impedire l'unione dell'Austria alla Germania, ritenessero opportuno di completare l'accordo occidentale, con un altro accordo fra di loro. Egli vedeva in questa identità d'interessi la base di una politica di amicizia di carattere generale tra l'Italia e la Francia e a tale proposito mi pregava di non considerare l'attitudine da lui presa per la questione di Tangeri (attitudine dovuta a motivi di natura tecnica) come indizio di mancanza di comprensione della convenienza della Francia di fare verso di noi una politica amichevole e di ravvicinamento.

Berthelot mi ha pregato di riflettere sopra la proposta fatta e di comunicarla a V. E.

Ho detto a Berthelot che trattavasi di una questione grave, sulla quale non potevo pronunciarmi senza prima conoscere gli interessi del mio Governo. Intanto, però, gli ho domandato sotto quale forma egli ,considerava che un accordo riguardante l'Austria potesse concretarsi.

Berthelot mi ha risposto di non avere idee precise in proposito, trovava esistere tra Italia e Francia una situazione politica suscettibile di sviluppo ,e per il momento si limitava ad additarla al Governo italiano perchè la prendesse in considerazione e facesse conoscere il suo pensiero.

Parlando del comune punto di vista dell'Italia e della Francia nei riguardi dell'annessione dell'Austria alla Germania, ho detto a Berthelot che sarebbe stato meglio la stampa francese non avesse più insistito nel parlare della confederazione danubiana, di cui pareva fautore Benés, tale progetto essendo poco accetto all'Italia che non poteva vedere di buon occhio si favorisse la costituzione di una nuova Austria.

Ciò era tanto più desiderabile in quanto si trattava di disegni irrealizzabili di cui la sol& parte che poteva forse essere parzialmente attuata era una eventùale manomissione della Cecoslovacchia sull'Austria. Ma in questo ,caso la Cecoslovacchia sarebbe stata trasformata in uno stato prevalentemente tedesco, ciò che era tutt'altro che rispondente ai fini che Francia ed Italia si proponevano.

L'Austria doveva essere rimessa in piedi con un dosaggio di influenza cecoslovacca ed italiana che le permettesse di compiere la funzione per la quale era stata lasciata sussistere.

Berthelot mi ha risposto che condivideva il mio modo di vedere sulla impossibilità di costituire una confederazione danubiana e sulla inopportunità di incoraggiare tale progetto, e che l'Austria doveva conservare la sua autonomia.

Il signor Berthelot mi ha confidenzialmente informato che lord Abernon a Berlino, in questi ultimi tempi, andava esortando il Governo tedesco a proce

dere all'annessione dell'Austria, assicurandolo che non avrebbe trovato opposizione.

Alle rimostranze di Margerie per questa singolare attitudine lord Abernon aveva risposto confermando di aver agito in tal senso ritenendo che l'annessione dell'Austria non avrebbe che indebolito la Germania. Il Governo francese ha fatto fare un passo a Londra per protestare contro il linguaggio del rappresentante britannico a Berlino (1).

P.S. -Vedrò oggi Briand sullo stesso argomento.

(l) -T. s. 1455, trasmesso il 31 maggio, ore 21, a Londra, Parigi e Ginevra: intenzic.ni italiane circa la limitazione al traffico delle armi per l'Etiopia. (2) -Manca il numero di protocollo particolare. Ma deve essere 135 (cfr. n. 18). (3) -La risposta francese al memorandum tedesco (per cui cfr. serie VII, vol. III, n. 733)fu consegnata a Stresemann il 16 giugno 1925. Cfr. G. STRESEMANN, La Germania nella tormenta, Milano-Roma, 1933, II, Da Locarno a Thoiry, pp. 46 sgg.
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 894/136. Parigi, 4 giugno 1925 (per. ore 13 del 6).

La conversazione con Briand, annunziata a V. E. col mio precedente telegramma per corriere n. 3,90/135 del 3 corrente (2), 1Si è aggirata intorno aUo stesso argomento che aveva fatto oggetto della conversazione con Berthelot, e cioè:

l) sulla nuova fase in cui è entrato il patto di sicurezza renano dopo le modificazioni fatte dalla Gran Bretagna al progetto di risposta francese; 2) ,sulla possibilità di una intesa tra Francia ed Italia per garantire l'indipendenza dell'Austria.

Briand mi ha detto che erano in corso di studio alcune osservazioni da sottomettere alla Gran Bretagna per dare al testo della risposta maggiore elasticità, ma che in fondo ,la Francia avrebbe accettato nelle sue linee generali l'offerta inglese, con le sue limitazioni.

Chamberlain gli aveva dimostrato l'impossibilità di ottenere il consenso della maggioranza dell'opinione pubblica inglese e sopratutto dei dominions, per impegnare l'Inghilterra ad entrare con tutte le sue forze in qualsiasi conflitto europeo derivante da un incidente non ben definito e forse di interesse secondario per ,la Gran Bretagna. Alcuni dominions, specialmente, che temono di poter essere esposti in epoca non lontana al pericolo di un attacco da parte di potenze asiatiche, si sono rifiutati ad ammettere che l'Inghilterra possa essere coinvolta, a qualsiasi momento, in una guerra europea che la metta nell'impossibilità di accorrere in loro difesa.

Con la limitazione della portata del patto di frontiera 1renana, l'Inghilterra

non veniva a disconoscere gli obblighi assunti come firmataria del trattato di

Versaille,s derivanti dal Covenant. Mentre, però, per la frontiera renana si

obbligava fin d'ora ad intervenire, per quanto invece riguardava l'esecuzione

del Covenant si riserbava una certa libertà d'interpr,etazione e considerava che

qualsiasi decisione in merito era soggetta all'approvazione del parlamento.

La Gran Bretagna, precisando così i suoi obblighi sul continente aveva

d'altra parte esplicitamente ammesso la validità e 'l'opportunità così dei trattati già vigenti che degli ulteriori accordi che potessero aver luogo (senza con· traddire ai principi della Società delle Nazioni), diretti a mantenere la pace e l'assetto territoriale stabilito dai trattati:, che era da essa considerato come lo stato di diritto dell'Europa. Spettava pertanto alle potenze continentali di completare :il sistema di assicurazione dello statu quo esistente.

Nel concetto del Governo francese rimaneva sempre fermo quanto cosi egli (Briand), quanto i ,suoi più autorevoli colleghi del gabinetto mi avevano dichiarato relativamente alla necessità di opporsi a qualsiasi forma di unione dell'Austria alla Germania. L'indipendenza e la autonomia dell'Austria erano considerate come condizione fondamentale della pace dell'Europa. L'annessione di quella da parte della Germania, sarebbe stata, senza alcun dubbio, il segnale di una nuova guerra.

Benchè la Gran Bretagna paresse ora disinteressarsene, egli, Briand, non poteva credere che quando tale pericolo ·si presentasse come imminente e ~reale, l'Inghilterra sarebbe rimasta passiva.

Tuttavia vi erano ora due elementi acquisiti: il primo, l'acquiescienza britannica ad accordi fra le 'nazioni ~continentali per la sicurezza dei territori che più direttamente le interessano; l'altro, la identicità del punto di vista della Francia e dell'Italia di oppor,si all'assorbimento dello stato austriaco nell'impero germanico, per le incalcolabili conseguenze che ne deriverebbero.

Briand ha terminato la sua esposizione dicendomi al riguardo che aveva manifestato, poco P.ri:ma di vedermi, il suo pensiero al .rliguard'o al signor Besnard (attualmente a Parigi per il matrimonio della figlia), per norma del suo linguaggio con V. E. Pregava però anche me di dare comunicazione all'E. V. di: quanto mi aveva detto, e di fargli conoscere la di lei opinione.

Avendo Briand chiesto anche il mio avviso in proposito, gli ho risposto che pur riconoscendo l'importanza della proposta implicitamente contenuta neUe ,sue dichiarazioni, mi era impossibile pronunziarmi senza avervi riflettuto, e sopratutto senza conosc.ere prima i sentimenti del mio Governo. Certamente mi rendevo ben conto della necessità di esaminare in qual modo provvedere al mantenimento dello statu quo dell'Europa centrale, dopo .che la Gran Bretagna aveva declinato di assumere obblighi: precisi e diretti riguardo a questo settore che aveva importanza non inferiore a quello della zona renana.

Gli dissi che Berthelot mi aveva tenuto nel mattino, ad un dipresso, lo ste,sso discorso (1).

Come mia prima impressione, strettamente personale e soggetta a tutte le modificazioni che potrebbero e:s,sere suggerite da un più a·ccurato esame così della posizione britannica che di quella della Germania, nonchè del parere di V. E., mi pareva che come primo passo nella direzione accennata da Briand, sarebbe stato forse consigliabile un tentativo per indurre la Germania ad offrire per l'Europa centrale un patto uguale a quello offerto per i territori renani, con le varianti connesse alla diversa situazione. Si avrebbe così un

sistema politico improntato allo stesso concetto dell'altro e che non presterebbe il fianco all'accusa che non mancherebbe di essere fatta ad una diversa combinazione, di costituire una nuova minaccia di guerra. Qualora la Germania rifiutasse, la situazione ne verrebbe aggravata e chiarita, e si presterebbe ad un nuovo esame.

Briand mi ha risposto che egli avrebbe preso volentieri in considerazione un patto che includesse la Germania, ma che anche egli non aveva bene studiata la questione.

Ho ripetuto a Briand quanto avevo già detto il mattino a Berthelot circa la nostra opposizione alla costituzione di una confedet~:azione danubiana.

Briand mi ha assicurato che neppure Benès la considerava possibile e che egli avrebbe proceduto tenendo conto del punto di vfsta italiano.

Briand, nel concludere il suo discorso, mi ha detto che occorreva inoltre avere una conversazione d'insieme su tutti i problemi che interessavano l'Italia, tenendo presente il discorso che io avevo fatto in un precedente incontro. Era sua intenzione di collaborare ad una valutazione delle nazioni latine, ritenendo indispensabile il loro ravvicinamento per controbilanciare la coalizione anglosassone, non già in senso ostile, ma per mantenere e difendere il magnifico patrimonio della nostra civiltà illustre.

In .questa stessa occasione ho riportato con Briand il discorso su Tangeri e l'ho pregato di autorizzarmi ad informare V. E. che la risposta di Berthelot al riguardo non era definitiva e che la questione sarebbe ·stata riesaminata quando la situazione al Marocco sarebbe stata meglio chiarita. Briand ha consentito.

Di Tangeri ho riparlato anche con Berthelot rifiutandomi di considerare la questione come chiusa.

(l) -Il documento fu comunicato, dalle parole • parlando del comune punto di vista • alla fine, a Berlino, Praga e Vienna con t. gab. r. per corriere 494 dell'8 giugno. (2) -Cfr. n. 17.

(l) Cfr. n. 17.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, DELLA TORRETTA, A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, E AL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA (l)

T. s. 1508. Roma, 5 giugno 1925, ore 16.

(Per Parigi Londra e Ginevra). R. Ministro Addis Abeba telegrafa:

• (ripr. tel. di collez. n. 2016/51) (2) •.

(Per Londra). Da parte nostra non vi sarebbero difficoltà aderire desiderio ras Tafari, purchè ministri d'Inghilterra e Italia in Addis Abeba ricevessero precisi affidamenti che si addiverrebbe nel frattempo ad un accordo preliminare con l'Etiopia. Tuttavia prima di dare in tal senso istruzioni tanto alla nostra delegazione a Ginevra quanto al R. ministro in Addis Abeba, prego informare di quanto precede codesto Governo e telegrafarmi se concorda e se è disposto

ad inviare istruzioni analoghe. V. E. vorrà mettere in rilievo costì che essendosi

i nostri due Governi tenuti sempre in contatto circa tale questione in cui hanno

interessi comuni, desideriamo vivamente poter continuare ad agire in perfetto

accordo.

(Per Parigi e Ginevra). Ho telegrafato Londra quanto segue:

« (ripr. quanto sopra da "Da parte nostra " a "perfetto accordo ") ».

(l) -Il telegramma fu trasmesso a Londra e a Parigi per corriere. (2) -Trasmesso il 4, ore 10, per. ore 12: desiderio di Ras Tafari di un rinvio della discussione in merito alla questione degli armamenti etiopici alla prossima riunione della Società delle Nazioni. Convenienza per !'!Italia di aderire a tale proposta.
20

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO

T. GAB. (P. R.) 139. Roma, 6 giugno 1925, ore 20.

Fra qualche tempo giungerà Stati Uniti Peppino Garibaldi con un incarico del commissariato dell'emigrazione, per quanto non ufficiale nè ufficioso. In questi ultimi mesi il Garibaldi parve ad un .certo momento dover capeggiare anti-fascismo n;J.ilitante e armato, ma solidità governo fascista devono averlo convinto assoluta inan~tà suoi sforzi. Avendo preso contatto con commissariato emigrazione il Garibaldi si è deciso a lasciare Italia. Questa partenza deve essere considerata come un altro episodio della disfatta delle opposizioni. Così stando le cose è necessario che Peppino Garibaldi non sia menomamente disturbato durante il suo soggiorno in America. Dia quindi necessarie istruzioni ai giornali amici e ai gruppi fascisti. Voglia anche V. E. agevolare con molta circospezione attività Garibaldi qualora ne facesse richiesta ma sopratutto è necessario che stampa amica e gruppi fasdsti non suscitino campagne giornalistiche aut incidenti più penosi di natura personale. Gradirò conferma (1).

21

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, DELLA TORRETTA, A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, E AL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA (2).

T. GAB. S. RR. 495. Roma, 8 giugno 1925, ore 24.

(Per Ginevra e Parigi). Ho telegrafato R. ambasciatore a Londra quanto segue:

(Per tutti).

Ho dato istruzioni al R. ambasciatore a Parigi di comunicarLe per corriere direttamente copia di due telegrammi a me diretti coi nn. 135 e 136 in data 3 e 4 giugno (3) coi quali Barone Romano mi riferiva due sue conversazioni con Berthelot e Briand circa il problema dell'Austria in relazione al patto di garanzia. Attiro tutta l'attenzione della E. V. su questi telegrammi che dovranno servirLe a provocare opportuni chiarimenti di codesto Governo. Le stupefacenti

informazioni fornite da Berthelot a Romano sull'attitudine e l'azione dell'ambasciatore d'Inghilterra a Berlino spiegano alcuni brani dei telegrammi di Bosdari relativi alle dichiarazioni a lui fatte da Stresemann circa l'Austria, che 1:1pparivano quasi incomprensibili. Debbo osservare che è per lo meno strano che mentre pel tramite di Chambe11lain il G~verno britannico si fa assertore del rispetto dei trattati che formano la base del diritto pubblico dell'Europa (dispaccio di Charmberlain a Crewe) un rappresentante dtplomatico dello stesso Governo, nella veste solenne di ambasciatore, spiega un'azione in senso assolutamente contrario esortando il Governo tedesco a procedere all'annessione dell'Austria e assicurandolo che non avrebbe trovato opposizione nel far ciò.

È utile approfittare di questa occasione per far considerare al Governo britannico alcune verità la cui evidenza è fuori discussione. L'unione dell'Austria alla Germania rappresenterebbe quasi certamente la ripresa della guerra o nella meno grave delle ipotesi sarebbe il primo passo per giungere direttamente a tale ripresa.

Qualunque possa essere il pensiero dell'ambasciatore d'Inghilterra a Berlino, su cui amerei avere qualche spiegazione, è assiomatico che la Germania con

e . l'unione dell'Austria giungerebbe in breve tempo ad un grado di potenzialità maggiore di quello che aveva prima della guerra dominando nell'Europa continentale. Se anche in un primo tempo tale unione dovesse lasciar sussistere qualche difficoltà d'ordine economico, queste sarebbero ben presto superate. Ne fa fede la meravigliosa ripresa generale della Germania. Il Governo italiano si rende conto delle difficoltà che il Signor Chamberlain trova specialmente nei Dominions per far comprendere e valutare il problema della sicurezza e gli impegni che il Governo britannico dovrebbe prendere nei suoi giusti termini. Ma il Signor Chamberlain, da parte sua, non dovrebbe crearsi soverchie illusioni e disconoscere l'evidenza di certi elementi fondamentali della situazione che non ammettono sottigliezze e distinzioni. Se la Gran Bretagna accede ad un patto che la impegni specialmente ad intervenire in una guerra determinata da questioni attinenti alla frontiera occidentale, significa che essa torna formalmente a riconoscere le ragioni per cui dovette entrare in guerra nel

1914, e s'impegna anzi in modo formale a riconoscerle per l'avvenire. Ora è certo che:

a) è stato sempre impossibile stabilire e far riconoscere da che parte sia l'aggressione all'inizio di ogni guerra;

b) che storicamente il fatto fondamentale delle perturbazioni della pace nell'Europa centrale è costituito dal contrasto franco-tedesco per l'Alsazia e la Lorena che dura da secoli ed ha ragion d'essere perchè non esiste colà un confine geografico ben definito;

c) è inutile illudersi che la Germania possa rinunziare definitivamente a tali provincie quando giudichi di essere sicura che la sua potenzialità darebbe facilmente ragione alle sue pretese; e non si può non riconoscere che fra i modi per essa più sicuri di aumentare la propria potenzialità bellica è quella di riuscire ad unirsi l'Austria;

d) in conseguenza, se pure altri stati non ritenessero necessario a scopo di difesa di procedere subito all'offensiva appena l'Austria fosse unita alla Germania, sarebbe poi quest'ultima più tardi a iniziare certamente quell'azione bellica contro la quale la Gran Bretagna si troverebbe impegnata per le stesse ragioni che nel 1914;

e) è bene infine non lasciar creare soverchie illusioni sulla portata della questione italo-austriaca oramai completamente svisata nelle lunghe e complicate discussioni svoltesi fra gli alleati per il patto di sicurezza. I termini di una p'.>ssibile questione in Alto Adige sono molto diversi da quelli dell'Alsazia Lorena. Tra l'Italia e l'Austria i limiti geografici sono chiaramente definiti dalla natura e non può esservi in alcun caso dubbio sull'appartenenza della zona all'Italia.

Chiariti così i termini ed i limiti della questione non è dubbio che l'unione dell'Austria alla Germania, che rappresenta un pericolo per se stessa, è molto meno importante per l'Italia, che non lo sia per la Francia la Cecoslovacchia il Belgio e l'Inghilterra.

Se queste considerazioni non bastassero a far comprendere l'assurdo che in molta parte avvolge le presenti conversazioni fra le cancellerie a proposito di un patto speciale di sicurezza, si potrebbero prospettare alcune eventualità per le quali la situazione manifestandosi nella sua nuda realtà dimostrerebbe la fallacia delle induzioni dei giudizi del Governo inglese e francese. Qualora la realizzazione del patto dovesse avvenire nei termini precisi che ora si prospettano dal Governo britannico, dando luogo ad una supergaranzia esclusiva, specifica ed assolutamente limitata alla frontiera occidentale, si verrebbero implicitamente a stabilire due categorie diverse di obbligazioni nei riguardi delle disposizioni dei trattati. Ciò porterebbe come conseguenza che l'ItaLia non avrebbe alcun interesse specifico a intervenire in questo patto, mentre sarebbe messa in condizibne da dover pensare ad ottenere nuove specifiche garanzie per l'unica questione ,che direttamente la interessa. Continuando questo esame di probabili eventualità si potrebbe giungere ad una nuova situazione nella quale l'Italia ottenendo specifici impegni per il rispetto del confine del Brennero potrebbe rimanere assolutamente disinteressata all'unione dell'Austria ·ana Germania che peserebbe esclusivamente sulla frontiera occidentale e sugli speciali garanti di essa.

Bisogna dolorosamente riconoscere che dal punto di vista oramai quasi storico si può oggi affermare che la politica degli alleati verso la Germania dalLa conclusione del trattato di Versailles in poi non ha condotto a risultati vantaggiosi nè per essi nè per la pacificazione generale. A nostro giudizio si prepara ora forse inconsciamente un nuovo atto che peggiorerebbe di molto tali condizioni. Il Governo italiano potrà in ogni caso documentare la sua condotta ispirata sempre al vivissimo desiderio di contribuire ad un ristabilimento di condizioni normali [e] che ha cercato sempre di metter l'accordo fra gli aLleati dando prova in molte occasioni di assoluto disinteresse. Ma i suoi consigli e i suoi suggerimenti solo rare volte sono stati seguiti abbenchè tardivamente sia stata poi riconosciuta la giustezza della tesi da noi sostenuta.

Anche in questa occasione il Governo italiano ritiene di compiere la sua missione facendo il possibile per chiarire la situazione e far .comprendere agli alleati quale sia il loro interesse generale. Se i suoi suggerimenti non venissero accolti essa [sic] si troverà suo malgrado nella necessità di provvedere in altro modo alla tutela dei suoi particolari interessi.

(l) -La minuta è di pugno di Mussolini. (2) -Il telegramma venne trasmesso a Scialoja attraverso il consolato generale a Ginevra. (3) -Cfr. nn. 17 e 18.
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IL CONSOLE GENERALE A MALTA, DE PROBIZER, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) 337/27. Malta, 8 giugno 1925, ore 8,15 (per. ore 22,30). Ho l'onore di riferirmi al telegramma di V. E. n. 5387 (1). Esterrefatto per accuse mossemi di anglofilia e dolorosamente impressionato in seguito severo rimprovero impartitomi da V. E. mentre ho la coscienza di avere sempre in ogni occasione e colla massima energia difeso diritti e interessi nazionali a Malta e tenuto alto prestigio Italia e Governo nazionale col massimo mio personale sacrificio economico e mentre persone che mi conoscono a fondo possono affermare che mie idee rsentimenti e simpatie sono quasi agli antipodi. Circa concerto commemorazione pucciniana non mi riesce comprendere addebito fatto tanto più che a riguardo erami già pervenuto ambito plauso di V. E. (telespresso n. 212902/15 in data 2 aprile scorso a firma V. E.) in seguito dettagliato mio rapporto e che il concerto stesso ebbe la eco più clamorosa e che esso fu generalmente la più bella fine e grandiosa affermazione di italianità che si ricorda 'in questa isola. Che se V. E. intendesse eccepire circostanze che un giornale locale stampò annunzio concerto in inglese, devo far presente che detto annunzio è stato redatto in italiano dal vice console Mazzone e trasmesso ai tre principali giornali di Malta: due tuttavia lo riprodussero in italiano, mentre uno, il Malta Chronicle, di sua iniziativa, ne pubblicò un sunto tradotto in inglese. Ad ogni modo pregherei V. E. volermi precisare su che cosa si fondano accuse di mia spiccata anglofilia onde possa discolparmi. Per ora permettomi solamente di fare presente a V. E. che .se effettivamente potessi essere accusato di anglofilia i primi ad accorgersene e a boicottarmi sarebbero stati gli stessi maltesi mentre ancora ieri mia... [manca] in onore S. M. il re assieme a tutta la colonia italiana e rappresentanze ufficiali, sodalizi il fiore della società maltese compresi cinque ministri con capo del governo il primo giudice, molti senatori e deputati. In quanto alla mia condotta in generale siami pure concesso trascrivere due passaggi contenuti in un telegramma inviato a S. E. Cantalupo dal commendatore Nobili-Massuero in occasione sua visita Malta il primo aprile scorso alla testa comitiva studenti in base sue personali constatazioni: «Ricevimento Malta entusiastico, grazie specialmente autorevole interessamento console generale De Probizer vero patriota. Azione console generale improntata spirito

vero fascista merita alto elogio». Oso sperare ·Che V. E. vorrà concedermi la opportunità di discolparmi eventualmente accordandomi un abboccamento certo

che non riuscirebbe difficile convincere V. E. circa equilibrio e retta mia condotta sotto ogni punto di vista e fornire le prove della mia giornaliera lotta in difesa dei nostri diritti senza riguardo a persone e nazionalità.

(l) Non pubblicato.

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IL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 903/1. Ginevra, 8 giugno 1925, ore 22,10 (per. ore 24).

Stamane ebbi breve conversazione con Briand il quale mi ha detto che avrebbe avuto un ulteriore colloquio con Chamberlain in cui sperava di venire ad una soluzione soddisfacente. Ha aggiunto che relativamente all'Italia egli avrebbe desiderato di fare tutto il possibile per stringere maggiormente vincoli di simpatia anche per quanto riguarda il sentimento dei due popoli. Ha parlato della possibilità di un patto di garanzia relativo alle frontiere meridionali ed orientali della Germania; io per questa parte mi sono tenuto molto riservato. Relativamente all'Austria egli si è mostrato propenso ad appoggiare una nostra azione ed a consigliare Benés di agire d'accordo con noi.

La conversazione fu interrotta per l'arrivo di Paul Boncour. Io dovrò rivedere Briand il quale partirà mercoledì sera. Probabilmente giovedì il consiglio della società delle nazioni chiuderà i suoi lavori.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA (l)

T. GAB. PRECEDENZA ASSOLUTA S. P. 502. Roma, 9 giugno 1925, ore 13,30.

Mi riferisco al telegramma n. 495 (2), con cui le comunicavo quello spedito alle RR. ambasciate a Londra e Parigi sotto lo stesso numero.

Sembrami conveniente che in base alle argomentazioni contenute nel predetto telegramma, ella faccia intendere a Chamberlain e Briand che difficilmente potrei decidermi ad accedere al patto di sicurezza se esso dovesse concludersi nei termini precisi in cui sembra ormai definirsi e cioè con l'esplicita e quasi assoluta esclusione di ogni speciale garanzia contro l'unione dell'Austria alla Germania e perfino colla totale soppressione della parola Italia.

È strano che proprio il Governo inglese debba arrecare un colpo letale alla Società delle Nazioni stabilendo apertamente in una questione fondamentale che essa non offre sufficiente garanzia per questioni che realmente interessino, specialmente quando gli interessi sono prevalentemente inglesi.

(l) -Il telegramma venne trasmesso attraverso il consolato generale a Ginevra. (2) -Cfr. n. 21.
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IL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 906/3. Ginevra, 9 giugno .1925, ore 6,10 (per. ore 10,50).

Ho parlato oggi con Benès presente Bordonaro. Mi ha iripetuto che relativamente all'Austria non agirà se non d'accordo con noi. Avendogli io fatto cenno di discorsi in cui si era parlato di sue iniziative particolari egli le ha smentite .soggiungendo che se terzi mettevano in giro voci simili bisognava che fra noi ce le denunziassimo. Si è parlato poi della possibilità di seguire una via positiva per esempio per quanto concerne facilitazioni doganali. Egli, pur rilevando le molteplici gravi difficoltà che potrebbero impedire la realizzazione di un simile progetto, ha ·accettato che d'accordo lo si studiasse. Io ho con Bordonaro rilevato utilità che ci sarebbe che la proposta partisse dall'Austria e fosse fatta all'Italia e alla Cecoslovacchia simultaneamente. Per nostra iniziativa è stato deciso che domani Mataja e Schiiller, che sono a Ginevra, vengano da me e, presente Benès, presentino proposte ed abbiano ·COIIl noi .scambi di idee circa sistemazione Austria senza tuttavia ciò importi alcun impegno. Austriaci hanno accolto con grande soddisfazione nostra iniziativa colloqui a tre (1).

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE BOSDARI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 912/180. Berlino, 9 giugno 1925, ore 15,30 (peT. ore 19).

Decifri ella stessa.

Questo ambasciatore d'Inghilterra mi ha detto Stresemann gli ha parlato a

.ì.ungo della questione unione Austria col Reich escludendo modo più perentorio

che l'attuale Governo germanico abbia intenzione e nemmeno desiderio addi

venire a tale unione la quale a quanto ha asserito Stresemann non sarebbe mo

mento presente nè politicamente nè economicamente vantaggiosa per il Reich.

Anche lord d'Abernon per conto suo mostrava ritenere che la cosa non deve

avere per ora almeno nessun seguito. Da questo evidente cambiamento attitudine

tanto di Stresemann che di lord d'Abernon deve dedursi che le perentorie dichia

razioni di V. E. (2) abbiano avuto effetto desiderato.

27

IL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. u. 911/5. Ginevra, 9 giugno 1925, ore 17,40 (per. ore 19,35).

Briand è venuto a vedermi oggi e mi dichiarò che la garanzia dell'Inghilterra ristretta alla frontiera renana, anche e specialmente per riguardo alla volontà dei dominions, ha fatto sì che la combinazione attuale è stata limitata per ora

all'Inghilterra, Francia e Belgio: ma che questi stati sarebbero molto lieti che l'Italia entrasse anche essa nella combinazione. Briand ha rilevato ancora che difficoltà nasce dall'impossibilità dell'Inghilterra di garantire la frontiera del Brennero, ma che la Francia è dispostissima a darci per questa parte tutte le garanzie che noi volessimo richiederle. Briand desidera conoscere se Governo italiano è disposto a entrare in un modo o nell'altro in questo ordine di idee. Confermo partenza per domani mezzogiorno di Briand.

(l) -Il telegramma venne ritrasmesso a firma di Lojacono a Londra, Parigi, Praga e Vienna, con telegramma per corriere gab. 508 del 10 giugno. (2) -Cfr. n. 13 e il discorso cit. di Mussolini al Senato del 20 maggio.
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IL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 918/6. Ginevra, 10 giugno 1925, ore 15,55 (per. ore 18,40).

Nei miei colloqui con Chamberlain avevo già naturalmente parlato anche del problema dell'unione dell'Austria alla Germania e della somma importanza che l'Italia riteneva doversi annettere da tutti a tale questione. In seguito a telegramma di V. E. gab. n. 495 (l) e valendomi delle istruzioni impartite R. ambasciatore a Londra contenute in tale telegramma, ho intrattenuto di nuovo stamane Chamberlain sull'argomento.

, Ho chiesto a Chamberlain di espormi nettamente il suo pensiero per chiarire la situazione e mettere il mio Governo in condizione di valutaria nella sua esatta attuale realtà.

E per offrirgli modo di rispondere con la massima 'precisione ho insistito n~l mettere in valore questo punto: che l'Italia desidera che le potenze occidentali intendano tutta la portata che avrebbe per l'avvenire dell'Europa l'annessione dell'Austria alla Germania e si preoccupa di tale eventuaHtà non per un calcolo di pura difesa strategica, perchè la frontiera del Brennero è un baluardo naturale e saldissimo, ma perchè l'annessione dell'Austria alla Germania rappresenterebbe un tale aumento della potenzialità tedesca e quindi un tale incoraggiamento ad un'eventuale aggressione della Germania sulle frontiere occidentali da costituire una minaccia a quella pace che l'Inghilterra desidera di garantire con il patto del Reno. Essa frustrerebbe lo scopo più essenziale della politica inglese in Europa ed inoltre, avvicinando la Germania all'Adriatico farebbe fatalmente rinascere il movimento di espansione tedesca verso Mediterraneo.

(:hamberlain mi ha immediatamente dichiarato che l'Inghilterra, 'in base alla politica fissata dal Gabinetto e che è rispondente alle esigenze dell'impero britannico, ha dovuto limitare la garanzia alla frontiera occidentale il cui mantenimento nello stato attuale è considerato dal Governo inglese elemento necessario alla difesa nazionale del regno inglese. Nel pensiero di Chamberlain quindi il patto del Reno non significa per l'Inghilterra tanto una garanzia accordata alla Franc[a, quanto una difesa alla quale l'Inghilterra provvede nel proprio interesse (2).

(l) -Cfr. n. 21. (2) -Il telegramma venne comunicato, per informazione personale, con t. gab. 536 del 16 giugno anche a Londra, Parigi e Berlino e con t. gab. 554 del 18 giugno anche a Bruxelles, Praga, Varsavia e Vienna.
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IL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 918/7. Ginevra, 10 giugno 1925, ore 15,55 (per. ore 18,40).

Del resto egli ha tenuto a dichiararmi (e su questo punto è stato quanto mai fermo ed esplicito) che l'Inghilterra si ritiene legata a tutti gli obblighi ed impegni assunti con i trattati e con il patto della Società delle Nazioni impegni ed obblighi che implicano l'intervento dell'Inghilterra per assicurare in ogni eventualità il rispetto delle frontiere. Avendo egli considerato la situazione dell'Italia in vista del fatto che l'Italia con la partecipazione al patto del Reno sarebbe chiamata ad intervenire nella garanzia occidentale senza una utilità locale ed immediata o senza corrispettivi della stessa natura egli, come pure Briand, ha creduto di non poter fare pressioni per la nostra partecipazione, ma tanto egli quanto Briand, di cui egli sa di interpretare il pensiero, vedrebbero con la massima soddisfazione l'adesione dell'Italia (ciò del resto mi aveva detto ieri anche Briand) (1). Perchè Chamberlain avesse una idea della natura degli interessi italiani nella questione delle frontiere, gli ho accennato alla necessità nella quale si trova l'Italia di conoscere se essa può contare sulla solidarietà di quegli stati che desiderano la sua entrata nel patto del Reno, per quello che è un suo problema vitale come l'annessione dell'Austria e che è anche un problema della più essenziale imponenza [sic] per la pace dell'Europa.

Chamberlain mi ha dichiarato nettamente che l'Inghilterra ha sempre ·COnsiderato e considera tale problema come di vitale importanza per la pace dell'Europa e mi ha detto testualmente: « Per una generazione, almeno, nonchè discutere dell'annessione dell'Austria alla Germania come di una ipotesi realizzabile, deve essere evitata persino ogni occasione di parlare di tale questione». Mi ha aggiunto che se, dopo la sua entrata nella Società delle Nazioni la Germania tentasse di porre la questione, essa si troverebbe di fronte alla più decisa opposizione dell'Inghilterra. Questo atteggiamento egli ha avuto cura di far conoscere al Governo della Germania e deve quindi escludere che ambasciatore d'Inghilterra abbia potuto parlare a Berlino in modo autorizzato in senso diverso (2).

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A PECHINO, CERRUTI

T. s. 1596. Roma, 13 giugno 1925, ore 16,30.

Ammiraglio Conz telegrafa a ministro marina che Caboto ha dovuto sbarcare suo contingente protezione nostro consolato Hankow e concessione inglese Hankow in concorso navi altre nazioni in seguito improvviso movimento antibritannico colà manifestatosi.

Senza per nulla diminuire doveri solidarietà internazionale e possibilità impiego nostre forze in quelle circostanze in cui nostra assenza potrebbe apparire contraria al prestigio militare, è sempre desiderabile che nostre forze stano preferibilmente impiegate a tutela nostri esclusivi interessi. Prego comunicare queste direttive all'ammiraglio Conz affinchè nell'impiego dei reparti internazionali sia tenuto conto finchè possibile e sempre in linea di massima della desiderabile coincidenza fra la nazionalità dei reparti da impiegare e la nazionalità degli stabilimenti da proteggere.

(l) -Cfr. fra gli altri il n. 27. (2) -Il telegramma venne comunicato, per informazione personale, con t. gab. 536 del 16 giugno a Berlino, Londra e Parigi e con t. gab. 554 del 18 giugno a Bruxelles, Praga, Varsavia e Vienna.
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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE RR. 1011/537. Belgrado, 13 giugno 1925 (per. il 20).

Mio telegramma espresso per corriere n. 3115/527 del 10 corrente. Ho intrattenuto ieri il signor Nincic sulle questioni di Firenze. Ne riferisco con rapporto a parte. Il discorso cadde poi su altri argomenti e fra l'altro Nincic accennò alle recenti discussioni sulla possibilità di una unione dell'Austria alla Germania.

Io non feci, naturalmente, alcun cenno del discorso tenutomi dal signor Grénard su tale argomento (mio telespresso succitato) ma egli mi fece chiaramente intendere come la Jugoslavia non avrebbe mai potuto consentire ad un'unione dell'Austria con la Germania, e ciò per due considerazioni sopra tutte le altre importanti:

l) perchè ogni aumento di potenza alla Germania porterebbe come necessaria conseguenza un rafforzamento dell'Ungheria; 2) per i pericoli derivanti dall'avere come confinante una Germania nazionalista ed anelax:tte di trovare a sud le vie della sua espansione.

Il signor Nincic mi accennò inoltre all'eventualità di veder risorgere una confederazione danubiana, e non mi nascose la istintiva contrarietà che sia il Governo che l'opinione pubblica jugoslava, nutrono verso qualsiasi forma di riesumazione della monarchia austro-ungarica.

Anche l'idea di un consorzio, quale era stato suggerito da Benes nell'ultimo convegno della piccola intesa, e anche di una qualsiasi unione doganale non troverebbe consenzienti questi circoli ufficiali.

In conclusione, dal colloquio con Nincic ho ritratto la ferma -convinzione che la politica italiana e quella S.H.S. ,siano in pieno accordo per quanto riguarda due problemi così gravi quali quelli della unione austro-tedesca e della minacciata confederazione danubiana.

Occorrerà certo seguire molto da vicino il lavorio che indubbiamente si

sta facendo da parte della Germania in un senso, e da parte della Francia

in senso opposto, il che non mancherò di fare con la maggior diligenza (1).

6 --Doc:m:enti diplomatici -Serie VII -Vol. IV

(l) Il telegramma venne comunicato dal Ministero a Berlino, Bruxélles, Londra, Parigi, Praga, Varsavia e Vienna con t. gab. 593 del 23 giugno.

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IL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

... giugno 1925 (1).

Dei miei colloqui con il Signor Chamberlain e con il Signor Briand sul problema del Patto di Sicurezza ho dato brevemente notizia all'E. V. nei miei telegrammi di questi giorni (2), e V. E. sa pure, per quello che gliene avrà riferito il ,commendator Bordonaro, dei colloqui av,uti con Benes e con Mataja relativamente alle questioni austriache. Gli uni e gli altri di questi colloqui presi nel loro insieme, rappresentano dei gruppi di conversazioni dei quali desidero fissare con precisione il carattere generale e le conclusioni che ho avuto occasione di trarre.

Il signor Briand è venuto a Ginevra con la più chiara intenzione di giungere all'ultima definizione dell'accordo in discussione con il signor Chamberlain. Chamberlain ha dichiarato' pubblicamente che egli era felice di constatare la facilità con la quale Briand aveva potuto mettersi d'accordo con lui, e ha avuto occasione di dirmi che Briand aveva accolto -meno una -tutte le osservazioni che egli aveva fatte al progetto francese di nota alla Germania. Egli stesso del resto aveva evidentemente desiderio e fretta di concludere.

Quando, dopo il colloquio di Ouchy, che ebbe luogo alla vigilia dei lavori del Consiglio, io vidi separatamente Briand e Chamberlain, essi m'informarono dello stato dei loro negoziati e della loro imminente definitiva conclusione. L'uno e l'altro mostrarono il più vivo interesse a far parte all'Italia delle loro idee e il loro desiderio di vederla partecipare alla formazione del Patto al quale essi lavoravano. Chamberlain ebbe a dirmi, come poi a ripetermi in colloqui successivi, che egli non intendeva esercitare pressioni sull'Italia, perchè si rendeva conto che l'Italia non localmente interessata alla frontiera del Reno, poteva avere delle esitazioni circa la propria convenienza di partecipare a un Patto di Garanzia renana, ma non poteva nascondere che l'Inghilterra avrebbe considerata la collaborazione dell'Italia con la maggiore soddisfazione. Analoghe furono poi anche le dichiarazioni di Briand. Briand, come ho informato l'E. V. coi mie:i teleg,rammi n. l e n. '6 (3), mi ha inoltre dichiarato 'che la: Fr'ancia era pronta a offrire all'Italia incondizionatamente, tutte quelle garanzie che l'Italia avesse giudicate necessarie per il mantenimento delle frontiere meridionali della Germania.

L'atteggiamento dunque della Francia e dell'Inghilterra verso il problema della nostra collaborazione al Patto, non è dubbio. I due paesi desideravano vivamente la nostra partecipazione. L'Inghilterra con non minore intensHà della Francia, perchè essa sente l'utilità che nella ,combinazione attuale (la quale ha la forma di una garanzia territoriale ma è in sostanza il Patto politico nel quale si determina la collaborazione delle quattro grandi Potenze

d'Europa), p-artedpi un paese come l'Italia che ha in Europa interessi essenziali di equilibrio come ha l'Inghilterra.

Questo s'intende anche meglio quando si consideri che per l'Inghilterra il Patto ha meno valore nella sua funzione territoriale .che nel suo significato politico, meno valore per le sue disposizioni di garanzia che per il sistema di rollaborazione che esso deve istituire tra le grandi Potenze d'Europa, ed è evidente che tra le grandi Potenze l'Inghilterra sa che è l'Italia, quella con la Quale è possibile una maggiore intimità per la difesa degli interessi dell'equilibno di forze nel continente.

A una politica di amicizia e di collaborazione con l'Italia, Chamberlain dunque è certo interessato, ed è da escludersi, a questo proposito nel mio telegramma n. 6 le sue dichiarazioni sull'annessione dell'Austria, che egli intenda attuare la politica di collaborazione occidentale con concessioni che potrebbero danneggiare l'Italia, partecipando al Patto del Reno, entra direttamente in questa politica di collaborazione [sic].

Nel suo pensiero e nelle decisioni del Gabinetto Britanni.co le limitazioni della garanzia territoriale alla frontiera renana non sono fondate sopra una più ferma solidarietà della politica francese e di quella britannica, ma sopra le esigenze della difesa nazionale delle Isole Britanniche. Se da questi limiti Chamberlain non può uscire, per quanto riguarda le garanzie territoriali, perchè oltre questi limiti i Dominions non seguirebbero l'Inghilterra, egli ha tuttavia libertà d'azione politica di fronte a tutti i problemi d'Europa e può dichiararsi contrario all'annessione dell'Austria e pronto ad opporsi a tale annessione. come infatti mi ha formalmente dichiarato di essere, senza potere allargare le basi del Patto di Sicurezza con' l'inclusione dell'Austria, come sarebbe necessario fare per estendere la garanzia territoriale anche al confine meridionale della Germania.

Libero Briand invece nella politica delle garanzie territoriali, e anzi desideroso di poterne assicurare agli Stati dell'Europa orientale, egli è pronto a un accordo specifico con l'Italia di natura territoriale, il primo forse di una catena di accordi che la Francia potrebbe contare di stringere interno ai confini della Germania, e con i quali la Francia controassicurerebbe il Patto del Reno. Ma appunto in considerazione di queste, io mi sono tenuto assai riservato con Briand. Se l'Italia infatti dovesse restar fuori del Patto Occidentale, ma stringerne uno con la Francia, essa, senza il vantaggio di partecipare alla politica di collaborazione che è rappresentata dal Patto a Cinque, perderebbe poi anche la sua libertà di movimento, mentre poi la Francia, opponendosi alla annessione dell'Austria, non difende che un suo interesse, forse anche maggiore e comunque più immediato del nostro, se si considera la maggiore pressione che la Germania presumibilmente eserciterebbe nel Reno di quanto non potrebbe esercitare sul Brennero.

Riassumendo, la situazione è questa: la Francia è pronta, tanto se l'Italia entra, tanto se non entra, nel Patto del Reno, a concludere con noi un accordo per la garanzia della frontiera austro-tedesca. L'Inghilterra non è disposta a nessun impegno di garanzie territoriali che non sia quello del Reno, ma desidera, per ragioni generali di politica europea, la partecipazione dell'Italia a questo atto di collaborazione tra le grandi Potenze di Occidente: Francia e Inghilterra sono poi ambedue contrarie alla annessione dell'Austria alla Germania, ma la Francia è prònta a un accordo che fissi nella forma di una garanzia territoriale questa sua opposizione e l'Inghilterra no. Resta naturalmente impregiudicata, da parte inglese, la questione di un'intesa amichevole per difendere l'indipendenza dell'Austria, questione che io non ho toccato con il Signor Chamberlain, ma che può sempre essere aperta a Londra, tanto più che il Signor Chamberlain, su quanto ha avuto a dichiarare, è persuaso che all'annessione è ostile una parte assai importante dell'opinione pubblica tedesca e cioè proprio quei protestanti prussiani i quali hanno determinato l'elezione di Hindenburg, e che quindi per ora l'indipendenza dell'Austria non è seriamente minacciata. Un'intesa del genere sopra accennata non dovrebbe perciò rappresentare per chi pensa così, un grande aumento delle responsabilità della sua politica.

La questione dell'Austria è stata trattata da me con Chamberlain e con

Briand anche dal punto di vista della ricostruzione economica del paese. Tanto

Chamberlain quanto Briand <si sono mostrati pronti ad incoraggiare Benes ad

un'azione comune con l'Italia .in favore dell'Austria. E Benes, nei due colloqui

che ha avuto con me si è ripetutamente impegnato a non prendere nessuna

iniziativa senza preventivo accordo con l'Italia. Per rafforzare questo impegno,

lo ho fatto partecipare a una riunio:ne con Mataja e Schuller, presente il com

mendator Bordonaro. In tale riunione, della quale gli austriaci sono stati assai

soddisfatti e della quale il commendator Bordonaro ha già riferito, Benes ha

rinnovato i suoi impegni.

(l) -La lettera si inserisce qui perchè reca a margine la seguente indicazione: • avuta in ufficio il 14 giugno 1925 ». (2) -Cfr. nn. 23, 27, 28 e 29. (3) -Cfr. nn. 23 e 28.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA

T. GAB. R. PRECEDENZA ASSOLUTA 533. Roma, 15 giugno 1925, ore 23. Attuale inasprimento cambi non è giustificato da ragioni obiettive. Invito l'E. V. a reagire con tutti i mezzi con azione energica su ambienti amici. Paese è tranquillissimo, Governo solido. Secessione Aventino sta per chiudersi e comunque è già esaurita, come forza politica di opposizione. Nessuno sciopero. Anno Santo procede massima calma. E se per avventura ci fosse qualche punta politico-massonica faccia intendere che massoneria italiana è ben diversa da altre massonerie e che legge italiana non ha intenti persecutori contro libertà

pensiero, ma è diretta contro obbligo segreto incompatibile coi doveri di lealtà di un funzionario dello Stato.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO

T. GAB. PRECEDENZA ASSOLUTA 534. Roma, 15 giugno 1925, ore 23.

Dopo conversazione con ministro finanze durante la quale fu prospettata ipotesi che attuale inasprimento cambi potesse essere conseguenza stato incertezza nostre trattative con Stati Uniti circa debiti, sono venuto determinazione invitare V. E. a iniziare ufficialmente trattative per il settlement del nostro debito. V. E. è quindi autorizzata a fare una immediata comunicazione ufficiale in tal senso al Governo americano. Come già precedentemente comunicato V. E. prima inderogabile condizione per sistemazione nostro debito è concessione di una moratoria che per ragioni ovvie le quali V. E. può agevoJ.mente illustrare non può essere inferiore a 10 (dico dieci) anni. Superato punto moratoria che ripeto è pregiudiziale resta questione pagamento interessi maturati e maturandi. Tesi massima è che nessun pagamento deve essere· fatto ma in tesi subordinata V. E. riceverà ulteriori istruzioni. In ogni caso se la questione foss~ posta sul tappeto V. E. si batterà per ottenere almeno cancellazione interessi maturati e un tasso minimo opportunamente graduato per quelli che matureranno a moratoria terminata. Quanto a rateazione non può essere inferiore nella prima richiesta a 90 anni, ma il R. Governo può ridurre in tesi subordinata questo lasso di tempo. Posti così i caposaldi per altre questioni

V. E. riceverà tempestive istruzioni. Non appena V. E. avrà fatto comunicazio'ne ufficiale decisione Governo italiano iniziare regolari trattative per sistemazione debiti, V. E. . mi terrà quotidianamente informato andamento preliminari nonchè impressioni mondo finanziario americano. Nel contempo invito

V. E. a reagire con tutti i mezzi con azione energica su ambienti amici contro svalutazione ulteriore lira che non è giustificata da ragioni obbiettive. Paese è tranquillissimo, Governo solido. Secessione Aventino sta per chiudersi e comunque è già esaurita come forza politica di opposizione. Nessun sciopero. Anno Santo procede massima calma. E se per avventura ci fosse qualche punta politica massonica faccia intendere che massoneria italiana è ben diversa da altre massonerie e che legge italiana non ha intenti persecutori contro libertà pensiero, ma è diretta contro obbligo segreto incompatibile coi doveri di lealtà di un funzionario del,lo Stato. Conto su V. E. per questa fase delicata della nostra vita finanziaria e svolgimento trattative mi daranno -credo -conferma sue eminenti qualità di diplomatico e di patriota.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, BESNARD

Roma, 15 giugno 1925.

In relazione alla nota di V. E. n. 188 del 14 giugno (l) ho l'onore di confermare le dichiarazioni di massima ripetutamente fatte dal Governo italiano da quando venne ·consegnato al Governo francese il memorandum tedesco del 9 febbraio (2), e cioè che l'Italia è favorevole ad un patto di sicurezza a cinque, come mezzo più sicuro per dare una solida base alla pacificazione generale dell'Europa.· Il Governo spera che il patto possa concludersi in termini tali da poter effettivamente assumere questo significato e questa portata.

Tuttavia dallo svolgersi delle trattative e dagli eventi intercorsi per giungere

alla redazione del testo definitivo di risposta, che il Governo francese si propone

di rimettere al Governo tedesco, e su cui il R. Governo comprende che sarebbe

intempestivo di continuare nel momento attuale la discussione è apparso che

si verrebbe a determinare una situazione, per la quale risulterebbero due

ordini di garanzie diverse per il rispetto dei trattati di pace.

Il Governo italiano non riuscendo a rendersi allo stato degli atti esattamente conto del modo per cui il patto potrebbe raggiungere le sue finalità data l'accennata discriminazione delle garanzie si trova nella necessità di riservare la determinazione delle sue particolari decisioni, quando venga a chiarirsi in modo definitivo in che cosa consisterebbe .questo duplice ordine ·di garanzie, gli impegni concreti che ne risulterebbero e in quale situazione verrebbe a trovarsi l'Italia per la tutela degli interessi connessi coi problemi che direttamente la riguardano.

(l) -Non pubblicata. (2) -Per il memorandum tedesco cfr. serie VII, vol. III, nn. 733, 734.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA

T. GAB. 545. Roma, 17 giugno 1925, ore 19,30.

Di seguito alle ·conversazioni di carattere ufficioso avvenute in questi ultimi tempi fra l'ambasciatore italiano a Washington e la tesoreria americana, essendo sembrato che sarebbe stato non conveniente non iniziare trattative ufficiali per il regolamento del debito italiano, ho telegrafato a De Martino di informare il Governo degli Stati Uniti che l'Italia era pronta a fare tali trattative (1). Nell'informare a titolo di cortesia codesto Governo, voglia mettere in evidenza come anche verso Inghilterra noi abbiamo ripetutamente manifestato la nostra disposizione a scambi di vedute e conversazioni in proposito e che confermiamo nostra disposizione ad aprire ufficialmente trattative in materia. Se Foreign Office non ha difficoltà dopo avvenuta comunicazione ufficiale potrebbe essere diramato comunicato. Mi riferisco da ultimo al suo telegramma n. 417 (2).

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 990/145. Parigi, 17 giugno 1925 (per. ore 11,45 del19).

Briand mi ha ieri sera pregato di andarlo a vedere. Mi ha detto che voleva <Chiarire la posizione presa dalla Francia relativamente al Patto di Sicurezza, .avendo avuto l'impressione, dai primi commenti della stampa italiana, che questa potesse non apprezzarla nella sua vera luce.

Egli Briand, era stato, fin dai negoziati di Cannes, sostenitore di un accordo

generale che comprendesse l'Italia e che garantisse anche le nostre frontiere

e lo statu quo dell'Europa centrale. L'opposizioni che aveva trovato allora da

parte dell'Inghilterra ad un accordo così esteso, si erano andate poi raffor

(:!) T. Gab. per corriere 938/417, trasmesso il 9 e per. il 15: dichiarazione a Tyrrel della disposizione italiana a riprendere le conversazioni circa i debiti di guerra.

zando; per cui, anche nelle recenti trattative, i suoi sforzi diretti ad indurre

la Gran Bretagna a considerare un patto di assicurazione .generale dell'Europa

che tene,sse conto del nostro punto di vista, erano falliti. Chamberlain gli aveva

obiettato di trovarsi di fronte all'impossibilità di vincere la riluttanza dei

Dominions e della stessa opinione pubblica inglese ad assumere in Europa impe

gni maggiori di quelli previsti dal Covenant, e ad includere in un nuovo

accordo altra questione che quella delle frontiere occidentali. Anche per questa

parte vi erano state vivissime opposizioni che aveva potuto sormontare solo

iu considerazione del sentimento prevalente in Inghilterra che questa era in

obbligo di fare qualche cosa in sostituzione del mancato patto di garanzia anglo

americano, previsto dal trattato di Versailles.

Di fronte a queste reali difficoltà del Governo inglese ad adottare il punto

di vista francese ed italiano, egli Briand, aveva cercato di 'supplire includendo

nella risposta alla Germania l'obbligo del rispetto dei trattati in vigore, e non

già soltanto di quello di Versailles, come era stato accennato da qualche gior

nale italiano.

Si proponeva pure di esigere dalla Germania una dichiarazione generale

di non aggressione.

Egli poi, come mi aveva già detto, ed in conformità di quanto l'ambasciatore di Francia a Roma era stato incaricato di comunicare a V. E., offriva un patto all'Italia di r·eciproca assicurazione delle rispettive frontiere. Recentemente, a Ginevra, ne aveva intrattenuto Chamberlain, per domandargli l'accoglienza che un tale .jlCCordo avrebbe eventualmente trovato pres,so il Gov·erno inglese. Chamberlain si era riservato di riflettere e gli aveva fatto sapere l'indomani che la Gran Bretagna avrebbe visto con favore tale accordo. Di ciò aveva fatto parte all'on. Scialoja.

Briand avrebbe molto desiderato che V. E. fosse intervenuto a Ginevra

per avere un diretto scambio di vedute con lui e con Chamberlain.

Briand mi ha pregato di riferire questo suo discorso a V. E. tenendo a dimostrare la sua lealtà ed il suo vivissimo desiderio di una intesa con l'Italia. Egli considera che un'intesa franco-italiana, a complemento di quella renana e con consenso della Gran Bretagna, completerebbe la serie degli accordi che si tentano di concludere per assicurare all'Europa un periodo di pace. Tale intesa obbligherebbe virtualmente la Gran Bretagna ad intervenire qualora le ostilità si aprissero nell'Europa centrale.

Nelle mie risposte ho conserva:to la maggiore riserva.

Sarò grato a V. E. se vorrà inviarmi istruzioni per norma di linguaggio.

(l) Cfr. n. 34.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO

T. s. 1644. Roma, 19 giugno 1925, ore 3. Suo teleg,r.amma n. 63.

Ho comunicato per corriere a V. S. tutti documenti relativi conferenza Ginevra. Data situazione colà formatasi questo ministero è stato costretto autorizzare (l) delegazione italiana aderire seguente soluzione: Abissinia esclusa

zona proibizione, facendo però dichiarazione con ·CUi impegnasi rispettare norme

sancite dagli articoli 9 a 13 convenzione Ginevra. Altre potenze contraenti per

parte loro impegnansi conformarsi per quanto riguarda territorio etiopico agli

articoli sruccitati e rispettare regolamenti che Abi,ssinia emanerà a tal uopo.

Dette dichiarazioni sono state annesse alla nuova convenzione.

Secondo spirito disposiz,ioni articoli 9 e 13 convenzione Ginevra, importa

zione armi è assolutamente proibita per conto di privati, ma consentita sotto

speciali condizioni se per conto dello stato. In tal caso però se Governo im

portatore ha bisogno servJrsi territorio di un altro stato per transito armi,

dovrà chiedere a quest'ultimo preventiva autorizzazione.

Informola per corriere di altre pratiche ·che questo ministero sta svolgendo

a Londra per concretare più sicure garanzie.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, DURAZZO

T. GAB. 566. Roma, 20 giugno 1925, ore l.

Ieri alla camera (2) ho a·ccennato alla fuga ignominiosa da Valona. Se frase fosse rilevata cotesti ambienti governativi, faccia intendere che mia rievocazione ha un valore puramente retrospettivo ai fini della politica e polemica interna. Ogni altra interpretazione sarebbe falsa e arbitraria mentre inten0o fortificare sempre più rapporti amicizia coll'attuale Governo albanese.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL GOVERNATORE DI RODI, LAGO

T. s. 1658. Roma, 21 giugno 1925, o1·e 2.

Questo ministero informato che Ordine di Malta desideroso sbarazzarsi ospizio Tantur avrebbe deciso ridarlo a benedettini tedeschi dietro irrisorio affitto annuo a mezzo contratto con patriarca Gerusalemme. Data presenza costì principe Chigi prego V. E. volergli richiedere informazioni circa vero stato cose e comunicargli a mio nome che R. Governo considera inopportuna tale cessione che potrebbe avere per conseguenza ripresa campagna penetrazione tedesca contraria nostri interessi laddove sarebbe molto gradito che Ordine Malta aprisse possibilmente trattative allo scopo con associazione nazionale missionari. Rimango attesa urgenti comunicazioni.

(l) -Con te!. s. 1528, trasmesso il 7 giugno, o.re 19. (2) -Mussolini allude all'intervento con cui rispose ad una frase dell'an. Giunta, provocata da un discorso nello stesso senso dell'an. Dudan, critica verso la politica fiumana del fascismo (c È la politica del conte Sforza, applicata dal fascismo, cioè da Contarini •). Cfr. A.P., Camera, Discussioni, !eg. XXVII, pp. 4351-4352. Il discorso Dudan, ibid., pp. 4258-4264 (tornata del 18 giugno).
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE R. 1092/453 A/48. Londra, 21 giugno 1925 (per. H 28).

Mi risulta per via indiretta che notizia prossima visita delle navi da guerra italiane a Leningrado è stata appresa in queste sfere governative con sorpresa ed ha prodotto impressione non buona. Visita a Leningrado coincide con crociera che navi da guerra britanniche compiono nel mar Baltico.

Si ha impressione che in queste sfere governative la visita delle nostre navi a Leningrado possa aver diminuito i vantaggi ottenuti dalla visita compiuta recentemente dalle stesse nostre navi nei porti inglesi.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T'. GAB. 587. Roma, 23 giugno 1925, ore 15.

Suo telegramma n. 14'5 (1).

Per le istruzioni richiestemi da V. E. in relazione alla conversazione da lei avuta con Briand che vorrà ringraziare per il desiderio manifestatole di incontrarsi con me a Ginevra, non posso che richiamarmi alle comuni.cazioni dirette in argomento alla R. ambasciata a Londra e al senatore Scialoja, rli cui. ella ha ricevuto copia (2). Di esse ella potrà valersi come norma di linguaggio. Anche l'offerta di Briand mi fu già comunicata dal senatore Scialoja da Ginevra (3) e figura nella corrispondenza trasmeSiSale.

Per il momento, la posizione dell'Italia in questa questione è di attesa, e del resto risulta da una nota testè rimessami da Besnarà (documento che le trasmetto a parte) che Governo francese si è reso conto di questo nostro atteggiamento.

R. Governo si interessa vivamente ai vari aspetti della comple~sa questione, di cui misura tutta la portata, ai fini che si intendono perseguire e ai mezzi per cercare di risolverla. Segue anzi il movimento col desiderio che si possa riuscire a dare una solida base alla pacificazione generale dell'Europa, come io ho più volte avuto occasione di manifestare pubblicamente. Ma di fronte agli eventi intercorsi da quando fu fatta la proposta tedesca e le interpretazioni varie date tanto alla proposta quanto agli scambi di vedute tra Londra e Parigi (con speciale riguardo alludo al comunicato Havas), R. Governo e opinione pubblica italiana sentono di dover procedere con ogni cautela per giungere ad una decisione.

(l) -Cfr. n. 37. (2) -Cfr. n. 21. (3) -Cfr. n. 27.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1039/456. Londra, 24 giugno 1925, ore 2,25 (per. ore 5,25). Avendomi Chamberlain fatto conoscere suo desiderio vedermi mi sono recato ieri sera da lui. Segretario di stato affari esteri mi ha detto subito che desiderava intrattenermi circa patto sicurezza. Ha cominciato col riassumere conversazioni di Ginevra con Briand e Scialoja. Parmi superfluo ripetere cose dette a tale proposito risultandomi dai telegrammi comunicatimi che V. E. ha perfetta

mente conoscenza di tutto. Chamberlain ha proseguito dicendo che egli intendeva parlarmi in termini generali del patto sicurezza non già per sollecita/t'e

o mercanteggiare una nostra adesione ma per solo vivo desiderio di eliminare ogni possibilità di malintesi fra i Gabinetti di Roma e di Londra. Egli stesso ben sa di non avere alcuna veste per chiedere partecipazione italiana giacchè Governo britannico, per le ragioni ben note, non era in grado offrirei in cambio alcun adeguato corrispettivo. Tuttavia egli teneva in modo particolare a dichiarare che partecipazione italiana al patto renano sarebbe riuscita al Governo britannico oltre che bene accetta altamente apprezzata. Ha soggiunto che cooperazione italiana in questo nuovo campo di attività politica (l) è stata ed è sempre considerata da lui come grandemente desiderabile; nelle condizioni attuali tale cooperazione riuscirebbe poi tanto più gradita in quanto trattasi di questione di grande speciale importanza. Chamberlain poi mi ha detto che poichè politica di V. E. in armonia con quella britannica aveva sempre mirato alla pacificazione ed al consolidamento europeo egli aveva pensato che anche per patto Reno Italia avrebbe dato sua partecipazione ·e ciò tanto più in quanto che proposte della Germania e il primo scambio d'idee seguitone gli avevano

lasciato impressione che V. E. non vi si fosse mostrato sfavorevole. Comunque egli tenne a dire che si rendeva perfettamente conto dell'atteggiamento di attesa e di riserva assunto da V. E. legittimamente desideroso di rendersi previo conto dello svolgimento del negoziato.

Segue col n. successivo.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 1048/457. Londra, 24 giugno 1925, ore 20,10 (per. ore 3 del 25). Continuazione del telegramma precedente. Ho replicato lungamente a Chamberlain svolgendogli sopratutto seguenti concetti: Governo italiano ha seguito sempre una politica ispirata dalla neces

sità di una conciliazione. Ciò stante esso si è mostrato favorevole ad un patto a cinque di reciproca sicurezza che risultasse effettivamente mezzo sicuro per

pacificazione generale europea. Patto di tale genere non dovrebbe quindi in alcun modo condurre ad una situazione dalla quale verrebbero a risultare praticamente due diversi ordini di garanzie per il r1spetto dei trattati; ossia un patto che nel garantire specialmente f.rontiera Reno verrebbe a diminuire gli impegni interalleati per mantenere statu quo al quale Italia è particolarmente interessata per quanto riguarda situazione Austria.

Unione Austria Germania deve essere considerata come gravissimo pericolo

europeo per il fatto che essa aumenterebbe siffattamente potenza della Germania

t~a rend·ere inadeguato e forse inefficace patto di reciproca sicurezza limitato

al Reno. Di fronte a tale situazione il R. Governo ha vil:'to invece:

l) Il delinearsi di un patto che lascia sussistere dubbio che i pericoli dianzi segnalati non siano .stati tutti vagliati e fronteggiati; 2) Una azione del rappresentante britannico a Berlino in senso affatto contrario; 3) Un atteggiamento opinione pubblica britannica in senso non ostile alla eventualità di una unione austro-tedesca.

Tutta questa ·situazione non poteva non rendere perplesso Governo italiano donde atteggiamento di riserva e di aspettativa del signor Mussolini. Chamberlain mi ha risposto che egli era interamente persuaso pericoli insiti nell'eventuale unione Austria alla Germania. Egli è così persuaso d'aver fatto eseguire precisi passi al riguardo a Berlino attenendone precise soddisfacenti assicurazioni. Govèrno britannico aveva messo anche massima cura a fare risultare dai documenti relativi alle trattative per il patto di sicurezza che tutti gli impegni derivanti dai trattati generali di .pace conservano intatta la loro piena efficacia costituendo essi la carta costituzionale europea. Per quanto concerneva poi l'unione dell'Austria alla Germania segretario stato affari esteri osservava che tale questione si sarebbe potuta aprire o in modo violento a seguito di una aggressiùne della Germania o in modo pacifico in dipendenza dalle note clausole dei trattati di pace. Nella prima eventualità Governo britannico avrebbe senza esitazione fatto fronte ai suoi impegni derivanti dai trattati: ne>lla seconda Governo britannico si sarebbe decisamente opposto a qualsiasi tentativo del genere. Nel riassumere a mia volta e per maggiormente precisare le due dichiarazioni di Chamberlain ho cercato ottenere qualche maggiore chiarimento circa la seconda di esse.

Segretario di stato mi ha infatti allora ripetuto che io avrei potuto telegrafare a V. E. sua dichiarazione che Governo italiano poteva contare sull'appoggio diplomatico inglese pieno ed intero per il caso in cui sorgesse questione annessione Austria alla Germania. Giudicherà V. E. se dichiarazioni di ordine generale fatte da Chamberlain unitamente alle due ipotesi da lui prospettate circa statu quo austriaco offrano elementi atti per ulteriore sviluppo.

In ogni modo occorrerebbe pervenire ad alcune formali precisazioni fra cui quelle relative alla natura e forma dell'impegno alla prestazione dell'appoggio diplomatico accennatomi da Chamberlain.

(l) Nel testo di Londra: • nei diversi campi dell'attività politica internazionale ».

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) RR. 363/458. Londra, 24 giugno 1925, ore 20,15 (per. ore 3,55 del25).

Già da diverso tempo mi risultava che presso questi elementi liberali e labouristi si era manifestata una certa agitazione in favore Salvemini. Non ho mancato agire opportunamente e sono riuscito impedire alcune pubbliche manifestazioni. Vengo però oggi informato che alcuni deputatJ pubblicisti e professori università si sono riunHi privatamente in un locale della Camera dei Comuni per discutere ·Circa arresto Salvemini. Fu ventilata proposta redigere protesta da essere poi firmata .simpatizzanti. Non fu presa alcuna decisione ma si convenne seguire svolgimento avvenimenti onde procedere eventuale ulteriore esame. Raccoglierò altre informazioni non tralasciando a•gire opportunamente.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA

T. 6125 (1). Roma, 25 giugno 1925, o1·e 0,40.

Ho inviato seguente telegramma editore Times: «Sono molto sensibile

al fatto che il vostro grande giornale segue attentamente le mie manifestazioni

politiche e polemiche.

Permettetemi rettificare alcune osservazioni contenute nel vostro ultimo editoriale (2). Non è vero che ultime leggi votate Camera italiana siano contrarie elementarissime libertà e ve ne convincerete leggendone gli articoli. Non è vero che esista malcontento per tutti: è vero invece che esiste opposizione piccoli gruppi spodestati mentre enorme maggioranza popolo italiano lavora e vive tranquillo come stranieri soggiornanti mio paese possono quotidianamente constatare. Pregavi anche prendere atto che fascismo raggruppa tre milioni di aderenti, di cui due milioni sono operai e contadini sindacalisti: quindi rappresenta la maggioranza politica organizzata della nazione.

Stessa opposizione italiana riconosce ormai la grande importanza storica dell'esperienza fascista, che deve essere condotta intransigentemente per non mancare suoi fini che sono elevazione morale e materiale popolo italiano anche all'interesse generale civiltà europea».

(l) -II doc. non fa parte dei registri di telegrammi del Ministero. Si pubblica il testo pervenuto a Londra. Cfr. The Times, 26 giugno 1925, p. 15, Signor Mussolini, and The Times. (2) -Cfr. The Times, 23 giugno 1925, p. 17, art. The Fascist State.
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IL MINISTRO A VIENNA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 1085/226A/1. Vienna, 25 giugno 1925 (per. ore 9 del 28).

Faccio seguito ai miei telegrammi n. 223 e 224 (1).

L'improvviso annunzio della partenza di Mataja per Parigi ha suscitato ieri i più vivi commenti negli ambienti parlamentari e politici. La motivazione data nel primo comunicato ufficiale che dava la partenza come avvenuta quando Mataja era ancora a Vienna, venne accolta con una certa incvedulità e la Neue Freie Presse commentandola trovava per lo meno poco dignitoso che un ministro• degli affari esteri si scomodasse per andave incontro a due periti economici che saranno a Vienna tra pochi giorni. Tale motivazione è stata però ufficialmente mantenutà e con essa si è giustificata anche la convocazione del consiglio dei ministri di ieri. Si è detto infatti che il ministro degli affari esteri non doveva prendere contatto con gli esperti stranieri prima di aver ricevuto direttive dal consiglio dei ministri e dai capi dei partiti di coalizione, ciò tanto più dopo il discorso di Benès che ha chiaramente detto aspettarsi dalla perizia il riconoscimento della necessità di riforme interne, mentre, come è noto, punto di vista dell'Austria è che sue condizioni economiche non possono essere migliorate che con modifiche al regime doganale con gli stati vicini. Pangermanisti si preoccupavano inoltre delle dichiarazioni e degli impegni che Mataja avesse potuto fare o a.ssumere a Parigi nella questione dell'annessione alla Germania. Vi è ancora gente in Austria che si illude che intransigenza francese all'annessione non sia così assoluta per il fatto che dalla Francia non è ancora stato pronunziato un così categorico gi•ammai come dall'Italia.

Da riservate informazioni mi risulta che il Iie_ve ritardo nella partenza di Mataja e la convocazione del consi-glio dei ministri sono stati causati da un telegramma di Grlinberger, nuovo ministro d'Austria a Parigi, che fissando il programma della visita ne metteva in rilievo importanza politica.

Da altra fonte attendibile mi è stato riferito che in seguito a certe avances di questo ministro di Francia Mataja si sarebbe deciso ·ad andare a Parigi nella speranza di poter ottenere dall'alta banca francese, con l'a.iuto di quel Governo, quei crediti per il finanziamento delle industrie austriache che aveva sperato di potere ottenere dall'Italia. Più che di un prestito vero e proprio si tratterebbe dell'accaparramento da parte francese di azioni delle principali industrie e banche austri·ache. Si parla di una cifra di 200 milioni di franchi. Questo ministro di Francia che ho visto ieri mattina e che ha affettato con me di non attribuire alcuna importanza politica al v.iaggio di Mataja a Parigi, ha ammesso

nel corso della conversazione che se si vuole evitare l'Anschluss bisogna pagare un premio di assicurazione e fare dei sacrifici materiali.

Comunque il possibile nuovo orientamento della politica austriaca merita di essere seguito con ogni attenzione. L'Austria è oggi un paese disposto a cedersi al migliore offerente e che non crede che all'appoggio materiale effettivo. Non ritiene forse sufficiente quello che noi possiamo offr.irle o prometterle e si rivolge altrove nella speranza di maggior successo.

Questa è almeno la mia impressione basata su dati non ancora precisi.

(l) T. Gab. 1068/223, trasmesso il 26 (sic, ma deve probabilmente trattarsi del 25). ore 19,30, per. ore 23: assicurazioni di Seipel circa il carattere non politico del viaggio di Mataja a Parigi; T. Gab. 1057/224, trasmesso il 25, ore 20, per. ore 23, con cui Bordonaro, mentre confermava il carattere più economico che politico del viaggio di Mataja a Parigi, esprimeva la preoccupazione che • si delinei tendenza Governo federale voler ormai appoggiarsi prevalentemente sulla Francia per la soluzione del problema austriaco, sperando potere ottenere da essa maggiori aiuti materiali e più sicuri affidamenti di quelli ottenuti o che potrebbero attenersi da noi •.

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IL MINISTRO A VIENNA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 1102/231. Vienna, 27 giugno 1925 (per. il 29). Sono stato ieri da Seipel che da vario tempo non avevo visto. Mi ha chiesto con interesse dell'azione da me svolta a Ginevra della quale si è mostrato del resto perd'ettamente al corrente. Ha espresso la sua soddisfazione ,e la sua fiducia nei provvedimenti di carattere economico doganale che saranno messi allo studio ma non mi ha nascosto che le sue speranze per un effettivo riavvic,inamento all'Italia erano basate sulla possibilità di ottenere dei crediti per le industrie. Ciò avrebbe accentuato l'interessamento prevalentemente ed esclusivamente italiano all'Jnfuori di ingerenze di terzi ed avrebbe saldamente leg,ato le sorti dell'Austria all'Italia. Parlando del viaggio di Mataja a Parigi ha escluso che esso possa avere il signi,ficato di un nuovo orientamento della politica austriaca. Intorno al recente discorso di Benès (l) rru ha detto di aver trovato inopportuno il troppo marcato accenno alla speculazione su una rivalità tra Italia e Cecoslovacchia nella questione austriaca. So d'altra parte che questo accenno ha irritato anche Mataja. A proposito del movimento annessionista Seipel mi ha detto di essere convJnto, come ha detto del resto a Zurigo, che se dovesse aver luogo oggi un plebiscito il 90 per cento dei voti austriaci sarebbero per l'Anschluss e ciò non per vera tendenza all'annessione ma per la persuasione ormai invalsa in tutti gli strati della popolazione che l'annessione alla Germania è l'unka soluzione dalla quale si può ormai sperare un migliol'e avvenire ,specialmente economico. Egli cerca di combattere tale persuasione con l'incitare i suoi connazionaU ad una maggiore coscienza del sentimento nazionale e in questo senso ha tenuto pochi giorni or sono una conferenza che ha avuto larga eco di commenti. Ma è certo che se la perizia economJca e le trattative per i dazi preferenziali dovessero finire con un fallimento delle speranze che in esse si ripon

gono, la tendenza annessionista nella quale si ravviserebbe l'ultima ancora di salvezza ne sarebbe immensamente rafforzata.

(l) Pronunciato il 23 giugno alla commissione parlamentare degli esteri cecoslovacca.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE ll41/643A. Londra, 27 giugno 1925 (per. il 2 luglio).

Mio telegramma gab. n. 432 (1).

Avendo esaminato la questione relativa all'incidente Piperno con l'India Office, il Foreign Office ha risposto stamani alla nostra richiesta, formulata in base al telegramma di V. E. gab. 513, con una lunga e particolareggiata nota, che qui unita trasmetto a V. E. (2).

Nota del Foreign Office tiene innanzi tutto a dichiarare che la richiesta italiana è stata esaminata con diligente e simpatica attenzione; che il Governo britannico ha risentito la stessa indignazione del Governo italiano per l'oltraggioso trattamento che le autorità afgane hanno usato al nostro connazionale Piperno; ed infine che il Governo britannico avrebbe desiderato di cooperare nella maggiore misura ·consentita dalla realtà della situazione in ogni passo inteso ad assicurare reintegrazioni e garanzie per il futuro, ma che tuttavia esso è assai dolente di non vedere il modo di potersi associare con l'a'zione già presa, e già resa pubblica, dal Governo italiano.

Onde poter meglio dimostrare i motivi per i quali al Governo di Londra riesce impossibile di associarsi a noi nel richiedere al governo afgano il soddisfacimento delle domande formulate da V. E., la nota -dopo aver premesso che la lunga esperienza dei metodi diplomatici prevalenti a Kabul induce il Governo britannico a ritenere che non è da attendersi che l'Emiro accolga le richieste italiane -prospetta ed esamina le conseguenze che potrebbero derlVare dalle due ipotesi:

l) che l'Emiro accetti e soddisfi le nostre domande;

2) ·Che l'Emiro, come è ritenuto probabile, rigetti le domande stesse.

Nella prima ipotesi la nota spiega lungamente che l'eventuale· assenso dell'Emiro potrebbe produrre la sua caduta dal trono. Da questa evenienza deriverebbe una situazione gravissima che sarebbe sfruttata dai Soviets, la cui influenza si è recentemente assai rafforzata nell'Afganistan. Ora il Governo britannico dichiara di non poter chiudere gli occhi davanti allo stabilimento di repubbliche soviettiste sulla frontiera settentrionale dell'Afganistan, dove erano i territori di Baccara e Chiva; e· che pertanto esso non potrebbe partecipare ad una politica che, a suo avviso, può condurre a simili sviluppi in un paese che è contiguo alla frontiera dell'India, e che è diviso dall'India britannica da un territorio incontrollato.

Nella seconda ipotesi, la nota osserva che, di fronte ad un rifiuto afgano, potrebbe derivare l) un ricorso alle armi: ma la gravità di una simile possibilità, benchè remota, è così evidente, che al Governo britannico non pare necessario ulteriormente discuterne; ovvero 2) una rottura totale o parziale delle relazioni diplomatiche con l'Afganistan. La nota osserva che mentre questa evenienza non implicherebbe alcun pericolo per alcune potenze europee,

essa è invece tale per il Governo britannico (stante i suoi interessi in India e il suo interesse a mantenere nell'Afganistan l'attuale status quo politico e dinastico) che ad esso è impossibile di contemplare oggi una qualche politica atta a condurre ad una rottura delle relazioni.

La nota conclude che ciò pertanto Governo britannico è assai dolente di non p o tersi associare alle domande italiane. Ma allo stesso tempo Governo britannico dichiara « essere ansioso di cooperare nel modo più ampio possibile, entro i limiti imposti dalle considerazioni innanzi esposte, per conseguire una soddisfacente soluzione della attuale difficile situazione, e che esso ha pertanto inviato al ministro britannico a Kabul le più esplicite istruzioni di rappresentare all'Emiro la convenienza, ed invero la necessità, di procedere ad ogni adeguata riparazione per il grave torto che è stato fatto. Comunque il Governo britannico, mentre non può in oggi impegnarsi in modo più preciso, è tuttavia interamente pronto, allo scopo di prevenire il ripetersi di siffatti oltraggi, a discutere col Governo italiano se sarebbe utile, circa la questione generale qt:ale distinta da quella particolare, di venire a collettive discussioni coi Governo afgano allo scopo di assicurare l'introduzione di tali miglioramenti nella procedura criminale, ed altra, da poter produrre un più alto grado di sicurezza per i residenti europei od i viaggiatori nell'Afganistan».

(l) -Non pubblicato. (2) -Non pubblicata.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A TEHERAN, GALLI

T. s. 1723. Roma, 28 giugno 1925, ore l. È venuto a trovarmi ambasciatore Soviety Roma confermandomi quanto

V. S. mi ha comunicato con suo telegramma n. 58 circa progetto di legge persiano che annulla tutte le concessioni non fruttate e circa pratiche fatte da ministro d'Inghilterra per sollecitare solidarietà altri ministri Governi europei contro tale progetto di legge. Ambasciatore ha concluso col dichiarare di vedere la possibilità di una azione comune russo-tedesca-italiana contro la Gran Bretagna. Sono anche io di questo avviso perchè tutto quanto può limitare o ridurre monopolio anglo-sassone apre a noi qualche possibilità. Perciò approvo risposta di V. S. al ministro britannico e la prego di seguire con favore propositi Governo persiano continuando tenermi informato della questione, in modo che io possa darle ulteriori istruzioni.

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L'AMBASCIATORE A MOSCA, MANZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE R. 1213/869. Mosca, 28 giugno 1925 (per. ore 18 del 7 luglio).

Nella conversazione che ho avuto ieri con lui, Cicerin ha detto che affare Piperno metteva interessi Unione e italiani in contrasto nell'Afganistan. Per la

prima volta un affare politico asiatico trova i due Governi sui lati opposti. Egli ·trova che le nostre richieste per l'affare Piperno sono umilianti per l'Emiro, ne minacciano gravemente la situazione che è tutt'altro che •SOlida, e rischiano di far perdere all'Afganistan un principe riformatore, per dare la vittoria ad un rivale retrogrado, dominato all'interno dai Mollahs, e vinto dall'influenza bri

tannica.

L'Unione, egli ha detto, sostiene l'Emiro riformatore, desiderosa com'è di

vedere l'Afganistan veramente indipendente e sicuramente avviato verso un

regime interno e sociale di progresso. L'Italia rischia tutto il suo avvenire in

Afganistan, politico ed economico. L'Inghilterra, egli ha detto, ha subito colto

la palla al balzo contro l'Emiro, ed a quanto mi risulta da dirette notizie del

nostro t•.gente a Kabul, essa sostiene l'azione italiana. Se l'Italia passerà ad atti

coercitivi diretti, coll'impedire le spedizioni di armi nell'Afganistan, questo le

troverà altrove; glie le forniremo noi, traendoci anche un vantaggio commer

ciale. Il Cicerin ha poi esposta la propria versione del fatto Piperno.

Ho cominciato col ristabilire i fatti attenendomi alla versione di S. E. Gran

di alla Camera dei Deputati. Ho ben marcato :sulla circostanza ·che era .stato

pagato il prezzo del sangue; e cioè che la vertenza legale per l'uccisione della

guardia era chiusa in forma corrispondente alle consuetudini locali. Quindi ho

ben marcato sui fatti: che l'evasione non comportava pena di morte senza fare

della giustizia penale un mostro: che la esecuzione del Piperno è avvenuta in

modo segreto e mentre il nostro Governo aveva avviato, ed erano in corso, pra

tiche col Governo deLl'Emiro per la sorte del Piperno. Dunque violazione del di

ritto umano, violazione dei procedimenti impegnati col Governo italiano. Per

tal motivo è dovuta soddisfazione al Governo italiano e indennità alla famiglia,

e non si può assolutamente pensare ad un'umiliazione dell'Emiro. L'Emiro è

stato mal servito dai propri agenti.

Il Cicer~n ~1:i ha dichiarato che non aveva cognizione della nostra versione dei fatti. Ne è parso impressionato. Ma da ciò per nulla può attendersi un cambiamento nell'atteggiamento di questo Governo a favore dEll'Emiro; .specialmente poi se effettivamente l'Inghilterra assume a Ka"oul posizione a nostro favore. È infatti questa notizia che ha eccitato questi dirigenti, dominati dall'idea del contrasto anglo-soviettistico in Asia ora avviatosi verso una fase forse acuta, causa i fatti cinesi, e forse alla rottura dei rapporti tra Mosca e Londra. È per tal motivo che sulla stampa (lsvestia) per evidente influsso del Cicerin, l'affare Piperno è trattato quasi come un episodio di contrasto soviettico britannico in Asia, più che come un contrasto nascente da azione italiana.

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IL MINISTRO A VIENNA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 1180/243. Vienna, 2 lugLio 1925 (per. ore 9 del 5). ;Ho incontrato ieri ad una colazione ex ministro finanze impero russo Bark

ora amministratore delegato Anglo-Austrian Bank, persona di fiduc.ia governatore Banca d'Inghilterra e assai nota nel mondo finanziario internazionale.

7 - Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. IV

Egli mi ha parlato a lungo della crisi della lira, che desta generali preoccupazioni, ed escludendo in modo assoluto che essa possa derivare da ragioni economiche e di bilancio essendo condizioni economia e finanze italiane riconosciute oggi generalmente come fiorenti, mi ha detto che nei circoli bancari internazionali si attribuisce fenomeno svalutazione al panico che ha invaso popolazione italiana, e che può avere origine da elementi politici e psicologici. Popolo italiano, mi ha detto, non ha fiducia più nella propria valuta e ciò ingenera sfiducia o per lo meno allarme anche all'estero. Tra le cause che possono aver determinato tale sfiducia mi ha enumerato annuncio proprio in questi giorni progetto riforma costituzionale dopo approvazione leggi sulla stampa e sugli impiegati, sospensione trattative per regolamento debiti Stati Uniti, lotta contro la massoneria che si ripercuote in modo sensibilissimo all'estero sopratutto negli ambienti alta banca e alta finanza in prevalenza massonici, cessazione rimesse emigranti, condizioni di salute V. E. ad arte esagerate, malcontento prodotto da politica finanziaria ministro De Stefani che sopratutto nei provvedimenti per le borse ha turbato economia nazionale.

Tra i commenti dei giornali viennesi segnalo un articolo del Neues Wiener Abendblatt che fa un parallelo tra il disastro economico prodotto dal regime dispotico in Russia e le progettate riforme costituzionali del regime fascista.

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IL MINISTRO A PECHINO, CERRUTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 1189/109. Pechino, 5 luglio 1925, ore 8 (per. ore 23,50). Mentre apparentemente situazione sembra migliorata, apprendo da varie fonti in intimo contatto con circoli politici cinesi che verrebbe esercitato su di essi forte pressione per indurii assumere atteggiamento intransigente verso Inghilterra. Elementi che si dicono nazionalisti ma che sono in realtà strumento di bolscevichi spingono Governo cinese addirittura alla dichiarazione di guerra all'Inghilterra sostenendo che mentre Cina nulla deve temere per terra, bombardamento porti aperti nuocerebbe più agli stranieri sopratutto inglesi che ai cinesi. Dichiarazione di guerra sarebbe occasione propizia rivolta India, liberazione continente asiatico cui merito spetterebbe Cina. Dichiarazione di guerra importerebbe licenziamento funzionari inglesi Governo cinese cioè pratica ripresa dogane. Anche numerose concessioni inglesi sarebbero riordinate dai cinesi. Generale Cristiano si è dichiarato recentemente due volte in favore guerra Inghilterra. Maresciallo Ciang-Tso-Lin mi ha fatto informare che dopo maturo esame si è convinto attuale movimento diretto contro di lui. Si s'a che sta cercando accordarsi con Wu-Pei-Fu. Mentre egli stesso è accusato simpatizzare con Giappone, Wu-Pei-Fu gode fama anglofilo e però entrambi stigmatizzati da nazionalisti e da generale Cristiano nemici della patria. Egli è persuaso che potenze occidentali e Giappone hanno in Cina soltanto interessi economici e vogliono sua integrità territoriale, mentre Soviets desiderano bolscevizzazione per farla docile strumento pei loro fini imperialistici comunisti. Pertanto neces

sità assoluta frustrare piano generale Cristiano che riceve danaro ed armi da Mosca.

Raccolto nord Cina quest'anno ottimo, epperò maresciallo vorrebbe ritardare possibilmente operazioni miLitari per evitare danni contadini. Poichè sua azione è diretta mantenimento ordine, maresciallo sollecita appoggio potenze che dovrebbe essere duplice: materiale, col sospendere divieto d'importaz.ione armi a lui destinato visto che bolscevichi ne forniscono liberamente generale Cdstiano dalla frontiera mongola; morale, nel senso che potenze agiscano sopra Romarua, Polonia, Stati Balcanici, Finlandia per indurii azione anche soltanto diplomatica verso Soviets qualora questi attacchino Manduria. Mentre ministro Francia ascolta favorevolmente richieste Ciang-Tso-Lin incaricati d'affad Inghilterra e America sono molto riservati e dichiarano rispettivi governi non voler ingerirsi affari interni Cina. Collega inglese mi ha confidato Ciang-Tso-Lin gli fece chiedere aiuti finanziari e che egli oppose reciso rifiuto. Ministro Giappone mantiene massima riserva dichiarando non essere al corrente piano CJang-Tso

Lin. Credo questi sia effettivamente in diretto contatto con Tokio. Per parte mia ho ascoltato con interesse e chiesto tempo riflettere e conferire colleghi. Pure ritenendo in massima saggia linea di .condotta inglese e americana occor.re tener .presente che oggi Ciang-Tso-Lin è campione di lotta contro bolscevichi per invadenza Asia cui trionfo sarebbe fatale intera umanità. Di fronte tale minaccia considerazioni poliHche anglo-ame,ricane ;potrebbero forse passare in seconda linea: e non sarebbe fuori luogo concordarsi fra le cinque grandi potenze per eventuale aiuto morale da concedersi Ciang-Tso-Lin.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 1221/502. Londra, 5 Zuglio 1925 (per. ore 18 del 7).

Telespresso di V. E. 223160 C., e miei telegram!rll n. 447 e 487 (1).

Foreign Office mi ha testè comunicato che Governo britannico condivide le apprensioni del Governo italiano; e doè che, in mancanza di un accordo supplementare fra i tre Governi ili Roma, Parigi e Londra, l'importazione di armi in Abissinia possa assumere proporzioni pregiudizievoli alle tre potenze aventi territori confinanti.

Foreign Office osserva innanzi tutto che la nuova convenzione pel traffico àelle armi entrerà in vigore quattro mesi dopo la data della notificazione (da farsi dal Governo francese a tutte le potenze firmatarie) dell'avvenuto deposito delle raHfiche di quattordici delle predette potenze, e che pertanto appare improbabile che la convenzione possa entra.re in vigore prima della fine dell'anno. Ora l'ufficio legale del Foreign Office ha informato Chamberlain che, nel frattempo, i Governi italiano, britannico e francese sono completamente liberi di concludere fra loro una convenzione che proibisca il transito, attraverso territori sottoposti al loro rispettivo controllo, di armi destinate all'Abissinia.

tranne nei casi in cui il prev.io consenso di tutti e tre i Governi sia stato accordato; e ·Che l'art. 34 della nuova convenzione riconosce e garantisce l'attuazione di un simile accordo.

Ciò premesso, Foreign Office mi ha dichiarato che il Governo britannico è d'accordo con la proposta avanzata dal R. Governo e cioè che un comune passo venga fatto a Parigi per indurre Governo francese a convenire che i permessi di transito, attraverso i rispettivi territori coloniali delle tre potenze, per l'importazione di armi e munizioni destinate all'Abissinia, non debbano essere in nessun caso accordati da nessuna di queste potenze senza la prev.ia autorizzazione delle altre due. Foreign Office mi ha quindi proposto che, qualora il Governo italiano risulti d'accordo, potrebbero essere inviate istruzioni all'<ambasciatore d'Italia e d'Inghilterra a Parigi, affinchè essi espongano al Governo francese che l'accordo proposto (il quale potrebbe rivestire la forma di uno scambio di note) deriva dal terzo paragrafo dell'art. 18 della nuova convenzione. Potrebbe rilevarsi altresì che le tre potenze aventi territori confinanti con l'Abissinia, debbano per forza di cose essere particolarmente interessate nell'importazione di armi e materiale bellico, giacchè questo potrebbe eventualmente essere usato contro di esse stesse. Nel caso invece che le tre potenze avessero la certezza dell'inesistenza di tale minaccia, esse certamente non opporrebbero alcun ostacolo all'acquisto, da parte del Governo abissino, di

armi e munizioni di cui esso avesse bisogno, potendosi a tale riguardo citare ad esempio il recente acquisto di cento fucili e sei mitragliatrici da parte di ras Tafari.

Il Foreign Offic·e desidera ora avere la conferma che il R. Governo concorda in questa linea di condotta. In tal caso il Foreign Office impartirà immediate istruzioni a lord Crewe di compiere un passo nel senso che risulterà così stabilito.

Nell'attesa di conoscere il pensiero di V. E. al riguardo, segnalo che Foreign Office ha finito col non più insistere su osservazioni ed emendamenti alla proposta italiana, la quale appare accettata in tutta la sua interezza.

(l) Non pubblicati: questione della importazione di armi in Etiopia. Il tel. gab. 1159/487. del 2 luglio, riferiva la risposta dilatoria del Foreign Office alla richiesta belga per l'importaz:onc di armi in Etiopia.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE BOSDARI, A LONDRA, DELLA TORRETTA, A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO A BERNA, GARBASSO, E AI CONSOLI DIPENDENTI.

T. GAB. (P.R.) 163. Roma, 6 luglio 1925, ore 23.

In questi giorni molte personalità opposizione italiana fra cui onorevoli Gonzales e Amendola hanno chiesto passaporti per l'estero. Li ho concessi ma desidero essere informato sull'attività che i prefati oppositori spiegheranno in terra straniera (1).

(l) La minuta del telegramma è di pugno di Mussolini.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO AD ATENE, BRAMBILLA

T. GAB. PER CORRIERE 666. Roma, 7 luglio 1925, ore 9.

Il R. ministro a Bucarest telegrafa quanto 8egue: «Sulle pressioni che Governo francese... ecc. ecc. fino alla fine». (Come nel teleg.ramma di gabinetto n. 1174/215 in data 30 giugno 19215) (1). Nel richiamare particolare attenzione di V. S. sopra segnalate pressioni

francesi per favorire accordo greco-jugoslavo, la prego di seguire costà attentamente la questione di cui non le sfuggirà importanza per noi riferendosi accoglienza che azione francese incontra da parte del nuovo Governo greco.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA

T. PER CORRIERE S. 1822. Roma, 7 luglio 1925.

Suo telegramma n. 487 (2).

V. E. può assicurare Foreign Office che alla richiesta belga verrà da noi data risposta analoga a quella britannica. Prego non tralasciare occasione per far presente a codesto Governo comune interesse anglo-italiano di seguire nella questione delle importazioni armi in Abissinia identica linea di condotta e tenersi in reciproco contatto.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P.R.) RR. PER CORRIERE 387/510. Lonàra, 7 luglio 1925 (per. il 12).

Mio telegramma n. 458 (3).

Constami che Foreign Office si è adoperato efficacemente per impedire che alcuni deputati liberali e laburisti parlino ai Comuni del caso Salvemini e provochino in ogni modo manifestazioni in di lui favore.

Tale azione, almeno fino ad ora, ha ottenuto risultato favorevole.

(l) -T. Gab. per corriere 1174/215. spedito da Bucarest il 30 giugno e pervenuto. il 4 luglio, non pubblicato: dichiarazione del ministro francese a Bucarest di non aver ricevuto da Parigi alcuna istruzione di far pressione per la ripresa dei negoziati per l'accordo grecojugoslavo, ma suo riconoscimento dell'opportunità di giungere all'accordo. (2) -Cfr. p. 43 nota l. (3) -Cfr. n. 45.
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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER POSTA RR. S. 3606/630. Belgrado, 7 Zuglio 1925.

L'Addetto Militare a questa R. Legazione Ten. Colonnello Visconti Prasca mi ha dato lettura di una relazione da lui inviata al Ministero della Guerra (Stato Maggiore Centrale) dal titolo « Dati e considerazioni nell'ipotesi di un conflitto tra l'Italia e la Jugoslavia », che allego in copia (1).

Segnalo alla E. V. tale relazione che, per la modesta competenza che mi deriva dalla mia qualità di militare oltre che dalla carica che rivesto, nonchè per la conoscenza di questo paese, giudico degna di speciale encomio. Ed io prego l'E. V. di voler provocare dalle competenti autorità militari quella parola di elogio che il Colonnello Visconti merita, oltrechè per la acuta disamina delle condizioni militari del Regno S.H.S., altresì per le profonde e giuste osservazioni da lui fatte nel campo politico.

II capitolo ad esempio: Ambiente nazionale e la guerm descrive con esaurienti tratti quanto sia radicata nell'anima serba la tradizione guerresca, e l'idea della sua invincibilità, che fanno del soldato serbo, a riconoscimento generale, uno dei migliori del mondo.

È poi degna di nota la considerazione, basata su dati di fatto ineccepibili, che il popolo serbo, il quale nutriva, e, posso affermarlo con sicura convinzione, nutre ancora viva simpatia per noi, finirà fatalmente, in seguito all'azione lenta, ma costante, cui viene sottoposto (specialmente da parte della propaganda francese), ad avere contegno e sentimenti diversi verso l'Italia come li hanno le altre due razze: la Croata e la Slovena.

Ho creduto doveroso commentare brevemente la relazione Visconti perchè non sfugga alla E. V. questo nuovo, interessante stato di fatto che la intesa tra Serbi e Croati non può che rafforzare, e che è mio dovere e mia cura costante di attutire, pur sorvegliandolo, perchè l'E. V. ne sia, ad ogni momento e ad ogni buon fine, resa perfettamente comapevole (2).

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, A VITTORIO EMANELE III, A SAN ROSSORE

T. GAB. PRECEDENZA ASSOLUTA S. N. Roma, 9 luglio 1925, ore 22.

Nomina due ministri ha sollevato favorevole impressione sopratutto ambienti economico-finanziari del paese. Credo che punto massimo svalutazione lira debba ritenersi superato e pericolo sarà scomparso del tutto quando Tesoro italiano avrà una massa di manovra tripla o quadrupla dell'attuale. Programma azione immediata è stabilizzazione lira e Volpi può dedicarvi sue energie poichè

non gli manca prontezza, intuito e preparazione pratica. Situazione interna non presenta novità degne di particolare rilievo. Aventino è politicamente superato e suoi atteggiamenti non hanno più alcuna ripercussione nel paese. Ultimi provvedimenti del Governo hanno suscitato approvazione unanime popolazioni meridionali. I provvedimenti alle opere daranno un grande impulso al progresso economico-sociale di quelle regioni. Da un mese le cronache dei rapporti fra diversi partiti sono bianche cioè ogni conflitto anche domenicale è cessato per cui norma~izzazione e pacificazione sono un fatto compiuto. Situazione internazionale è piuttosto oscura. Torbidi cinesi continuano e indubbiamente sono voluti ed organizzati bolscevichi i quali vista fallire rivoluzione sociale in occidente riprendono vecchia politica asiatica degli czal" e forse con maggiori probabilità di successo poichè hanno nel loro gioco anche la carta rivendicazioni sociali. Articolo Kameneff .recentemente pubblicato è significativo riguardo. Se Cina scuote prestigio inglese situazione Indie potrebbe venire gravemente compromessa. Mentre Inghilterra è impegnata Estremo Oriente la Francia trovasi malamente imbottigliata nella guerra contro Abd el Krim. Vengo questioni italiane: Parlamento albanese ha ratificato tutte convenzioni economiche bancarie che d permetteranno vera e propria main-mise :sull'Albania. Abbiamo concluso 3:2 accordi parziali con Jugoslavia. Continuano trattative italo-tedesche e anche annosa questione Giarabub cammina sia pure con lentezza levantina verso soluzione. Qualora V. M. approvi, nuovi ministri verrebbero mattina sabato San Rossore per giuramento di rito. Accolga V. M. i miei devoti omaggi.

(l) -L'allegato non si pubblica. (2) -Il documento reca la seguente annotazione marginale di pugno di Mussolini: « impc.rtantissimo e interessantissimo •.
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IL MINISTRO A VIENNA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE S. 127.2/2•5:8. Vienna, 10 luglio 1925 (per. ore 18 ciel15).

Mio telegramma per corriere n. 256 (1).

Commissione tirolese capitanata da ex sottosegretario di stato Pfliigl ha presentato ieri noto memoriale, oltre che al ministro di Francia, anche a tutte le altre legazioni straniere. Mi consta infatti che lo hanno ricevuto ministro d'Inghilterra, ministro di Spagna, incaricato d'affari d'America e di Danimarca. Quest'ultimo si è rivolto a questo ministro degli affari esteri per sapere come doveva comportarsi. Gli è stato risposto che il Governo federale essendo completamente estraneo al passo, di cui solo dall'incaricato d'affari danese ha avuto conoscenza, non aveva consigli da dal'le in proposito. Mataja che me lo ha raccontato, ha mostrato di approvare contegno minist.l'lo di Franda che ha rifiutato accettare memorandum. Ministro d'Inghilterra lo ha accettato ma mi ha detto che non lo trasmetterà al suo Governo. Memoriale si riferisce sopratutto alla questione scolastica in Alto Adige (2).

(l) -T. Gab. 1240/256, del 9 luglio, per. 1'11, con cui Chiaramonte Bordonaro trasmetteva la notizia del rifiuto del ministro di Francia di ricevere un memoriale sul trattamento della popolazione tedesca in Alto Adige. (2) -n telegramma venne ritrasmesso a tutte le ambasciate e legazioni in Europa, alla legazione al Cairo, al governatore di Rodi, ad Attolico a Ginevra e al consolato generale a Monaco di Baviera.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. CAB. u. s. 1268/520. Londra, 14 luglio 1925, ore 21,50 (per. ore 1,50 del15).

Telegramma di V. E. gab. 691 (1).

Nel compiere presso Forei•gn Office passo prescrittomi da V. E., ho tenuto anzitutto a rilevare come oramai pazienza R. Governo debba avere raggiunto E:stremo suo limite di fronte continuo tergiversare egiziano. Ho trovato largo consenso in tale mia osservazione. Mi è stato detto anzi che V. E. si era espresso quasi nello stesso senso parlando della questione con Graham. Circa nostro suggerimento per eventuale iniziativa di Henderson Foreign Office mi ha detto che Chamberlain ha dato istruzioni ad Henderson nel senso da noi desiderato. Tali istruzioni sono naturalmente condizionate alla eventualità prospettata; e cioè che Ziver Pascià non voglia cedere a tutte le nostre maggiori pressioni e che i negoziati fra le due delegazioni comincino alla fine di questo mese. Foreign Office è comprerso jn fine della necessità di mantenere il più assoluto seg.reto .su confidenziale suggerimento da noi dato a Chamberlain e sulle di lui istruzioni a Henderson. Anzi Foreign Office ha tenuto a rilevare estrema necessità che così sia.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, DURAZZO

T. CAB. RR. 713. Roma, 15 luglio 1925, ore 12.

Suo telegramma n. 305 (2).

R. Governo è pronto a venire incontro ai bisogni del Governo di Ahmed Zogu. Un piano finanziario è in corso di studio per vedere se si possa disporre di qualche somma ancora però non precisabile. Ad ogni modo sarà immancabilmente consegnato entro il 31 luglio un acconto iniziale di due milioni di lire italiane. È mio desiderio che V. S. tratti di ciò unicamente con Ahmed Zogu e nell'annunziargli arrivo di detto primo contingente gli raccomandi e lo assicuri nello stesso tempo che noi non intendiamo mettere a parte di questo affare alcun'altra personalità albanese volendo con ciò dimostrare che riponiamo sulla sua persona il massimo di considerazione e di fiducia. Convengo che è preferìbile non parlare di prestito. Dall'esito dello studio finanziario in corso dipenderà la forma definitiva da dare a questi rapporti finanziari (3).

tici internazionali», 1953, p. 235).

64. APPUNTO DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

Roma, 15 luglio 1925.

Ho ricevuto l'Ambasciatore di Russia.

Egli mi ha dichiarato che il colloquio aveva per lui carattere piuttosto delicato ed importante. Il Ministro degli Esteri del suo Governo, M. Cicerin lo incaricava di esprimere al Governo Italiano la sua meraviglia per la condotta seguita dal nostro Ministro di Pechino, Cerruti, durante gli attuali avvenimenti in Cina, in pieno accordo colla politica inglese, e palesemente contraria agli interessi e all'azione che sta svolgendo in Cina il Governo dei Soviet (1).

Gli rispondo che ciò non è esatto, e che l'azione del Governo d'Italia in Cina non è affatto, sia nell'intenzione come nella realtà, contraria all'azione del Governo Russo. Bisogna distinguere fra quello che sono gli avvenimenti interni del popolo cinese e quello che è la doverosa tutela dei nostri interessi e dei nostri connazionali insidiati dalla torbida minaccia xenofoba dei rivoltosi. Ora il nostro Ministro Cerruti si preoccupa solamente di questa seconda parte, nè intende minimamente influire od immischiarsi negli affari interni del Governo cinese.

M. Kerjentzeff insiste affermando che l'azione del Ministro Cerruti si svolge secondo i piani del Governo inglese, e ·Che la sua opera è l!lettamente contro l'azione del Governo russo. Egli aggiunge che l'Italia, a suo parere, ha tutto l'interesse di agire in pieno accordo col Governo russo per tutto qua<nto concerne la politica asiatica, ed in special modo la situazione cinese. E che ciò è tanto più naturale dato il carattere d'indipendenza e di autonomia .che il Governo d'Italia ha oggi nei riflessi della politica internazionaÌe.

Gli rispondo (poichè me ne dà l'occasione) che non sempre l'azione della Russia si è inspirata a concetti di sincera amicizia nei riguardi dell'Italia. L'azione svolta a Kabul dal rappresentante del Governo dei Soviet a proposito dell'incidente Piperno è appunto una piccola prova di ciò. Ad ogni modo il Governo di Mosca deve rendersi conto che l'Italia ha in Cina come altrove propri interessi da difendere e da salvaguardare. È vivo desiderio dell'Italia rinsaldare i rapporti di amicizia fra i due paesi, tanto più che non è escluso che nel futuro Italia e Russia debbano fare molta strada insieme, ma tutto ciò non deve essere fatto a scapito degli interessi dell'Italia.

M. Kerjentzeff mi dichiara di nulla sapere circa l'episodio Piperno. Egli telegraferà oggi stesso a Mosca a M. Cicerin facendogli presente quanto gli ho detto. Egli insiste ancora sopra l'interesse dell'Italia a fare una politica in Cina, d'accordo con la Russia. Tanto i Russi come i Cinesi avrebbero una dolorosa impressione se per avventura si effettuasse lo sbarco e l'invio di truppe italiane a Pechino o altrove.

Gli rispondo dichiarandogli che lo sbarco di truppe italiane avverrebbe in ogni modo solamente per difendere da qualsiasi pericolo la vita dei nostri connazionali.

M. -Kerjentzeff replica dicendo che così l'Ambasciata Russa come i cittadini russi residenti in Cina non sentono alcun bisogno di protezione perchè pensano gli stessi cinesi di difendere la loro incolumità. Ciò avverrebbe anche per gli Italiani se da parte del Governo Italiano fosse fatta un'esplicita dichiarazione che soddisfacesse le aspirazioni e i desideri del popolo cinese. M. Kerjentzeff insiste sull'ottima impressione che produrrebbe in Russia e in Cina una dichiarazione in tal senso, e mi prega di dirgli cosa ne penso.

Gli rispondo che mi sembra una cosa un po' difficile, e che data la gravità della cosa intendo riferirne a S. E. Mussolini.

L'Ambasciatore dei Sovieti mi prega ancora di fare presente a S. E. Mussolini le esposte considerazioni, e mi prega altresì di avvertirlo telefonicamente circa il giorno e l'ora in cui potremo riprendere la nostra conversazione e sapere che cosa in definitiva risponde il Governo Italiano.

Così si rimane intesi.

(l) -Trasmesso il 9: Disposizione italiana ad acconsentire ad un rinvio ad ottobre delle trattative per il confine cirenaica-egiziano purchè si tengano prima alcune riunioni per una presa di contatto fra le delegazioni. Istruzioni di prospettare al Governo britannico l'oppgrtunità di far proporre da Henderson tale soluzione di compromesso. (2) -T. Gab. 1266/305 spedito da Durazzo il 14 luglio alle ore 21 e pervenuto alle qre 2,55 del 15, non pubblicato: richiesta albanese di due milioni per far fronte alle più urgentinecessità finanziarie. (3) -Le trattative con Zogu miravano alla stipulazione di un trattato segreto militare, per il quale l'Albania metteva a disposizione dell'Italia il suo territorio in caso di guerra con la Jugoslavia, e a concessioni economiche (petrolifere, agricole, costituzione della Banca di emissione albanese con capitali italiani). Sulle trattative per la stipulazione del trattato segreto, condotte riservatamente dall'an. Alessandro Lessona, confronta dello stesso A. LESSONA, Memorie, Firenze, 1958, pp. 96-113. Il trattato fu firmato in agosto 1925. Esso prevedeva anche che, in caso di guerra con la Jugoslavia, le successive trattative di pace avrebbero dovuto prendere in considerazione tutte le popolazioni di lingua albanese, comprese quelle suddite jugoslave (cfr. F. JACOMONI DI SAN SAVINO, Il patto di Tirana del 1926, in • Rivista di Studi poli (l) -Per l'opinione di Cerruti cfr. il n. 53.
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 1284/171. Parigi, 15 luglio 1925 (per. ore 12 del 17). In questi ultimi giorni hanno avuto luogo varie manifestazioni (l) dell'intento di questo Governo di dare alle relazioni fra la Francia e l'Italia un carattere sempre più amichevole e cordiale. Il giorno 10 corrente la società « Amis de la France » mi offrì una colazione cui intervennero senatori, deputati, accademici e .giornalisti e che presiedè il ministro della marina, in quanto la riunione aveva principalmente per scopo di esprimere la soddisfazione di questi circoli politici per l'accoglienza fatta alla squadra francese a Napoli e Roma. Parlarono il senatore Doumer, l'accademico Henry Bordeaux e il ministro, il quale, alle calorose espressioni degli oratori che lo avevano preceduto nell'esaltare la nuova Italia, aggiunse alcune frasi di carattere politico augurando la collaborazione dei due paesi. Nel rispondere ai vari oratori ne seguii l'intonazione affettuosa senza dipartirmi dalla riserva che mi è imposta dal mio ufficio. Il giorno seguente, ad un ricevimento dato in onore di Pirandello volle intervenire il ministro dell'istruzione pubblica; e qui, ancora dopo due ammirevoli discorsi di Rivoire, presidente della società degli autori drammatici, e di Pirandello, de Monzie prese la parola per porre in rilievo l'affinità delle due nazioni sorelle e la convenienza di un'intesa sempre più intima. Ma la maggiore manifestazione, quella che ha avuto un carattere nettamente politico, benchè nessuna frase vi sia stata pronunziata che rappresenti da nessuna parte una qualsiasi compromissione, ha avuto luogo a Bligny, nella

ricorrenza della battaglia in cui caddero eroicamente tanti dei nostri, difendendo il luogo dove ora riposano in così grande ed augusta gloria.

Painlevé, quantunque avesse luogo in quel giorno una discussione alla Camera ed al Senato, che poteva mettere in minoranza il ministero e che lo pose in ogni modo in disaccordo, sia pure momentaneo, con la maggioranza, lasciò la Camera a mezzogiorno per recarsi a Bligny, dove giunse alle 15,30, presenziò la cerimonia e ripartì immediatamente onde partecipare alla seduta notturna del Senato.

Il presidente non poteva più apertamente far rilevare gli intendimenti della politica francese nei riguardi dell'Italia. Il suo discorso, di cui unisco copia (1), è del più alto interesse, in quanto, con una interpretazione ufficiale della parte che l'Italia ha preso nella guerra e delle sue benemerenze verso la Francia ha voluto porre un termine alle incl'esciose polemiche su questo argomento, che tanto giusto risentimento hanno spesso provocato nella nostra opinione pubblic<-.

Non potei preparare la mia risposta, non avendo avuto previamente conoscenza del discorso di Painlevé. Ma ho ragione di credere che la mia improvvisazione non fu troppo inferiore alla circostanza ed all'ambiente, e che nell'espressione dei miei sentimenti non perdetti il senso della misura. Ne unisco un riassunto (l) fatto sul luogo dall'Havas, dov'è da completare l'ultima frase nella quale io accennavo alla riconoscenza verso la Francia « per il culto di cui circonda i nostri morti »; culto che nella regione di Epernay è veramente sentito e praticato.

Ad Epernay il ministro delle colonie, al ricevimento dato dalla municipalità, pronunziò un altro discorso anch'esso sil!nificativo.

(l) Annotazione marginale di pugno di Mussolini: « Rettorica. M.•.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE BOSDARI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. P. Berlino. 15 lualio 1925.

Credo che V. E. leggerà con interesse la qui acclusa lettera della Direzione del partito tedesco nazionale statami da essa Direzione confidenzialmente comunicafa. Mi sembra una esposizione completa ed abbastanza significativa del modo con cui quel partito considera attualmente il problema dei rapporti tra la Germania e l'Italia. Esso partito non appare avere rinunziato alla sua idea, tante volte espostami dal compianto Helfierich e poi da altri membri influenti di esso, di un possibile riavvicinamento dell'Italia alla Germania sulla base degli antichi concetti cui si ispirò la Triplice Alleanza. Naturalmente il partito nazionalista considera oggi come condizione indispensabile per una rinnovata amicizia itala-germanica la rinunzia dell'Italia al suo veto assoluto contro la riunione dell'Austria al Reich ed anche alla sua politica di snazionalizzazione nell'Alto Adige.

Non so se V. E. sia ora disposta, come lo era in altri tempi, a tenersi in contatto cogli elementi nazionalisti ed a coltivare insieme ad essi le possibilità di

svolgimenti della nostra politica in simile senso. A me basti segnalare il fatto che i concetti del partito non sono mutati a questo riguardo. Non ritiro però nessuna delle riserve che feci in altri tempi sulla serietà degli uomini che dirigono il partito nazionalista tedesco, sulle probabilità che quel partito giunga a dirigere la politica estera della Germania e ·Sulla possibilità, una volta ciò realizzato, di effettuare il proprio programma nella sua integrità. Che anzi dalla condotta tenuta da quel partito in questi ultimi tempi, dalla confusione di idee che mi sembra dominarvi, dal poco valore politico dei suoi dirigenti e dalla spiccata tendenza di sottoporre le direttive della politica estera a quistioni di politica interna ed anche più ad interessi materiali di classe, sempre più mi sono convinto che convenga andare a rilento nel riporre fiducia alcuna su di esso partito per basarvi costruzioni e concetti di una nostra futura politica (1).

11 l Kon pubblicato.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, DURAZZO

T. GAB. 727. Roma, 17 Zuglio 1925, o1·e 18,30.

Suo telegramma n. 307 (2).

Ho appreso con impressione non lieta notizia approvazione da parte camera deputati albanese concessione petrolifera Standard Oil per 80 mila ettari e Rushton per 20 mila ettari. Sebbene ella mi dica che trattasi di ipoteche per ora piuttosto platoniche era innegabilmente preferibile non vedere sorgere accanto alle concessioni anglo-persiane e ferrovie dello stato un organismo così incomodo per la sua forza intrinseca come Standard Oil anche su zone che evidentemente sono da considerare come scarto rispetto alle nostre. Ma in materia di ricerche minerali possono esistere grandi sorprese. Mi metto in rE:~lazione con ferrovie dello stato p·er conoscere quale apprezzamento facciano della concessione Standard Oil e mi riservo telegrafarle sempre che ella mi comunichi che al punto in cui stanno le cose sia possibile tentare una ripresa che sarebbe stata notevolmente più facile se la concessione Standard Oil non fosse giunta sino alla approvazione della camera dei deputati albanese. Prego conferire con Ahmed Zogu facendogli osservare che se noi abbiamo piena fiducia in lui per la realizzazione di un programma politico comune e ci regoliamo in ogni circostanza su questa fiducia non dovrebbero vedersi concludere concessioni così notevoli che danno piede ad altre influenze in Albania senza che l'Italia sia messa in grado di far giungere ad Ahmed Zogu un consiglio o di esercitare a parità di condizioni una prelazione che ormai dovrebbe spettarle.

Ella non deve aver l'aria di chiedere esplicitamente la sospensione della presentazione o della discussione delle concessioni Standard Oil al senato albanese; ma se Ahmed Zogu capisse il suo vero interesse e le venisse incontro

!l) Sui rapporti fra De Bosdari e i nazionalisti tedeschi, cfr. G. STRESEMANN, op. cit., II, pp. 50 e 83.

con una offerta del genere ella più fargli intendere che la sua posizione ne verrebbe avvantaggiata in tutti i sensi per quello che egli può attendersi da noi e che nessun momento e nessuna occasione sarebbe migliore per stringere con queste prove decisive una amicizia dalla quale l'Albania trarrà la sua sicurezza e la sua stabilità definitiva.

(2) T. gab. 1271/307, spedito da Durazzo il 15 luglio sile ore 10,30 e pervenuto alle ere 13, non pubblicato.

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lL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, A VITTORIO EMANUELE III, A SAN ROSSORE

T. GAB. S. N. Roma, 17 luglio 1925, ore 22. Permettomi inviare Maestà Vostra rapporto su situazione generale quale determinatasi in questi ultimi giorni. Situazione internazionale. Situazione Cina è piuttosto stazionaria. Nuovo ·Colloquio ambasciatore bolscevico Roma con S. E. Grandi ha confermato vivissimo interesse che Soviety portano vicende Cina (1). Ri.chieste Governo italiano a quello afgano sono ancora argomento negoziati poichè Governo Kabul ha chiesto mitigazione richieste finanziarie. Mentre domani sabato si firmeranno a Nettuno i 34 accordi italo-jugoslavi, se giungeranno tempestivamente da Belgrado deleghe pieni poteri, sono state riprese energicamente trattative italo-tedesche e nell'attesa si è decisa proroga tacito modus vivendi la cui scadenza era stata fissata 31 corrente. Trattative commerciali con Ungheria sono concluse e firmeremo lunedì per nuovo accordo commerciale. Parlamento albanese ha approvato tutte convenzioni e accordi italiani mentre nostri ingegneri stanno impiantando cantieri per escavazioni petrolio e sfruttamento boschi Memaliay. Poichè sento che oramai AhmedZogu è acquisito Italia gli ho mandato cinque milioni cartucce fucile da pagarsi

in seguito. Due mas comprati in Germania da Governo albanese per vigilanza coste saranno armati Spezia e probabilmente condotti da sottufficiali in congedo

R. Marina. Prossimamente inzierò trattative politiche con Governo albanese che devono mettere Albania e Italia nei rapporti analoghi intercorrenti fra Inghilterra e Portogallo. Superando crisi interna Gabinetto Stresemann ha mandato risposta interlocutoria Briand. Mia impressione è che patto seguirà inglorioso destino protocollo. Aumento disoccupati oltre 250 mila in sei mesi in Inghilterra e deficit nella bilancia dei pagamenti. Francia situazione critica al Marocco.

Passo alla situazione interna. Venuto in possesso alle 12 di mercoledì del documento aventiniano ho deciso di darvi la massima pubblicità e di prendere anzi iniziativa anticipata pubblicazione com'è avvenuto in modo che documento si è afflosciato senza suscitare minima impressione opinione pubblica. Può essere che documento sia ultima manifestazione collettiva Aventino. Situazione economica stazionaria. Credo che migliorerà dopo prossimi consigli ministri e applicazione misure concertate con neo ministro finanze. Le pratiche matrimonio ancora in corso.

(l) Cfr. n. 64.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. (P.R.) 179. Roma, 18 luglio 1925, ore 18.

V. E. è da me personalmente autorizzata a diffondere anche dall'alto della torre Eiffel la seguente notizia: presidente del consiglio Mussolini, per dare un dispiacere a tutta la socialeria internazionale fa sapere che trovasi da oltre quattro mesi in ottima salute e che se ne infischia come de l'an quarante. Fuori di scherzo -perchè i telegrammi costano -la richiesta di V. E. è semplicemente assurda (1).

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 1333/532. Londra, 18 luglio 1925 (per. ore 9 del 23).

La forte resistenza tedesca a cedere alla pressione franco-inglese affinchè la Germania entri immediatamente e senza condizioni nella Società delle Nazioni, la sempre crescente realizzazione dell'esistenza d'un pericolo «orientale», a tinta bolscevica, contro l'impero britannico, le assillanti premure francesi perchè la natura del patto renano rifletta sempre maggiormente le pericolose contingenze strettamente francesi nei riguardi dei suoi alleati minori, .sono le ragioni atte a spiegare quel senso di preoccupazione e di maggiore riflessione tanto sul patto renano stesso, quanto sulla situazione generale europea di fronte all'oriente lontano, che vado notando da tempo in qua in queste sfere ufficiali e politiche.

La mia impressione è che si vada qui sempre facendo più strada la convinzione che il patto renano dovrà essere, nella sua reale portata politica, meno un istrumento di difesa territoriale di quella speciale frontiera, che un primo tentativo di concentrazione europea contro le gravi minacce facenti capo a Mosca; minaccie rese evidenti sia colla propaganda comunista all'interno, che con quella anti-britannica in Cina, in India ed altrove.

La resistenza della Germania ad entrare incondizionatamente nella Società delle Nazioni, e che si ritiene qui esser dovuta in gran parte alle pressioni del Governo di Mosca, è la circostanza che maggiormente preoccupa, giacchè essa è considerata come il segno più evidente che il Governo sovietista vuole e può divenire il centro più pericoloso d'un assalto contro l'Europa vittoriosa nell'ultima guerra, qualora questa continui a restare divisa dalla Germania, ed anzi tuttora ad essa contrapposta.

Pel momento, il Foreign Office fronteggia questo pericolo col dichiarare che il patto renano non avrà in alcun caso effetto se prima la Germania non sia entrata a fare parte dell'istituto di Ginevra, e coll'adoperarsi a Berlino per convincere quel Governo: l) della necessità che la Germania bor.ghese ed industriale si separi da Mosca e rompa quei vincoli contratti allorchè l'atteggiamento degli alleati v~rso di essa, e l'intera situazione europea, erano tanto diversi, e con tanto diverso obiettivo, da quelli attuali; 2) dell'utilità che alla Germania proverrebbe dall'attuazione del patto renano; 3) della circostanza ,che il Governo di Londra e l'impero britannico -che tutto intero è chiamato a partecipare al patto -vuole in modo assoluto che il patto renano resti nell'orbita del Covenant della Società delle Nazioni; e che ciò pertanto nessuna azione della Francia potrà essere possibile senza un corrispondente invito della Società delle Nazioni operante all'unanimità in sede di Consiglio, di quel Consiglio al quale la Germania dovrà essere ammessa.

Questa l'azione e lo sforzo del Foreign Office. Ma devo tornare a segnalare a V. E. che, compiendo questa necessariamente limitata attività diplomatica, questo Governo non si nasconde che è in gioco una sistemazione europea, che va oltre la esclusiva difesa della Renania e della frontiera che l'Inghilterra considera come sua propria. Per pru-te mia, traendo occasione dalla questione austriaca, e riferendomi a tutta la situazione europea ed extra europea in oggi giudicata dallo stesso Governo britannico così poco rassicurante, in conversazioni dirette ed indirette, ho accennato all'opportunità che il patto renano si allarghi per eliminare altre cause di conflitti, le cui conseguenze, appunto per i timori britannici, potrebbero essere incalcolabili. Mi è stato risposto che le necessità inerenti alla permanenza della compagine imperiale sussistono sempre, e che quindi il Governo di Londra non può andare fuori dei termini: l) limitazione della zona in cui il conflitto armato può prodursi, e 2) definizione più precisa possibile delle responsabilità britanniche.

Evidentemente queste limitazioni vengono ad annullare in gran parte gli scopi che il Governo britannico si propone di raggiungere per far fronte ai paventati pericoli, che restan fuori della zona renana; poichè i conflitti non compresi nel patto restano solo coperti dall'art. 16 del Covenant, e quindi all'infuori del preciso impegno all'intervento militare, e lasciando perciò l'incertezza sul modo col quale, a conflitto delineatosi, si comporterà ogni singolo stato davanti alle raccomandazioni ed alle evenienze prescritte dallo stesso articolo 16.

Ho l'impressione che il Foreign Office comprenda tutto questo, ed anche che esso sia preoccupato dall'osservare una Germania che godrà tanta più libertà di movimento, quante più possibilità di combinazioni internazionali le saranno lasciate nei rispetti degli stati non strettamente interessati nè aderenti al patto d'assicurazione renano. Ma la preoccupazione è finora sterile di risultati, sovratutto per l'estrema difficoltà di allargare l'orbita del patto senza proporzionalmente pure allargare i limiti della responsabilità britannica. E pertanto esso si rassegna alla necessità che il gruppo europeo destinato ad operare ai fini della pace, ed a far fronte ai pericoli derivanti da Mosca ri

manga per ora incompleto.

Circa lo stato preciso dei ne.goziati pel patto renano, Foreign Office serba

verso di noi un atteggiamento riservato, che risponde alla seguente idea: poichè

il Governo italiano ha dichiarato dover assumere, nei confronti del patto, un

atteggiamento di riserva e d'aspettativa, non bisogna procedere con esso ad

alcunchè che possa essergli causa di imbarazzo e di disturbo. Alla riserva ita

liana viene dunq'Ue a ·CorriJspondere una riserva britannica. Nel if.aUo, fra

Londra e Parigi, si cerca di completare praticamente un possibile testo di

trattato renano. Foreign Office non si diparte, come ho pure detto innanzi, dalla

pregiudiziale che ogni cosa debba esser sottoposta alla ineluttabile previa

procedura di composizione arbitrale d'ogni eventuale •Conflitto, e ·restare nel

l'orbita del patto della Società delle Nazioni.

Tuttavia non si può escludere che Chamberlain, pur di tener ferma la

Francia, potrà darle l'assicurazione che nel caso di «patenti aggressioni » il

soccorso militare britannico non .sarebbe condizionato all'analoga raccomanda

zione del Consiglio della Società delle Nazioni, quale previsto dall'art. 16 del

patto, ma potrebbe attuarsi automaticamente.

(l) Questo telegramma risponde al T. gab. (p. r.) u. 396/474 spedito da Parigi il 17 luglio alle ore 10 e pervenuto alle ore 13,05 in cui Romano Avezzana chiedeva istruzioni circa la opportunità di smentire la notizia, pubblicata dai giornali francesi di sinistra, che Mussolini avrebbe dovuto sottoporsi ad un'operazione chirurgica.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, A VITTORIO EMANUELE III, A SAN ROSSORE

T. Roma, 19 ZugLio 1925, ore 14.

Permettomi comunicare alla M. V. quanto segue: « Accordi italo-jugoslavi saranno firmati domattina ore 10,30 a Nettuno. Frase « sotto riserva consiglio ministri» era dovuta a svista, dico svista dell'estensore dei pieni poteri. Ho telegrafato prefetti principali città regno perchè invitino giornali ad astenersi pubblicazioni su difficoltà ordine religioso inerenti matrimonio.

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IL SENATORE CIPPICO (l) AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (2)

Washington, 21 luglio 1925.

Da un secondo colloquio col Signor Lamont, considerato oggi qui l'esponente maggiore degli .interessi della Banca Morgan, ho tentato di conoscere l'opinione sua sul valore attuale e di domani e sul cambio della lira italiana, oltre che sull'eventuale rivalorizzazione della lira stessa sopra una base aurea.

Il mio interlocutore ha affermato:

l) Che, secondo lui, la lira· ha raggiunto ormai l'apice del suo deprezzamento sul mercato internazionale, come ch'egli non veda alcuna ragione perchè tale deprezzamento possa ancora continuare, o inacerbarsi. Egli attende, dunque, un miglioramento considerevole del valore di essa fra tre o quattro mesi, o, al più tardi, prima della fine del corrente anno.

2) Che la « Standardizzazione » della lira su base aurea gli sembrava, oltre che opportuna, utile per la finanza del nostro paese. Nello stesso modo che l'Inghilterra ha tratto vantaggio, a maLgrado il dissesto delle sue industrie e della grave crisi della disoccupazione, dalla rivalorizzazione della lira sterlina, la Francia e l'Italia dovranno in un giorno prossimo, decidersi a stabilizzare le loro valute, nell'interesse della loro rispettiva economia. La Francia sta già iniziando questa operazione di risanamento del franco, a mezzo dell'annunciato prestito interno su base aurea. La finanza francese, se pure sembri qui pessimamente amministrata dagli organi statali, trova il suo equilibrio nella flOI~idezza della bilancia commerciale; mentre il fenomeno opposto appare chiaro nella finanza italiana.

3) Il Governo Italiano e quello Francese saranno agevolati, nell'attuazione della «standardizzazione » aurea, dall'assestamento dei loro debiti con gli alleati.

Le discussioni per tale assestamento s'inizieranno, probabilmente, tra la Francia e gli Stati Uniti d'America nella seconda metà di agosto; quelle tra questo paese e l'Italia, non prima dell'ottobre prossimo.

4) ·La rivalorizzazione aurea della lira non avrà alcuna influenza sul vantaggio che all'Italia viene dal basso costo della mano d'opera e della vita: il quale, con una politica vigile, dovrebbe venire mantenuto.

5) Il Governo Italiano potrebbe decidersi a compiere tale operazione dopo che per tre mesi almeno il cambio della lira, attinto il valore di quattro cents e mezzo -quattro e un quarto nei riguardi del dollaro, avrà dimostrata una relativa stabilità; quando, cioè, cento lire varranno una lira sterlina e ventidue lire equivarranno ad un dollaro.

6) Va da sè che il Governo Italiano, per giungere a tale operazione, dovrà prudentemente agire, dopo una previa opera di persuasione dell'opinione pubblica, degl'industriali e delle banche del nostro paese.

7) E va da sè pure che, a provvedere a tutte le necessità del credito, esso dovrà contrarre un debito. Al Signor Norman della Treasury Inglese, giunto qua nello scorso novembre a preparare la «standardizzazione » aurea della sterlina era sembrato che sarebbe stato necessario un prestito di cinquecento milioni di dollari. Questa somma è stata ridotta a trecento milioni, cento dei quali ,sono stati dati all'Inghilterra dalla Banca Morgan, e duecento dalle Federai Reserve Banks. Per l'Italia sarebbe sufficiente, secondo il Lamont, un prestito da cinquanta a cento mUioni di dollari, ch'essa potrebbe agevolmente ·contrarre i:n .questo paese. Egli non crede ch'essa potrebbe, date le sue condizioni economiche attuali, ottenerne uno più considerevole.

Debbo aggiungere a titolo di informazione, che altri finanzieri americani, coi quali sono venuto in contatto, opinano che la somma del prestito necessa.rio all'Italia dovrebbe essere fra centocinquanta e duecento milioni di dollari.

A 'còr.rezione della prima affermazione del Lamont, oggetto della mia nota di una settimana fa, ho il dovere di aggiungere che, secondo questi ultimi uomini di finanza, l'Italia nel trattare l'assestamento del suo debito con questo paese, dovrà insistere nell'ottenere una moratoria di dieci anni e che, probabilmente rtuscirà ad attenerla.

8 -Documenti diplomatici • Serie VII · Vol. IV

(l) -La lettera è scritta su carta intestata Regia Ambasciata d'Italia, Ufficio del Consigliere Commerciale, Washington. (2) -Il documento venne inviato, per conoscenza, anche a De Martino e Volpi.
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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 1338/322. Belgrado, 24 luglio 1925, o1·e 16,50 (per. ore 24).

Nincich ha espresso il suo pensiero sul recente accordo radicale-radiciano.

Scopo principale dell'accordo del nuovo Governo è il rafforzamento interno dello stato, ciò che contribuisce anche efficacemente alla normalizzazione della situazione nei Balcani (è nota la simpatia dei croati per la Bulgaria).

Le direttive della politica estera non potranno essere e non saranno minimamente mutate. Nincich ha accennato in modo particolare alle relazioni con l'Italia. Esse sono consacrate in trattati solenni, i quali, sotto il nuovo Governo, non potranno che acquistare più alto valore politico e più ampie garanzie. I recenti accordi di Nettuno, egli ha affermato, hanno risolto molte questioni divergenti fra la Jugoslavia e l'Italia, liquidando il passato, hanno rimosso gli ostacoli alla normalizza'zione dei rapporti ·fra i due paesi e provveduto alla situazione delle minoranze dell'una e dell'altra parte.

Trasmetto per corriere il relativo resoconto della stampa coi commenti molto favorevoli dedicati agli accordi di Nettuno (1).

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 1366/556. Londra, 28 luglio 1925, ore 21 (per. ore 2 del 29).

Decifri ella stessa.

Sono venuto a conoscenza che durante ultima riunione Ginevra Chamberlain propose a Briand inviare a V. E,, a mezzo Scialoja, una loro lettera personale per rappresentare opportunità di uno scambio di idee per concordare linea di condotta comune per quanto riguarda politica Balcani. A tale lettera V. E. non avrebbe dato finora alcuna risposta e Chamberlaìn che aveva personalmente convinto Briand a siffatto passo ne sarebbe rimasto alquanto sconcertato.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. (P. R.) 196. Roma, 30 luglio 1!}25, ore 14,30.

Onorevole Sardi mi comunica ultima démarche presso V. E. capitano Ricciotti. Sono disposto agevolarlo purchè egli praticamente si ritiri scena opposizione (2).

II testo degli accordi e convenzioni di Nettuno del 20-21 luglio 1925, in Trattati e

convenzioni ecc., XXXIV (1925), pp. 532-778.

(l) II telegramma venne ritrasmesso a tutte le ambasciate e legazioni in Europa, alla legazione al Cairo, al governatore di Rodi, ad Attolico a Ginevra e al consolato generale a Monaco di Baviera.

(2) La minuta è di pugno di Mussolini.

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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 1384/330. Belgrado, 30 luglio 1925, ore 12,10 (per. ore 18). Decifri Ella stessa.

S. M. il re Alessandro si è compiaciuto con me per la firma degli accordi di Nettuno. Egli mi ha detto più volte: «Ormai nessuna nube può esistere fra i due paesi perchè con trattati e convenzioni che ci legano si deve poter risolvere tutte le questioni con quello spirito di amicizia che è nostro intendimento rendere ancora più intimo». Egli ha accennato al fatto che l'Inghilterra è occupata nella questione interna della disoccupazione ed estera in Estremo Oriente, che la Francia è «preoccupata» (sic) per la guerra in Marocco, mentre l'Italia si trova in una situazione politica estera privilegiata (sic). Il sovrano che mi ha detto di volermi ancora parlare a lungo in questi giorni nella quiete della campagna, mi ha molto vagamente accennato alle dicerie della stampa su presunta attitudine italiana sia verso la Grecia che verso la Bulgaria e Ungheria. Egli si mostra molto lieto dell'accordo con i croati e mi ha ricordato che tale accordo era sempre stato nell'animo suo, contrariamente alle idee di uomini politici serbi. Pasich giunto oggi ritiene che il suo paese ne avvantaggerà non solo all'interno ma anche all'estero.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, DELLA TORRETTA, A MADRID, PAULUCCI DE' CALBOLI, E A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. 796. Roma, 31 luglio 1925, ore l. Prego informare in via riservatissima codesto Governo che tempo addietro, dovendosi fare delle ricerche sulla sorte dell'equipaggio del veliero italiano « 4 Novembre» naufragato sulle coste mediterranee del Marocco, il R. agente diplomatico a Tangeri di sua iniziativa incaricò di tale missione il dott. Malmusi consulente legale della R. agenzia, che si recò nel Riff ed ebbe occasione di vedere Abd-El-Krim (1). Questi affidò allora al Malmusi due corte,si lettere di saluto dirette una a S. M. il re ed una a me. In considerazione della delicata situazione internazionale, aggravata ancora dagli ultimi avvenimenti marocchini, ho creduto dover consigliare all'augusto sovrano di non rispondere per iscritto ad Abd-El-Krim, e mi sono regolato ugualmente. Ma d'altra parte non essendovi in realtà per noi ragioni di lasciare senza alcuna replica le parole cortesi rivolteci dal capo riffano, ho incaricato il R. agente diplomatico a Tangeri di inviare

presso di lui un messo che gli trasmetta verbalmente i ringraziamenti di S. M. il re e miei anche per l'opera prestata nelle ricerche dei naufraghi italiani. Ho

creduto più opportuno informare di quanto precede codesto Governo a scanso di ogni equivoco, di ogni erl'ata o malevola interpretazione di tale atto, e perchè costì siano sicuri che la persona che sarà inviata presso Abd-El-Krim non ha assolutamente alcuna veste nè alcun incarico politico, ma si limiterà esclusivamente al compito sopraindicato.

(l) Cfr. serie VII, vol. III, nn. 803, 812, 819, 839.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, MANZONI

T. s. 1993. Roma, 31 luglio 19,e5, ore 11.

Suo telegramma per corriere del18 corrente (1).

Approvo sue dichiarazioni a Cicerin. Osservazioni analoghe a queHe fatte a V. E. da Cicerin erano già state fatte a questo ministero dall'ambasciatore Kerjentzeff (2) a proposito della pretesa subordinazione dell'azione di Cerruti alla politica inglese e quindi contraria all'azione del Governo dei Soviet in Cina. Gli è stata contestata l'esattezza di tale affermazione col dichiarare che oltre che della situazione generale del popolo cinese il nostro rappresentante giustamente si preoccupa della doverosa tutela dei nostri interessi e dei nostri connazionali insidiati dal movimento xenofobo. Avendo il signor Kerjentzeff insistito sul fatto che l'azione del ministro Cerruti è contraria a quella del Governo russo mentre l'Italia 'avrebbe interesse agire con questo ultimo per tutto quanto concerne la politica asiatica gli è stato risposto che non sempre l'azione della Russia si è ispirata a concetti di sincera amicizia verso l'Italia. L'a.zione svolta a Kabul dal rappresentante dei Soviet a proposito incidente Piperno era di ciò una piccola prova. Per sua norma personale aggiungo che collaborazione continuata dell'Italia con altre grandi potenze interessate alla sistemazione della situazione in Cina oltre che da evidenti ragioni di interesse e di prestigio è inspirata apptmto dal concetto di evitare, con azioni isolate di altre potenze maggiormente interessate, il monopolio e la prevalenza politica di queste stesse potenze. E per questi stessi motivi non sarebbe attualmente giustificabile nè d'altronde possibile una nostra rinuncia cui V. E. accenna ai decanati di Pechino in Shanghai.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI. AL MINISTRO AL CAIRO, CAOCIA DOMINIONI (3)

T. GAB. 802. Roma, 1 agosto 1925, ore 21.

Suarez ha consegnato a ministero colonie lettera Idris e ha riferito malcontento di costui per nostro silenzio successivo a suoi colloqui con Mareno.

V. -S. compiacciasi incaricare persona ufficiosa, possibilmente Campani, di incontrare casualmente e in J.uogo neutro Idr.is, e di comunicargli esat·tamente che Governo italiano continua esame questioni con Senussia.

Nel complesso comunicazione ufficiosa di V. S. deve significare temporeggiamento puro e semplice, con benevole prospettive ma con esclusione qualsiasi impegno. Circa possibili ulteriori sviluppi trattative riservomi decisione.

Conosco quanto governatore Mombelli ha telegrafato a V. S. circa contatti tra Idris e agenti francesi e marocchini. Prego seguire massima attenzione tali incontri.

(l) -T. gab. per corriere r. 1368, spedito da Mosca il 18 luglio e pervenuto il 29, non pubblicato: colloquio Manzoni-Cicerin, critiche di quest'ultimo alla politica italiana in Cina, accusata di • levar dal fuoco le castagne per l'Inghilterra •· (2) -Cfr. n. 64. (3) -Caccia Dominioni si trovava ad Alessandria d'Egitto dove il telegramma gli fu trasmesso.
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P.R.) PER CORRIERE 439/529/196. Parigi, l agosto 1925 (ver. ore 18 del 3). Telegramma di V. E. n. 7818 (1).

Ho fatto stamane dei passi presso il signor Berthelot perchè fossero date al prefetto di Marsiglia le istruzioni che questo funzionario riteneva di dover ricevere da Parigi per prendere i provvedimenti del caso contro il giornale anarchico n Picconiere e il suo direttore.

In questa stessa occasione ho reiterato al segretario generale degli affari esteri le mie proteste per la continuata pubblicazione della Riscossa, emanazione italiana dell'Humanité, segnalandogli tra l'altro il recente articolo sull'organizzazione militare del partito e la sconcia sottoscrizione per fornire di fondi il giornale.

Ho detto a Berthelot che speravo questa volta i miei passi avrebbero avuto migliore risultato di quelli precedenti, visto che il Governo francese stesso era stato finalmente costretto a considerare con la preoccupazione che merita il movimento comunista e a dare qualche indizio di attività per contenerlo.

Berthelot mi ha assicurato che se ne sarebbe interessato seriamente, essendo rimasto specialmente impressionato da un argomento da me fatto altre volte presentE-, e cioè che l'allargarsi del comunismo tra gli stranieri rappresenta un pericolo maggiore che non la sua diffusione fra i francesi. Se questi ultimi infatti possono, sotto l'emozione di un avvenimento nazionale, ravvedersi -·come è accaduto per molti sovversivi italiani -lo stesso non è da prevedersi per gli immigrati. Costoro rappresentano una massa troppo ingente perchè la Francia possa sbarazzarsene, non solo per il numero, ma perchè indispensabile alla vib economica del paese.

Appare perciò incomprensibile che il Governo francese possa tollerare che questo elemento venga metodicamente inquinato.

'l) Non pubblicato.

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IL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, CANTALUPO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. s. n. Roma, l agosto 1925. A V. E. è già nota, per comunicazione fattane da S. E. il Principe di Scalea, la segnalazione su rapporti che, presumibilmente, il Saied Idris es Senussi intratterrebbe, da un lato ,con la Francia e dall'altro con Abd el Krim (1). Rapporti dunque contemporanei con due forze avversarie fra loro, nel momento più ac11to del loro duello: contemporaneità che, pur nell'apparente contrasto, dimostra la tendenza di ldris di partecipare ad un giuoco più ampto di quello che non sia il solo scacchiere libico. Con ciò non intendo affermare che egli estenda il campo e più l'obbiettivo, delle sue ambizioni; ma, al contrario, che per concretare le sue aspirazioni libiche, tenda, con ogni mezzo e con alterno intrigo alla rivalutazione di se stesso, traendosi in luce dalla attuale situazione, piuttosto in ombra, in confronto di altri condottieri del movimento islamico. Oggt, infatti, sono sminuite le attenzioni solidali del mondo mussulmano verso la Confraternita Senussita che, nel passato, brillò di fede e di energia nella pervicace opposizione alla nostra conquista; altre figure, di maggiore e più fortunato rilievo, campeggiano nell'orizzonte islamico; Mustafà Kemal in Turchia, Riza Khan nell'Iran, lbn Saud in Arabia, Abd el Krim nel lontano Maghereb. È quindi interesse di Idris, data la remora nella soluzione del problema cui è più direttamente interessato, uscire dall'isolamento mostrando, in una, la sua coneomitante azione con Abd el Krim .per la liberazione del Nord Africa dal giogo europeo, ed il conto che la più grande Potenza mussulmana africana, la Francia, fa dell'influenza della Confraternita di cui è capo. Interesse quindi ideale di rientrare nelle costellazioni dell'Islam: interesse realistico, che ne deriva, come conseguente sua rivalutazione nei confronti nostri per ottenere quanto desidera, alle condizioni più favorevoli. Quest'azione di Idris con la Francia e con Abd el Krim ad un tempo, pur senza essere definita ed accertata, era stata avvertita, per vari indizi, dalla nostra Legazione al Cairo. Questa riferiva di presunti contatti con i rappresentanti diplomatici e consolari francesi, in Egitto; accennava a corrispondenze con il rappresentante d'Abd el Krim a Tangeri; raccoglieva, infine, la notizia dell'arrivo di tre emissari riffegni nell'oasi di Gialo, ove dimora il luogotenente di Idris in Cirenaica, il fratello Saied Redà. Dei primi contatti V. E. ha opportunamente disposto che la Legazione al Cairo segua, più sicuramente, gli sviluppi; notizie ulteriori non sono, è vero, giunte a confermarli, ma ricordo a V. E. il significativo articolo di Ladreit de Lacharrière pubblicato nel BulLetin du Comité de l'Afrique Française e già da

me segnalatole; articolo al quale io stesso ho risposto con un articolo nel Popolo d'Italia, approvato da V. E.

un promemoria allegato a lettera del 17 luglio.

Così pure, per la corrispondenza di Idris con Abd el Krim attraverso Tangeri,

V. E. ha richiamato l'attenzione del nostro Ministro che vi risiede; mentre, per l'arrivo dei tre emissari riffegni a Gialo, ne giunge ora conferma dal Governo della Cirenaica, che di essi precisa due nomi, Mohammed en Negdi e Said el Marrahesci, ma non identifica il terzo. Inoltre lo stesso Governo accenna alla possibilità dello sbarco ad El Agheila nella Sirtica di un carico di armi e munizioni da piroscafo ellenico, inviato da Abd el Krim. Notizia ancor vaga questa e forse non vera, .perchè in realtà la Senussia ha a propria disposizione, nascoste in Cirenaica, grande numero di armi; caso mai, sono gli uomini che mancano.

Su tutte queste notizie si sono disposte indagini per controllarle: tuttavia, anche allo stato attuale delle nostre informazioni, appare di certo rilievo -non ancora preoccupante rilievo -l'oscura trama dell'azione del Saied Idris. Se vigilare questa azione è necessario, appare anche opportuno non abbandonare il Saied Idris nella corrente dei suoi intrighi, necessariamente più acuti per uscire dall'isolamento in cui 'Si trova e per superare lo sconforto in cui lo ha lasciato il nostro silenzio, dopo i colloqui con Moreno. Opportuno è quindi caduto il telegramma che V. E. ha firmato stamane (1), con il quale, pur senza accennare a ripresa di trattative, vengono tenuti contatti con Idris, sia pure a semplice fine di temporeggiamento.

Questa tattica sembra necessaria, tenuto conto delle ripercussioni -per ora eventuali -che gli avvenimenti del Marocco potrebbero produrre in Libia. Già il Governo della Tripolitania, adombrando la necessità di un'azione militare di ampio sviluppo nelle zone desertiche, a sud del Gebeh e nella Sirtica, ha dovuto far cenno della necessità di reprimere la dissidenza che, sopratutto per le speranze che hanno fatto sorgere i successi di Abd el Krim, appare oggi più vigorosa di alcuni mesi addietro. Consimile proposta del Governo della Tripolitania sarà, senza dubbio, presa in esame dal nuovo gov.ernatore S. E. De Bono; di essa terrò informato S. E. Di Scalea assente.

Come ho detto, il temporeggiamento con Saied Idris è oggi necessario per evitare che la frattura diventi più ampia e senza possibilità di colmata per l'avvenire. Ancora non si può disegnare quale sia questo avvenire nei riguardi degli avvenimenti marocchini. Grave è il compito della Francia .per infrenare la ribellione; frontalme!llte robusta per le armate riffegne; nelle retrovie insidiosa per la naturale simpatia che tutte le popolazioni sottomesse sentono per il nuovo condottiero dell'Islam.

È possibile che la Francia compia il massimo sforzo per schiacciare un'idra che mette in pericolo il suo impero nell'Africa Minore non solo, ma pur nell'Africa nera, pervasa da continui fremiti di agitazione musulmana; è però anche possibile che questo sforzo non venga fatto, non tanto per l'incapacità a compierlo, quanto per l'indebolimento che, in esso, deriverebbe nel punto più delicato della politica nazionale francese, sul Reno.

In questa seconda ipotesi sarebbe una pace di transazione che rappresenterebbe, per la Francia, un tamponamento provvisorio della falla nord-africana; per Abd el Krim, una tappa vittoriosa di arresto nel suo cammino trionfale. Se gravi

sono le ripercussioni degli avvenimenti marocchini allo stato attuale delle cose, ben più grave sarebbe il veleno che verrebbe iniettato nelle popolazioni musulmane da siffatta pace: dopo Losanna, l'Islam segnerebbe una 'nuova vittoria cont;ro le potenze e popolazioni europee. Allora, sarebbe certo meno debole anche la Senussia che oggi si presenta fiaccata e, peggio, incerta del suo stesso avvenire. Devo anzi a tal proposito concludere che, secondo quanto risulta al nostro Dicastero, la Senussia si riprometterebbe di rialzare la testa qualora Abd el Krim riportasse vittoria. Essa ha ripreso o sta per riprendere i contatti con Abd el Krim, appunto per giovarsi delle conseguenze generali di una eventuale sconfitta occidentale in Africa del nord. Tali speranze senussite premevami oggi segnalare all'E. V. per meglio confermare l'opportunità di intrattenere anche noi con il Saied Idris qualche contatto interlocutorio.

Terrò scrupolosamente informata l'E. V. di ogni altra novità sull'argomento.

(l) La comunicazione del di Scalea a Mussolini venne fatta mediante trasmissione di

(l) Cfr. n. 79.

82

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. (P. R.) 200. Roma, 2 agosto 1925, ore 20,20.

Secondo informazioni nostro ambasciatore Bruxelles, durante suo recente viaggio Parigi signor Vanderwelde si sarebbe incontrato in casa madame l.VIenard Dorian con Nitti. Voglia indagare e appurare autenticità o meno notizia.

83

IL VICE CONSOLE A SALONICCO, SANTUCCI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2709/24. Salonicco, 3 agosto 1925, ore 15,50 (per. ore 19).

Settimana scorsa proveniente da Pireo e Vecchia Grecia, sono giunti Salonicco due piroscafi greci con militari, materiale bellico diverso, ed una ventina di aeroplani in casse. Piccoli reparti fanteria vengono quotidianamente inviati frontiera serba: ieri è partito per la stessa destinazione uno squadrone cavalleria. Comunicato anche ad Atene (1).

84

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

T. GAB. 811. Roma, 4 agosto 1925, ore 18.

Prego V. E. sottolineare negli ambienti politici giornalistici e finanziari risultato elezioni Palermo -grande città di oltre 400 mila abitanti -elezioni che svoltesi con assoluta libertà di comizi e di voto hanno dato strepitosa vittoria lista fascista il che dimostra che oltre forza Governo fascista dispone del vasto sicuro consenso del popolo italiano (2).

(l) -Annotazione marginale di pugno di Musso!ini: «Importante. M.•. (2) -La minuta è di pugno di Mussolini.
85

IL MINISTRO A VIENNA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1415/291. Vienna, 4 agosto 1925, ore 20 (per. ore 23).

Stampa tirolese pubblica e commenta da qualche giorno notizia da Zurigo della formazione a Milano di un comitato segreto sotto presidenza D'Annunzio per la liberazione e annessione all'Italia della Svizzera italiana e del Tirolo austriaco. Mataja mi ha chiesto cosa mi risultava in proposito. Gli ho risposto che ritenevo notizia una fandonia. Egli sarebbe tuttavia grato se potesse smentirla ufficialmente di fronte alla popolazione tirolese. Prego V. E. telegrafarmi se sono autorizzato a dare formale smentita a questo ministro degli affari esteri.

86

IL PRINCIPE MICHELE PIGNATELLI DI CERCHIARA AL VICE SEGRETARIO DI LEGAZIONE, ROSSI LONGHI (l) (Archivio Pignatelli)

Roma, 4 agosto 19.25.

Il rispettabilissimo P. Tacchi Venturi <entusiasta e cosciente ammiratore di

S. E. Mussolini > sostiene però la necessità che al Papato venga concesso una striscia di terra sino al mare onde ed in ogni tempo essere libero delle sue azioni. Ciò sarebbe, innanzi al Mondo intero, una diminuzione della suprema autorità religiosa del Papato ed una avvilente diminuzione morale dell'Italia.

Vogliamo invece l'Italia intera sia considerata quale sede sacrosanta del Papa -e noi tutti dalle Alpi ai Mari, nelle Isole e nelle Colonie godere ed essere orgogliosi affermarci figli rispettosi e devoti -ubbidienti sempre, nel campo religioso alla parola del Papa.

Parecchi mesi or sono ebbi l'onore di essere ricevuto dal S. Padre -ma

con la espressa condizione ordinatami dal Card. Gasparri e poi ripetutami da

Mons. Caccia che non avrei di nulla parlato... Io non parlai... ma il S. Padre

si degnò parlare a me.

Ero prostrato al Bacio del Sacro Anello ed il Papa tenendomi la mano sul

capo disse:

« Principe in nome di Dio io la benedico per tutto quanto ha fatto, per tutto

quanto fa e per tutto quanto farà ».

Mi levai confuso -ero commosso nel più profondo dell'animo. Il Papa

rimase ancora pochi istanti con me -poi, tutto solo, raggiunse Mons. Caccia

che l'attendeva, a porte chiuse, nella vicina sala. Seguii con gli occhi la maestosa

figura che si allontanava e come Essa scomparve andai via benedicendo e ringra

ziando il Signore -ma sempre più fermo nel programma di compiere sino

all'ultimo il mio sacrosanto dovere.

Ecco la ragione perchè di tempo in tempo ricompaio sulla scena.

Parlo col Card. Gasparri liberamente «mi conosce da anni e mi vuol bene:. ecco perchè s~no nella felice posizione di poter assicurare essere il più bel sogno del Cardinale l'avverarsi della visita del Re Vittorio Emanuele III al Santo Padre.

Con tale visita tutto il passato sarebbe dimenticato e tutte le più ampie concessioni all'Italia sarebbero giustificate.

Però tocca a S. E. Mussolini fare una tale domanda -mostrare un tale desiderio: nulla in Italia e nel Mondo intero deve sapersi di quanto io ho la ventura di dire ed affermare. Il Partito Cattolico, fortissimo dovunque, la pensa ben diversamente. Il Papa certo non ha bisogno di chiedere istruzioni o consigli ma necessita agisca con ogni circospezione onde non vedersi diminuito nel complesso della cristianità. Così se Iddio vuole che il mio umile ed appassionato intervento possa veramente riuscire degno della cennata sublime benedizione Papale -io azzardo esortare S. E. Mussolini di voler mandare dal Card. Gasparri il medesimo rispettabilissimo P. Tacchi Venturi od altra persona di fiducia con l'espresso incarico di domandare in quale giorno ed ora il Sommo Pontefice Pio XI può ricevere Vittorio Emanuele III Re d'Italia.

Ed .io, da forte e vero italiano, assicuro sul mio onore e sulla mia parola -che il Cardinale risponderà pienamente aderendo e felicemente benedicendo Iddio acchè il miracolo subito si compia per la fortuna d'Italia e gloria della Chiesa -e ciò senza prestabilite condizioni o patti ma in tutto e per tutto, con piena fiducia, rimettendosi nelle mani di S. E. Mussolini (1).

Nella prima lettera al re, del 31 gennaio 1926, il principe Pignatelli insisteva perçhè il re chiedesse un'udienza al papa. c L'Eminentissimo Gasparri, onorandomi della più completafiducia, attendeva ed attende l'avverarsi dell'agognato avvenimento che sempre però dovrebbe svolgersi senza addimostrare che fosse stato da Lui stesso incoraggiato •· Pignatelli aveva pregato l'on. Paulucci di parlare del progetto a Mussolini. c Questi l'ascoltò con vivo interessamento entusiasmato per la possibilità dell'avverarsi di un tanto grandioso ed inaspettato avvenimento, addimostrandosi solo preoccupato pel modo di esporre la -proposta alla Maestà Vostra, perchè, come S. E. asseriva, non s'era mai presentata l'occasione di toccare insieme alla Maestà Vostra tema religioso e leggersi così scambievolmente nei cuori.

S. E. Mussolini venne dalla Maestà Vostra -cennò di aver appreso dall'an. Paulucci intorno alla mia grandiosa'idealità e della certezza con la quale mi permettevo asserire come la Maestà Vostra avebbe gradita una tale proposta.

Vostra Maestà osservò che da moltissimi anni non aveva più visto il principe Pignatelli ed il discorso non andò più oltre.

S. E. Mussolini rimase malamente impressionato a mio riguardo.

Io avevo azzardato fare simile affermazione perchè cosl è -e non può essere diversamente -tanto che quando moltissimi anni addietro ebbi l'onore di essere ricevuto dalla Maestà Vostra e la Maestà Vostra mi permise poterle esporre che ero nella felice condizione di essere simpaticamente ed affettuosamente conosciuto ed apprezzato nell'alto ambiente Vaticano e poter, con coraggiosa speranza di felice riuscita, toccare il tema della vera e definitiva riconciliazione -la Maestà Vostra si degnò dirmi:

' Principe Ella è libero, faccia tutto quanto il cuore Le detta -la realizzazione del Suo ideale rappresenta la grandezza della Patria; però Ella sa che Io non posso nulla da Me solo -così ne parli col Presidente del Consiglio'.

Ed io parlai con S. E. Salandra -il quale accettò incontrarsi col Cardinale De Lai ma vennero i fatti di Ancona, la morte di Pio X, poi Quarto, poi la terribile guerra ed ogni possibilità di simili trattative si vollero, dai diversi nostri Governi succedutisi, abbandonare •.

Cfr. quanto Leonardo Ricciardi, Sovrano Gran Commendatore onorario della Massoneria di rito scozze~e per. l'Italia, aveva scritto a MussoJini da Napoli il 4 gennaio 1923: Benedetto XV •qurante Il periodo della guerra, per mezzo del suo messo Principe Michele Pignatelli di Cerchiara, cercò di fare avyicinare S. M. il Re, ma S. M., rigido costituzionale, rispose che avrebbe dovuto interrogare Il Capo del Governo On. Salandra il quale fece cadere la pratica.

Tentarono con Palazzo Giustiniani, col Presidente della èamera e con quello del Senato, ma nessuno ne volle sapere, forse perchè temevano di essere accusati di clericalismo. Venne il mio turno, come dall'unita lettera, ed io, pel grave momento che attraversava la Patria nostra, acconqis~esi .e lo stesso giorno 20 novembre 1917 consegnai detta lettera all'on. Orlando • (ArchiVIO Pignatelli e A C S, Segreteria particolare del Duce Carteggio riservato). Cfr.. anche (ibid.) la lettera del Pignatelli al Ricciardi in data Roma 20 novembre 1917

(ECVIdentemente l'• unita .lettera • cui !illude il Ricciardi). Lo stesso Pignatelli consegnò copiadi questa lettera al cardmal Gasparri Il 21 novembre 1917. La lettera del Pignatelli diceva· in

sostanza quanto Ricciardi ripeteva nella sua a Mussolini. Per i rapporti col Vaticano nel 1924 durante la campagna elettorale cfr la seguente letter~ di pad_re Tacchi Venturi a Mussolini e la lettera allegata del cardinal~ Gasparri al

Tacchi Venturi:

(l) Lettera inviata a Rossi Longhi, addetto al Gabinetto del Ministro, per essere consegnata a Mussolini.

(l) Nell'Archivio Pignatelli e in ASME si conservano lettere dello stesso principe Michele Pignatelli al re, al generale Cittadini e all'on. Raffaele Paolucci, vice presidente della Camera, del gennaio-aprile 1926. Questi documenti furono inviati in copia dal Pignatelli a Mussolini allegati a lettera del 7 marzo 1927, dove era detto: c Eccellenza, mi renda l'alto onore di far interrogare S. E. Cittadini ed avrà la piena conferma della verità delle mie affermazioni •.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P.R.) s. 447/540. Parigi, 5 agosto 1925, ore 18 (per. ore 20,30).

Telegramma di V. E. Gab. n. 200 (1). Vandervelde ha incontrato effettivamente Nitti presso Menard. Nitti vi incontrò anche Herriot. Con entrambi si espresse facendo prevedere non lontano suo ritorno al Governo.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 1432/539/201. Parigi, 5 agosto 1925 (per. ore 18 del 7).

Telespresso di V. E. n. 230530/C del 5 corrente. Non mancherò di interessare questo Governo a quanto riferisce il R. ministro a Vienna col telespresso da V. E. comunicatomi.

c Roma, 2 aprile 1924. Mancherei non lievemente al mio dovere se differissi di far parte all'E. v. della lettera qui unita, recapitatami ieri sera. Il fine pel quale l'Eminentissimo mi ha scri'tto è chiaro da se medesimo e di non minore chiarezza risplende il contenuto; ciò che mi esime dall'obbligo di far commenti e dal pericolo di trattenere inutilmente chi, come

V. E. è gravato di tante cure.

Una sola cosa non posso omettere per la sua estrema gravità. Per via al tutto confidenziale sono venuto oggi a sapere che la lettera, fatte le necessarie mutazioni di pura forma, doveva avere altro mittente ed altro destinatario; vale a dire il Santo Padre era già quasi deliberato ad esporre le cose che l'Eminentissimo mi scrive al suo Segretario di Stato e a far pubblicare la lettera. Desistette da questo proposito solo jn grazia delle preghiere fattegliene dall'Eminentissimo Segretario.

Fiducioso che non avrà a male la sincerità con la quale ho creduto di dover procedere, con profondo ossequio mi onoro di confermarmi di V. E. devotissimo•. L'allegato diceva :

c Vaticano, 31 marzo 1924. Con questa mia lettera vengo a far parte alla Paternità Vostra delle vive preoccupazioni del Santo Padre per le violenze che dag!! aderenti al partitofascista così spesso si commettono non solamente contro semplici cittadini di diverso pensiero politico, ma anche contro la sede di opere ed istituzioni cattoliche che non hanno nulla a vedere colla politica; poichè se quelle sono indice certo di moralità e civiltà decadente, queste dimostrano inoltre sentimenti contrarii alla religione ed allo stesso indirizzo seguito finora dall'attuale Governo. Il Santo Padre nella Allocuzione Concistoriale, ossia nell'atto piùsolenne della Santa Sede, le ha deplorate e condannate apertamente, e giovava sperare che le Sue parole avrebbero provocato ordini precisi e perentorii di prevenzione e repressione e che questi ordini sarebbero stati eseguiti. Imperocchè non ho bisogno di dire alla Paternità Vostra che ciò che impressiona maggiormente non è tanto il fatto dell'aggressione, quantol'atteggiamento delle autorità subalterne che non hanno cura di impedirlo e molto meno di punirlo con le meritate pene, e se pur fanno una inchiesta, questa, in un modo o in un altro. termina a favore degli aggressori.

Tale atteggiamento non essendo motivato dall'impotenza che è da escludersi, non puòspiegarsi che con una deplorevole, impressionante connivenza; l'esempio di tre o quattroaggressioni severamente punite, come civiltà e giustizia richiede, basterebbe certamente per farle cessare del tutto.

Era giusto sperare che dopo le gravi parole di Sua Santità, le autorità subalterne, dietro

ordini venuti dall'alto, avrebbero cambiato rotta; invece le aggressioni continuano impunite

anche in paesi vicinissimi, alle porte, per cosi dire, di Roma. Una delle due: o gli ordini

dall'alto non sono venuti, o questi ordini non sono eseguiti: nell'una e nell'altra ipotesi

il Santo Padre ha ragione di essere vivamente preoccupato •.

Le due lettere vennero consegnate da padre Tacchi Venturi a Contarini il quale vi

aggiunse, lo stesso giorno 2 aprile, il seguente appunto: '

. ~Lettere <;onsegn~temi person~lmente da p~dre Tacchi. Venturi con vivissime preghiere

dt attirare su dt esse l attenztone dt S. E. Mussolml. Ha aggtunto che il Santo Padre è preoc

cupatissimo di alcuni fatti recentemente avvenuti •· In margine all'appunto di Contarini cfr.

la seguente nota di pugno di Mussolini : c Agli atti, senza risposta a cagione del tono ' pro

vocatorio e insolente della lettera Gasparri. M. •. '

Alcuni giorni or sono intrattenendomi con questo ambasciatore di Ger

mania sulle varie questioni attinenti alla pace dell'Europa egli ebbe a dirmi

che mentre il Governo tedesco non aveva intenzione di sollevare la questione

dell'unione dell'Austria alla Germania n è di incoraggiare il movimento che si

andava disegnando in tale direzione, non avrebbe però in nessun caso fatto

alcuna dichiarazione nè tanto meno preso alcun impegno contrario ad una tale

evenienza, considerando naturale che un giorno si venisse alla riunione di tutti

tedeschi in un solo stato.

Aggiunse che ogni manifestazione pubblica dell'Italia contro tale eventualità era destinata ad influire sulle relazioni fra i due popoli e che era meglio astenersene dato ·che non esisteva nessuna probabilità imminente della riunione dell'Austria alla Germania.

Gli ho risposto che, avendomi egli posto la questione in tali termini, reputavo essere opportuno il suo Governo tenesse presente che mai l'Italia avrebbe potuto ammettere la prospettata riunione. Con questo atteggiamento dettato da imprescindibili necessità politiche, il Governo italiano non intendeva fare alcuna manifestazione od atto poco amichevole verso la Germania.

(l) Cfr. n. 8'2.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA

T. GAB. PER CORRIERE R. 826. Roma, 7 agosto 19.25, ore 9. Questo incaricato d'affari di Francia è venuto a domandare in via ufficiosa quale accoglienza avremmo riservato ad una eventuale richiesta del Governo dei Sovieti di partecipare alla futura conferenza doganale cinese. La risposta dovrebbe essere a rnio avviso negativa sia perchè non si potrebbe pretendere l'ammissione di un rappresentante di potenza, che, oltre a non essere firmataria della conferenza di Washington del 1922 da cui la conferenza doganale deriva, ha proclamato in Cina e senza tener conto degli interessi delle altre potenze che i trattati devono essere lacerati, sia perchè tale partecipazione minaccerebbe la riuscita della conferenza medesima, data l'opera ostruzionistica costantemente seguita a Pechino dal rappresentante dei Sovieti. Poichè la nostra posizione ha analogia con quella rli codesto Governo che pure ha riconosciuto il Governo di Mosca, prego

l'E. V. di voler indagare, a titolo d'iniziativa personale, e riferirmi il pensiero del Foreign Office dinanzi all'eventualità sovra prevista.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MONTAGNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (l)

R. RR. 6350/894. Costantinopoli, 7 agosto 1925. Faccio seguito al mio rapporto n. 6023/831 in data 27 luglio scorso (2). Ho particolareggiatamente riferito a V. E. in merito a tutte le questioni da

me trattate nella mia recente visita ad Angora. Non mi resta ora che indicare la situazione politica generale trovata colà, specie nei riguardi dell'Italia.

Il Governo turco, che fino a poco tempo fa si interessava poco a questioni g-enerali di politica estera, assorbito com'era dalle riforme e dalla situazione interna, si è andato via via sempre più occupando dei rapporti politici intercedenti fra la Turchia e le varie potenze, nel gioco della vita internazionale. Questo mutamento è in parte dovuto anche all'attuale ministro degli Affari Esteri, Tevfik Russdi, il quale si compiace, anche a scapito delle trattazioni degli affari correnti, di elocubrazioni di politica generale.

Il Governo di Angora nutre attualmente delle diffidenze specie verso due potenze: la Gran Brettagna e l'Italia. Verso la prima, a causa in particolar modo della tuttora aperta vertenza per Mossul e per la politica antiturca da essa finora seguita. Verso l'Italia perchè, come mi diceva il minis•tro degli Affari Esteri, si ritiene qui che, se non il Governo, almeno la nostra opinione pubblica si vada gradualmente orientando in senso avverso alla Turchia. Per parare a questa situazione, l'attuale Gabinetto turco tende ad appoggiarsi sulla Russia, l'amica dei tempi tristi durante la guerra anatolica e la Potenza antagonista per eccellenza dell'Inghilterra. Perciò le attuali relazioni politiche russoturche sono marcatamente intime e cordiali. A ciò ha pure contribuito, come accennai, la personalità del Ministro degli Affari Esteri che fu in Russia durante l'armiSitizio, vivendo in stretto contatto con la III Internazionale e che affetta apertamente di nutrire simpatie per le teorie e l'opera dei bolscevichi. Ciò non vuol dire però che la Turchia abbia in alcun modo rallentato all'interno la sua politica di repressione di ogni minimo tentativo di propaganda bolscevica, nè che la trattazione delle questioni pendenti, specie d'ordine commerciale, fra la Turchia e la Russia, ne sia stata per ora molto avvantag.giata.

Dopo il primo Gabinetto anglofilo di Ismet Pascià, ·ed il Gabinetto francofilo di Fethi Bei, assistiamo perciò in questo momento ad un s-econdo Gabinetto di Ismet Pascià di tinta russofila.

Di questa situazione soffre la Polonia, la cui politica mirante ad unire la Turchia ad un blocco antirusso è attualmente completamente fallita: la rappresentanza polacca ad Angora mi apparve perciò poco soddisfatta della situazione e tenuta in poco conto dal presente Governo turco.

La Francia, o meglio forse il suo attuale Ambasciatore sig. Sarraut, accarezza intanto con affettata fiducia il suo disegno di staccare la Turchia dall'influenza politica della Russia, colla inane speranza di diminuire cosi il blocco asiatico anti europeo, nonchè dall'influenza economica della Germania.

Quest'ultima sta negoziando faticosamente vari trattati (di commercio, di stabilimento, di estradizione) col Governo di Angora, mentre i suoi cittadini sono i più numerosi fra tutti gli stranieri in Turchia e concludono vari, per quanto non ragguardevoli affari, dando prova di molta tenacia e pazienza ed accontentandosi di modesti guadagni.

In sostanza, sullo sfondo di una tensione di rapporti anglo-russi e di una diffidenza turca verso l'Inghilterra, si è andato creando in questi ultimi mesi un riavvicinamento politico turco-russo che, nella ment-e dei turchi, dovrebbe anche servire per controbilanciare un temuto pericolo italiano: questo pericolo costituisce quasi il perno della presente politica estera turca.

È superfluo che io confermi all'E. V. che, conscio di tale situazione, non ho mancato nei miei colloqui col Ministro degli Affari Esteri e con altri membri del

6l)

Governo di insiste~;e sulle amichevoli disposizioni del R. Governo verso la Turchia.

Non debbo però tacere a V. E. che, nella mia ultima conversazione con Tevfik Russdi Bei, questi, tentando come al solito di portare il discorso su questioni di politica generale, insinuò la convenienza di concludere coll'Italia qualche intesa a fondo politico del genere di quei patti che sono ora di moda.

Per parte mia ho risposto alle generiche entrature del mio interlocutore coll'osservare che prima di stringere patti occorre creare degli interessi comuni, che di quei patti debbono essere la base seria ed effettiva: e prima di creare dei nuovi interessi occorre mantenere in vita quelli che noi qui abbiamo di già, e che sono minacciati quotidianamente di distruzione dall'azione concorde del Governo, delle Autorità e della popolazione turca.

II ministro mostrò di non gustare la mia risposta, ma non potè contestarne la verità ed il fondamento (1).

(l) -Copia del documento venne inviata, per conoscenza, anche al Go\>ernatore di Rodi. (2) -Non pubblicato.
91

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 14·51/597 (2). Londra, 11 agosto 1925, ore 3,20 (per. ore 9,32).

Decifri Ella stessa.

Mio telegramma 576 (3).

Ho informato Chamberlain che nessuna lettera era stata consegnata a senatore Scialoja. Chamberlain ne è rimasto sorpreso e mi ha precisato che lettera firmata da lui e da Briand avrebbe dovuto essere consegnata da questi a Scialoja. Mi ha precisato giorno in cui egli intrattenne della cosa Briand avendone preso nota nel suo libro di appunti. Ha fatto venire incartamento da cui risulta in deliberazione consiglio dei ministri britannico che prima della sua partenza per Ginevra approvava minuta lettera e mi ha mostrato telegramma col quale da Ginevra egli informò Tyrrel avere preso accordi necessari con Briand, nonchè telegramma con cui ne è data notizia a Graham. Poichè Briand giungerà stasera Chamberlain non mancherà interpellarlo in proposito e me ne farà conoscere risposta che telegraferò immediatamente a V. E. La lettera che Chamberlain mi ha fatto leggere propone che si addivenga a consultazione fra le tre grandi potenze per gH affari balcanici tutte le volte che gli avvenimenti consiglino scambi d'idee. Invito a V. E. di partecipare a tale consultazione viene rivolto «in considerazione Italia ha speciale competenza questioni balcaniche». Chamberlain si è poi dilungato illustrate concetto informativo lettera mostrando convenienza Governi Roma, Parigi, Londra si mantengano in contatto per gli affari balcanici ed ha fatto allusione a certi particolari atteggiamenti francesi in Jugoslavia. Ha aggiunto Governi balcanici spesso tentano contrapporre una grande potenza all'altra i cui rappresentanti nei Balcani·sotto la influenza ambienti o anche per troppo

1.50 del 6: impossibilità del Della Torretta di informare Chamberlain, assente da Londra. della mancata consegna a Scialoja della lettera dello stesso Chamberlain e di Briand. Cfr.

n. 74.

zelo talvolta non contribuiscono armonia buoni rapporti rispettivi governi. Ha ricordato che la politica dei contatti per quanto riguarda Italia e Inghilterra è stata esperimentata con ottimo risultato nella questione petroli albanesi per la quale non solo venne eliminato ogni malinteso ma si trovò soluzione soddisfacente per tutti, Albania compresa, quando Governo italiano e quello britannico si misero in diretti rapporti.

(l) -Annotazione m3rginale di pugno di Mussolini: • Frasi. M.•. (2) -Sic, ma 598 come si desume dal registro dell'ambasciata di Londra. (3) -T. gab. s. 1419/576, spedito da Londra il 5 agosto alle ore 22,15 e pervenuto alle ore
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 1472/604. Londra, 12 agosto 19.25, ore 22 (per. ore 3,55 del 13). Decifri Ella stessa. Ieri sera Chamberlain, me presente, ha interpellato Briand circa nota lettera diretta a V. E. e mai pervenutale. Briand ha affermato avere consegnato lettera in questione al senatore Scialoja dopo avergliene data anche lettura. Smarrimento

appare qui dunque inesplicabile. Ad ogni modo Chamberlain mi ha promesso inviarmi domani copia del documento in parola perchè io lo faccia pervenire a

V. E. Al Foreign Office ho poi appreso che funzionari italiani alla Società delle Nazioni avevano perfetta conoscenza lettera in parola e del suo contenuto. Risulta infatti qualcuno di essi avrebbe avuto discussione con personalità inglese lasciando anche trasparire che proposta anglo-francese non avrebbe forse incontrato favorevole accoglienza.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 1481/608. Londra, 13 agosto 1925, ore 23,05 (per. ore 4,50 del 14). Decifri Ella stessa. Chamberlain mi ha fatto oggi pregare di recarm.i da lui. Mi ha detto essere suo vivo desiderio mettermi al corrente esattamente dei colloqui avuti con Briand e dei risultati ottenuti e delle decisioni prese. Riassumo lunghi colloqui. Segretario di stato per gli affari esteri mi ha detto essere vivamente e sinceramente soddisfatto del modo cordiale e amichevole con cui si erano svoHe le trattative e mi ha assicurato che Br,iand divide identica soddisfazione. Mi ha poi accennato ai punti essenziali della concordata risposta alla Germania. Non li riferisco sia perchè ho già informato in proposito V. E., sia perchè Ella riceverà comunicazione di ,tale documento che le verrà fatta da Briand visto che la risposta di cui si tratta sarà inviata dal Gabinetto di Parigi a quello di Berlino. Comunicazione verrà fatta a V. E. non appena Gabinetto di Bruxelles avrà data la sua adesione a quanto è stato concordato a Londra fra Chamberlain e Briand. Segretario di stato per gli affari esteri quindi mi ha detto si era

raggiunto accordo circa il riferimento del patto di sicurezza alla Società delle Nazioni che dovrà esaminare e pronunciarsi, presentandosene occasione, sui casi in cui patto Reno dovrà entrare in funzione. Ugualmente era stato raggiunto accordo per i casi in cui patto sicurezza potrà funzionare automaticamente senza il giudizio del terzo e cioè senza che sia messo in movimento meccanismo Società delle Nazioni. Questi casi sono stati limitati agli atti patenti ostilità e cioè invasione zona demilitarizzata o ammassamento truppe nelle sue vicinanze (con ciò Chamberlain riuscì far prevalere direttive accennate nel colloquio avuto meco prima dell'arrivo Br.iand di cui punto 3 del mio telegramma Gab. 590) (1). Chamberlain inoltre mi ha detto era stato esaminato schema patto sicurezza portato a Londra dalla delegazione francese e che questo era stato corretto in modo da tradurre in atto i principi concordati nella risposta alla Germania e le intese interve,nute in questo incontro. Progetto di patto riposa sulle seguenti basi principali:

l) entrata Germania Società del'le Nazioni senza condizioni; 2) perfetta uguaglianza fra i contraenti patto e assoluta reciprocità degli obblighi in esso contenuti; 3) rispetto situazione creata trattato di pace e dei diritti e doveri che questo contempla tanto per vincitori quanto per vinti;

4) ogni questione che potesse sorgere fra i contraenti dovrà essere sottoposta arbitrato. I trattati di arbitrato da essere conclusi fra Germania,_ Francia e Inghilterra dovranno contenere principio della obbligatorietà di sottoporsi sentenza arbitrale.

Tutto quanto precede riguarda patto sicurezza limitato frontiera Reno.

Per quanto si riferisce frontiera orientale della Germania e vicine Polonia e Cecoslovacchia questione non è stata definita. Inghilterra in considerazione che Francia ha impegni con .i due paesi suddetti le lascia iniziativa accordarsi con Berlino in proposito. Si riserva però esaminare risultato accordo raggiunto per vedere se e in quanto risultato possa implicare responsabilità britannica o avere ripercussione che riguarda frontiera Reno. Chamberlain ha ragione di ritenere che per quanto riguarda questa parte del patto di garanzia proposto dalla Germania, Francia si conformerà ai principi adottati per la frontiera del Reno. Quanto procedura per il futuro svolgersi delle trattative, Chamberlain e Briand sono rimasti d'accordo nel ritenere chiuso il periodo della corrispondenza diplomatica. Bisogna ora fare luogo ad una riunione di giuristi dei vari ministeri degli èsteri incluso il tedesco per fissare di comune accordo un testo che traduca in pratica i principi sopra accennati con le eventuali modifiche suggerite da parte tedesca. Questa riunione di giuristi dovrebbe essere poi seguita da una «conversazione» fra i ministri affari esteri alleati e Stresemann, che dovrebbe preparare conferenza per conclusione definitiva del patto. Secondo Chamberlain queste riunioni preliminari dovrebbero avere luogo a Londra e

pensa .che la .prima potrebbe iniziarsi fra una ·quindicina di g.iorni. Per quanto

si riferisce all'intesa raggiunta fra Chamberlain Briand per risposta dare alla

Germania questa è definitiva. Per quanto riguarda .invece intesa raggiunta 'circa

patto sicurezza essa è soggetta approvazione Gabinetti francese, inglese. Una

volta concordato testo patto sicurezza ne sarà fatta comunicazione a V. E. che

avrà così tutti gli elementi di giudizio per decidere atteggiamento definitivo del R. Governo. Tutto induce a credere che Gabinetto britannico darà approvazione patto sicurezza risultante dalle suddette intese perchè i principi ,cui esse si informano e limitazione responsabilità britannica corrispondono a quanto reclama maggioranza opinione pubblica. Ho ragione di ritenere poi che soddisfazione dimostrata da Chamberlain si bet.si oltre che sull'atteggiamento amichevole Briand e sul suo spirito di collaborazione anche e forse sorpratutto suLla comprensione di quest'ultimo a non insistere sulle primitive rkhieste che coinvolgevano troppo largamente responsabilità britannica a cui decisamente si opposero partito liberale e laburista e stessi Governi Dominions.

(l) T. gab. 1450/590, trasmesso il giorno 11, ore 3,20, per. ore 8,30, con cui Della Torretta informava Mussolini delle direttive cui Chamberlain intendeva ispirare i suoi colloqui con Briand.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE BOSDARI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 1277/349. Berlino, 15 agosto 19'25.

Ho l'onore di trasmettere qui unito a V. E. un rapporto redatto dal marchese Antinori addetto per la stampa presso questa ambasciata intorno ad una riunione della direzione del partito tedesco-nazionale, cui egli unico fra gli addetti di stampa delle rappresentanze estere in Berlino venne invitato. Questa specie di favor,e viene nuovamente a provare ciò che più volte ho riferito all'E. V. circa il desiderio non mai cessato anzi sempre dimostrato da quel partito di tenersi in contatto con noi. Sul che mi riferisco da ultimo alla mia lettera particolare a

V. E. in data 15 luglio (1), della quale non ebbi finora cenno di ricevuta.

Paragonando le cose dette dal conte Westharp al Reichstag (vedi mio rapporto 2tì luglio n. 328) (2) e quelle dette dal medesimo in questa riunione privata e quasi segreta, non si riscontrano forse differenze sostanziali. Ma nella riunione segreta l'esponente del partito tedesco nazionale fu assai più esplicito che non in pubblico nell'esporre i sospetti che la politica di Stresemann eccita in seno del partito e la sorveglianza ,che questo si crede costretto ad esercitare ,continuamente sul minfstro degli affari esteri perchè, nella sua politica di adempimento, non vada troppo in là e non scordi quello che il partito nazionalista considera come diritto ed interesse inalienabile della Germania.

Nel discorso del Westharp sono anche abbastanza chiaramente accennate le condizioni che il partito nazionalista crede di dover porre ad una eventuale conclusione del ~atto di sicurezza. Le condizioni sono chiaramente esposte ma l'esperienza del passato mi fa ritenere che, se sarà necessario, anche al momento della conchiusone il partito nazionalista saprà mettere dell'acqua nel vino come ha già fatto molte volte; e soprattutto quando, come ora ci rivela il Westharp più chiaramente che non fosse stato fatto prima, iniziatisi i negoziati per il patto di sicurezza a totale insaputa del partito che pure ha tre membri nel Gabinetto, il partito aveva da prima pensato di ritirare questi suoi tre rappresentanti, ma poi aveva pensato meglio di non farne nulla. In sostanza io ritengo che anche questa interessante e riservata manifestazione del pensiero nazionalista debba da noi considerarsi come episodica ed interlocutoria e nulla affatto definitiva.

9 -Documenti diplomatici · Serie VII · Vol. IV

(l) -Cfr. n. 66. (2) -Non pubblicato.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA

T. GAB. 862. Roma, 17 agosto 19;!5, ore 16.

Ho esaminato attentamente suo telegramma n. 608 (l) col quale ella mi riferisce l'interessante ed importante colloquio avuto con Chamberlain a richiesta di quest'ultimo circa il patto di sicurezza.

Ringrazio l'E. V. per le informazioni regolarmente fornitemi e la prego di ringraziare a mio nome codesto ministro degli affari esteri per l'interesse e la sollecitudine da lui dimostrata nel farmi mettere a conoscenza dei suoi colloqui con Briand.

Attendo la comunicazione del testo della nota di risposta alla Germania stabilito a Londra che esaminerò con cura, quantunque tenuto conto di quello che ella telegrafa al riguardo, mi sembri fin d'ora di poter ritenere che anche il Governo italiano, dati i fini che la nota si propone, non potrebbe non concordarvi, tanto più che per molte, ovvie ragioni, in questo argomento intendiamo astenerci dal fare osservazioni, a meno che non si appalesino necessarie per la riuscita delle trattative. Ed infatti se ci sarà da svolgere posteriormente un'azione per facilitare l'accordo saremo anche in questa occasione e come sempre, pronti a svoigerla; ma nello stadio attuale e avute presenti le difficoltà che si son dovute superare per giungere all'accordo non possiamo che seguire.

Quanto poi alle comunicazioni fattele da Chamberlain circa il patto, premetto la .conferma delle mie ripetute dichiarazioni e cioè d'essere disposto a fare quanto è possibile per agevolare la conclusione di un accordo di importanza fondamentale ai fini della pace dell'Europa, purchè questo accordo non venga a determinarsi in modo da stabilire obbligatoriamente degli oneri gravi per l'Italia senza sufficiente tutela degli interessi particolari italiani. Non posso disconoscere che un patto d'ordine generale per assicurare la pace in Europa, acquisti indubbiamente una maggiore importanza ed efficacia se concluso colla partecipazione dell'Italia, nè d'altronde fino a prova in contrario si potrebbe negare che gli interessi generali della politica italiana possano trovare una certa garanzia di massima nella collaborazione italiana a questo patto fondamentale.

Dato ciò parmi conveniente per tutti che invece di attendere a formulare possibili osservazioni ed eventuali controproposte quando il testo del patto assumesse forma più determinata, l'Italia debba partecipare agli studi di redazione da compiersi dai giuristi in modo che l'adesione italiana possa riuscirne facilitata. Sono indotto in questo ordine di idee dalla conoscenza delle basi essenziali comunicatele da Chamberlain, sulle quali poggerebbe il patto di sicurezza. II terzo punto di questi criteri fondamentali, secondo l'E. V. telegrafa, consiste nel rispetto della situazione creata dal trattato di pace e dai diritti e doveri che questo contempla tanto per i vincitori quanto per i vinti.

Sembra che in questo principio fondamentale che il patto avrebbe a base, l'Italia potrebbe trovare anche la difesa dei problemi che particolarmente la interessano.

CGncludendo, da quanto V. E. mi ha telegrafato per desiderio di Chamberlain ho fiducia che la partecipazione italiana a questo patto fondamentale della politica di pace dell'Europa potrebbe essere assicurata se il testo del patto venga effettivamente redatto sulle basi principali che Chamberlain le ha indicato o che del resto contengano il punto di vista fondamentale della politica britannica del dopo guerra, affine a quello italiano.

Resto in attesa di conoscere a quali comunicazioni ella darà seguito in relazione a questo mio telegramma e di quello che dovrà stabilirsi nella procedura da seguire ulteriormente per decidere la parte di collaborazione che dovrà prendere l'Italia.

(l) Cfr. n. 93.

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APPUNTO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI. MUSSOLINI

Roma, 17 agosto 1925.

Ho detto al Ministro Egiziano che bisogna sormontare le impopolarità come ho fatto io -nell'Adriatico. · Che i Trattati parlano chiaro e che da quelli bisogna partire come da sicura base. Che io ho già « ménagé » il Governo egiziano tutte le volte che me lo ha chiesto per i motivi della sua politica interna. Che è l'ora di concludere sulla base Scialoja-Milner, per poter fare una politica di amicizia attiva itala-egiziana. Mi ha detto, ridetto e ripetuto che da parte sua ci metterà la migliore volontà.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, PAULUCCI DE' CALBOLI

T. s. P. 2101. Roma, 18 agosto 1925, ore 16. Prego V.E. comunicare a Macario: « A mezzo di questo ambasciatore di Spagna mi è stato manifestato desiderio S. M. re di Spagna per mantenimento di lei a Madrid. Deploro vivamente che funzionario diplomatico italiano ricorra intromissione sovrano estero per ottenere annullamento ordine superiore ricevuto e pur astenendomi in qu~ta occasione adottare severi provvedimenti disciplinari di lei riguardo do ordine a ufficio personale annotare incartamento vossignoria grave infrazione commessa. Frattanto le confermo istruzioni rag

giungere immediatamente sua nuova destinazione facendomi telegrafare data partenza».

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IL MINISTRO A KABUL, CAVICCHIONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1510/97. Kabul, 18 agosto 1925, ore 8,10 (per. ore 11,15).

Informo V. E. che questo Governo ha accettato integralmente condizioni. Oggi ho ricevuto visita del sottosegretario affari esteri che mi ha presentato scuse del Governo afgano con la formula stabilita dall'E. V. Mi ha comunicato destituzione comandante polizia. Mi ha consegnato sei mila sterline contanti 1n oro. Ho dichiarato in nome del R. Governo composto conflitto. V. E., se possibile, moderi linguaggio stampa evitando espressioni umilianti Afganistan per non avere qui ripercussioni dannose connazion~;~li e futuro lavoro di questa legazione.

99

L'AMBASCIATORE A MOSCA, MANZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. i522/297. Mosca, 19 agosto 1925, ore 21,59 (per. ore 6 del 20).

Telegramma di V. E. gab. n. 854 (1).

Mi permetto felicitare V. E. per risultati conseguiti affare Piperno.

Io ho dovuto esclusivamente far richiamare, per suo atteggiamento, rappresentante Soviet Cabul. Se ciò è avvenuto mi pare dovuta una parola di apprezzamento ed essa sarà molto gradita. Non avendo elementi per giudicare, mi preoccupo della cattiva impressione ·Che in tal caso farebbe nostro silenzio e perciò prego V. E. volersi compiacere di telegrafarmi se posso esprimere Cicerin nostra soddisfazione (2).

100

L'AMBASCIATORE A MOSCA, MANZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE R. 1597/1166. Mosca, 19 agosto 1925 (per. il 25).

Seguito a mio telegramma per corriere n. 2937 del 5 corrente (3). Nei passati giorni, senza insistere menomamente nella mia iniziativa, senza entrare io pel primo in argomento, ho avuto occasione di parlare della faccenda

con due funzionari competenti e altolocati del commissariato degli affari esteri. Essi mi hanno ripetuto i concetti esposti dallo Smolianinoff al Pavirani ed al Suster. Io mi sono limitato a chiedere chiarimenti per farmi un concetto sicuramente preciso del loro dire. E così ho precisato che quando essi parlano di terre in Siberia, intendono terre nella Siberia .geografica meridionale, o nordica, ma non terre nella regione nota come «Asia Centrale». Mi sono limitato a osserva·re che in Italia si parla di Siberia per accennare a regione di freddo e di esilio: ciò non è sempre esatto, ma prima di cambiar nel popolo questa impressione occorrerà del tempo.

D'altra parte, a mezzo del Pavirani, ho tenuto contatti con l'ufficio dell'emigrazione, cercando di avere da esso, che è uffi..cio tecnico e non politico, e non dal commissariato, una risposta per iscritto.

Ieri ho avuta invece risposta dal commissariato degli affari esteri, col memorandum di cui accludo la traduzione (1).

A mio avviso questa fase della faccenda è chiusa, e noi dobbiamo di fronte ai sovietisti, considerarla tale. In tutta la regione ·russa del Mar Nero, nella regione dell'immediato Transcaucaso, l'U.R.S.S. non può (il vero è non vuole) offrirei terre per una colonizzazione agricola italiana.

È escluso che io consigli al mio Governo una colonizzazione ·italiana nel basso Volga, nella Russia del nord, nella Siberia del nord nell'estremo oriente russo.

Il R. Governo mi dirà se crede invece che io abbia a studiare una colonizzazione in qualche zona della Siberia meridionale.

Nell'attesa, domani riunirò il Pavirani ed il Suster per mette.re, anche dal lato diarie, fine a questa fase di studio del problema della colonizzazione italiana nell'U.R.S.S.

(l) -Recte 864, spedito il 18 agosto alle ore 21 a Londra, Parigi, Mosca, Berlino e Teheran per comunicare la felice soluzione della vertenza con l'Afganistan per il caso Piperno. Cfr. n. 98. (2) -Annotazione marginale di pugno di Mussolini: « Si. M. ". (3) -Non pubblicato: Dichiarazione di Smolianinov che l'immigrazione di mano d'opera italiana in Russia per compiere un esperimento di colonizzazione non potrebbe avere che propc.rzioni molto ridotte e che una vasta superficie da coltivare potrebbe eventualmente essere concessa scJo nell'Asia centrale od orientale.
101

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI ALBANESE, AHMED ZOGU, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

Durazzo, 19 agosto 1925.

Prendendo in considerazione la situazione politica odie·rna della mia cara Patria e nella previsione dei molteplici pericoli eventuali per l'oindipendenza e l'integrità dell'Albania condizioni queste vitali per noi, ho l'onore di rivolgermi a V. E. per chiedere se è possibile addivenire ad un accordo più stretto fra i due Stati di modo che le relazioni già favorevoli d'oggi siano concretate in un'amicizia di collaborazione nell'interesse dei due Paesi.

Porgo alla E. V., lieto che mi si presenti l'occasione per farlo, i sensi della

mia s!ima (2).

(l) -Non p\Jbbìicata. (2) -Per il trattato segreto itala-albanese stipulato nell'agosto 1925, cfr. p. 48, nota 3.
102

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE BOSDARI, A LONDRA, DELLA TORRETTA, E A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. s. 872. Roma, 20 agosto 1925, ore 14.

Con telegramma n. 871 (l) le ho comunicato le due note scambiate ieri e avant'ieri con questa ambasc.iata di Francia drca il patto di sicurezza (2). Essendo apparsa nei giornali la notizia di un convegno in Svizzera di Chamberlain e Briand con Stresemann pregola voler opportunamente accertare quanto vi sia di vero. Pel caso che; la possibilità di un incontro fosse seriamente da considerare, le faccio presente per sua opportuna norma, e per·chè a titolo personale ella se ne valga costà, che, dati i presumibili scopi di un tale convegno evidentemente di interesse generale per l'Europa, apparirebbe utile per tutti anche la partecipazione dell'Italia. Sarei quindi disposto ad intervenire nel giorno che d'accordo fosse stabilito. Non potendo però prendere impegno di allontanarmi dall'Italia convegno potrebbe essere fissato in una località italiana presso il confinE'.

103

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL CONSOLE GENERALE A ZURIGO, MILAZZO

T. GAB. (P. R.) 219. Roma, 21 agosto 1925, ore 18.

Poiché in discorsi pubblici signor Nitti ha dichiarato di non riconoscere come legale Governo fascista, così io significo a V. S. ordine di trattare Nitti come uno straniero, di negargli quanto chiede e qualsiasi altra eventuale anche minima concessione nonchè evitare qualsiasi contatto con lui e soci. Questo è un ordine (3).

104

IL REGGENTE LA LEGAZIONE AD ATENE, DE FACENDIS, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) RR. 492 (4). Atene, 21 agosto 1925, o1·e 22 (per. ore 2,05 del 22).

Mio telegramma 147 (5). Dopo primo momento sorpresa perplessità destate da notizie fornitura fucili all'Italia influenze interne ed estere esasperate hanno scatenato lotta in

vincibile [sic] per opporsi realizzazione compiuta. Elementi civili e militari interessati a forniture di altre nazionalità insieme ad agenti ufficiali ed ufficiosi, inglesi, francesi, belgi, cecoslovacchi (1), questi ultimi due concorrenti nell'affare, hanno messo in azione ogni loro sforzo onesto e disonesto per impedire firma contratto italo-greco. Agenti sono giunti a corrompere soldati di guardia facendo rubare mediante scasso disegni fucili da allegare contratto, in seguito ordine di Pangalos furibondo per tale... [manca] atti, disegni furono ieri trovati. Venuto meno ogni altro mezzo si è tentato ultimo sabotaggio contro cui ho dovuto intervenire. Per conclusione contratto ·era necessario che Ditta Breda e per essa Banca Commerciale Italiana contro-garantisse 200.000 sterline anticipazioni Governo greco per mezzo banche greche secondo consuetudini contrattuali, in materia e per legge dello Stato. Le banche greche più o meno in mano a capitalisti inglesi e francesi si sono rifiutate dare garanzia per conto Banca Commerciale Italiana mettendo in dubbio suo credito richiamandosi disastro Banca Sconto dichiarando che avrebbero eseguito operazione solo se appoggiata su banche inglesi. Era chiara l'offensiva che si iniziava contro finanza italiana e che se fosse riuscita avrebbe costituito pericoloso precedente contro ogni nostra futura relazione di affari colla Grecia. Recatomi da ministro economia nazionale cui fanno capo banche ho espresso mio vivo risentimento per contegno istituti bancari ellenici. Nel chiedere fosse immediatamente riparato sia per conclusione contratto sia e sopratutto per necessarie soddisfazioni morali, ho pregato che Governo greco mettendo da parte tutte le banche greche accettasse la diretta garanzia senza alcun intermediario della Banca [Commerciale] italiana. Ministro tesoreria Elloaris e Bubulis hanno validamente appoggiato mia richiesta e Pangalos passando al di sopra di tutto ha firmato contratto accettando diretta garanzia della Banca Commerciale Italiana dando così completa soddisfazione a noi e una rude lezione alle banche secondo me assai utile per

l'avvenire.

(l) -Il T. gab. 871 fu inviato il 19 agosto a Londra, Parigi, Washington, Madrid, Berlino, Bruxelles, Vienna, Praga e Varsavia. Le due note sono del 17 e 18 agosto. (2) -Cfr. il giudizio espresso dal De Bosdari, nelle sue Memorie: « Mussolini diceva in termini assai generici che iJl. progetto francese poteva rappresentare quanto di meglio fosse possibile nelle presenti circostanze e poco più di questo si diceva nella nota italiana. Evidentemente era già un passo in avanti verso l'adesione italiana alle conferenze e quindi necessariamente e fatalmente al patto di sicurezza, sulla nota del 15 giugno ehe sembrò, ed era effettivamente, un cortese fin de non recevoir. Se Mussolini ·fin dal 18 ngosto non si indusse a manifestare più chiaramente il proprio pensiero, ciò prova che era ancora in un periodo di incertezza dovuto forse, tra l'altro, al poco entusiasmo dell'Inghilterra di vederci aderire. A,ppresi più tardi da fonte indiretta che egli personalmente rimase sempre avverso alla nostra partecipazione, e che solo all'ultimo momento in seguito a forti pressioni, a quanto ho potuto comprendere inspfrate dalla Francia, si decise ad aderire•. (3) -La minuta è di pugno di Mussolini. (4) -Manca il numero di protocollo particolare. (5) -Non pubblicato.
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IL REGGENTE LA LEGAZIONE AD ATENE, DE FACENDIS, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 1552/153. Atene, 22 agosto 1925, ore 24 (per. ore 6 deL 23). Il presente telegramma fa seguito a quello avente il numero. precedente. Ministro degli affari esteri mi ha intrattenuto sulla attuale fase delle discussioni greco-jugoslave ed accennandomi all'interessamento spiegato dai francesi. mi ha confermato che Governo greco allo scopo di fa.cilitare intesa sarebbe stato disposto accettare prospettata soluzione di affidare ferrovia Ghevgheli-Salonicco a società francese, ciò che avrebbe escluso diretta ingerenza jugoslava in territorio greco lasciando sempre po!'sibilità per differente soluzione in avvenire. Belgrado però si sarebbe ufficiosamE-nte dichiarato sfavorevole a tale progetto e dopo avere

ventilata ipotesi di affidare ferrovia a società greco-jugoslava a parti uguali avrebbe ammesso che tale società fosse costituita con 40 % greci e 40 % jugo

slavi, 20 % francesi. Rentis mi ha dichiarato che Governo greco non può accettare tale soluzione anzitutto perchè una volta ammessa diretta partecipazione Jugoslavia, ferrovla greca rimarrebbe senza rimedio ipotecata da Belgrado e poi perchè con tale soluzione permarrebbe causa frizioni e contrasti che potrebbero ad ogni momento mettere in pericolo rapporti fra i due paesi. In questa situazione ministro degli affari esteri mi ha detto che egli si propone portare questione dinanzi alla Società delle Nazioni nella prossima riunione alla quale parteciperà personalmente insieme Carapanos e che ha dato istruzioni a codesto ministro di Grecia per conoscere punto di vista del Governo italiano. Circa... [manca] che intenderebbe a Ginevra e cioè di dare a tutta la linea in territorio greco e in territorio jugoslavo carattere di ferrovia internazionale sottoposta al controllo della Società delle Nazioni la quale ne incaricherebbe commissione composta di delegati degli stati interessati e delle grandi potenze.

Ministro degli affari esteri nell'esprimermi desiderio conoscere preventivamente anche a mezzo questa legazione pensiero del R. Governo mi ha fatto accenno alla sua fiducia negli attuali amichevoli rapporti fra l'Italia e la Grecia ed ha richiamato mia attenzione sull'interesse che noi avremmo ad appoggiare suo punto di vista pel quale Italia potrebbe essere chiamata ad intervenire nel contl'ollo di tale ferrovia di interesse ·veramente internazionale che col primo settembre entrerà in esercizio a Salonicco da franca [sic] a destinazione di tutti paesi che come Italia hanno con Salonicco importanti relazioni commerciali e che avrebbero perciò interesse vi facessero capo ferrovie internazionali cui funzionamento sarebbe garantito e non potrebbe essere arrestato per ragioni che non fossero di ordine generale. Ministro affari esteri mi ha poi detto constargli che Governo inglese sarebbe piuttosto favorevole ad una soluzione di tale genere ma che Londra vorrebbe prima conoscere modo di vedere dell'Italia dal cui appoggio ha concluso Rentis dipenderebbe molto soluzione di tale controversi.a.

Credo superfluo fare presente a V. E. come attuali amichevoli disposizioni della Grecia a nostro riguardo traggano sopra tutto· motivo dai rapporti fra Atene e Belgrado per cui è da supporre che la nostra posizione qui molto dipenderà dal nostro atteggiamento nell'attuale situazione della Grecia la quale, a qua:ato ho potuto comprendere, non vedrebbe male che iniziativa pacificatrice passasse da Parigi a Roma.

(l) Annotazione marginale di pugno di Mussolini: .cari alleati..

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IL CONSOLE GENERALE A ZURIGO, MILAZZO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) 493/8941. Zurigo, 23 agosto 1925, ore 17,40 (per. ore 19,30). Mi riferisco al telegramma di V. E. gab. P. R. n. 219 concernente Nitti (1). Assicuro V.E. suoi ordini saranno eseguiti rigorosamente. Posso altresì assicurare V.E. che da parte mia ho evitato sempre qualsiasi contatto col Nitti

e soltanto due volte sono stato costretto parlare con lui quando si è presentato in consolato per due atti di procura.

Secondo gli ordini di V. E. ho impartito istruzioni affinchè al Nitti sia rifiutato visto per recarsi paesi esteri dove tale visto è richiesto; purtroppo però potrà ancora recarsi Inghilterra, Francia, Belgio dove visto non è necessario, bastando passaporto che io non rinnoverei scadenza.

Devo però far presente che la nostra legge consolare consente anche agli stranieri di rivolgersi ai R. consoli per gli atti notarili ed altri atti che debbono avere valore in Italia. Prego farmi conoscere come debbo regolarmi qualora Nitti si presentasse per tali atti in consolato.

(l) Cfr. n. 103.

107

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, CORA

T. GAB. 898. Roma, 24 agosto 1925, ore 20. Messaggero di ieri pubblica telegramma di Belgrado relativo colloquio Nincich con Zeno bey ministro dell'Interno albanese as·serendo fra l'altro che ministro albanese avxebbe dichiarato a Nincich che non solo Governo ma tutta nazione albanese desidera accordo leale con Jugoslavia. Prego V. S. di far conoscere quanto precede al signor Ahmed Zogu ed ottenere da lui spiegazioni circa la missione di Zeno Bey in Jugoslavia il cui svolgimento secondo le notizie

che ci pervengono è tanto in contrasto con atteggiamento amichevole e lea·le di Ahmed Zogu verso di noi.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, ROGERI

T. GAB. s. 902. Roma, 25 agosto 1925, ore 20,15. Prego informare Winston che sono d'accordo che negoziato italiano debba aver luogo dopo quello francese. Tutto calcolato epoca conveniente per arrivo commissione italiana sembra essere verso metà ottobre. Commissione sarà presieduta dallo stes·so ministro delle finanze conte Volpi. Non ho mai dubitato che Italia otterrà condizioni più favorevoli della Francia e ciò in rforza del riconosciuto principio della capacità. Ma sono altresì convinto che Italia otterrà condizioni più favorevoli anche in confronto del Belgio e ciò in forza del medesimo principio della capacità. È inutile intraprendere ora discussioni su questo punto poichè fra breve sarà pronto materiale ampio esauriente scientifico statistico circa capacità Italia. Da esso risulterà anche confronto sacrifi·ci sostenuti da Italia e Belgio in relazione xispettiva struttura e capacità economica generale nonchè in relazione derivante da assestamenti finanzia.ri successivi conclusione pace. Presidente Wilson limitando suo affidamento al solo Belgio ha trascurato equo principio generale capacità a pagare degli stati debitori. Ciò premesso autorizzo V. S. a confermare formalmente a codesto Governo la volontà del Governo italiano di far onore alla sua obbligazione verso gli Stati Uniti sulla base della sua capacità a pagare quale sarà concordata nei prossimi negoziati. A titolo di informazione voglia aggiungere che

ministro delle finanze sta svolgendo intensa azione persuasiva presso opinione pubblica italiana. Dichiarazioni Governo americano circa non applicabilità soluzione· belga all'Italia produssero impressione grave. Vedere articolo del diffusissimo Corriere della Sem del venti corrente (l) organo maggiore della opposizione che è venuto quasi nella tesi della ripudiazione pura e semplice dopo le suddette dichiarazioni.

In tale articolo non si tratta di opinione di estremisti, ma di impressioni di classi borghesi e capitaliste. Il Governo è sicuro di dominare tali correnti ma gli occorre largo amichevole, sollecito concorso del Governo americano.

Operazioni finanziarie che desideriamo per ora concludere in America concernono finanziamento municipi di Roma e Napoli e lavori pubblici ed il rifiuto di tali operazioni ci ha dispiaciuto ed ha nociuto. Tali operazioni sono indispensabili in relazione suddetto lavoro opinione pubblica italiana. Invece eventuale emissione di un prestito di Stato propriamente è da noi contemplata per dopo conclusione negoziato del debito.

V. S. vorrà informare codesto Governo che ambasciatore De Martino il quale si imbarcherà a Napoli il 4 :settembre :sarà latore di una proposta che confidiamo codesto Governo riterrà buona base di discussione; in proposito ambasciatore ebbe colloquio preliminare con Mellon. È anche in corso un programma di cooperazione finanziaria privata nel campo industriale. Come risulta dallo scambio di vedute avuto costà da De Martino entrambi i Governi sono favorevoli a tale cooperazione la quale è a vantaggio degli interessati dei due paesi. Svolgimento di tale programma concerne es·senzialmente i finanzieri ed industriali interessati americani ed italiani (2).

109

L'INCARICATO D'AFFARI A DURAZZO, ASSERETO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1586/354. Durazzo, 25 agosto 1925, ore 19,20 (per. ore 23).

In un colloquio avuto ieri sera con presidente della repubblica, gli chiesi ~ue impressioni su situazione interna paese. Egli mi rispose che in .generale la riteneva buona e che voce rifeTita di agitazioni interne non aveva fondamento. Si mostrò invece preoccupato di quanto avveniva alla frontiera sia jugoslava che greca dove si starebbero organizzando complotti contro dell'Albania. Ha inoltre accennato alla irruzione in territorio a:lbanese nella regione di Scutari di una banda di cento cinquanta armati capitanati da certo Vaskiri agente jugoslavo. E d'altra parte mi accennò pure di tali trame che si starebbero organizzando a Corfù.

In conseguenza Ahmed Zogu mi pregò di interessare V. E. affinchè voglia fare compiere un passo presso i Governi di Atene e Belgrado per indurii a desistere dare appoggio all'azione partigiana dei fuorusciti albanesi, ed a dare anche istruzioni alle R. legazioni in quelle due capitali sorvegliare e riferi.re di movimenti e tendenze dirette contro suo Governo.

Gli ho assicurato che mi sarei reso immediatamente interprete di tale suo

desiderio presso V. E.

(l) -In realtà, del 22 agosto 1925. (2) -Sull'atteggiamento americano in merito alla connessione posta fra pagamento del debito di guerra e concessione di prestiti privati, cfr. Papers Re!ating to the Foreign Relations of the United States, 1925, II, pp. 358-363.
110

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE S. 1669/649. Londra, 26 agosto 1925 (per. il 31). Col mio telegramma gab. n. 532 del18 luglio (l) esponevo a V. E. le complesse e gravi ragioni che andavano man mano persuadendo il Governo britannico a considerare il patto renano meno un istrumento di difesa territoriale di quella speciale frontiera che un primo tentativo di concentrazione europea contro le gravi minaccie facenti ·capo a Mosca, nonchè la crescente premura inglese a far sì che la Germania venisse a collaborare con le nazioni vincitrici e cessasse così dall'essere o dall'apparire come la possibile partecipe a combinazioni dirette contro la pace sociale o politica europea. Ora, sia lo svolgersi delle trattative circa il patto, che tutte le mie diligenti indagini al riguardo, mi mettono in grado di confermare a V. E. quanto mi trovo ad avere già riferito e di aggiungere anzi che il pensiero del Governo britannico, come innanzi delineato, è andato sempre più precisandosi e sviluppandosi. Chamberlain è persuaso ·che Governo di Mosca sia per la sua attiva propaganda comunista, alla quale, malgrado tutte le sue promesse, non può rinunziare per necessità di esistenza, sia per l'attività perturbatrice spiegata dappertutto e particolarmente in Germania, nell'Europa Centrale e nell'Oriente vicino e lontano costituisce un serio reale pericolo per la tranquillità interna dei diversi paesi e per la pace mondiale. Così lo scopo principale verso cui è diretta l'attività diplomatica del Gabinetto di Londra appare oggi esser quello di rinsaldare i vincoli fra gli alleati, far rientrare la Germania nel concerto europeo·, isolare la Russia, oppure obbligarla-pel timore del suo isolamento-ad entrare a far parte della Società delle Nazioni. Ora, a raggiungere questo scopo, serve grandemente la conclusione del patto di sicurezza in corso di elaborazione. Intanto, da diversi segni, sembra potersi dedurre che Chamberlain sia riuscito a far condividere le sue preoccupazioni ed il suo pensiero al signor Briand, ed a ciò si deve in buona parte, se non del tutto, se Briand abbia finito con l'accogliere quasi completamente tutte le limitazioni volute dal Governo britannico circa il patto. Il patto di sicurezza infatti, così come esso oggi si delinea, non è certa· mente quello che la Francia desiderava dall'Inghilterra. Ma si va stabilendo in compenso una nuova collaborazione franco-inglese e si tende a creare una riorganizzazione dell'Europa alla quale viene ammessa a partecipare anche la Germania. Di tutto ciò ho tratto conferma non solo in conversazioni avute sia con Chamberlain che con Briand, ma anche per avere assistito a conversazioni svol

tesi fra i due ministri degli esteri alleati durante la recente visita fatta da Briand a Londra.

Credo quindi mio preciso dovere attirare nel modo più serio l'attenzione di

V. E. su quanto precede in rapporto alla situazione che si può andare creando nei riguardi dell'Italia.

Se il patto di sicurezza sarà portato a compimento sulla base delle trattative in corso, l'Inghilterra sostanzialmente non assume maggiori impegni di quelli ad essa derivanti dal trattato di pace e dal patto della Società delle Nazioni. In più fa conoscere alla Germania che in caso di attacco alla Francia od al Belgio Inghilterra non resterebbe indifferente. Viene a togliere cioè alla Germania quel dubbio sull'atteggiamento inglese, in caso di aggressioni tedesche, che moltissimi qui ed altrove ritengono essere stato una delle cause del conflitto del '14.

Ma, ripeto, se gli obblighi e le responsabilità britanniche restano così limitate nel patto scritto (e ciò per ragioni di politica interna: atteggiamento dei partiti liberale e laburista -atteggiamento dei Dominions) viene aperto fra Francia e Gran Bretagna un campo più vasto di collaborazione, e si tende a creare un nuovo aggruppamento di potenze che potrebbe anche essere destinato col tempo e con ulteriori sviluppi ad assumere una funzione direttiva.

Debbo ancora far presente a V. E. che malgrado esistano ancora in larghe correnti di questa opinione pubblica forti rancori verso la Germania, pure presso circoli politici importanti si va ritornando all'antica concezione politica inglese che in fondo i fattori politici che interessano l'Inghilterra negli affari continentali restano sempre Francia e Germania.

Stando così le cose la non partecipazione dell'Italia al patto di sicurezza potrebbe avere delle conseguenze, che non risultavano di così larga portata all'inizio delle trattative.

L'E. V. sa già che Chamberlain desidera la collaborazione dell'Italia, ma che egli, nella impossibilità di prendere precisi impegni nei riguardi delle nostre frontiere, si astiene dal sollecitare la nostra partecipazione al patto. Nello stesso tempo però, rendendosi conto del nostro grande interesse allo statu quo nei riguardi dell'Austria, si dichiara disposto ad assicurarci il suo appoggio diplomatico nel caso in cui questione austriaca venisse posta in discussione (mio telegramma gab. n. 456) (1). In altri termini potrebbe dirsi che Chamberlain sia disposto a stabilire con l'Italia, all'infuori di quanto possa risultare scritto nel patto di sicurezza un'intima collaborazione, così come pare si vada delineando fra Londra e Parigi. D'altra parte, circa la questione austriaca, Briand mi ha detto essere pronto ad entrare in trattative col Governo italiano per questione Austria, se Governo italiano si mostrasse disposto alla garanzia del Reno.

Per connessione d'argomento, ed a maggior chiarimento di quanto ho detto innanzi, credo opportuno segnalare a V. E. che nel p·ensiero di Chamberlain la politica verso la Russia dovrebbe orientarsi nel senso di attirare la Russia nell'orbita della Società delle Nazioni dandole la sensazione del suo isolamento, e qualora ciò non riuscisse, darle il senso che l'Europa può politicamente organiz

zarsi senza di essa, e venire a toglierle così ogni illusione che nazioni europee non possano fare senza di essa. In ogni caso Chamberlain non si propone in alcun modo di attuare una politica di diretta ostilità.

(l) Cfr. n. 70.

(l) Cfr. n. 43.

111

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, SUMMONTE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 1606/606. Parigi, 27 agosto 1925, ore 15,10 (per. ore 17,50). Telegramma di V. E. gabinetto n. 872 (1). Ho avuto stamane lungo colloquio con Briand che ha anticipato suo ritorno a Parigi. Chiestegli prima di tutto sue personali impressioni circa incontro con Chamberlain, Briand mi ha detto che a parte cordialità che da qualche tempo regna sempre negli incontri fra uomini politici francesi ed inglesi i risultati dei colloqui di Londra sono stati superiori alla sua aspettativa. (Qui ho avuto impressione che il presidente volesse fare risalta·re in modo particolare il mutamento avvenuto in questi ultimi tempi nei rapporti franco inglesi). Dopo avermi illustrato .punti principali della risposta alla nota tedesca ed accennato alle concessioni fatte sia da parte francese che da parte britannica, Briand mi ha parlato del progettato incontro fra i ministri alleati e Stresemann sottolineando che non si tratta di una conferenza ma di una riunione fra le parti interessate. A questo punto ho creduto opportuno fargli rilevare che a mio modo di vedere personale, in tale convegno degli interessi di Europa sarebbe riuscita utile la partecipazione dell'Italia. Briand mi ha risposto ·Che egli non solo non contestava tale utilità ma non riusciva a concepire perchè l'Italia rimanesse estranea a dei negoziati che avrebbero assicurato la pace futura dell'Europa. Essendomi sembrato di scorgere nelle parole di Briand una allusione alle dichiarazioni di V. E. circa il punto di vista italiano nella questione del patto di sicurezza, gli ho fatto osservare che il R. Governo pur essendosi riservato completa libertà d'azione seguiva con simpatia gli sforzi che la Francia e l'Inghilterra facevano nell'interesse della pace. Briand mi ha detto che egli era convinto di ciò ma che era anche sua convinzione profonda che con adesione dell'Italia il patto di sicurezza sarebbe «perfetto». Briand ha aggiunto testualmente «anche ora (vale a dire dopo che l'Inghilterra garantisce con tutte le sue forze di terra e di mare frontiera renana) anche ora l'Italia sarebbe accolta da noi a braccia aperte. Il patto ormai è cosa fatta. Se l'Italia vuole unirsi... [manca] per garantirci le frontiere Reno la Francia garantirebbe all'Italia la frontiera del Brennero e quelle dell'Austria». Mi sono limitato ad ascoltare queste dichiarazioni fatte da Briand con foga quasi se ne volesse fare risaltare l'importanza. Circa il luogo di convegno dei ministri alleati Briand mi ha detto che la cosa dipenderà molto da Stresemann (non si era parlato di Losanna) ma egli accetterebbe con piacere che si facesse in Italia.

Quanto alla riunione dei giuristi mi ha confermato che essa avverrebbe a Londra: Fromageot rappresenterebbe la Francia sir Cecil Hurst l'Inghilterra ed il dott. Gaus la Germania.

(l) Cfr. n. 102.

112

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, SUMMONTE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1626/611. Parigi, 28 agosto 1925, ore 16 (per. ore 20).

Briand che ho rivisto stamane e con cui ho parlato sempre a titolo personale

del progettato convegno dei ministri affari esteri alleati e Stresemann, mi ha

informato che in vista dell'imminente riunione dei giuristi a Londra aveva tele

grafato a codesta ambasciata di Francia per fare chiedere a V. E. se riteneva

giunto il momento di pronunciarsi circa adesione o meno dell'Italia al patto

renano. Avendo Briand dovuto assentarsi per partecipare al consiglio dei ministri,

Bono rimasto a colloquio col suo capo gabinetto al quale ho ripetuto quanto avevo

già detto ieri a Briand (1), che ritenevo a mio avviso sarebbe stato preferibile

fare partecipare senz'altro l'Italia alle attuali conversazioni e credo [sic] poco

opportuna questa richiesta di adesione preventiva.

L'atteggiamento dell'Italia avrebbe potuto definirsi appunto partecipando

alle imminenti riunioni. Leger mi ha risposto che tale osservazione era stata

trovata giusta anche dal presidente nel corso del nostro colloquio di ieri ma

che sia nella riunione dei giuristi che in quella che seguirà dei ministri alleati

e Stresemann non si tratterà degli interessi generali di Europa ma di un unico

argomento: patto di garanzia renano. È logico quindi che debbano intervenire a

tale riunione solo le potenze che vi hanno già aderito. Giuristi avranno il compito

preciso di stendere il progetto di patto. Leger mi ha confermato quanto mi disse

ieri Briand che la Francia garantirebbe all'Italia, in caso di adesione da parte

nostra al patto renano, oltre frontiera Brennero anche frontiere austriache quali

risultano dai trattati esistenti opponendosi alla annessione Austria alla Germania.

Ad ogni buon fine comunico che nostro giurista presso la commissione delle riparazioni commendatore Pillotti (Collega di Fromageot e Hurst) trovasi in congedo in Italia. Attualmente egli è a Roma -Via dell'Olmata n. 36 -oppure a Castellazzo -provincia di Alessandria.

113

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, E AL REGGENTE LA LEGAZIONE AD ATENE, DE FACENDIS

T. GAB. 929. Roma, 29 agosto 1925, ore 3.

Il R. incaricato d'affari a Durazzo telegrafa quanto segue:

« Telegramma da Durazzo n. 354 gab. del 25 agosto 1925 » (2).

Prego V. E. di volere anzitutto disporre affinchè questi movimenti alla frontiera albanese siano sorvegliati in modo da potere riferire a questo ministero qualsiasi utile informazione anche per mettere in grado R. Governo di spiegare azione corr.ispondente all'interesse fondamentale della nostra politica balcanica basata sulla assoluta indipendenza e integrità territoriale dell'Albania.

Pregola poi di fare amichevoli dichiarazioni a codesto Governo per far comprendere che noi non possiamo venir meno a tale interesse fondamentale e che facciamo assegnamento sulla buona volontà di codesto Governo per impedire avventure di frontiera fomentate dai fuorusciti albanesi che pur essendo o apparendo limitate di entità e di conseguenze possono invece trascinare ad effetti imprevisti che è interesse di tutti evitare.

(l) -Cfr. n. 111. (2) -Cfr. n. 109.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA (l)

T. GAB. PRECEDENZA ASSOLUTA. Roma, 29 agosto 1925, ore 22,30.

Col telegramma gabinetto n. 935 (2) ho pregato V. E. di intervenire subito presso Chamberlain per invito giurista italiano riunione Londra. In questo momento incaricato d'affari d'Inghilterra mi comunica a nome di codesto ministro degli esteri invito Italia farsi rappresentare riunione giuristi. Ho risposto accettando ed informando che nostro giurista sarà Londra martedì primo settembre, riunione essendo stata prorogata di un giorno appunto per rendere possibile presenza giurista italiano.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL REGGENTE LA LEGAZIONE AD ATENE, DE FACENDIS

T. GAB. (P. R.) PRECEDENZA ASSOLUTA 229. Roma, 31 agosto 1925, ore 19.

Giungerà Pireo martedì con piroscafo «Marechiaro » S. E. Cantalupo, sottosegretario di stato Colonie. Voglia recarsi a bordo al suo arrivo e gli comunichi a mio nome che ritengo sua presenza Atene, anche per breve tempo e in forma privata, assolutamente inopportuna, per ragioni di politica generale e per la delicatezza estrema della situazione italo-greca (3),

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. P. 1676/fi~5. Parigi, 31 agosto 1925, ore 21,05 (per. ore 7 dell'l settembre).

Giunto stamane ho preso conoscenza dell'ultima decisione di V. E. per la partecipazione dell'Italia al convegno dei giuristi a Londra. Non ho creduto opportuno di vedere Briand prima della sua partenza per Ginevra avvenuta in questo pomeriggio poichè egli certamente avrebbe portato il discorso sull'offerta

ripetuta a Summonte (telegrammi 606 e 611 di Summonte) (l) di garantire la

frontiera del Brennero e quella dell'Austria. Poichè è da prevedere che uguale accenno egli farà a S. E. Grandi, qualora V. E. ritenga conveniente di inviare al sottosegretario di stato istruzioni per sua norma di linguaggio, le sarò grato di darmene comunicazione. Se S. E. Grandi fosse da V. E. autorizzato pal1lare di tale argomento potrebbe forse riuscire utile (data anche la presenza di Painlevé Ginevra) che ·egli sia messo al corrente, se non lo è già... [manca] quale si presentava nei primi colloqui da me avuti ·col presidente del consiglio, con Briand oltre che con De Monzie e Caillaux (miei telegrammi 308/97, 327/106, 336/110 e 365/123) (2).

Così come si presenta la situazione (specialmente nel caso ormai probabile della conclusione del patto di garanzia) è da considerare se non convenga servirei della Francia per risolvere i maggiori problemi ·che ci interessano in Europa e fuori. Si tratta di un apprezzamento di politica contingente che non implica in nessun modo l'insinuazione storica [sic].

(l) -Il tel. fu comunicato anche a Parigi. (2) -Trasmesso il 20, ore 20,01. (3) -La minuta è di pugno di Mussolini.
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IL MINISTRO A VARSAVIA, MAJONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 3017/76. Varsavia, 4 settembre 1925, ore 19,43 (per. ore 3 del 5).

Telegramma di V. E. n. 2197 (3).

Per dare maggior rilievo nostre rimostranze ho creduto opportuno conferire

con presidente del consiglio che ho visto oggi stesso. Dopo avergli comunicato

integralmente il contenuto del telegramma, ho aggiunto che, da parte nostra,

nonostante tale trattamento, continuiamo a dare prove di buone disposizioni con

l'acquisto fra l'altro, del carbone polacco. Presidente del consiglio ha ·convenuto

essere interesse della Polonia usare speciali riguardi all'Italia oltre che per

ragioni economiche anche per ragioni politiche data linea di condotta indipen

dente seguita da V. E. ·e che torna indirettamente a vantaggio stati minori pre

muti da potenze occidentali (ciò riferisco avendo presidente del consiglio insi

stito su tale punto). Egli mi ha assicurato che influirà presso ministro del com

mercio perchè nostre richieste siano soddisfatte nei maggiori limiti possibili

date gravissime condizioni economiche finanziarie attuali. Mi ha richiesto discu

tere dettagli con il ministro del commercio che vedrò lunedì partendo egli di

qua oggi.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. CONF. 1744/3. Ginevra, 8 settembre 1925, ore 9 (per. ore 12).

Decifri Ella stessa. Ho avuto stasera colloquio con Chamberlain che si è intrattenuto meco cordialmente. Durante conversazione ho approfittato sue parole cortesi di saluto

autorità polacche.

per rispondere che speravo contraccambiarlo quanto prima in Italia. In tal modo Chamberlain stesso è entrato in argomento patto di garanzia e prossimo convegno ministri alleati e germanico. Mi ha espresso francamente suo desiderio che incontro ministri di Francia, Inghilterra, Germania, Italia, avesse luogo Inghilterra e precisamente Londra. Rendendosi ·Conto tuttavia altre difficoltà aveva aderito proposta incontro paese neutrale. Opinione pubblica inglese rimarrebbe male impressionata qualora riunione avesse luogo paese alleato che non fosse Inghilterra ove idea patto sicurezza fu dapprima concepito e maturato. Chamberlain ha dichiarato desiderare vivamente partecipazione convegno V. E. e per questo è disposto proporre all'uopo località Svizzera vicinissima nostra frontiera ad ·esempio Briga Locarno o Lugano onde rendere quanto più agevole intervento partecipazione onorevole Mussolini. Ho ancora insistito accennando senza pesare troppo al fatto che convegno in Italia avrebbe forse contribuito a richiamare attenzione benevola dell'opinione pubblica italiana sul patto renano. Il presente telegramma continua.

(l) -Cfr. nn. 111 e 112. (2) -Cfr. Serie VII, vol. III, nn. 829, 842 e 845 e n. 11 di questo volume. (3) -T. s. 2197, trasmesso il 3, ore 24, relativo alle restrizioni sulle importazioni poste dalle
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. CONF. 1745/4. Ginevra, 8 settembre 1925, ore 9 (per. ore 10,45).

Il presente telegramma continua con il numero di protocollo precedente.

Decifri Ella stessa.

Chamberla~n ha controbattuto con tono cortese essere sufficiente volontà Mussolini per rendere qualsiasi cosa popolare in Italia. Ho risposto non ritenevo tuttavia come definitivo suo punto di vista.

Pure non nascondendo grande difficoltà, mi permetto insistere ancora sull'opportunità di una nostra immediata azione a Berlino. Ove Stresemann mostrasse palesemente desiderio convegno avesse luogo in Italia, sarebbe forse possibile riprendere conversazione Chamberlain. Non sarebbe forse impossibile anche eventuale appoggio Briand. Per quanto riguarda nostra azione qui, pur continuando sorveglianza attenta, non ritengo utile riprendere conversazioni sopra noto argomento con Chamberlain e Briand fintantochè non saranno eventualmente giunte notizie da Berlino o comunque siano passati alcuni giorni.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. 1037. Roma, 14 settembre 1925, ore 9.

Mi riferisco al suo telegramma n. 625 (l) relativo all'offerta di Briand di garantire la frontiera del Brennero e quella dell'Austria. Ho avuto altra volta occasione di far presente (mio telegramma gabinetto

n. 495 del 6 giugno) (2), come, chiariti i termini ed i limiti della questione, non sia dubbio che l'unione dell'Austria alla Germania che costituisce un pericolo per

IO -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. IV

se stessa, sia molto meno grave per l'Italia che per la Francia. Pure essendo evidente il grandissimo e diretto interesse che noi vi portiamo, la questione riveste infatti per la sicurezza della Francia un carattere assolutamente essenziale a causa dell'aumento di potenzialità che l'annessione determinerebbe da parte del Reich e della preponderanza che gli assicurerebbe nel conflitto storico fondamentale con la Francia. Non si può quindi parlare di una offerta di garanzia della Francia all'Italia, nel senso in cui si parla di una offerta di garanzia inglese, in quanto in questo caso sarebbe l'Italia che darebbe proporzionalmente molto più di quello che riceve.

Precisato questo punto di fondamentale importanza sul quale non può esservi dubbio o equivoco, sarebbe interessante di conoscere preventivamente se Briand contemplerebbe la conclusione di un patto di garanzia per l'Austria, con la partecipazione della Germania, o al di fuori di essa. Per &Ua personale conoscenza aggiungo che m'interesserebbe pure di conoscere in modo determinato con riferimento all'ultima parte del suo telegramma n. 625 come, a di lei avviso, potremmo servirei della Francia per risolvere i maggiori problemi che ci interessano in Europa e fuori, e quali a suo giudizio i problemi in cui potremmo avere l'aiuto della Francia.

Sembrami superfluo raccomandare a V. E. la massima prudenza nel racco· gliere, se necessario, informazioni sugli argomenti di cui trattasi per evitare almeno per ora di dar costì l'impressione di un inizio di conversazione in proposito (1).

(l) -Cfr. n. 116. (2) -Recte 8 giugno, cfr. n. 21.
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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, SUMMONTE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) 564/269. Parigi, 15 settembre 1925 (per. il 26) (2).

Teleg,ramma di V. E. n. 9434 del 4 corrente (3).

Le informazioni raccolte e segnalate dal R. console generale a Zurigo, circa incontro che sarebbe avvenuto fra Briand e Nitti a Parigi, non risultano confermate.

Discrete indagini fatte presso l'« entourage » del ministro degli affari esteri, escludono in modo assoluto che l'on. Nitti sia stato ricevuto da Briand al Quai d'Orsay o nella sua abitazione privata.

L'altra ipotesi di un incontro cioè presso una terza persona, o in qualche dintorno di Parigi, è pure da scartare non solo per il carattere leale di Briand, che non si presta a certe manovre, ma anche perchè l'attuale ministro degli esteri francese, che è animato da sentimenti di vera amicizia ed ammirazione per l'E. V., segue con simpatia l'attività del Governo nazionale in Italia.

Confermo, d'altra parte, che durante il suo ultimo soggiorno a Parigi l'on. Nitti ha visto due volte Herriot in casa della sign<>ra Ménard-Dorian (che offre ospitalità ai più noti avversari: del fascismo) ed una volta Vandervelde (1).

(l) Cfr. una relazione di Giannini, segretario generale del Contenzioso Diplomatico a Mussolini sul Patto di garanzia, del 12 settembre: parere contrario a che l'Italia ponga' la questione della garanzia del Brennero per aderire al Patto. Giannini sosteneva invece l'opportunità che la Francia, seguita dall'Italia, prendesse l'iniziativa di garantire le frontiere orientali tedesche. Sosteneva pure l'opportunità per l'Italia di aderire al patto. Analogo parerefavorevole alla adesione al Patto, in una relazione in pari data a Mussolini di Sandicchi.

(2) Sic.

(3) Non pubblicato.

122

PROMEMORIA (2)

17 settembre 1925, ore 13.

Con la trasmissione della relazione del 12 corr. (3) intorno alla Ferrovia Ghevgheli-Salonicco ed alle relazioni greco-jugoslave il R. Ministero è stato messo in grado di prendere una decisione sull'atteggiamento italiano nella questione.

In presenza, tuttavia, dell'attività rivelata dalla campagna della stampa rumena per una sollecita rinnovazione dell'alleanza greco-S.C.S., di cui -come si è visto -è premessa assoluta per il Governo S.C.S. la fav<>revole risoluzione per la vertenza per la ferrovia, sembra opportuno fare senza ritardo qualche sondaggio sull'argomento presso i due Governi interessati, per evitare che, nell'ignoranza da parte nostra dei risultati degli evidenti contatti fra gli uomini di Governo balcanici, le cose possano prendere un andamento irreparabilmente contrario ai nostri interessi.

Come emerge da quanto è stato fin qui esposto, nonchè dalle segnalazioni pervenute da Roma, la Rumania e la Grecia mirano con una politica attiva a realizzare l'allargamento dei legami fra gli Stati vincitori della Penisola Balcanica pel mantenimento dello statu quo. La Grecia vorrebbe probabilmente conseguire risultati anche maggiori mediante un patto balcanico capace di metterla in qualche modo al coperto anche da un'aggressione jugoslava.

Il nostro evidente interesse è di manteneìl'e per quanto possibile la situazione attuale per la quale tanto il Regno S.C.S., formalmente legato alla nostra politica, quanto la Grecia, recentemente orientatasi verso una politica di amicizia con l'Italia, gravitino separatamente e indipendentemente l'una dall'altra verso il nostro Paese.

Il patto balcanico costituisce il pericolo di una coalizione serbo-greca che, a cominciare dall'Albania ed estendendosi a partire dall'Adriatico a tutta la nostra influenza orientale marittima e terrestre minaccerebbe gravemente i nostri interessi, e non mancherebbe di gravitare fatalmente verso la Francia o l'Inghilterra, come notevole fattore di contrapposizione all'Italia nel Mediterraneo.

Il mezzo più efficace per cercare di sventare la realizzazione di quest'aggruppamento sembra possa essere un amichevole intervento italiano per la composizione del dissidio greco-jugoslavo.

Le nostre cordiali relazioni col Regno S.C.S. confermate dalle ultime dichiarazioni di Nincic potrebbero -in occasione della restituzione della visita dare l'occasione ad un accenno per fissare i seguenti punti:

l) L'Italia, alleata del Regno S.C.S., si rende conto dell'interesse jugoslavo ad uno sbocco a Salonicco, tendenza perfettamente conforme alla politica consacrata dal patto d'amicizia, in osservanza del quale essa è pronta ad appoggiare il Governo S.C.S.

2) Il Governo italiano, convinto che ad ogni intervento di organi internazionali non aventi alcun interesse nella organizzazione della ferrovia sia da preferire una diretta intesa fra le Parti, facilitata, tutt'al più da un amichevole compositore capace di assicurare realmente una funzione conciliatrice, offre i suoi buoni uffici per una soluzione soddisfacente dichiarandosi anche disposta a partecipare ad una amministrazione internazionale della ferrovia nella misura del 20 %, gli altri 80/100 essendo attribuiti pel 40 % alla Grecia e pel 40 % al Regno S.C.S.

3) In uno spirito di leale e confidenziale franchezza il Governo italiano deve dichiarare al Governo amico dei S.C.S. che esso non potrebbe considerare come un atto amichevole da parte jugoslava il chiamare nella gestione della ferrovia interessi francesi, non potendo ammettere in una zona tanto più vicina ai propri interessi e di cosi diretta ripercussione su di essi un intervento della Francia ad esclusione dell'Italia. E pertanto il R. Governo confida che il Governo S.C.S., riconoscendo il fondamento di tale punto di vista, che corrisponde anche ai propri interessi, vorrà dare affidamento che l'ipotesi della partecipazione francese verrà da esso senz'altro esclusa.

4) Il governo italiano ritiene che sia più rispondente agli interessi S.C.S. ed ai patti politici esistenti un'accessione della Grecia ai trattati della Piccola Intesa pel mantenimento del trattato di Neuilly anzichè un nuovo patto balcanico che limiterebbe la libertà d'azione del Regno S.C.S., ed in tal senso non è alieno dal prestare la propria cooperazione.

Alla apertura del Governo greco occorrerebbe del pari rispondere senza indugio fermando i seguenti punti:

l) L'Italia è disposta a facilitare un accordo diretto della Grecia col Regno S.C.S. per la questione della ferrovia ed in quanto la sua presenza possa essere elemento di conciliazione è pronta a partecipare alla gestione [della] ferrovia stessa nella misura che sarebbe stata riservata alla Francia.

2) In uno spirito di cordiale disposizione ad instaurare una politica d'amiCIZia con la Grecia, il Governo italiano deve fare osservare al Governo ellenico che la partecipazione della Francia dietro invito della Grecia e ad esclusione dell'Italia ad una grande impresa ferroviaria internazionale tanto più vicina ecc. ecc. agli interessi italiani (secondo le medesime considerazioni di cui al precedente n. 3) non potrebbe non apparire all'Italia come un atto in piena contraddizione ·coi manifestati propositi di amicizia della Grecia cui, in tal caso, l'Italia non potrebbe più prestare il suo benevolo appoggio come sopra è detto.

3) Qualora il Governo ellenico dimostrasse ·che l'intervento francese è desiderato e provocato dal Governo S.C.S. contro un effettivo sforzo della Grecia per evitarlo in uno spirito di amichevole condiscendenza verso le giuste consi

derazioni italiane, il R. Governo, per dimostrare al Governo ellenico i suoi amichevoli intendimenti appoggerebbe una eventuale proposta greca per un deferimento della questione alla S.d.N. con l'intesa tuttavia che in qualsiasi forma di gestione internazionale che fosse proposta dalla S.d.N., l'Italia debba in ogni caso avere una partecipazione diretta sempre che la gestione comprenda rappresentanti di terzi Stati oltre le due Parti in causa.

L'azione diplomatica qui proposta presuppone un'autorizzazione dal Governo per la parte finanziaria, per cui occorrerebbe inviare con urgenza assoluta il telegramma secondo l'accluso progetto (1).

(l) -Non si pubblica una scheda di informazioni sulla Ménard-Dorian. (2) -L'autore e il destinatario sono anonimi. Ma la relazione del 12 settembre, cui si fa riferimento nel testo, è firmata da Guido Rocco, esperto presso la delegazione a Ginevra, e indirizzata allo Scialoja, capo della delegazione stessa. (3) -Non pubblicata.
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 1797/47. Ginevra, 17 settembre 1925, ore 18 (per. ore 22). Ho avuto lungo colloquio con ministro affari esteri di Grecia. Egli mi ha confermato volenterosi propositi di collaborazione e di buone relazioni con l'Italia. Rentis mi ha parlato della Turchia manifestando opinione che l'attuale regime non abbia stabilità, ed ha tenuto a marcare le intenzioni di un'intesa tra l'Italia e la Grecia per l'eventualità di complicazioni turche capaci di determinare la necessità dell'intervento dei nostri due paesi per la tutela dei loro interessi. Per quanto concerne i rapporti greco-jugoslavi non mi ha nascosto le difficoltà che il suo Governo attraversa per la questione della ferrovia di Saloni:cco; egli però confida di giungere ad un accordo essendo i rapporti tra i due paesi notevolmente migliorati grazie anche ai contatti avuti dai rispettivi uomini di Governo a Ginevra. Circa le relazioni greco jugoslave gli ho detto che noi pur essendo animati dal proposito di realizzare una politica di amicizia con la Grecia non potremmo svolgerla che mantenendo una linea di perfetta lealtà col regno S.H.S., in conformità del patto di amicizia che ci lega. Rentis si è affrettato a convenire pienamente. Ho manifestato a Rentis la soddisfazione nostro Governo sulle ultime for

niture di armi, concesse all'Italia, ed egli mi ha dichiarato che la Grecia spera di avviare le nostre relazioni commerciali ad uno sviluppo sempre maggiore.

(l) Non pubblicato.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 1796/44. Ginevra, 17 settembre 1925, ore 19,35 (per. ore 23).

Benes mi ha ieri invitato a colazione intima. Dopo avermi lungamente intrattenuto su argomenti generali, è entrato discorso Anschluss dichiarandomi non ritenere da un lato che movimento annessionista possa raggiungere almeno per ora risultati ma di non dissimularsi tuttavia gravità problema che potrebbe in prossimo avvenire compromettere in modo irrimediabile attuale equilibrio stati danubiani e costituire causa di nuova guerra. Benes aggiunge che mediante annessione a .cui Ungheria non potrebbe rimanere lungo tempo estranea, Germania acquisterebbe dominio assoluto sopra massima parte regione del Danubio. Benes ha affermato essere deciso ad ostacolare con ogni mezzo Anschluss ed ha lanciato l'idea di un accordo tra Italia Cecoslovacchia e Jugoslavia per difesa comuni interessi e mantenimento dello statu quo Austria. Gli ho fatto presente che esclusione Austria renderebbe praticamente inefficace intesa da lui progettata. Benes ha convenuto circa necessità partecipazione Austria. Ha inoltre espresso intenzione desiderio che nell'occasione prossima conferenza patto ;renano venga maturata fra paesi interessati anche idea patto danubiano. È mio avviso personale che in linea generale idea, sia pure inspirata da disappunto Cecoslovacchia verso la Francia per esclusione patto sicurezza, sia meritevole di esser presa in attento esame.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, A GINEVRA

T. GAB. 1052. Roma, 18 settembre 1925, ore 24. Suo telegramma di gabinetto n. 43 (1).

Ritengo opportuno farle presente quanto risulta a questo ministero sulla questione della ferrovia Ghevgheli-Salonicco. Secondo notizie pervenute dalla

R. legazione ad Atene il Governo greco sarebbe stato favorevole ad affidare esercizio nota ferrovia a società francese «che assicurasse alla Jugoslavia piena libertà di traffico verso Salonicco e fosse ad un tempo garante del mandato che le verrebbe affidato». Governo jugoslavo non avrebbe accettato ed avrebbe a sua volta proposto costituzione società con 40 % greco, 40 % jugoslavo e 20 % francese, proposta che Rentis avrebbe dichiarato a De Facendis essere inaccettabile (2).

Prego telegrafarmi chiarimento per potere esaminare la portata finanziaria della nostra eventuale partecipazione alla quale sarei favorevole e per poterle dare precise istruzioni.

(l) -Con il t. gab. s. nn. 1792/43, spedito da Ginevra il 17 settembre 1925, alle ore 19,35 e pervenuto alle ore 22, non pubblicato, Grandi chiedeva l'autorizzazione ad offrire la partecipazione italiana alla gestione della ferrovia Ghevgheli-Salonicco. Cfr. n. 122. (2) -Cfr. n. 105.
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 1815/274. Parigi (1), 18 settembre 1925 (per. H 21).

Telegramma per corriere di V. E. n. 1037 del 14 corrente (2).

Le mie condizioni di salute non mi hanno permesso di vedere il signor Briand durante la sua breve permanenza a Parigi, per precisare in quale senso egli concepisca un patto di garanzia tra la Francia e l'Italia relativo all'indipendenza dell'Austria.

Convengo nelle osservazioni che V. E. mi ha fatto sulla differenza che correrebbe fra il patto di garanzia inglese e quello francese.

D'altra parte, è difficile commisurare quale delle due nazioni (Italia e Francia) abbia maggiore interesse ad impedire l'annessione dell'Austria all'impero germanico, giacchè tanto l'una che l'altra dovrebbero finire per ammettere il fatto compiuto che si verificherebbe molto probabilmente in caso di divergenza tra di loro.

Già in Francia molti ritengono l'annessione inevitabile e presto non vi si troverà praticamente nessuno disposto a ricorrere fino alla guerra p:er impedirla, mentre si cercherebbe piuttosto di negoziare anche questa questione negli accordi di assestamento generale dell'Europa.

Come V. E. ricorderà, era stata mia prima impressione, quando Briand mi accennò al patto che garantisse l'indipendenza austriaca, che esso non avrebbe potuto aver luogo che con la partecipazione della Germania, formando un secondo aggruppamento di patti di gavanzia e di arbitraggio per l'Europa centrale analogo a quanto si prospettava allora per il patto renano ed accessori.

Briand si mostrò in principio favorevole. Senonchè, mentre non credo sia mutato il pensiero del Governo francese a taLe riguardo, da altre conversazioni, che ho riferito a suo tempo a V. E., ,con questo ambasciatore di Germania, ho tratto la ·convinzione che in nessun caso la Germania ripeterebbe in un atto internazionale la sua formale rinunzia ad annettersi l'Austria.

Negli attuali termini della situazione generale, se il Governo italiano >ritenesse di doversi prevalere delle disposizioni tuttora esistenti nel Governo francese rontro l'annessione austriaca, credo che la formula meno impegnativa sarebbe quella di una dichiarazione identica da farsi in seno alla conferenza dall'Italia e dalla Francia.

Ma V. E. mi vorrà permettere di 'ritornare su tutta questa materia tra qualche giorno, dopo che avrò potuto riprendere gli abituali contatti con Briand e Berthelot.

Il concetto, poi, cui s'ispira il mio telegramma n. 625 del 31 agosto (3), è che i vari patti di sicurezza, renano od altri, benchè abbiano contenuto assai scarso per quanto riguarda il concetto di garanzia, rappresentano però un grosso tentativo di una nuova politica dell'Europa allo scopo di risolvere d'accordo tutti i

<l) Ma il documento fu redatto a Chartres. Cfr. n. 129.

principali problemi che possono essere causa di frizione tra i principali stati che la compongono.

Ritengo che se noi ne restassimo fuori e non facessimo parte, non solo del patto renano, ma anche di tutte le altre eventuali combinazioni, ci troveremmo in margine di questo grande consiglio europeo, in una situazione non scevra di pericolo, sia pure per il sospetto che non mancherebbe di far nascere questo atteggiamento riservato di una grande nazione espansionista e guerriera come l'Italia.

Tra le altre, la questione coloniale e quella di Tunisi sarebbero probabilmente risolte senza tener conto dei nostri interessi e senza opposizione da parte inglese. Queste erano le importanti questioni alle quali alludevo nel mio telegramma n. 625 e che a mio avviso potrebbero invece trovare conveniente esito qualora si costituisse, per l'Europa centrale, tra Francia ·e Italia, un patto, sia pure vago, ma che dando affidamento dei sentimenti di amicizia reciproca dei due paesi, potrebbe indurre anche la Francia ad assumere preventivamente degli impegni precisi sulle predette questioni e su quelle altre di carattere economico, di materie prime e di espansione verso l'Oriente, che possono interessare il nostro avvenire economico ed industriale.

(2) -Cfr. n. 120. (3) -Cfr. n. 116.
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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, AURITI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE S. 1842 (1). Vienna, 19 settembre 1925 (per. il 22).

Mataja mi ha incaricato ripetere al R. Governo e al senatore Scialoja sua viva riconoscenza per Ginevra. Mi ha assicurato che Governo austriaco avrà maggioranza parlamento e che opposizione chiede solo occasione poter fare qualche discorso di protesta dopo di che rimarrà tranquilla. Ha aggiunto non doversi dare troppa importanza alle critiche di questa stampa che è tutta di «sensibilità semitica». Mi ha confermato suo disappunto per contegno Benès e suo desiderio più stretti legami con l'Italia.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, LANZA DI SCALEA

L. 238011/432 (2). Roma, 21 settembre 1925.

Condivido le preoccupazioni da te espostemi colla lettera del 23 agosto scorso (3), che •l'attuale atteggiamento di Saied Id:ris e specialmente la sua intenzione di recarsi in Palestina possano essere interpretati come indizi di sue velleità di prendere una parte più attiva alle odierne agitazioni del mondo islamico e quindi per lo meno di condurre con minore interesse le ·conversazioni fin qui avute con noi circa la possibilità di un accordo tra l'Italia e la Senussia.

(lJ Ilianca il numero di protocollo particolare.

Tu conosci quale è il miÒ pensiero circa un tale accordo cui non credo si debba addivenire se non a condizioni per noi indubbiamente molto vantaggiose e con assoluta garanzia che esso rappresenti in sostanza una seria e leale sottomissione da parte della Senussia, in modo che non riesca a quest'ultima possibile di riprendere facilmente la sua politica a noi ostile e d venga invece saldamente rafforzato il possesso indiscusso delle nostre colonie mediterranee.

Ma io penso pure, che, se questo è lo scopo cui dobbiamo tendere e se dobbiamo usare la massima prudenza e fermezza prima di concludere delle intese che poi potrebbero riuscire o vane o dannose, non vi è dubbio d'altra parte che in questo momento convenga non interrompere le trattative con la Senussia, anzi che si debba mantenerle vive, facendo di tutto per evitare che Saied Idris abbia ad avere l'impressione di una cattiva volontà da parte nostra e quindi pensi di allontanarsi dall'Egitto.

Mi sembra logico che ciò noi dobbiamo fare almeno fino a quando non verranno concluse le trattative per Giarabub, perchè ove Saied Idris sia mantenuto nel convincimento di poter giungere ad un soddisfacente accordo con noi, è più probabile che egli non adoperi tanto la sua influenza presso il Governo egiziano e gli elementi beduini in Egitto per indurii a non soddisfare le nostre richieste circa il confine cirenaico. Anzi egli potrebbe anche essere indotto dal suo personale interesse ad avere almeno indirettamente un atteggiamento a noi favorevole per la questione di Giarabub.

V. E. potrà quindi fino a quando non cambieranno le attuali condizioni politiche disporre perchè le trattative con Saied Idris siano convenientemente continuate senza però ·giungere ad una conclusione definitiva, in modo che esse si svolgano quasi parallelamente alle trattative con l'Egitto per la questione confinaria.

A ciò potrà giovare il fare sapere a Saied Idris che il suo allontanamento dall'Egitto potrebbe essere interpretato come indizio di una seria intenzione di voler cambiare contegno verso di noi, mentre da parte nostra si intende provvedere per una ripresa delle conversazioni.

V. E. giudicherà poi nella sua speciale competenza quale sia il modo migliore perchè tali conversazioni abbiano luogo con la dovuta ckcospezione allo scopo di giovare anzichè nuocere alle nostre imminenti trattative con l'Egitto.

(2) -Come risulta dal testo (che inizia col «tu» e termina con «V. E. •) quesa non è la minuta definitiva. (3) -Spedita da Napoli, non pubblicata.
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

~-=-~

T. PER CORRIERE 673/278. Parigi, 23 settembre 1925. Rientrato a Parigi, ho preso visione della situazione politica generale quale si è svolta durante il tempo in cui ero stato costretto a rimanere a Chartres.

Ritengo quindi opportuno tornare sull'argomento oggetto del mio telegramma n. 666/274 del 18 corrente, redatto da quella città (1).

In primo luogo, salvo il superiore giudizio di V. E., mi pare che difficilmente possa convenire all'Italia di non aderire al Patto occidentale. Questo, fondato sulla rinunzia della Germania all'Alsazia e alla Lorena, consiste, nella forma in cui si presenta, in un patto fra Germania, Belgio e Francia sotto la garanzia dell'Inghilterra e dell'Italia. Mentre così il nostro paese assumerebbe una posizione di particolare importanza nel consesso europeo, si troverebbe a compiere un atto ·Conforme alla sua politica d'intesa con l'Inghilterra, e tutt'altro che ostile alla Germania, la quale ci ha ripetutamente richiesto di aderirvi.

D'altra parte, se -come sembra -occorrerà l'unanimità del Consiglio per decidere l'applicazione del Patto, rimaiTebbe sempre aperta l'opportunità di negoziare in quel momento il peso dell'intervento italiano; negoziato che oggi, per ovvie ragioni, non è possibile. Del resto, qualunque fossero gli impegni che si assumessero oggi, nessuna Nazione potrebbe mai ·eseguirli senza una conveniente motivazione verso la propria opinione pubblica. Che se poi il R. Governo volesse premunirsi fin da oggi anche maggiormente, non credo che gli Alleati sarebbero alieni dal consentire a una formola attenuatrice della garanzia italiana, ciò che però andrebbe a detrimento della posizione dell'Italia tra i contraenti.

Se il patto occidentale fosse concluso nelle condizioni che si prevedono e se fossero anche stretti fra Oecoslovacchia, Polonia e Germania quei trattati di arbitraggio per i quali esistono già principi di negoziati, rimarrebbe soltanto aperta, quasi a campo libero riservato alla Germania in premio delle sue condiscendenze, la questione dell'annessione dell'Austria al Reich.

È qui dove mi sembra possa prendere opportunamente posto un negoziato franco-italiano per un'intesa diretta a far conoscere che le due Nazioni considerano come pericoloso per la pace dell'Europa e per i loro interessi vitali, qualsiasi tentativo di Anschluss e che perciò, nel caso in cui tale pericolo apparisse, essi s'impegnano a prendere d'accordo le misure necessarie per ovviare, d'intesa con gli Alleati e coi propri mezzi, a tale eventualità.

Questa formola può essere naturalmente attenuata o rinforzata secondo i concetti del R. Governo in proposito.

Tale proposta di accordo, non dovrebbe, nel mio concetto, in ogni caso, essere sottoposta alla Francia che contro impegno da parte sua di risolvere la questione di Tunisi, forse anche quella di Tangeri (benchè vuota di valore pratico) e sopra tutto di unire i suoi sforzi ai nostri per una revisione della situazione coloniale africana in favore dell'Italia.

Nel porre in questi termini la questione farei osservare a Briand che l'ac

cordo franco-italiano per l'Austria avrebbe un valore assai maggiore di quello

che possa parere a prima vista, mettendolo sopra tutto in relazione con la nostra

adesione al patto renano. Per cui l'Italia, pur trattandosi di un argomento che

tanto le sta a cuore, come quello austriaco, non potrebbe entrare in una combi

nazione con la Francia se non a condizione di poter avere davanti a sè una

normale politica di espansione priva di attriti con la Francia stessa.

(l) Cfr. n. 126.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1864/678. Parigi, 25 settembre 1925, ore 16 (per. ore 20). Miei telegrammi 666/274 e 673 (1). Da una conversazione avuta stamane con Briand per presentire con la dovuta precauzione il pensiero del Governo francese sull'eventualità che quello italiano credesse di poter addivenire ad un accordo per l'Austria, ho potuto convincermi ·che anche Briand è d'avviso che la formula dell'accordo potrebbe concretarsi in una dichiarazione con cui le due nazioni si impegnano a non permettere nessuna modificazione allo statu quo e di prendere, all'occorrenza, di comune intesa le intelligenze dettate dalla situazione. Tale accordo sarebbe naturalmente indipendente dal patto renano al quale l'Italia eventualmente aderirebbe insieme all'Inghilterra come garante dal patto stesso. Briand ha poi spontaneamente aggiunto che in caso di un simile accordo il Governo francese comprendeva bene la necessità di eliminare qualsiasi causa di attrito fra i due stati e che perciò rivedrebbe la questione di Tunisi in modo da soddisfare opinione pubblica italiana. Anche per Tangeri Briand ha assicurato che il Governo francese avrebbe riesaminato la questione con lo spirito più amichevole facendo però presente che la Francia non era sola a decidere. Cir.ca la questione dei mandati ·coloniali africani Briand ha detto che si rendeva esatto conto dei bisogni dell'Italia e che non aveva dimenticato le assicurazioni datemi in proposito qualche mese addietro. Ha aggiunto che era pronto ad impegnarsi a difendere la nostra .causa ed ha detto anche che ove prendessero consistenza le notizie apparse di recente in alcuni giornali di retrocessione del mandato inglese sui territori del Togo e del Camerun alla Germania, questa sarebbe ·stata una occasione per far valere il buon diritto dell'Italia. L'appoggio della Francia si sarebbe

anche esteso nel caso che si presentasse occasione per l'Italia di acquisto di colonie portoghesi.

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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 1887/426. Belgrado, 27 settembre 1925, ore 16,30 (per. ore 20,13). Questo ministro aggiunto degli affari esteri è venuto ·a dirmi di avere avuto vaga notizia che qualche unità della nostra flotta sarebbesi da Zara recata sul litorale dalmata per rendere onore ai sovrani jugoslavi al loro passaggio. Il signor Markovich mi ha pregato in via confidenziale di ringraziare il Governo del re di tale atto ma ha soggiunto che poichè S. M. vuole dare al

suo viaggio una impronta di manifestazione assolutamente interna (sic) questo ministro degli affari esteri pregherebbe non inviare dette navi.

Il signor Markovich ha soggiunto che S. M. il re Alessandro sarebbe stato informato subito di questo passo del Ministero degli affari esteri. Ho risposto che non mi risultava dell'invio di navi in Dalmazia e che ad ogni modo avrei riferito a V. E.

(l) Cfr. nn. 126 e 129.

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IL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1903/68. Ginevra, 28 settembre 1925, ore 11,20 (per. ore 22).

Rispondo telegramma di V. E. 1092 (1).

Confermo le osservazioni sostanziali già contenute nei miei telegrammi relativi alle ·conferenze con Briand e Chamberlain. Il progetto del patto di garanzia prevede le possibili aggressioni sotto duplice forma: da un lato per quanto riguarda la zona renana demilitarizzata dall'altro qualunque attacco, invasione od atti di guerra in genere. Ora si presenta come relativamente facile l'apprezzare se vi fu aggressione non provocata nel primo caso, non così nel secondo. Il progetto non sembra tener conto del fatto •Che le rfuture guerre si combatteranno sempre più largamente con apparecchi aerei o con sottomarini. Avvenuto uno scontro aereo sarà estremamente difficile •stabilire quale delle due parti abbia per prima attaccata l'altra, gli elementi di riferimento o di controllo che si adottano in caso di scontri terrestri mancheranno del tutto. Ove però mi si ·chiedesse se questa lacuna del progetto può essere ·colmata dovrei rispondere che non ne vedo il modo: intendo solo mettere in rilievo che il giuoco dell'a.rticolo 4 del progetto (2), tanto come dconoscimento spontaneo da più di un garante che vi è flagrante aggressione, quanto come giudizio da parte del Consiglio della Società delle Nazioni, sarà assai mal sicuro fuorchè nell'ipotesi di violazione della zona demilitarizzata. In sostanza ciò può diminuire le possibilità di intervento dei garanti. Indipendentemente da questo punto ritengo sempre che la questione della nostra adesione al patto debba porsi così: una nostra eventuale azione in favore di una delle potenze garantite dev'essere considerata come partecipazione alla guerra nel senso più completo, quindi anche con mezzi militari. Ma per decidere della convenienza di un impegno di tale estensione, occorre tener presente come del resto risulta anche dai rapporti di Pillotti:

-che i casi di guerra per motivi attinenti alle relazioni dirette ed immediate tra Belgio, Francia e Germania non saranno presumibilmente frequenti;

-che l'azione del garante potrà esercitarsi secondo i casi tanto a favore della Francia e del Belgio quanto a favore della Germania;

-che il garante è libero di apprezzare a suo criterio la flagranza dell'aggressione, di attendere la decisione del Consiglio della Società delle Nazioni, conservando in questa seconda ipotesi il proprio voto nel Consiglio, voto

necessario perchè la decisione raccolga l'unanimità richiesta dal patto della Società delle Nazioni; -che la nostra adesione viene invocata sia dalla Francia che dalla Germania;

-che al nostro impegno corrisponderebbe senza dubbio un aumento del nostro prestigio, e che, non aderendo, noi rimarremmo estranei al nuovo assetto del concerto europeo che al patto di garanzia necessariamente seguirà.

Date queste circostanze ritengo che, qualora non si voglia iniziare una politica estera di raccoglimento e di isolamento, sia per noi più vantaggioso aderire al patto che il restarne fuori.

Ritengo poi tecnicamente impossibile inserire nel progetto di patto quale esso è concepito disposizioni relative alle nostre frontiere o all'integrità dell'Austria. Sarebbe possibile concludere a parte, con qualcuna delle altre potenze firmatarie, accordi speciali: ma in tale caso il valore obiettivo della garanzia verrebbe scosso e il vantaggio dell'aumento di prestigio andrebbe perduto.

Un accordo tra Italia e Francia limitato alla questione austriaca non potrebbe poi avere altro contenuto che quello di prevedere che i due governi debbano consultarsi fra loro e agire d'intesa per qualunque violazione degli articoli 80 del trattato di Versailles e 88 del trattato di Saint Germain: ma per tale azione comune non pare necessaria una speciale convenzione, dato che pur essendo grandissimo il nostro interesse, almeno pari sarebbe l'interesse della Francia.

Tutto ciò naturalmente non esclude che si possa profittare dell'occasione per ottenere dalla Francia una sistemazione di altri nostri interessi.

(l) -Trasmesso il 27, ore 21,30, non pubblicato: richiesta di un parere circa il progetto di patto di garanzia. (2) -11 testo definitivo del patto di garanzia, firmato il 16 ottobre 1925, in Trattati e convenzioni ecc., XXXV (1925), pp. 51-54.
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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1931/435. Belgrado, 29 settembre 1925, ore 23 (per. oTe 5)0 del 30). Mio telegramma gab. n. 430 (1). Il nuovo ministro di Grecia a Belgrado signor Polichroniades è giunto ieri. Stamane è subito venuto a vedermi e mi ha detto che teneva a farmi rimarcare che la prima sua visita era alla legazione d'Italia e ciò in seguito anche ad istruzioni del signor Rentis. Ha soggiunto che suo compito era di riprendere le conversazioni per un trattato di alleanza con questo paese appena Nincich fosse tornato e che il Governo greco era animato dalle migliori disposizioni per giungere ad una conclusione ma mi diceva subito che sulla questione della ferrovia di Salonicco la Grecia sarebbe stata assolutamente intransigente. Che piuttosto che cedere su questo punto il trattato non si sarebbe fatto e che i due paesi ,avrebbero potuto vivere da buoni vicini anche senza essere alleati. Ag

giungeva però che riteneva fosse altrettanto convenienza del regno S. H. S., che ha nemici su tutte le frontiere balcaniche, di essere stretto per alleanza colla

Grecia. Mi ha detto che mi avrebbe tenuto al corrente dell'andamento delle

trattative perchè contava sul nostro appoggio tenuto conto dello speciale in

teresse che ha l'Italia per tutte le questioni balcaniche.

Mi sono limitato a ringraziarlo della prova di fiducia che mi dava mentre

prendevo atto che mi avrebbe tenuto al corrente dell'andamento delle tratta

tive sulle quali avrei riferito a V. E.

Ho impressione che per avere tenuto un linguaggio così reciso sulla questione di Salonicco e dell'alleanza il Governo greco sente di potere contare in ogni circostanza su di un appoggio esteriore, mentre io penso che una alleanza tra la Grecia e la Jugoslavia rinforzerebbe la posizione di quest'ultima più di quanto sia necessario. II signor Polichroniades non potrà molto contare sulle influenze ellenicofile che circondano Pasich e Stoiadinovitch perchè si tratta di persone che appartengono al partito legittimista greco mentre il signor Polichroniades si è dichiarato apertamente repubblicano tanto che diede le dimissioni dalla carriera diplomatica al ritorno del re Costantino in Grecia.

(l) Non pubblicato.

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IL CONSOLE GENERALE A SPALATO, BARTOLUCCI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1955/299. Spalato, l ottobre 1925, ore 23 (pe1·. ore 11,30 del 2). Mio telegramma 298 (1). Ho telegrafato R. ministro Belgrado col n. 3863 quanto ,segue: « Mio telegramma 3859. Causa pioggta dirotta di martedì arrivo dei Sovrani Jugoslavi fu piuttosto freddo ma ieri popolazione cittadina riversata per le vie fece loro delle dimostrazioni abbastanza calorose. Notata quasi completa assenza della gente di campagna. Durante sfilata delle truppe, fu specialmente applaudita la Marina da Guerra anche perchè S. M. la sera innanzi in una allocuzione al popolo aveva detto: « che i Dalmati saranno anche in avvenire come lo sono stati fino ad ora fedeli custodi del nostro mare. Dietro di essi sta fermamente patria unificata». Durante dimostrazione qualche grido isolato ma molti applausi di «Evviva !stria Slava » ed altri simili [sic]. Associazione nazionalista «Madre Jugoslava» (una specie di Dante Alighieri) ha affisso un quarto manifesto di carattere irredentista nel quale però non figura altro è detto [sic] « ai nostri fratelli il cuore si dissecca perchè sono soffocati dalle catene straniere». Novodoba pubblica sotto il titolo «come vivono i nostri fratelli i:n !stria » un lungo articolo sui risultati congresso socialista Marsiglia con l'ordine del giorno sulle minoranze a noi violentemente

contrarie. In genere mi è sembrato che questo viaggio abbia assunto un'intonazione irredentista. Voluta esclusione dei consoli italiani da ogni cerimonia

-o ricevimento conferma mia opinione. Certo sarebbe stato pl'eferibile che avesse avuto luogo ad accordi di Nettuno ratificati. Ministero dell'Interno comunica che viaggio nel retroterra e nel nord Dalmazia fu sospeso per impre

scindibili necessità statali. Ormai è unanime opmwne che sospensione va attribuita volontà evitare nostra flotta nelle acque Zara. Il telegramma continua con numero successivo» (1).

(l) -T. gab. 1928/298, trasmesso il 29 settembre, ore 22, per. ore 2,30 del 30, non pubblicato.
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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

T. GAB. PER CORRIERE 1972/436. Belgrado, l ottobre 1925 (per. il 3).

Si è a me presentato il signor Sochitch proprietario del giornale di Belgrado Pravda e presidente dell'associazione della stampa della piccola intesa.

Egli mi ha detto essersi lungamente a Ginevra intrattenuto con V. E. sulla opportunità di una abile propaganda, per rendere popola,re nelle masse l'idea della necessità di una cordiale amicizia e collaborazione fra i due paesi, quale esiste già fra i due Governi di Roma e Belgrado, e quale la esperienza di questi due ultimi anni ha dimostrato indispensabile per la pace e ,per lo sviluppo sempre maggiore delle relazioni economiche e commerciali.

Mi ha accennato a quello scambio di visite di parlamentari, giornalisti, uomini di affari che già altre nazioni fanno con questo giovine stato pur non avendo con esso i contatti e gli Jnteressi che noi vi abbiamo.

Insomma, a quel programma di penetrazione già espostomi a Roma da

V. E., e che deve servire a far meglio conoscere in Jugoslavia la potenza ogni giorno più grande del nostro paese in tutti i campi e ad indicare a sua volta in Italia quali siano le risorse di questo paese e in quale direzione possano esplicarsi le nostre attività economiche ,e commerciali.

Ho telegrafato a V. E. quanto precede perchè:

l) il Sochitch si propone di recarsi a Roma a conferirne a V. E.;

2) la Pravda è un giornale serio che ha larga diffusione;

3) devo far notare che è l'organo del partito democratico (esponente di Davidovich ex presidente del consiglio e Marinkov.ich ex ministro degli esteri) e quindi di opposizione al partito radicale (Pasic) attualmente al Governo.

Non so in quale maniera la Pravda intenda esplicare tale attività propagandisHca. I cinque fratelli Sochitch, che tutti sono interessati nella Pravda e vi collaborano, sono ottimi giornalisti.

Prego l'E. V. di volermi informare sullo scambio di vedute avute con il Sochitch per mia norma di linguagg,io e per le necessarie direttive.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. GAB. (P. R.) PRECEDENZA ASSOLUTA 265. Roma, 3 ottobre 1925, ore 18.

Per molte ragioni che è perfettamente inutHe esporre a V. S. non ritengo affatto chiuso incidente provocato discorso Ellenbogen. Come cittadino Musso

lini posso disdegnare raccogliere ingiurie signor Ellenbogen, come capo Governo italiano debbo pregare V. S. recarsi immediatamente al ministero esteri austriaco a significare quanto segue: l) È sommamente deplorevole e significativo il ripetersi di queste manifestazioni anti-italiane da parte uomini responsabili politici austriaci, tanto più deplorevole dato atteggiamento non solo corretto, ma cordiale popolo, stampa, Governo italiano; 2) Che esigo una pubblica solenne soddisfazione -consistente in una nota scritta del Governo austriaco e per esso del Mataja -colla quale si deplora il fatto e si domanda scusa. Se questo non avverrà incidente Ellenbogen potrebbe avere le più gravi conseguenze non esclusa Ia rottura dei rapporti diplomatici. Faccia nettissimamente intendere che epoca in cui era permesso impunemente insultare Italia, popolo e governo italiano è tramontata per sempre.

(l) T. gab. 1956/300, trasmesso l'l, ore 22, per. ore 10,35 del 2, non pubblicato. A margine annotazione di pugno di Mussolini: « Importante ».

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA

T. GAB. (P. R.) 263. Roma, 3 ottobre 1925. Questo incaricato di affari d'Inghilterra è venuto oggi a comunicare che il signor Chamberlain desiderava far conoscere personalmente a me quanto segue: «Deploro gli attacchi mossi dal giornale Daily News ma mi è impossibile di controllare gli stessi giornali del mio partito, tanto meno quelli dell'opposizione. Il signor Mussolini potrebbe, ad ogni modo, da,re una trionfante confutazione di tali stupidi attacchi in una forma inequivocabile partecipando personalmente alla conferenza, fissata a Locarno specialmente per adattarsi alla convenienza di lui, ed assistendoci con la sua autorità ed esperienza». Gli è stato risposto nel pomeriggio con la seguente dichiarazione verbale: « Il signor Mussolini ringrazia il signor Chamberlain della comunicazione che ha voluto cortesemente fargli pervenire per deplorare gli attacchi del giornale Daily News e per ,sollecitare gentilmente la sua personale partecipazione alla conferenza di Locarno come sentita di essi [sic]. « Il signor Mussolini conferma che farà tutto il possibile per intervenire alla conferenza o almeno ad una parte dei lavori di essa, qualora gli risultasse che la sua presenza potesse essere realmente utile, e ciò sia per l'interesse con cui ne segue i problemi che per un riguardo verso i signori rappresentanti delle altre potenze, ma naturalmente [non] per le insulse fantasie di un giornalista qualsiasi, le quali trovano la loro migliore confutazione nella politica che sta se

guendo e che seguirà il R. Governo». Tanto per sua conoscenza.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, DURAZZO

T. GAB. 1137. Roma, 4 ottobre 1925.

V. S. sa che viaggio re dei Serbi Croati e Sloveni in Dalmazia è stato precipitosamente abbreviato. È notevole seguente comunicato diramato da Belgrado in proposito:

«S. M. il re ha cambiato il programma del suo viaggio in Dalmazia. Il re l'ha fatto per la decisione di alcune questioni interne ed estere molto impor. tanti fra le quali occupa il primo posto lo stato delle cose in Albania. Il re sarà a Belgrado il 4 ottobre ».

Sebbene sia certo che Ahmed Zogu ne sia al corrente è opportuno che V. S. gli segnali questo passo che preannunzia un risveglio di attività o almeno di attenzione della Jugoslavia verso l'Albania e che merita che altrettanta attenzione sia rivolta dal Governo albanese ad eventuali azioni subdole all'interno nonchè alle infiltrazioni ed ai movimenti alla frontiera settentrionale. Il signor Ahmed Zogu se vorrà tenerci informati di quanto possa risultargli al riguardo farà opera di interesse comune.

139

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) 58-9/440. ·Belgrado, 5 ottobre 1925, ore 0,20 (per. ore 4,30).

Mio telegramma gabinetto 435 (1).

Il signor Ninckh che ho veduto appena tornato da Ginevra mi ha intrat.. tenuto sulla ripresa delle trattative con la Grecia. Egli mi ha detto: «Il signor Rentis ha messo a rumore tutte le cancellerie imputando al Governo jugoslavo la intenzione di occupare senz'altro la ferrovia di Salonicco qualora non si fosse addivenuto ad un accordo. EgLi si sapeva appoggiato dal Governo inglese il quale effettivamente si interessò a che si venisse ad una intesa con la Grecia. Il Governo jugoslavo per mostrare quanto fosse desideroso di pace r~prenderà subito le trattative. Si addiverrà ad un trattato alleanza della durata di soLi tre anni con una convenzione che deve considerarsi unico caso attacco da parte Bulgaria [sic]. Noi insisteremo sul fatto di avere uno sfogo su Salonicco che ci è indispensabile». Fin qui esattamente Nincich. Poichè sulla questione principale, cioè Salonicco, i due Governi si mostrano entrambi intransi-genti, evidentemente il contrasto potrebbe divenire acuto, e poichè in definitiva questa è da considerarsi la questione ·centrale dei Balcani, ritengo che la nostra azione non dovrebbe limitarsi a seguire gli avvenimenti, ma ad indirizzarli nel senso conforme ai nostri interessi.

140

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, AURITI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) 591/365. Vienna, 5 ottobre 1925, ore 20 (per. ore 24).

Mio telegramma gabinetto 364 (2). Sono ·stato ricevuto da Peter il quale mi ha manifestato rincrescimento Mataja non potermi vedere essendosi iel'li sera messo in letto per febbre. Mi ha

II -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. IV

in nome di lui dichiarato quanto segue: Ellenbogen non può essere considerato politicamente responsabile tanto più che è oppositore e socialista. Stato animo deputati seduta venerdì era grandemente eccitato e forse per ciò richiamo presidente della camera non fu molto deciso ed energico. Stesso ministro affari esteri non volle dal canto suo protestare per evitare occasione ai socialisti aprire dibattito su Italia e V. E. Accogl,imento nostra richiesta farebbe giuoco socialisti indebolendo Governo; Ellenbogen si era appunto proposto con il suo discorso creargli imbarazzi. Governo austriaco ha già manifestato suo rincrescimento sia per mezzo dichiarazione a Bordonaro sia per mezzo della visita che dopo tali dichiarazioni esso spontaneamente ha fatto fare dal primo caposezione Peter al R. ministro nella legazione. Governo austriaco sa che deve accettare ogni richiesta italiana data propria presente situa~ione la quale esige che esso abbia buoni rapporti con tutti suoi vicini e principalmente con l'Italia del cui aiuto ha bisogno. Prega tuttavia prendere in seria considerazione quanto precede e danni che possono derivare al gabinetto dall'accoglimento delle domande di V. E. Governo austriaco rimane in attesa della risposta dell'E. V. Ho detto a Peter che da parte mia non consideravo risposta come sodd~sfacente e che non credevo incidente potesse essere chiuso prima richiesta

V. E. fosse stata eseguita. Pur tenendo conto degli argomenti di Mataja stava di fatto: l) che nel parlamento austriaco un deputato aveva parlato del presidente del consiglio italiano come mai finora in nessun parlamento del mondo; 2) che nè Governo nè presidente della camera avevano trovato una sola parola per respingere così volgari menzogne;

3) che di fronte ad una pubblica offesa vi era stata come riparazione una semplice manifestazione di rincrescimento la quale aveva avuto carattere bensì ufficiale•ma non pubblico.

Ad ogni modo avrei telegrafato dichiarazioni Mataja a V. E. e sarei rimasto in attesa sue istruzioni.

(l) -Cfr. n. 133. . (2) -T. gab. (p. r.) 588/364, trasmesso il 4, ore 13, per. ore 19,30, non pubbltcato: avvenuta comunicazione al capo gabinetto di Mataja della richiesta italiana di una nota scritta di deplorazione e scuse per il discorso di Ellenbogen.
141

IL COMMISSARIO CONSOLARE A ZURIGO, LEONINI PIGNOTTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) 593/264. Zurigo, 5 ottobre 1925, ore 21,40 (per. ore l del 6).

Comandante superiore polizia italiana [sic] confidenzialmente informato fonte massonica possibilità attentato vita Nitti da parte fascisti Zurigo. Mentre prendo caute informazioni da questo segretario politico prego V. E. volersi compiacere dettarmi linea di condotta.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE S. 2023/708/288. Parigi, 5 ottobre 1925 (per. il 6).

I giornali francesi riportano senza commenti, le notizie apparse successivamente nella stampa russa e tedesca sull'alleanza patrocinata dalla Russia per

unirsi alla Germania, alla Turchia e all'Italia, formando un patto orientale da contrapporre a quello occidentale che si vuoi fondare a Locarno.

Circa l'eventuale adesione dell'Italia a tale combinazione, si osserva però nei circoli politici che una cosa è una politica di ravvicinamento alla Russia ed un'altra iJ. separarsi completamente, sia dal sistema di alleanze al quale l'Italia ha partecipato durante la guer.ra quanto da quello occidentale in via di formazione.

Si trova legittimo e naturale che l'Italia continui nella politica che è stata una delle prime nazioni ad iniziare verso la Russia, consigliata inoltre da gravi considerazioni economiche le quali finiranno per influire anche sop·ra altri paesi europei che come l'Italia aspirano a liberarsi, per mezzo della Russia, dal monopolio anglo-americano in materia di grano, di carbone e di petrolio. Per quanto riguarda invece una vera alleanza che tagli l'Italia dal sistema occidentale europeo, così com'è auspicata dalla stampa russa, cosa non sembra attuabile nè corrispondente agli interessi italiani, quando si considera che il nuovo statuto che si cerca di dare all'Europa occidentale, è dovuto ad un'iniziativa congiunta dell'Inghilterra e della Germania, e che la decisione di questa ultima pesa indirettamente sulle decisioni dell'Italia, vuotando il tentativo russo della maggior parte del suo contenuto.

Se per i motivi sopra accennati, il progetto di un patto orientale non sembra abbia presentemente possibilità di attuazione, esso potrebbe però ridivenire interessante quando fallissero i negoziati in corso per i vari patti di sicurezza (1).

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, AURITI

T. GAB. (P. R.) 269. Roma, 6 ottobre 1925, ore 21,15. Suo telegramma n. 365 (2). Per quanto serie possano essere agli occhi del signor Mataja le ragioni di

carattere interno che lo fanno esitare ad accogliere la nostra richiesta io non posso tenerne conto dal momento che esse si sovrapporrebbero alle ragioni di dignità e di difesa del buon nome dell'Italia e del suo Governo. Una manifestazione pubblica e solenne con cui il Governo austriaco dimostri di non tollerare che nel parlamento austriaco si possano pronunziare verso il nostro paese ingiurie non adeguatamente ribattute dai poteri responsabili deve inevitabil

mente avvenire. La migliore soluzione sarebbe stata che il capo del Governo od il ministro degli affari esteri mentre faceva esprimere suo rincrescimento alla

R. legazione avesse fatto nella stessa seduta ovvero, come si usa, in sede di lettura di verbale nella seduta successiva, quelle dichiarazioni ponderate e ferme che potevano riparare alla omissione o insufficienza di reazione di fronte all'indegno attacco.

Se codesto Governo in un termine ragionevole che non deve oltrepassare questa settimana trovasse ancora modo di fare ciò innanzi aUa solennità del parlamento e del paese in forma e con efficacia tale da cancellare la penosa impressione risentita dal R. Governo per l'assoluta sua mancanza di reazione alle parole del signor Ellenbogen si potrebbe non giungere alla nota di scuse la quale però deve assolutamente intervenire se codesto Governo non sa corrispondere neppure nel modo suggerito ai doveri internazionali ·che gli incombono (1).

(l) -Cfr. quanto l'ambasciata a Mosca scriveva con telespresso riservato del 7 otto· bre 1925 (a firm:i capit. V. Negri), riferendo una conversazione avvenuta tra Quaroni e il sovietico Zalkind, • vice direttore generale della sezione Anglo Romana e personaggio influente del Narkomindiel » : • Zalkind ha poi aggiunto che a Mosca si è stati assai sorpresi di apprendere che l'Italia prendeva parte ai negoziati per il patto di garanzia. Si riteneva qui che su questo punto gli interessi dei due paesi fossero identici e che anche l'Italia si sarebbe preoccupata del pericolo che costituiva per lei la costituzione di un blocco franco tedesco sotto la tutela inglese. Quaroni gli ha risposto che le dichiarazioni del Governo e della, sta~pa. ita~ia~a .erano sufficienti a chiarire l'attitudine italiana verso il patto di garanzia: l Italia vmc1tnce della guerra, non poteva essere assente da una conferenza che ·in fondo, può essere considerata come un tentativo di liquidazione dei residui della guer~a •. (2) -Cfr. n. 140.
144

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BERNA, GARBASSO

T. GAB. (P. R.) 271. Roma, 7 ottobre 1925, ore 24.

Il R. console di Zurigo mi ha telegrafato quanto segue: « ..... :. (2). Prego V. E. •comunicare al predetto R. console, in risposta al suo telegramma, quanto segue: «Telegramma di V. E. n. 264.

V. S. che per carica occupata dovrebbe conoscere uno per uno componenti codesto Fascio sarà certamente in grado giudicare della serietà timori di codesta polizia che visti da Roma sembrano semplicemente assurdi.

Mi stupisco che ella domandi Ì·struzioni circa sua linea di condotta. Presumo che abbia già fatto comprendere chiaramente a codesto comandante superiore che protezione vita cittadini esteri in territorio svizzero spetta autorità di polizia locale:..

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IL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 205'1 (3). Locarno, 8 ottobre 1925 (per. il 10) (4).

Nel mio telegramma da Ginev.ra n. 68 del 28 settembre (5) sulla convenienza per noi di non rimanere assenti dal patto di sicurezza in elaborazione

L'offensiva ha poi vari scopi, quello di screditare l'Italia, quello di combattere il Ministro Mataja, e quello dì alimentare la propaganda per l'Anschluss •·

dimenticai di aggiungere, a sostegno della mia argomentaz,ione, che la nostra partecipazione al patto stesso potrà in seguito costituire un valido motivo .in più per insistere sulla parità quando si discuteranno le proporzioni del disarmo. Infatti la posizione che si ·assumerebbe potrebbe essere efficacemente invocata come ragione per mantenere salde le nostre forze.

(l) Il Bordonaro con rapporto 3055-1459/164 da Vienna in data 10 dicembre 1925 osservava, a proposito dell'atteggiamento allarmato della stampa austriaca nei confronti dell'Italia per la questione alto-atesina: cll fatto che tale offensiva parte da un giornale Socialista [Der Abend], notoriamente violento e ricattatore, dimostra, a mio avviso, che l'offensiva è fomentata dai socialisti italiani i quali, come da varie partì mi è stato riferito. lavorano ora, con insistenza, la stampa austriaca, profittando del generale malcontento per U trattamento dei tedeschi in Alto Adige.

(2) -Cfr. n. 141. (3) -Manca il numero di protocollo particolare. (4) -Sic. (5) -Cfr. n. 132.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE S. 2084/748. Londra, 8 ottobre 1925 (per. il 12).

Giornali odierni, per trasmissione ricevutane da Berlino pubblicano preteso testo patto sicurezza divulgato da un giornale romano. Pubblicazione ha prodotto grande e assai sfavorevole impressione. In certi ambienti, specialmente giornalistici, è stato affacciato il dubbio che organo romano abbia dovuto avere conoscenza del testo preciso del patto elaborato a Londra dai giuristi e che le ine·sattezze, omissioni od aggiunte che appaiono nel preteso testo sono state fatte ad arte per falsare il vero spirito del patto, ed aumentare le difficoltà delle trattative di Locarno.

La pubblicazione romana, come qui è interpretata, avvenendo quasi contemporaneamente alla 'recente attività contro il patto renano, spiegata a Berlino e a Varsavia dal signor Cicerin, contribuisce ad alimentare il sospetto, che qui già serpeggia, che certe correnti di opinione pubblica italiana mirino ad intralciare la politica del patto di 'sicurezza, per favorire combinazioni italo-russo-germaniche ostili all'Inghilterra. Naturalmente io non manco di esplicare un'attiva azione per sfatare tali dubbi e sospetti, e credo aver raggiunto qualche risultato. Devo però segnalare quanto precede a V. E. data la insistenza con la quale in cerfi circoli giornalistici e politici tali voci vengono fatte circolare.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. s. 1157. Roma, 9 ottobre 1925, ore 6.

Suo telegramma n. 440 (1).

Decifri ella stessa.

Ho letto attentamente suo interessant·e telegramma intorno al grave e delicato problema delle relazioni greco-jugoslave e della questione· di Salonicco.

Poichè dall'ultima parte del citato telegramma sembrerebbe che V. S. abbia elementi per intravedere possibilità nostra azione immediata in senso conforme ai nostri interessi la prego di farmi conoscere qual·e, a suo avviso, potrebbe essere tale azione ed in che modo potrebbe svolgersi (2).

(l) -Cfr. n. 139. (2) -Bodrero trasmise la sua risposta il 10 ottobre, con t. gab. 2068/448, non pubblicato, il quale concludeva: • è mio avviso che nostra azione debba limitarsi in primo tempo a non intervenire per una sollecita conclusione delle trattative greco-jugoslave •.
148

IL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2061/29. Intra, 10 ottobre 1925, ore 16,05 (per. ore 17,12). Nella seduta di stamane conferenza ha esaminato lavori compiuti dai giuristi, approvando in seconda lettura i s.ingoli articoli del patto fatta eccezione dei numeri 6, 7 e 11 che riguardano i due delicati argomenti della garanzia ai patti orientali e dell'entrata della Germania nella Società Nazioni. Ho chiesto che nel preambolo, che era ancora quello redatto a Londra, fosse aggiunto il nome dell'Italia alle parti contraenti quale stato garante come l'Inghilterra. È stato quindi deciso di non tenere seduta fino a lunedì per dare tempo ai francesi e ai tedeschi di continuare le loro conversazioni, che da una impressione generale e da allusioni fatte da Briand e appoggiate da Chamberlain ed anche da Luther sembrerebbero avere fatto un passo verso possibile, per quanto difficile, intesa nei riguardi delle due questioni anzidette della garanzia e della entrata della Germania nella Lega. Chamberlain ha rilevato a questo proposito l'opportunità di tale metodo di lavori notando che francesi e belgi, per la struttura e la natura del patto fossero evidentemente interessati in maggiori misure negli articoli ancora in discussione. Ho creduto di dover fare inserire, secondo ho accennato di sopra, H nome dell'Italia nel preambolo perchè, al punto in cui sono giunti i lavori, e qualunque possa essere il loro esito definitivo, mi è parso tale inserzione, la quale non implica l'accettazione del patto venisse a rafforzare la posizione dell'Italia tanto di fronte agli alleati che di fronte ai tedeschi, sia nel caso di conclusione, come di non riuscita dei negoziati. E ciò anche in relazione alla preoccupazione che è palese in ogni

delegazione di fare cadere la responsabilità di un eventuale fallimento della conferenza sugli altri.

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IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI GENERALI, LOJACONO, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. 1178/11081. Roma, 11 ottobre 1925, ore 24. Suo telegramma n. 436 (1).

S. E. Grandi telegrafa da Locarno quanto segue: «Prego informare Bodrero: l) che è prevedibile che io non faccia stabile ritorno a Roma se non verso dicembre; 2) che mio colloquio Ginevra con signor Sochitch fu visita cortesia e che toccò rapporti italo-jugoslavi senza tuttavia riferimenti precisi;

3) che ritengo peraltro utile a~ione diretta maggior conoscenza reciproca due paesi per collaborazione e sviluppo relazioni economiche e commerciali ».

(l) Cfr. n. 135.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AI PREFETTI DEL REGNO

T. {1). Roma, 12 ottobre 1925, ore 14.

Incidenti Firenze et altre città hanno avuto anche pm-le inevitabili ed interessate amplificazioni una ripercussione gravissima all'estero come mi risulta da una amplissima documentazione dei nostri rappresentanti all'estero. Questo fatto è particolarmente grave mentre si tiene alle porte d'Italia una conferenza importantissima con la presenza di 200 giornalisti di tutte le nazioni e mentre delegazione italiana sta preparando partenza per America per trattare questione debiti. In simili circostanze ogni anche minimo turbamento ordine pubblico deve essere considerato e punito come un delitto di lesa patria e opera esclusiva di nemici del governo travestiti da agenti provocatori. Bisogna che tutti gli organi della stampa fascista quotidiana e settimanale vengano da V. E. richiamati alla necessità di misurare attentamente conseguenza pubblicazioni polemiche che potrebbero provocare eccitazioni e disordini.

151

IL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2078/34. Intra, 12 ottobre 1925, ore 16,25 (per. ore 24).

Mio telegramma gab. n. 32 (2).

Nella seduta di stamane è stato portato tnnanzi alla conferenzà progetto di dkhiarazione di cui al mio telegramma n. 32 citato di sopra. I tedeschi, dichiarando poterlo in massima accettare, hanno aggiunto alcune considerazioni specialmente riferentisi, più che all'articolo 18 all'articolo 8 del patto della Società delle Nazioni relativo alla • riduzione degli armamenti nazionali al minimo compatibile con la sicurezza e con l'esecuzione delle obbligazioni internazionali, ecc.». Essi hanno chiesto che le potenze rappresentate alla conferenza si manifestino nel senso che la procedura sino ad ora seguita per prepar,are l'applicazione dell'articolo 8 sia resa meno vaga e più rapida. Briand ha risposto cel"'cando di non negare la possibilità ma di evitare una dichiarazione troppo impegnativa. Dall'una parte e dall'altra evidentemente si trattava più che altro dell'effetto da produrre sulle rispettive opinioni pubbliche e parlamentari. Mi è parso di capire che il pensiero dei tedeschi tendeva sopratutto

a prendere come misura per la proporzione del disarmo, l'attuale stato di disarmo germanico. Preferendo che il richiamo partisse dal rappresentante della Gran Bretagna ho fatto allora rilevare privatamente a Chamberlain, che mi sedeva

accanto, che era necessa11io di togliere di mezzo questo equivoco. Ciò che egli fece mettendo opportunamente in rilievo che non si poteva parlare per gli alleati dello stesso genere di disarmo stabilito per i tedeschi. Questo premesso in modo chiaro, egli si mostrò in massima non alieno dall'accogliere in forma acconcia la domanda tedesca.

Briand finì per non mostrarvisi contrario pur adoperandosi a ridurne la portata già notevolmente attenuata dal ministro degli affari esteru britannico. Senza prendere impegni in proposito è stata ventilata idea di ricorrere ad una dichiarazione generica verbale, da essere inserita nella dichiarazione riferita nella prima parte di questo telegramma e in altra risoluzione scritta. Invio per corriere testo verbale seduta. Desidero di segnalare a V. E. che con la giornata di oggi essendosi in massima superata la difficoltà fondamentale rappresentata dell'articolo 18 del patto della Società delle Nazioni, e modificato così le precedenti previsioni, diviene molto probabile e prossima la conclusione del patto di sicurezza.

(l) -Annotazione in calce: • Copia di telegramma scritto personalmente da S. E. il Presidente e inviato, secondo le istruzioni di S. E. alla Presidenza del Consiglio (tramite Chiavolini) per la spedizione, 12-X-1925. B .•. (2) -T. gab. r. 2072/32, non pubblicato, trasmesso il 12, ore 12,40, per. ore 14: comunicaziorte di un progetto di dichiarazione sull'articolo 16 del Covanant in relazione all'ingresso della Germania nella Società delle Nazioni.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. P. 20811756. Londra, 12 ottobre 1925, ore 2'2,40 (per. ore 4 del 13). Decifri ella stessa. In seguito impressioni da me riportate in vari circoli credo mio dovere segnalare a V. E. che se conferenza di Locarno dovesse chiudere i suoi lavori senza che a V. E. fosse possibile prendere personali contatti col signor Chambérlain ciò produrrebbe qui non favorevole impressione. Non manco da parte

mia di spiegare le diffi.coltà che V. E. trova in questo momento di lasciare Roma ma dubito che tali spiegazioni risultino sufficientemente efficaci.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2083/755. Londra, 12 ottobre 1925, ore 22,40 (per. ore 4,30 del 13). Notizia dell'adesione italiana al patto di sicurezza è stata appresa tanto al Foreign Office che in questi circoli politici con vivo compiacimento. Stampa è unanime nel commentarla assai favorevolmente. Tyrrel se ne è mostrato meco lietissimo. Sottosegretario di stato affari esteni mi ha detto 'che malgrado esistano ancora difficoltà da superare ha ragione di essere ottimista quanto al risultato finale conferenza Locarno. Parlando dell'atteggiamento tedesco circa articolo 16 del patto, Tyrrel ha espresso suo parere personale che intransigenza tedesca potrebbe celare tentativo ottenere concessione in altro campo. Egli infatti si rifiutava ammettere che Germania intravedesse seria possibilità

stato maggiore francese potesse in date circostanze volere fare passare delle divisioni attraverso un territorio non amico.

Sottosegretario di stato aftari esteri mi ha poi parlato esprimendosi con viva indignazione di tutti gli intl'lighi eui si abbandona Governo dei soviet per sabotare patto Reno e seminare diffidenze fra alleati.

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IL CONSOLE A ZAGABRIA, LODI FÉ, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. 3435/3815. Zagabria, 15 ottobre 1925, ore 20,26 (per. ore 3 del16). Articolo Sforza nel Corriere della Sera del 9 corrente (l) ha provocato, come a Belgrado, vivaci commenti in una parte di questa stampa opposizione per il passaggio dove viene fatto menzione di denaro italiano speso per appoggiare se-. paratismo croato. Si valgono di esso nazionalisti anti-radiciani (partito Pribicievic) per accusare di corruzione Radich e suoi maggiori accoliti volendo indurre che agenti con cui italiani furono in rapporti non potevano essere che medesimi che dirigevano movimento. NeJ. Rijecz di Zagabria del quale invio oggi stesso traduzione non manca in proposito ripetuto accenno azione insidiosa Italia, che si vuole mirasse allora al dissolvimento Stato S.H.S. in formazione scopo sua penetrazione Balcani che tuttora perseguirebbe. Rijecz conclude invocando inchiesta e chiedendo che il Go

verno Belgrado ottenga da Sforza precisioni e nomi. Informo R. legazione.

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L'INCARICATO D'AFFARI A MOSCA, NEGRI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) s. 656/271. Mosca, 16 ottobre 1925, ore 21,30 (per. ore 11 del17). Ieri sera Nagyar, capo servizio esteri interessavami sorte Kakoezi e comunisti ungheresi cui processo è imminente. Gli fu espresso desiderio che V. E. facesse giungere Horty consiglio non lasciar compiere condanna a morte maggiori incriminati. Gli fu aggiunto che soltanto Liberamente V. E. può influire su decisioni Governo ungherese e che di questo passo partito comunista avrebbe tenuto conto suo atteggiamento verso Italia. Comunico quanto precede a V. E. con

preghiera farmi conoscere sue decisioni e darmi istruzioni al riguardo pel caso che ne fossi intrattenuto da... [manca].

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE S. 3522/296. Costantinopoli, 16 ottobre 1925 (per. il 26).

Nel corso di una visita fattami stamane, questo ambasciatore di Francia mi ha parlato della questione di Mossul dichiarandomi francamente che a suo avviso

il Governo turco nella medesima si trova dalla parte della ragione. Per la Turchia Mossul è una questione nazionale, per l'Inghilterra una questione « coloniale » .sebbene della massima importanza perchè si riconnette a quella delle Indie. Si è ormai abbarbicata nell'opinione pubblica e nella stampa europea la frase «la questione di Mossul è un affare di petrolio». Non è qui un segreto, perchè il collega ingLese l'ha detto a più persone, che l'affare del petrolio, la parte economica finanziaria del problema di Mossul, sarebbe da tempo regolata con vantaggio dell'Inghilterra e con pieno consenso di Angora se l'Inghilterra avesse voluto. Ma l'InghUterra o meglio il Colonia! Office tiene molto a tener in mano Suleimanieh, la re,gione circostante che le permette di essere a contatto con il Kurdistan, mentre per la Turchia è appunto essenziale l'evitare questo contatto. Poichè dato il carattere instabile malfidato dei Curdi il Governo di Angora vuole impedire che il Kurdistan diventi per la Turchia asiatica quello che per la Turchia europea, al tempo dei Sultani, è stata la Macedonia.

Date le abitudini mentali di questa gente molti qui sono portati a pensare ad una soluzione transazionale -e lo stesso ambasciatore d'Inghilterra non lo esclude a priori. Tuttavia egli pure è molto guardingo tanto che si trattiene per ora, come già ho riferito, dal recarsi ad Angora per evitare commenti e supposizioni che non troverebbero rispondenza nell'attitudine di riserva tuttora mantenuta dal Gabinetto di Londra.

L'ambasciatore di Francia si lamentava dell'influenza che la questione di Mossul ha nelle decisioni e l'azione del Governo di Angora. Mentre procede nelle misure che rafforza ad ogni buon fine l'esercito (richiamo di cinque classi, nuove reclute, ecc.), il Governo di Angora tiene in sospeso ogni deliberazione su affari pendenti tra lui e il Governo francese. L'Italia e la Francia in definitiva sono quelle che risentono in Turchia maggior pregiudizio di questo stato di cose, che durerà almeno sin dopo la prossima riunione del Consiglio della Lega a Madrid, nel prossimo dicembre. Il signor Sarraut aggiungeva sperare in una soluzione che soddisfi la Turchia. Al che ho osservato che essa avrà per conseguenza di rendere i turchi ancor più orgogliosi e più difficili a trattarsi. L'ambasciatore replicava che siccome a quella soluzione inevitabilmente dovranno contribuire e la Francia e l'Italia, non si dovrà dimenticare al buon momento di dire al Governo di Angora una parola di serio avvertimento e possibilmente di farsi dare qualche garanzia.

(l) Art. di fondo sulla questione renana dal titolo • Primo: capirsi ••

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'ONOREVOLE LESSONA, A DURAZZO (l)

T. GAB. (P. R.) 286. Roma, 20 ottobre 1925.

Non mi spiego come il signor Ahmed Zogu non veda nella nostra sollecitudine a perfezionare gli accordi iniziati il desiderio di creare sopratutto a suo

(!l Il telegramma fu trasmesso attraverso la Legazione a Durazzo. Sulla missione di Alessandro Lessona in Albania, cfr. A. LESSONA, op. cit., p. 81 sgg.

vantaggio una situazione netta tale da eliminare appunto le minaccie di cui egli si preoccupa e conferirgli sicurezza sia nei rapporti esterni che interni. È interesse di ambedue le parti di sostituire al documento che già d lega un patto formale escogitato in forma tale da renderlo accettabile ai terzi ma è sopratutto interesse di lui di metterei in grado di esercitare a suo favore nel consesso delle potenze una azione destinata ad assicurare la libertà del suo paese anche contro semplici influenze esterne intese a creargli intrighi e difficoltà all'interno. Col patto in discorso l'Albania cessa di essere un oggetto passivo della deliberazione di Parigi e ne diviene elemento attivo dalla cui volontà non potrà più prescindersi per le sorti di codesto paese. Questa è la forma piana e scorrevole con cui noi abbiamo voluto rivestire una sostanza che sarà la base della sicurezza dell'Albania. Sono disposto perciò ad accogliere tutte le modificazioni che il signor Ahmed Zogu vorrà proporre per rendere sempre più accettabile la forma stessa del patto ma per le obiezioni di sostanza o di tempo mi sorprende che egli non scorga tutto l'interesse che egli ha a liberarsi di ogni difficoltà più presto che possa ed a seguire i suggerimenti che io gli porgo in base ad una visione generale europea forse superiore a quella che per organizzazione e posizione politica può essere la visione albanese. Il signor Ahmed Zogu vorrà poi ammettere che rimanendo poi al mio Governo di sostenere il fatto ·compiuto io abbia veste prevalente per determinare la scelta del momento al di sopra delle situazioni interne albanesi che del resto il signor Ahmed Zogu potxà superare all'indomani della pubblicazione del nostro patto con efficacia e sicurezza infinitamente maggiori e con mezzi che da mia parte non potrei oggi fornirgli senza destare allarmi internazionali.

Perciò pur avendo considerato con massima attenzione gli argomenti del signor Ahmed Zogu, prego V. S. di volergli comunicare a mio nome quanto precede insistendo affinchè egli a sua volta mediti ed accolga miei suggerimenti e voglia fissare data per nostro gradito incontro.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, PETRUCCI

T. GAB. 1229. Roma, 21 ottobre 1925, ore 4. Suo telegramma n. 426 gab. segreto (1). Poichè voci infondate circa presenza navi da guerra italiane nelle acque dalmate al momento del viaggio sovrani sembra vadano ·sempre più diffondendosi in Jugoslavia e specialmente in Dalmazia come motivo dell'interruzione del viaggio reale, sarà bene chiarire presso codesto Governo assoluta tendenziosità della notizia affinèhè non si vada accentuando irritazione opinione pubblica jugo

slava che potrebbe all'occasione venire invocata come giustificazione di atteggiamenti a noi sfavorevoli.

(l) Cfr. n. 131.

159

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. 1236. Roma, 21 ottobre 1925.

Mi riferisco al mio telegramma n. 1916 del 21 lugl,io scorso (1).

Nell'imminenza dell'inizio delle trattative italo-egiziane per la delimitazione del confine cirenaico-egiziano a mezzo della apposita commissione che si recherà fra giorni a Sollum, continuano a pervenire al· R. Governo da parecchie parti informazioni che è difficile controllare circa attività che agenti francesi svolgerebbero in Egitto e specialmente presso i Senussi per contrastare le legittime rivendicazioni italiane nei riguardi della frontiera ed in particolare modo per l'oasi di Giarabub. Sembra che negli ambienti is~amici questi agenti si adoperino a mettere in evidenza il carattere religioso dell'oasi ed a prospettare la questione come avente carattere internazionale e di interesse comune di tutte le potenze Islamiche. Le assurde considerazioni dell'Afrique Française nell'articolo segnalato a V. E. col mio predetto telegramma e lo stupefacente abbinamento fatto dallo stesso giornale della questione di Giarabub con quella di Tangeri sarebbero così messe in valore dagli agenti francesi, accreditando negli ambienti islamici la convinzione che tali concetti non sarebbero soltanto l'espressione della fantasia di giornalisti coloniali, ma corrisponderebbero in realtà al pensiero politico del Governo francese. A tale azione si aggiungerebbe pure quella segnalata a V. E. con un mio recente telespresso circa negoziati francosenussiti nei riguardi dell'oasi di Cufra.

Benchè, ripeto, tali informazioni non siano facilmente controllabili, ritengo conveniente che V. E. abbia in proposito una amichevol·e e franca -conversazione con codesto Governo allo scopo di segnalargli il pericolo che la diffusione di così strane notizie possa provocare, specie in questo momento, una vivace reazione nell'opinione pubblica italiana contro l'atteggiamento poco amichevole di una parte dell'opinione pubblica e degli ambienti politici francesi in una questione la cui soddtsfacente soluzione interessa in sommo grado l'Italia e che tiene· desta da noi l'ansiosa attenzione di tutto il pubblico.

Il R. Governo, convinto che le notizie pervenutegli, anche se fondate, non possono riferirsi che allo zelo inopportuno di agenti locali, crede superfluo rammentare al Governo francese gli accordi che legano i due paesi per le questioni libiche, ma si attende da esso una leale parola di assicurazione nel senso che saranno inviate ai rappresentanti responsabili della repubblica in Egitto acconce istruzioni perchè sia agevolata piuttosto che ostacolata l'opera che l'Italia svolgerà nei .prossimi negoziati per stabilire una definitiva e sicura frontiera della sua colonia libica. Sarà anche sommamente opportuno che amichevoli direttive in tal senso siano date alla stampa francese per evitare che nuove pubblicazioni del genere di quella dell'Afrique Française diano luogo ad una reazione della

stampa italiana. V. E. saprà far valere tutte quelle considerazioni di politica generale che, specialmente nell'interesse della Francia e dell'attuale momento politico, renderebbero oltremodo pericolosa una irritante polemica a proposito di questioni in cui il Governo francese è legato a noi da impegni che non può disconoscere.

(l) T. s. 1916, trasmesso il 21 luglio, ore 4, non pubblicato, poichè contiene quanto. ripetuto nel presente telegramma.

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IL MINISTRO A VIENNA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 2264/392. Vienna, 22 ottobre 1925 (per. il 25). In un colloquio che ho avuto stamane con Mataja ho creduto dovergU dire che l'opinione pubblica in Italia è giustamente irritata per la sistematica campagna di denigrazione della stampa austriaca contro il nostro paese, campagna che non si limita più •soltanto alla politica italiana in Alto Adige ma dimostra una ostilità evidente e preconcetta contro la nazione italiana e il regime· che la governa. In questo stato di cose e visto che è inutile chiedere che le autorità responsabili esercitino un'influenza qualsiasi sulla stampa, .gli ho detto che sarebbe stato molto difficile pel R. Governo di ·continuare nella politica di cordiale e disinteressata amicizia finora seguita nei riguardi dell'Austria perchè tale politica sarebbe stata avversata dall'opinione pubblica italiana e non sarebbe stata né giustifi.cata né dignitosa. Ho aggiunto che anche nella questione dei dazi preferenziali dubitavo molto che il R. Governo avrebbe potuto continuare a dare all'Austria quell'appoggio contro tutti che le ha dato finora. Mataja è rimasto evidentemente impressionato delle mie parole e, pur deplorando il linguaggio della stampa austriaca e accennando alla cattiva impressione prodotta dalla severità con cui V. E. ha voluto che l'incidente Ellen

bogen fosse risolto, ha ·cercato di spiegare l'avversione dell'opinione pubblica austria·ca con una certa politica di sentimento che da qualche tempo s'è dmpadronita dell'AUJStria.

Da quanto mi risulta moos. Seipel, che si trova attualmente a Roma, non avrebbe intenzione di avvicinare nessuna pe·rsonalità politica ~taliana, dato lo scopo del suo viaggio puramente religioso.

Se ciò non fosse e se qualche privato colloquio egli dovesse avere costi, sarebbe forse bene di tener conto di quanto precede.

161

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA

T. GAB. Roma, 23 ottobre 1925, ore 18.

1253. Questo ambasciatore d'Inghilterra mi ha comunicato seguente messaggio del signor Chamberlain:

« Please renew to signor Mussolini expression of my high appreciation of

value of his personal presence at fina! sittings of conference and my great

pleasure at his promise to come to London far signature of treaty of Locarno.

Assure him of my high regard and most friendly personal sentiments.

My wife begs to be remembered to him ».

Prego V. E. di dare comunicato d'urgenza al signor Chamberlain del mes

saggio di risposta di cui appresso:

« Assai grato del messaggio e delle cortesi espressioni che il signor Cham

berlain si è compiaciuto di rivolgermi tengo a confermargli la mia soddisfa

zione per aver potuto collaborare cordialmente con lui ad un'opera ·che stimo

altamente benefica per intera Europa, lieto che la firma del patto sarà propizia

occasione per incontrarmi di nuovo con lui.

Nell'assicurare il signor Chamberlain dei miei sinceri sentimenti di considerazione e di cordiale amicizia Lo prego voler porgere omaggi distinti alla gentile signora Chamberlain » (1).

162

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI GENERALI, LOJACONO, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. PER CORRIERE 1271. Roma, 24 ottobre 1925, ore 18.

Pregiomi informare V. E. che questo ambasciatore di Francia ha rimesso in data 21 corrente il seguente messaggio del signor Briand:

• Le Gouvernement français a · été particulièrement heureux de la décision que le Gouvernement italien a prise de marquer sa solidarité avec la France en participant au pacte rhénan. Cette décision ne peut que contribuer à resserrer les liens d'amitié entre deux pays et cela pour le plus grand profit de la Paix.

« Le Gouvernement français a particulièrement apprécié que M. Mussolini ait tenu à souligner l'importance du pade rhénan en venant personellement à la conférence rpour le signer.

«M. Bdand tient aussi à le remercier en san nom personnel de la collaboration agissante qu'il a apportée au sein de la conférence et spécialement des paroles qu'au cours de la dernière séance, il a bien voulu pronocer •

(l) Mussolini si trattenne a Locarno poco più di 24 ore, dal pomeriggio del 15 ottobre al pomeriggio del 16. Ebbe colloqui con Chamberlain e Briand, si incontrò con Benes, Skrzynski, Luther e Stresemann e concesse una intervista ai giornalisti. Il testo delle dichiarazioni fatte ai giornalisti, nel Corriere della Sera del 17 ottobre. Dopo la firma dell'atto finale della Conferenza Mussolini pronunciò brevi parole (ibid.).

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 2369 (1). Costantinopoli, 24 ottobre 1925 (per. il 3 novembre).

Il ministro di Bulgaria nella visita fattami stamane, di ritorno da Angora,

mi ha parlato della questione di Mos.sul e dello stato d'animo dei circoli dirigenti

nel presente momento. Mossul egli dicevami è la questione predominante. Ma

oggi a Angora se ne parla poco e con somma prudenza. Continuano i raffor

zamenti dell'esercito ma a Angora si fa oggi mostra di un certo ottimismo come

di fronte ad una questione, di cui si sa che sarà risolta in un modo o nell'altro,

ma in ogni caso con soddisfazione. Il ministro di Bulgaria attribuiva que,sto

apparente ottimismo o a uno dei soliti trucchi del turco o a qualche assicura

zione avuta dal Governo turco da un Governo estero -si vocifera da quello

francese. V'è inoltre nell'aria un desiderio d'accordo diretto tra le due parti

interessate, indipendentemente dalla Lega delle Nazioni. Ma nessuna iniziativa

consta sia stata presa nè da una parte nè dall'altra. I due concorrenti stanno

di fronte l'uno all'altro, si guardano negli occhi, ma le mani restano per ora

nelle tasche.

Questa è anche l'impressione del mio collega di Germania. Il quale elevandosi e allargando l'orizzonte, osserva trovarsi oggi la Turchia in posizione d'attesa. La sua orientazione come potenza orientale, come potenza balcanica e come potenza mediterranea (poichè è su tutti e tre i campi che la nuova Turchia vuol riprendere posizione sia pure a scopi pacifici) dipenderà dalla soluzione della questione di Mossul. Questo si deve aver presente a Londra. Se la soluzione soddtsferà l'interesse politico, l'amor proprio turco il Governo di Angora rallenterà i rapporti oggi molto cordiali con Mosca, si accosterà alla Inghilterra e molto probabilmente entrerà nella Lega delle Nazioni. Ma se sulle decisioni del Governo britannico avessero maggiore influenza il Colonia! Office, le autorità inglesi dell'India, le autorità militari inglesi nell'Irak e si vorrà proprio fare della regione in contrasto una Macedonia asiatica allora è da attendersi da Angora una azione decisa a favore della politica moscovita, un atteggiamento che causerà dovunque gravi difficoltà alla politica inglese.

Questo è quanto ho raccolto dalla bocca dei due rappresentanti diplomatici che hanno parlato più di recente col ministro turco degli esteri. Del quale occorre non dimenticare le simpatie russofile nonchè le passate strette personali relazioni con i dirigenti attuali della unione de1le repubbliche federative dei Soviets.

Tenendo presente quanto sopra ho esposto e considerando la questione di Mossul esclusivamente dal punto di vista dell'>interesse d'Italia non mi perito a dire ·che una soluzione che soddisfacesse completamente la Turchia non rappresenterebbe certo un indiscutibile vantaggio per la nostra politica e·stera in questi paraggi. Non solo perchè l'orgoglio turco assurgerebbe ad altezza

tale da rendere questa gente inarrivabile e ancor più sorda alle nostre pratiche,

non solo perchè un accordo turco-britannico limiterebbe quel libero giuoco che

ci procura la rivalità odierna tra le due potenze nei paesi bagnati dalle acque

del Mediterraneo (e che è di primordiale necessità per lo sviluppo dei nostri

interessi politici) renderebbe aLl'occhio del turco meno preziosa l'amicizia,

meno temibile l'avversione dell'Italia, ma anche rperchè verrebbe a diminuire

presso i governanti di Angora l'influenza di Mosca ·che in fin dei conti, nella

presente condizione di cose, ha giovato e giova aLla nostra politica in Oriente.

Ciò mi confermava stamani il ministro di Bulgaria che certo non ha alcun

interesse come .rappresentante dell'attuale Governo bulgaro e come privato

ex pubblic'ista e ideologo, a mettere in evidenza presso di me i meriti dei

governanti di Mosca.

La questione di Mossul è per la Turchia la questione predominante, dalla soluzione delLa quale dipenderà per molto tempo l'orientazione internazionale del paese. Ma è per noi anche un grande « à tout » che a noi può e deve servire 'per far calare a questa gente la cresta che ha inalberato con tanto orgoglio, per assicurarci una libertà di manovra nel Mediterraneo, e qui in Turchia, la :possibilità di trattare a difesa delle posizioni economiche, commerciali culturali finora tenute da noi e oggi seriamente minacciate dall'invadenza del turco, che invocando la maggiore età raggiunta, pretende il rispetto degli stessi diritti e facoltà stataH di qualsiasi paese europeo occidentale.

Se per ragioni da me ignorate al R. Governo sembrasSe invece miglior consigLio di curare l'intesa tra l'Inghilterra e la Tul'chia, invece del contrasto, la nostra collaborazione nel prossimo consiglio della Lega ad una soluzione soddisfacente per questo Governo non dovrebbe esser concessa come un fatto «che si comprende da sè » generosamente, ma a ragion veduta, dopo salvaguardati per quanto possibile i nostri interessi particolari e aver tentato almeno di risolvere gravissime questioni pendenti.

In una parola, alla prossima riunione del consiglio della Lega, dalla quale qui si attende la soluzione della questione di Mossul, più che cercare un nuovo successo dell'idea e dei 'principi animatori della Lega delle Nazioni, noi dobbiamo tener presente la somma degli interessi Italiani nella nuova Turchia.

Due strade si aprono dinanzi a noi -mi sarebbe di grande utilità il conoscere su quale proponiamo muoverc.i. Ciò mi servirebbe di direttiva per la mia azione in questo paese.

(l) n numero di protocollo particolare manca nel registro ma deve essere 307 (cfr. nn. 180 e 184).

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L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, PETRUCCI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 2257/473. Belgrado, 25 ottobre 1925, ore 16 (per. ore 21).

Mio telegramma n. 462 (1).

Nel colloquio avuto ieri con il signor Nincich questi mi ha detto che nell'incontro di Bled col signor Benes si è parlato dei trattati di Locarno e della

pervenuto alle ore 19,40, non pubblicato, Petrucci riferiva di aver avuto notizia di un prossimo colloquio Nincié-Bene!l.

pos1z10ne in cui viene a trovarsi la Piccola intesa nel quadro politico europeo scaturito dai trattati stessi. Ha aggiunto poi che con Benes sarebbe stata già ventilata l'idea di fare qualche cosa che nell'Europa centrale ·corrisponda a quello che è stato fatto nell'Europa occidentale con il trattato di Locarno; ma che non si sarebbe ancora stabilita nè la forma nè l'estensione da dare a tale progetto. Mi ha quindi pregato di far sapere a V. E. che sarebbe suo vivo desiderio di addivenire nel mese prossimo ad uno scambio di idee sull'argomento predetto così che possa essere ·stabilita una linea di condotta che la Jugoslavia si proporrebbe poi di seguire anche nei riguardi degli altri stati dell'Europa centrale. Tale scambio di idee potrebbe avvenire o a Roma con Antonievié al quale sarebbe già stato telegrafato in proposito, o qui con Bodrero. Intanto poichè egli non ha ancora alcun progetto da proporre sarebbe sommamente grato a V. E. se volesse fargli conoscere il suo parere e le sue idee su quelli che potranno essere i nuovi accordi che potranno unire o Italia e Jugoslavia

o Italia, Jugoslavia ed altri stati, in corrispondenza sempre ai trattati di Locarno. Il signor Nihcich ha insistito nell'affermare che, senza il beneplacito dell'Italia, grande potenza confinante con la Jugoslavia ed interessata grandemente nell'Europa centrale egli e suo Governo non potranno prendere alcuna decisione al riguardo. Avendolo io pregato di dirmi almeno quale era il suo intendimento al riguardo, mi ha detto che non aveva potuto ancora riordinare le sue idee e non aveva ancora esaminato i trattati di Locarno, che si proponeva di farlo nei prossimi giorni, ed ha insistito nuovamente perchè, ove V. E. abbia delle idee in proposito, voglia comunicargliele. Poichè Nincich veniva da Topola, ove egli aveva conferito con S. M. il re ritengo che quanto sopra abbia formato oggetto della conversazione con il sovrano. In complesso tale démarche del signor Nincich conferma le precedenti notizie già telegrafate da questa R. legazione e cioè che la Jugoslavia, non intervenuta nei trattati di Locarno, vuole concludere degli accordi consimili che attraverso l'Italia e la Cecoslovacchia le permettano di congiungersi alle altre grandi nazioni occidentali. A giudicare da qualche articolo della stampa locale la stessa incertezza di cui ha parlato il signor Nincich regnerebbe in questi circoli politici perchè mentre alcuni giornali parlano del vecchio progetto del signor Rentis di trattato d'arbitrato balcanico allargato alla Romania e Cecoslovacchia altri invece accennano ad un vero patto di garanzia a cui dovrebbe prender parte anche l'Ungheria che come la Germania a Lo.. carno vevrebbe così a rinunziare a qualsiasi rivendicazione territoriale verso la Jugoslavia e verso la Romania. Sarò grato a V. E. se vorrà a suo tempo farmi conoscere a quali direttive debba attenersi questa R. legazione nel trattare l'importante questione prospettata dal signor Nincich.

(l) Con il T. gab. 2174/462, spedito da Belgrado il 18 ottobre 1925, alle ore 16,24.. e

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. PER CORRI!=:RE 1328. Roma, 29 ottobre 1925.

Riferendomi mio telegramma per corriere n. 1271 (1), prego V. E. far perv:enire al signor Briand il seguente messaggio di risposta al suo:

I2 --Doc11menti diplomatici • Serie VII · Vol. IV

c Sono grato al signor Briand del suo cortese messaggio dal quale rilevo con piacere come il Governo francese abbia apprezzato l'azione del Governo italiano e quella mia pe.rsonaJe per la conclusione del patto di Locarno. Con la visione di una salda pace europea e dei benefici di essa, il R. Governo è stato lieto di collaborare alla stipulazione di quel patto che, certo, può costituirne un'.efficace garanzia.

Mi propongo di prendere parte alla riunione di Londra, dove il patto sarà consacrato con la firma e dove mi auguro di trovarmi ancora col signor Briand di cui conosco l'alto patriottismo e i sentimenti di amicizia verso l'Italia, sentimenti che sono da me ricambiati nei riguardi della Francia».

(l) Cfr. n. 162.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P.R.) 691/788. Parigi, 29 oUobre 1925, ore 21,40 (per. ore l del 30). Da alcune prime indagini sull'origine e gli scopi che avevano provocato la lettera affidata da Chamberlain e da Briand e S. E. Scialoja, circa una intesa della Francia e dell'Inghilterra e dell'Italia per un'azione comune nei Balcani, sembra che iniziativa di questo passo partisse da Chamberlain e che esso fosse motivato così dall'intendimento di dare maggior peso all'azione delle. tre Potenze negli incidenti che sorgono frequentemente nei Balcani, come dal desiderio di attirare l'Italia nell'orbita franco-inglese dalla quale al momento in cui fu inviata la lettera, essa pareva sempre più distaccata. Al Quai d'Orsay quando si ebbe conoscenza di tale proposta, non apparve chiaro la necessità di questo speciale accordo considerandosi che per forza di cose i tre Stati avevano già sempre agito di concerto in ogni occasione e che avrebbero continuato a farlo finché non fossero sorti tra essi interessi divergenti. Riferendomi mie precedenti comunicazioni, tutto considerato, credo che ci convenga meglio lasciar cadere

la proposta o tutto al più -qualora Governo britannico v'insistesse -di formularla in termini più vaghi possibili.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

T. GAB. (P. R.) PRECEDENZA ASSOLUTA S. 313. Roma, 5 novembre 1925, ore 18.

Poichè notizia attentato sventato contro mia persona (l) può avere qualche ripercussione e suscitare una certa emozione codesti ambienti politici-finanziari

V. -E. (V. S.) seguirà immediatamente queste direttive. Tentativo è riprova fallimento totale opposizione al regime fascista, ed è stato ordito proprio indomani manifestazioni gigantesche per celebrazione marcia su Roma e quelle per celebrazioni vittoria durante la quale a Roma io fui oratore nome associaz.ione mutilati e combattenti. Zaniboni è figura politica di secondo ordine socialista unitario: durante prima fase seguita delitto Matteotti fece assai parlare di sè con denuncie pazzesche che condussero persino esumazione cadaveri Campo Verano. Mezzi sua vita incerti ed equivocL Generale Capello elemento legato massoneria palazzo Giu:sUniani. Rivelazioni susciteranno viva emozione in ogni parte Italia. Ma ordine pubblico non è stato e non sarà minimamente turbato. Disciplina di tutta la nazione è perfetta. Bisogna quindi immediatamente fronteggiare eventuali speculazioni e amplificazioni da parte elementi ostili regime e nazione italiana.
(l) -L'attentato Zaniboni.
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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2476/511. Belgrado, 7 novembre 1925, ore 21,30 (per. ore 3,20 dell'B).

Telegramma V. E. gab. n. 313 (1). Partito opposizione ha presentato due interrogazioni Governo circa fatti Trieste (2) chiedendo risposta urgente seduta odierna.

Nincich, col quale ho avuto lungo colloquio stamane, ha risposto che non risponderà prima martedì. Egli approfitterà dell'occasione per fare al parlamento una ampia dichiarazione sulla politica di amicizia e di collaborazione con Italia di cui tanto egli che Pasich sono gli esponenti e che anche nel consiglio dei ministri di ieri è stato approvata da tutto il gabinetto. Dirà in sostanza:

l) che il Governo jugoslavo non ha diritto di immischiarsi in quello che egli considera affare interno d'Italia. Ad ogni modo i fatti di Trieste non erano rivolti solo contro sloveni ma contro tutti coloro, italiani od altri, che hanno mostrato di essere contrari al Governo naziona·le che assicura la tranquillità all'interno e la pace all'estero;

2) che il Governo italiano ha dato e dà continuamente prove della sua leale politica verso la Jugoslavia e che in tale politica la Jugoslavia trova tutto il suo tornaconto e la tranquillità della quale ha bisogno;

3) che la esagerazione intorno ai fatti di Trieste è dovuta all'opposizione che si se·rve di ogni occasione per creare imbarazzi al Governo;

4) farà appello alla stampa perchè moderi il suo linguaggio con accenno alle disposizioni che il presidente del consiglio italiano prende contro coloro che suscitano discordia a mezzo della stampa (citando il caso Carlassare che ci ha dato tanta noia).

Il presidente Pasich ha parlato solo della sua indignazione per l'attentato, ha detto di aver telegrafato con Nincich all'E. V. ed ha tenuto a confermarmi che incidenti del genere di quelli di Trieste non arrivano sino a lui. In tutto questo non aveva pensato che allo scampato pericolo del presidente italiano ed alla fortuna per tutti i governi che il presidente sia salvo. Ho la sensazione profonda della assoluta sincerità, in questa questione, sia di Pasich che di Nincich. La necessità di una politica di amicizia e collaborazione con noi è certamente sentita in questi circoli dirigenti ma è fondata sopratutto sul timore che hanno di noi, sentimento che io cerco naturalmente di sfruttare. È certo che la opposizione si vale di tutti gli incidenti per creare al Governo imbarazzi e non devo nascondere che in questo ultimo tempo troppi incidenti sono avvenuti dalle due parti e che occorre evitare altri ne avvengano. Intanto sia Pasich che Nincich hanno dato ordine ai prefetti specialmente di Spalato, Lubiana e Zagabria pe·rchè sia impedita qualsiasi manifestazione. Tengo ben presente quanto V. E. mi telegrafa col suo telegramma segreto n. 316 (1).

(l) -Cfr. n. 167. (2) -Dimostrazioni fasciste avvenute il 5 novembre per protesta contro l'attentato Zaniboni.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. PRECEDENZA ASSOLUTA 1375. Roma, 9 novembre 1925, ore 20,30.

Suo telegramma n. 517 e telegramma da Zagabria n. 4111 (2).

Dagli elementi contenuti nel mio telegramma n. 1371 (3) V. E. potrà r.ilevare come le dimostrazioni di Zagabria costituiscano anche nei riguardi internazionali fatti assai più gravi di quelli di Trieste.

Difatti dimostrazione Trieste è stata una delle tante manifestazioni avutesi in tutto il ~egno come reazione dell'opinione pubblica commossa dall'attentato Zaniboni contro istituzioni, privati e giornali che conducono sleale opposizione al Governo. Tali manifestazioni si sono svolte senza incidenti notevoli in tutte le città d'Italia e mentre loro caratteristica è data dalla causale di politica interna questa è logicamente da estender:si all'episodio dell'Edinost di Trieste, giornale italiano (per quanto di lingua slava) che svolgeva una tenace astiosa e violenta campagna contro 'il Governo nazionale sfruttando l'elemento delle mene allogene.

Invece dimostrazione di Zagabria diretta contro Italia e contro R. Autorità consolari rJveste carattere di offesa ad uno stato amico. Inoltre devesi rilevare il fondamentale contrasto nel contegno delle rispettive autorità che mentre dimostra in quelle italiane coscienziosa preoccupazione di infrenare eccessi e colpire energicamente responsabili rileva invece svogliatezza se non addi

rittura connivenza delle autorità jugoslave di Zagabria, le quali non hanno impedito che venissero bruciate bandiere italiane, hanno fatto partecipare forza pubblica al corteo dell'Orjuna, e sopra tutto non hanno proceduto ad alcun arresto. Si imptme quindi che venga data senza indugio all'Italia ed alla sua opinione pubblica quella giusta soddisfazione che ha diritto di aspettarsi dal Governo di un paese amico, in ripaTazione di quanto, in grandissima parte per la colposa insipienza delle autorità locali, ha potuto verificarsi. Tale riparazione che lascio all'alto senso di dignità patriottica della E. V. di concretare nei dettagli di accordo con codesto Governo, dovrà necessariamente comprendere oltre l'arresto e la immediata esemplare punizione dei colpevoli e la l"imozione delle autorità locali responsabili, una esplicita deplorazione ufficiale da parte del Governo.

(l) -Con il T. gab. (p. r.) p. s. 316, spedtto il 6 novembre 1925, non pubblicato, Mussoli,ni dava istruzioni a Bodrero di raccogliere riservatamente informazioni sullo stato d'animo nei confronti dell'Italia delle sfere dirigenti S.H.S. (2) -T. gab. 2488/517, trasmesso 1'8, ore 18,30. per. ore 22 e T. gab. 2481/4111, trasmesso 1'8, ore 21,45, per. ore 24, non pubblicati: dimostrazioni antitaliane a Zagabria davanti al consolato ed alla abitazione del console. (3) -Trasmesso 1'8, ore 24, non pubblicato.
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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2533/523. Belgrado, 10 novembre 1925, ore 23,35 (pe1·. ore 4 deH'll).

Telegramma di gabinetto di V. E. n. 1375 (1).

l) Ho chiesto ed ottenuto dal consiglio dei ministri riunitosi d'urgenza la immediata destituzione del prefetto di Zagabria perchè: «fu possibile che nel territorio di Serbia venisse bruciata una bandiera italiana, recata offesa all'autorità conso·lare di una potenza amica, e svolta una dimostrazione ostile all'Italia :. .

2) Il ministro Antonievich dovrà recarsi .subito a presentare a V. E. le scuse del suo Governo per gli incresciosi Incidenti e dovrebbe a quest'Oil"a averlo già fatto.

3) Domani in mattinata il ministro aggiunto degli affari esteri dott. Markovic verrà alla legazione a farmi visita per deplorare l'incidente. E ciò oltre le deplorazioni fatte alla Scupcina da Nincich stamane.

4) Tutti gli anresH saranno mantenuti e gli studenti di Zagabria arrestati sono stati deferiti al tribunale.

5) Circa danni materiali si provvederà in seguito ma saranno indennizzati.

6) Oltre alla destituzione del prefetto di Zagabria saranno puniti il capo della pofizia sia di Zagabria che altrove ove siasi mostrata ineffi.csce la loro opera. Ha approvato inoltre (2) la destituzione del capitano distrettuale di Veglia

o del capo della polizia ed il ministero deWinterno provvederà appena avrà ricevuto il rapporto.

La destituzione del prefetto di Zagabria creatura di... [manca] ha incontrato qualche diffi.coltà ma ciò aumenta anzi l'importanza della soddisfazione data all'opinione pubblica italiana.

'"' Sottinteso: il consiglio dei ministri.

(l) Cfr. n. 169.

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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2570/529. Belgrado, 12 novembre 1925, ore 22,50 (per. ore 2,10 del13).

Non solo i giornali di opposizione ma anche radicali contengono oggi attacchi violenti contro Stefano Radich che si oppose accanitamente alla rimozione del prefetto Zagabria in seguito noto incidente (1). Indubbiamente allontanamento del prefetto è dovuto all'atteggiamento deciso assunto in consiglio dei ministri dal presidente Pasich a cui i ministri radiciani si sono piegati dopo aspra resistenza. Per la prima volta, Governo radicale radiciano si è trovato di fronte ad un problema che ha fatto ,riapparire il contrasto insanabile fra la politica serba e la tendenza croata slovena che non si è ancora spogliata dell'impronta dell'ex impero, che dalla sconfitta ha tratto motivi di più profonda ostilita verso -l'Italia, [che] sia dal contegno delle sfere ufficiali che da manifestazioni innumerevoli e da molti altri sintomi, deduce che serbi hanno tenuto in questa occasione ad imporre la loro volontà in aperto contrasto con la tendenza delle due altre razze del regno, e ciò in una questione di politica estera nella quale croati e sloveni erano i più direttamente interessati. Di fronte al pericolo di un contrasto con l'Italia i serbi -oggi forse per la prima volta dopo la formazione del regno jugoslavo -si sono rifiutati di avventurarsi in una questione della quale fanno colpa ai croati e sloveni ed alla quale l'opinione pubblica serba ha mostrato ,chiaramente di sentirsi estranea.

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IL MINISTRO DELLE FINANZE, VOLPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) 794/172. Washington, 12 novembre 1925, ore 18,52

(per. ore 3 del 13).

Nel render noto al pubblico accordo qui raggiunto (2) mi pare indispensabile venga messo in evidenza la differenza che esiste tra il debito verso Stati Uniti e quello verso Inghilterra con la conseguenza che la condizione

• 2) La Delegazione Italiana ebbe in alcuni casi la sensazione, in altri la prova, di poter contare :

a) sull'appoggio dei più influenti gruppi bancari e finanziari americani, desiderosi, ancor più che di concludere un prestito con l'Italia, di veder sgombrato il terreno da questa spinosa questione e preparata la possibilità di una ripresa di negoziati anche con la Francia;

b) sulla tendenza, maturatasi in seno alle organizzazioni industriali ed anche alla Federazione americana del lavoro, di vedere risolta in modo liberale la questione dei debiti. perchè persuasi finalmente che i pagamenti di questi debiti interstatali non possono avvenire per la maggior parte che mediante importazioni di merci nel paese creditore.

c) sull'appoggio dei cattolici degli Stati Uniti, e ciò in seguito ad opportuni passi fatti, prima della partenza, a Roma e successivamente in America. d) sull'influenza dell'elemento italiano per l'importante numero di voti che esso rappresenta. Questa questione delicata non è stata naturalmente portata innanzi dalla Delegazione

dell'americano non possa applicarsi al debito inglese che dovrà essere sistemato su basi più favorevoli (1). Tutto ciò dovrà essere rilevato dalla stampa con la dovuta misura per evitare possibilmente di entrare in polemiche con la stampa inglese. Pertanto poi si dovrebbe evitare qualsiasi dichiarazione ufficiale in proposito limitandosi a suggerire nel modo opportuno questo rilievo ai giornali.

(l) -Cfr. n. 170. (2) -Il testo dell'accordo firmato a Washington il 14 novembre 1925, in Trattati e convenzioni ecc., XXXV (1925), pp. 448-469. Sulle trattative, cfr. l'ampia relazione (conservata in A C S. Carte Volpi) dettata da Alberto Pirelli, membro della delegazione italiana, durante il viaggio di ritorno il 25-30 novembre 1925. Fra l'altro il Pirelli scriveva:
173

IL MINISTRO DELLE FINANZE, VOLPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) S. P. 796/175. Washington, 12 novembre 1925, ore 7,31 (per. ore 5 del13).

Decifri ella stessa.

Per norma informo Governo americano cerca e cercherà presentare suo pubblico ac.cordo nella migliore maniera poss~bile secondo suo punto di vista onde sostenere minori critiche particolarmente congresso. Ad. esempio Governo americano a.ddizio~ tutte le cifre dei pagamenti nei 62 anni per capitale e interessi arrivando ad un assieme di due miliardi 407 milioni, senza dire che questi pagamenti differiti nel tempo hanno un valore attua.le piccolo e cioè di 433 milioni di dollari. Così pure mette in evidenza che annualità crescenti arrivano al sessantunesimo anno a 80 milioni di dollari senza dichiarare che il valore attuale di quelle annualità è piccoUssimo. In generale noi dobbiamo fa·cilitare conseguimento questo doppio effetto che amerdcani possano presentare loro pubblico nel miglior modo possibile l'accordo, e non nei suoi veri termini brutali di rinunzia dell'ottanta per cento come sta di fatto.

Italiana. Il farlo sarebbe stato gravissimo errore. Si è avuto lo stesso la sensazione che essa pure abbia avuto la sua parte nel determinare l'attitudine di alcuni fra gli uomini politici.

3) Inoltre, si è potuto trarre vantaggio dalle rivalità interne tra i capi della Tesoreria americana ed il Ministro del Commercio, Signor Hoover, nonchè fra questi e gli elementi democratici della Commissione.

4) Altro elemento non trascurabile è stato un certo astio verso i francesi ed il conseguente desiderio di differenziarsi con gli Italiani e di arrivare con essi ad una conclusianè •.

Per l'azione esercitata sul presidente Coolidge, il Pirelli scriveva fra l'altro: c ma sopratutto chi esercitò sul presidente un'azione assai efficace per quanto riservatissima, fu il sig. Dwight Morrow, uno dei capi della Casa ..Morgan, amico intimo del presidente. I contatti avuti attraverso Pirelli col sig. Morrow ebbero un carattere segretissimo, ma è certo che U suo intervento fu decisivo per ottenere che il presidente Coolidge chiamasse il sen. Smoot nella giornata più critica dei negoziati, e lo persuadesse ad abbandonare l'attitudine irremovibile che aveva assunto •.

La relazione di Pirelli cosi prosegue : •Un'azione favorevole esercitò pure l'ambiente cattolico, opportunamente predisposto, sia a Roma, sia mediante le conversazioni avute-a bordo del 'Duilio' con l'Arcivescovo Hanna di San Francisco sia mediante le visite fatte da S. E. Bonin e successivamente dal ministro Volpi, al Legato apostolico a Washington, monslgnor Fumasoni Biondi •.

Fra gli c argomenti complementari usati a titolo personale e riservato nelle riunioni confidenziali o nelle conversazioni private. Pirelli menzionava quello della cripercussione in Europa di un eventuale fallimento del negoziato italiano; possibilità di costituire un blocco continentale per il ripudio dei debiti..

tagna fu firmato a Londra il 27 gennaio 1926. Il testo, in Trattati e convenzioni ecc., XXXVI (1926), pp. 5-16.

(l) L'accordo per il consolidamento del debito di guerra dell'Italia verso la Gran Bre

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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2617/528. Belgrado, 12 novembre 1925 (per. il 14) (1).

Durante gli avvenimenti svoltisi in Jugoslavia in seguito fatti di Trieste, ho dovuto constatare che R. consolati dipendenti, seguendo primo impulso comprensibile ed umano derivante da manifestazioni spesso violente, hanno telegrafato a codesto ministero ed a questa R. legazione notizie che sottoposte poi a più serena disamina, sono apparse per lo meno esagerate.

Cito ad esempio primo telegramma del R. console generale a Zagabria

n. 4112 dell'8 corrente e successivo telegramma dello stesso funzionario n. 4121 d.el 9 corrente che attenuava sensibilmente il primo (2). Per evitare gli inconvenienti che possono derivare da una troppo affrettata trasmissione di telegrammi, ed al fine di permettere a questa R. legazione (che, sedendo vicino alle sfere governative ed in ambiente sereno, può valutare esatta portata fatti) di assumere piena responsabilità circa azione da svolgere, proporrei a V. E. di voler impartire ai consolati dipendenti istruzioni nel senso che, salvo casi eccezionalissimi, i telegrammi di natura politica vengano dai medesimi inviati esclusivamente a questa R. legazione la quale penserà poi ad informare codesto R. ministero. Ciò dovrebbe, si intende, valere per i soli telegrammi mentre che per i rapporti si continuerebbe a praticare come di consueto. A tal proposito il R. console generale a Spalato, nel mentre ha trasmesso a codesto ministero alcuni telegrammi, non ha trasmesso altri e precisamente i più rassicuranti se non dietro mio invito.

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L'AMBASCIATORE A MOSCA, MANZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) S. 807/291. Mosca, 13 novembre 1925, ore 19 (per. ore 7 del14).

Decifri ella stessa.

Nella prima visita fattagli [Litvinov] mi ha chiesto se corrispondentemente a quanto annunziatogli da Kergenseff io aveva da V. E... (3) gli ho risposto che non ne aveva e che a mia impressione questa era materialmente da trattarsi non tramite Kergenseff, ma direttamente con la persona di V. E. e una personalità soviettica specialmente autorevole e specialmente incaricata coi relativi necessari poteri. Se Cicerin, ho detto, a cura terminata (prevedo resterà in cura tutto novembre) andrà riposare in Italia, potrebbe egli stesso trovare occasione di conferire con V. E. al riguardo. Litvinov mi ha chiesto allora se una visita a Roma sarebbe stata gradita. Gli ho risposto che per la visita in Italia Kergenseff aveva già una risposta diretta di V. E. anche per eventualità di possibili viaggi di V. E. Litvinov definisce con malcelata acrimonia accordo Locarno come

vittoria~diplomatica Inghilterra tendente isolare Russia, quasi sprezzantemente escludere entrata Russia Società Nazioni èhe definisce malizia Governi capitalisti sotto preponderante influenza Inghilter,ta e Francia e giudica senza risultato le manifestazioni Governi borghesi a favore pace e disarmo (1).

(l) Sic.

(2) -Non rinvenuti. (3) -Gruppo indecifrato.
176

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, PREZIOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE (P. R.) 625/808. Londra, 13 novembre 1925 (per. H 16).

Il Daily ReraZd, il giorno stesso in cui giunse a Londra la notizia del mancato attentato contro V. E., ha pubblicato in una sua nota editoriale che un «prominente italiano» aveva emesso dubbi e riserve circa i fatti svoltisi a Roma. Mie riservate indagini non mi hanno ancora messo lin grado di poter asserire in perfetta coscienza l'esatto nome di chi avrebbe dato quelle informazioni. Mi sono stati segnalati due connazionali in Londra, entrambi violenti anti-fascisti e già noti a questa R. ambasciata.

Da parte sua il Manchester Guardian ha riporta~to il testo di una lettera ad esso diretta dal noto pubbl,icista italiano signor Crespi, e nella quale viene sostenuto che, qualunque sia il grado di verità del complotto contro l'on. Mussolini, tale complotto è ora sfruttato dal fascismo pelf distruggere il partito socialista unitario italiano, e sopprimere i due organi di quest'ultimo La Giustizia e Il lavoro, prima che si inizi il processo Matteotti. Il ,signor Crespi continua affermando che n complotto in parola è anche sfruttato aUo scopo di « affrettare l'approvazione da parte del senato della legge con cui il governo fascista abolisce i diritti di riunione, associazione e stampa, si arroga il diritto di licenziare qualunque funzionario ·che non gli aggrada, e di confis.care le proprietà o togliere la nazionalità italiana a quei suoi cittadini che si rifiutano di obbedire agli ordini delle ambasciate itaLiane all'estero ».

Il signor Crespi, nel corso della sua lettera, nota poi che le persone arrestate per il complotto non sono nè comunisti nè anarchici, ma ufficiali che s·i sono distinti in guer.ra, e che tra popolari liberali e socialisti moderati si fa sempre più strada un mov·imento anti-monarchico.

L'odierno Manchester Guardian riporta pure una lettera firmata «un italiano» e nella quale l'autore protesta contro l'asserzione di un cotoniere di Manchester il quale aveva dichiarato essere stato presente alle cerimonie dell'ultimo anniversario della marcia su Roma e avere riportato impres·sione che popolo italiano è entusiasta per Mussolini. L'autore della lettera scrive che l'oppressione economica e politica degli operai cotonieri itaiJiani -riducendo i loro salari ad un terzo dei corrispondenti salari britannici --è la ~causa diretta della disoccupazione che infierisce in Gran Bretagna tra i cotonieri. L'autore conclude con l'affermare che gli italiani si sentono stupiti ed atterriti nel vedere che alcuni stranieri trattano così leggermente i dolori e le vergogne

deH'Italia.

L'odierno Times in un articolo senza indicazione di provenienza o di data, scrive che «secondo informazioni private avute a Londra da fonte attendibile » l'applicazione della censura in Italia starebbe provocando uno stato di tensione nervosa che potrebbe portare a tristi conseguenze. Il Times aggiunge che questo regime di censura favorisce lo spargersi, in Italia, di ogni sorta di voci fantastiche, e l'avvalorarsi della sfortunata impressione che l'affare Zaniboni venga usato come un pretesto per distruggere le varie organLzzazioni dell'opposizione aUa vigilia del processo Matteotti.

(l) Annotazione marginale di pugno di Mussolini: • una visita di Cicerin in Italia sarà gradita -epoca 10-15 dicembre. M. •·

177

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) s. RR. 820/169. Budapest, 15 novembre 1925, ore 12,50 (per. ore 15).

Decifri Ella stessa.

Mio telegramma 155 (1).

Ho avuto n:etta impressione che eventuale nostro passo in favore comunisti un

gheresi riuscirebbe assai sgradito specie dopo valanga proteste petizioni ricevute

da tutto il mondo. Secondo ministero affari esteri è accertato essi tentassero

colpo instaurare in Ungheria nuovamente regime comunista richiamandone a

capo Bela-Kun. Condanna a morte non sarebbe da escludersi.

178

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, PREZIOSI

T. GAB. (P. R.) 343. Roma, 17 novembre 1925.

Bisogna reagire -con lettere ed interviste che secondo abitudine giornali inglesi vengono pubblicate contro manifestazioni simili a quelle segnalatemi da

V. S. (2). Bisogna sopratutto criticare atteggiamento rinnegati italiani e insistere sulla quasi unanime -dico unanime -adesione del popolo italiano al regime .fascista.

179

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, PREZIOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 2708/822. Lon,dra, 17 novembre 1925 (per. il 22).

Mio telegramma gab. n. 811 (3).

Radicale DaiZy News rileva in odierno articolo di fondo che organizzare dimostrazione laburiRta ostile V. E. in storica occasione firma patto Locarno sa

rebbe fare offesa ad una nazione amica e compiere un'azione non in armonta con spirito di Locarno.

D'l parte sua Mnncheste·r Guaràian informa essere probabile che partito laburista deliberi corrente settimana astenersi qualsiasi cerimonia in cui intervenisse V. E. Stesso giornale aggiunge poi che qualora venisse soppresso Corriere della sera, giornalisti inglesi non potrebbero restare silenziosi.

A quest'ultimo proposito segnalo altresì che corrente in difesa mantenimento Corriere della sera si diffonde anche in elementi non strettamente laburisti o radicali.

(l) -T. gab. (p. r.) s. rr. 688/155. trasmesso il 28 ottobre, per. ill 29, non pubblicato: inopportunità di un intervento di Mussolini a favore dei comunisti ungheresi processati a Budapest. (2) -Cfr. n. 176. (3) -T. gab. (p. r.) 816/811, trasmesso il 14, ore 18,50, per. ore 21,40, non pubblicato:articolo della Westminster Gazette circa il possibile arrivo di Mussolini a Londra per la firma del patto di Locamo.
180

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. CONF. 2665/331. Costantinopoli, 18 novembre 1925, ore 14 (per. ore 21).

TaHani è tornato da Angora. Nell'amichevole colloquio avuto ministro affari esteri non gli fece più mistero del suo disappunto e della sua preoccupazione per il fatto che Governo inglese nonostante indirette aperture Governo turco e basi dell'accordo da esso offerto (Consorzio petrolifero, Cessione Glala e zona vicina... (l) zona del... (l) patto sicurezza tra Governo persiano e Irak) persisteva nel suo atteggiamento intransigente sottolineato da recente discorso di Amery che secondo ministro affari esteri verrebbe a confermare r.iserva impostasi da Sir Ronald Lindsay con Tewfik pascià Rusdi e poi con Ismet pascià; riserva che come è naturale deve corrispondere a precise istruzioni del Foreign Office.

Mi riferisce Taliani che le notizie circa ·l'acuirsi del conflitto hanno dato luogo a continui scambi d'idee tra il Gazi, presidente del consiglio e ministro affari esteri. Questi aggiunse a Taliani che mentre questione .poteva a suo avviso essere facilmente risolta fra i due interessati insistenza bri.tannica a defeTirla alla Lega delle Nazioni che era oggi un consorzio anglo-sassone acuiva pericolo deUa situazione poichè Turchia pur rifuggendo nel momento attuale da ogni eventualità di guerra spinta dal suo diritto alla vita, avrebbe àovuto lottare fino all'ultima ratio contro tale ingiusta mutilazione del territorio. Ministro affari esteri poneva ogni sua speranza i:n una resipiscenza della

S. d. N. provocata da una più esatta coscienza e popolarità del problema e dalla convinzione da essa acquisita che Mossul avr·ebbe dato all'Inghilterra (porta?) dell'Asia. Ministro affari esteri confiqava che eminente giurista italiano chiamato a presiedere riunione Ginevra avrebbe più che altro apprezzato ragioni di giustizia e .equità su cui basavasi tesi turca. Pregò Taliani esprimermi tale sua fiducia perchè ne faccia parte a V. E. e disse sarebbe felice potere avere dall'E. V. conferma di un nostro benevolo atteggiamento facendo intendere che esso sarebbe stato tenuto in gran conto oggi e domani dal Governo Angora. Ministro mi ha fatto ripetere che 24 corrente passando da Costantinopoli mi visiterà. Prego V. E. impartir.e istruzioni a norma di linguaggio mio tenendo presente anche considerazioni esposte nell'ultima parte del mio telegramma per corriere 307 del 24 ottobre scorso (2).

(l) -Gruppi indecifrati. (2) -Cfr. n. 163.
181

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, PREZIOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) R. 849/823. Londra, 18 novembre 1925, ore 24 (per. il 19).

Mio teleg.ramma gab. n. 811 (1).

Daily Herald insiste che capi laburisti non dovrebbero prender parte cerimonie per patto Locarno alle quali assistesse S. E. Mussolini. Giornale sottolinea parole dette da segretario unione macchinisti circa incipiente disposizione ferrovieri ad astenersi guidare treno occupato dal « responsabile del regime politico che ha maltrattato Trade-Unions italiane». Aggiunge che dette eventuali manifestazioni non potrebbero che mettere a disagio nostro presidente e cagionare una pubblica commozione, sicchè «il solo menzionare tale possibilità dovrebbe tenere Mussolini lontano così come restò Io Czar venti anni fa ,_ Giornale poi inveisce contro articoli di ieri del radicale Daily News (mio telegramma per corriere 822) (2) « per aver mostrato una costernazione alla sola idea che Mussolini non fosse qui educatamente ricevuto»

Ho riferito punti principali sciocco articolo dell'organo socialista per segnalare: l) che fino oggi non è stata presa in realtà akuna decisione àa parte degli organi 1responsabi1i del Labour party nei riguardi venuta presidente del consiglio; 2) che persistente dubbio circa venuta o meno di S. E. sembra cominci provocare la velleità di gesti politici da parte di secondarie figure del Labour party; 3) che tutte queste velleità sono poi acuite dalla circostanza che discussione parlamentare sui fascisti inglesi ed i limiti costituzionali della loro attività (mi riferisco mio telegramma n. 809) (3) si stanno svolgendo Camera dei Comuni proprio in questi giorni; 4) che nessun mio amko personale del Foreign Office o mio antico conoscente mi ha fatto finora il minimo e più confidenziale accenno a paventate volgarità o contro dimostrazioni; 5) che opposte notizie stampa da Roma intensificano generale interesse conoscere se e quando presidente del consiglio si recherà a Londra.

Ciò premesso sarò grato mi venga comunicata appena possibile decisione presa S. E. ·e ciò perchè riterrei opportuno doverla rendere immediatamente pubblica sia per troncare così tutte le speculazioni che si cominciano a fare, sia per frustrare quelle false e vili interpretazioni che potrebbero essere lanciate da inqualificabili elementi in seguito a eventuali decisioni negative che si apprendessero all'ultimo momento. Ad ogni buon fine aggiungo che circa venuta S. E. Mussolini Tyrrel ebbe a dirmi confidenzialmente giorni fa che nella lista inviata dal ministero degli affari esteri al Foreign Office non figurava suo nome benchè esso fosse il più atteso ma che egli sapeva avere S. E. parlato come di cosa probabile a Chamberlain a Locarno.

(l) -Cfr. p. 130, nota 3. (2) -Cfr. n. 179. (3) -T. gab. per corriere (p. r.) 826/809, trasmesso il 13, per. il 17, non pubblicato: questioni su cui i partiti di opposizione intendono sollevare dibattiti al parlamento inglese.
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IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2716/119. Addis Abeba, 21 novembre 1925, ore 21 (per. ore 14 del 22).

Rispondo al telegramma di V. E. n. 1422 (1).

Convenzione del 1897 stipulata da Nerazzini con Menelik senza tener conto considerazioni e necessità etniche e geografiche e regolarmente ratificata dal R. Governo ha stabilito che il confine tra la Somalia italiana e l'Etiopia partendo dal Sudan [sic] a monte di Bardera [sic] segue linea parallela mare alla distanza indicata 180 miglia. Tale linea venne modificata per H trattato tra il Giuba ed il Uebi Scebeli con l'accordo 16 maggio 1908 da me sottoscritto con la nuova linea che partendo da Dolo sul Giuba raggiunge Uebi Scebeli punto intevsezione antica linea di confine. In aggiunta a quanto sopra è detto all'articolo 4 che tutto il territorio Ogaden rimane Etiopia. Esame carte geografiche esistenti appare evidente che la nuova linea di confine proposta da S. E. governatore Somalia si allontana di gran lunga nello interno linea di confine stabilita da Nerazzini raggiungendo, in alcune località, distanza 300 miglia dal mare; le località suddette sono inoltre ben conosciute da Governo etiopico che già vi ha esercitato diritto di sovranità. È mio dovere far presente a V. E. che questo Governo si rifiuterà energicamente a riconoscere tale rettifica confine e di fronte ad eventuale fatto compiuto da parte nostra, esso non mancherà di protestare fin presso Società delle Nazioni. È bene ricordare che dalla morte di Menelik questo Governo si è mostrato specialmente intransigente nella questione dei confini. A questo proposito, malgrado la conferma dell'alto commissario Giuba, comunicatami con dispaccio 24224/51, sono in grado di affermare che nessun cambiamento o rettifica di frontiera è avvenuta sulla frontiera etiopica col Governo britannico, ad ogni buon fine, ricordare a V. E. che Ras Tafari durante sua permanenza Roma espresse sua aspirazione per lo sbocco al mar Rosso offrendo ,come compenso una eventuale rettifica di frontiera in Somalia; potrebbe forse essere questa la sola base per delle eventuali trattative.

183

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE BOSDARI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2750/372. Berlino, 22 novembre 1925 (per. H 24) (2).

Seguito miei telegrammi per filo cifrati n. 368, 369, 370 (3).

V. E. avrà notato nelle dichiarazioni di Stresemann riassunte nell'ultimo dei precitati telegrammi che egli si è limitato a deplorare che alcuni deputati si s1ano permessi di pronunzia,re giudizi ingiuriosi in merito alla politica interna

dell'Italia, ma quanto alla questione del Tirolo del sud argomento principale

delle recriminazioni dei deputati tedeschi si è astenuto dall'esprimere un bia

simo in merito a tali recriminazioni limitandosi a dire che sarà tempo di occu

parsi delle questioni concernenti le minoranze tedesche in paesi esteri quando

la Germania sarà entrata nella Lega delle Nazioni (1).

Questa riserva da lui fatta al Reichstag corrisponde esattamente a quanto disse a me allorquando mi recai da lui per chiedergli che disapprovasse pubblicamente le frasi ingiuriose rivolte contro il R. Governo. Stresemann mi disse allora che non avrebbe potuto prendere chiara posizione contro i deputati che avevano criticato l'azione italiana nel Tirolo del sud perchè a lui giungevano rapporti gravissimi in argomento. Io interruppi violentemente la conversazione dicendogli che di tale argomento col ministro degli affari esteri del Reich non mi consideravo lecito di intrattenermi nemmeno in via confidenziaLe ed amichevole, essendo essa questione assolutamente esclusa dai rapporti fra Germania ed Italia.

Non vi è dubbio che il proposito manifestato da Stresemann al Reichstag avrà effetto non appena la Germania sarà entrata nella Lega delle Nazioni, e tutti i paesi che hanno nei loro confini delle minoranze tedesche debbono credo 10 attendersi allora a continue 'e fastidiose immistioni della Ge,rmania a mezzo della Lega delle Nazioni e ritengo che l'Inghilterra prenderà in questi affari costantemente la parte della Germania visto che ad essa ciò non costerà nulla.

È anche da notare che dopo le parole di Stresemann prese a parlare il conte Rewentrow del partito populista, ossia estremo nazionalista, rincarando sulle accuse contro l'Italia di avere portato contro i tedeschi del Tirolo un « terrorismo inaudito» e che quindi il trattato di commercio con l'Italia, già attaccabile da molti lati, riuscirà sgradito al popolo tedesco e non recherà nessuna pacificazione. Finita la discussione senza che siano state sollevate serie obbiezioni contro il nostro trattato dal punto di vista tecnico commerciale, esso è stato passato alla commissione degli affari esteri.

(l) Del 14 novembre, non pubblicato: intenzione di rettificare il confine somalo-abissino.

(2) Sic.

(3) Con questi telegrammi, non pubblicati, De Bosdari riferiva su discorsi italofobi pronunciati al Reichstag il 20 novembre in occasione della discussione del trattato di commercio 1talo-tedesco, sulla protesta da lui presentata a Stresemann e sulle dichiarazioni di quest'ultimo.

184

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. GAB. 1491. Roma, 24 novembre 1925, ore l.

Come giustamente osserva V. E. nei suoi interessanti rapporti telegrafici

n. 307 del 24 ottobre e n. 331 in data 18 novembre (2), la questione di Mossul non

Da queste manifestazioni parlamentari e dal linguaggio della stampa di tutti i partiti, compreso il nazionalista, divenuto ad un tratto aspro_ ed inimichevole per l'Italia, dedussi e feci presente al mio Governo che i patti di Locarno non avevano tardato a produrre il preveduto effetto.: quello cioè di far convergere verso l'Italia il furore teutonico arginato da quei patti in tutte le altre direzioni, e lasciato libero nel suo corso soltanto verso la frontiera italiana non voluta o non potuta garantire con accordi internazionali nello stesso modo che tutte le altre •.

comprende in sè direttamente interessi italiani, ma li coinvolve indirettamente

per le ·ripercussioni che il nostro atteggiamento potrebbe avere sulla nostra po

sizione a Londra o ad Angora.

La politica amichevole che il Governo nazionale ha creduto di dover pro

seguire nei riguardi della Gran Bretagna, e che ha assicurato all'Italia il pieno

appoggio inglese in questioni internazionali di notevole interesse italiano spe

cialmente nel campo coloniale ed in quello mediterraneo, non potrebbe consi

gliarci di assumere un atteggiamento di aperta ostilità verso la Gran Bretagna

nell'anzidetta questione.

Ciò non deve però evidentemente significare che possa comunque essere

nostro intendimento il tralasciare di tenere nella dovuta considerazione l'impor

tanza per l'Italia di consolidare e sviluppare maggiormente in avvenire i nostri

molteplici interessi in Turchia, nè sembra quindi che possa convenirci dichiararci

decisamente contro la tesi turca.

Da tali considerazioni risulta la convenienza per noi di attenerci nella com

plessa questione ad una linea di condotta intermedia che ci permetta di seguire

accortamente Io svolgimento della contestazione e di regolarci a seconda delle

circostanze nel modo più rispondente all'interesse politico dell'Italia.

A queste prudenti direttive la E. V. vorrà ispirarsi nelle sue conversazioni con codesto ministro affari esteri cos!ì come è stato fatto qui in Roma coll'ambasciatore di Turchia che ripetutamente ha portato il discorso sulla questione di Mossul come di propria iniziativa ed al quale peraltro è stata data assicurazione che il presidente italiano nella prossima riunione di Ginevra uniformerà la sua condotta ai principi di giustizia e di equità e che tutti gli elementi di giudizio

o proposte conciliative che la Turchia vorrà presentare ,saranno prese dai nostri delegati nel dovuto attento esame.

Debbo infine richiamare J'attenzione di V. E. anche su ·considerazioni suggerite dall'esperienza già da noi fatta in precedenti occasioni. Dai recenti suoi telegrammi circa Mossul e particolarmente da quello n. 8408/1228, risulta come si sia andata manifestamente affievolendo nell'ultimo periodo l'intransigenza bellicosa già così strombazzata su tutti i toni dai turchi, ed è perciò non fuori di luogo ricordare ad ogni buon fine il consuetudinario sistema turco (da noi stessi già purtroppo frequentemente sperimentato sia a Losanna che dopo) di indurci ad assumere con promessa di compensi un atteggiamento a loro favorevole in questioni scabrose allo scopo di riuscire ad intese dirette con la Gran Bretagna senza più curarsi degli impegni assunti nè delle difficoltà createci.

(l) Cfr. quanto scrive il De Bosdari nelle sue Memorie: • Simile proposito manifestò il Cancelliere Luther nel corso della discussione parlamentare per i patti di Locarno; nè io mancai nei miei rapporti intorno a quella discussione di farlo rilevare al mio Governo, come pure che il deputato Koch, capo del partito democratico destinato probabilmente a far parte del futuro Governo, aveva asserito che l'estremo svolgimento dei patti di Locarno doveva essere l'unione dell'Austria col Reich.

(2) Cfr. nn. 163 e 180.

185

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, DELLA TORRETTA, E A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. 1496. Roma, 25 novembre 1925, ore 17,35.

Secondo n. testo pubblicato dai giornali italiani, il cancelliere Luther nel suo recente discorso al Reichstag (l) avrebbe detto queste precise parole: «Nella

questione delle colonie è stato riconosciuto il diritto della Germania e le saranno affidati dei mandati coloniali». Non mi risulta che a Locarno siano intercorse intese del genere, comunque sarà bene mettere sull'avviso i Governi che l'Italia in materia di mandati coloniali rivendica il suo incontestabile diritto di priorità e che se questo diritto fosse misconosciuto l'Italia è decisa riesaminare tutta situazione anche nei confronti politici Locarno re a negare in ogni caso la sua adesione a deliberazioni che ne misconoscerebbero duramente interessi e diritti.

(l) Pronunciato il 23 novembre.

186

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI' A LONDRA, DELLA TORRETTA, E A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. PRECEDENZA ASSOLUTA S. 1498. Roma, 25 novembre 1925, Ore 20.

Nel mio telegramma gabinetto segreto n. 1496 (1), relativo alle colonie tedesche e alla possib.ilità di affidare alla Germania mandati coloniali, ho inviato all'E. V. le mie direttive di massima su tutta la questione acciocchè le potessero servire di norma in ogni eventuale imprevedibile circostanza.

Le relative conversazioni dovranno però svolgersi con la massima prudenza e assai gradualmente per evitare che i Governi alleati si trincerino di fronte alla Germania in una posizione assai comoda, addossando ogni responsabilità del loro atteggiamento all'opposizione dell'Italia.

In un primo tempo quindi ella dovrà limitarsi a chiedere a codesto Governo se la dichiarazione del cancelliere Luther riportata nel mio precedente tele.. gramma sia esatta, e nel caso affermativo per quali ragioni la relativa delibera·· zione non è stato portata a mia conoscenza.

Attenderò di conoscere la risposta di codesto Governo per decidere i termini precisi dell'ulteriori comunicazioni da fargli {2).

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO

T. GAB. 1508. Roma, 27 novembre 1925, ore 24.

Ho ricevuto suo telegramma n. 119 {3).

Poichè sembra che notizie operazioni in corso nella Somalia settentrionale giungano costì travisate e possano desta,re diffidenza, credo utile autorizzare V. E. acciocchè nel modo e nella forma che riterrà più opportuni dichiari a codesto Governo che tali operazioni hanno unico scopo regolare nostre occupazioni

nei due sul.tanati di Obbia e dei Migiurtini. Le istruzioni date al govematore della Somalia gli impongono tassativamente di non turbare comunque alcun interesse etiopico.

V. E. vorrà anzi confermare formalmente a codesto Governo miei intendimenti di perseguire in modo assoluto nei suoi riguardi una politica di cordiale amicizia, convinto che i rapporti di reciproca fiducia fra i due paesi rispondano ai veri 1nteressi d'Italia e di Abissinia.

(l) -Cfr. n. 185. (2) -Con T. gab. 2914/157, trasmesso il 9 dicembre, ore 18, per. ore 21,50, non pubblicato,Theodoli informava da Ginevra Mussolini che Chamberlain gli aveva smentito la voce di essere favorevole alla attribuzione di un mandato coloniale alla Germania, anche cperchè se si dovesse riconsiderare questione della distribuzione dei mandati si dovrebbe, come egli ha detto a Locarno ai tedeschi. tenere conto anzitutto di un'altra potenza alleata che non ha avuto in questo campo nulla e cioè l'Italia•. (3) -Cfr. n. 182.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2803/868. Londra, 28 novembre 1925, ore 21,50 (per. ore 15 del 29). Malgrado che a causa lutto di corte cerimonie ufficiali per firma patto Locarno siano state revocate pure questa sera giunge notizia essere probabile che arriveranno Londra membri di tutti i governi interessati. Forei!gn Office mi comunica ora che S. M. il re riceverà in udienza firmatari del patto. Ciò pertanto giudicherà V. E. se anche per evitare che promotori inconsulto movimento in relazione viaggio di V. E. ascrivano a proprio successo la non

venuta di V. E., non sia il caso far pubblica11e costì dal:la Stefani comunicato che spieghi nettamente ragioni per le quali è stato delegato S. E. Scialoja.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

T. GAB. 1529. Roma, 30 novembre 19.25, ore 24. Facda mettere in rilievo le leggi fasciste votate in questi ultimi giorni e precisamente: l) legge sul capo di Govel'no; 2) fuorusciti; 3) alcoolismo; 4) protezione maternità e infanzia; 5) ordinamento forense; 6) magistratura del lavoro; 7) poteri dei prefetti; 8) consigli provinciali dell'economia nazionale; 9) leggi sul podestà per 7 mHa comuni del regno; oltre le minori.

È questo un complesso di leggi che creano il regime fascista e possono giovare di orientamento anche in altri paesi.

13 --- DrHJtmenti dij,/omatici -Serie VII -Vol. IV

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2837/332. Parigi, 30 novembre 1925 (per. il 2 dicembre). Ho già avuto una prima lunga conversazione con Berthelot nei riguardi delle relazioni tra la Francia e l'Italia, che in questi ultimi tempi sono divenute singolarmente tese per la inqualificabile campagna condotta dalla stampa del cartello; campagna, alla quale, dopo molta sopportazione, risponde oggi con uguale violenza la stampa italiana. Benchè mi rendessi conto che i motivi reali di questo atteggiamento dovessero ricercarsi in considerazioni di politica interna, in quanto la stampa summenzionata credeva in tal modo di combattere la costituzione di un fascismo francese, .cercando però di dipingere quello italiano come un regime abominevole, io dovevo tuttavia deplorare che giornali rappresentanti la maggioranza al Governo potessero dimenticare il sentimento della loro responsabilità, tanto da porre in pericolo i rapporti di amicizia e di solidarietà che dovrebbero sussistere tra i nostri due paesi. Male aveva corrisposto questa stampa alle prove sostanziali di amicizia che il Governo nazionale italiano aveva dato alla Francia e alla sua perfetta correttezza nei riguardi della politica interna di questa. Ho aggiunto che attiravo con speciale forza l'attenzione del Governo francese su tale situazione per le seguenti considerazioni: In primo luogo non trattavasi più di una polemica passeggera, per cui potesse sperar·si che dopo le eccessive effervescenze da una parte e dall'altra si ritornasse ai rapporti normali. La campagna del cartello contro il regime italiano faceva parte essenziale del programma di tutti i gruppi politici sostenitori del Governo. Se i giornali cartellisti, come diffusione, non rappresentavano una mag_ gioranza di lettori, non erano però meno l'esponente della maggioranza uscita dall'elezione dell'H maggio. In Italia pochi si rendevano conto del carattere utilitario di questa campagna e quindi si andava radicando l'opinione di una irreparabile inconciliabilità di collaborazione tra le due nazioni, cagionata dalla intromissione dei partiti del cartello france·se nei nostri affari interni. In secondo luogo, si andavano accumulando in Francia masse importanti di fuorusciti, i quali tutti, dagli anarchici in su, trovavano in questa campagna diffamatoria alimento ai loro odii, e incoraggiamento a cospirare contro il regime che l'Italia si è data ed è decisa a difendere. Il Governo italiano doveva preoccuparsi del fatto che così scarsa azione fosse esercitata per risanare questa atmosfera di odio verso un Governo amico; atmosfera generatrice di violenze e di attentati. Il signor Berthelot ha preso nota di queste mie dichiarazioni che mi pro

pongo di fare anche al signor Briand, non appena egli abbia assunto la direzione del Governo.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A PRAGA, PIGNATTI

T. GAB. (P. R.) 402. Roma, 3 1dicembre 1925, ore 21,45.

Per quanto dichiarazioni ministro Girsa siano insulse ed insoddisfacenti non intendo dar seguito all'incidente anche perchè non saranno quattro miserabili a spiantare il solidissimo regime fascista. Invito tuttavia V. S. a recarsi da Benes o da chi per lui a significargli in maniera nettissima che se non si cambia metodo il Governo fascista prenderà le misure necessarie.

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APPUNTO DEL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CONTARINI

Roma. 4 dicembre 19!25.

Il Signor Wagnière mi ha dichiarato che deplorava, biasimava, condannava l'atteggiamento del giornale comunista di Basilea e che avrebbe immediatamente richiamato l'attenzione del suo Governo sull'indegnità di tale pubblicazione.

Ha osservato che disgraziatamente il Governo Centrale svizzero si trova quasi disarmato di fronte agli organi locali della stampa a causa delle disposizioni legislative poco severe. Ma ha aggiunto che il Signor Motta avrebbe fatto il possibile per impedire tali manifestazioni.

Non poteva non rilevare che trattasi di voce assolutamente isolata mentre

la stragrande maggioranza in Isvizz·era nutre sentimenti di viva ammirazione

per S. E. Mussolini e per il regime da lui instaurato in Italia (1).

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IL MINISTRO A BERNA, GARBASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) 937/319. Berna, 5 dicembre 19~5, ore 14,15 (per. ore 18,30).

Due corrente e tre corrente consiglio dell'unione sindacale svizzera ha tenuto ad Holten una riunione nella quale venne votato ordine del giorno per invitare ceto proletario e borghese progressista a rompere ogni relazione coll'Italia e rinunziare anche a viaggiate nel regno. È stato deciso di coadiuvare internazionale operai di Zurigo per azione contro Governo italiano. A Zurigo si è costituita lega anti-fascista che ha rivolto appello solidarietà partiti estremi svizzeri per aiutare fuorusciti italiani. Segue rapporto (2).

(l) -Cfr. il seguente appunto di Mussolini relativo a quegli stessi giorni: c Sia chiamato il Signor Wagnière -così sensibile per tutte le pubblicazioni concernenti la Svizzera e gli si faccia intendere che mancando la reciprocità, anche la stampa italiana sarà lasciata libera. Il Consiglio Federale che trovò modo di occuparsi persino di un articolo scherzoso di Guido da Verona, dovrebbe invitare i giornali svizzeri al pudore internazionale •. (2) -Nota marginale di pugno di Mussolini: • Importante. M.•.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) s. 942/809. Londra, 6 dicembre 1925, ore 14,20 (per. ore 16,20).

Churchill mi ha espresso sua soddisfazione per il prossimo inizio delle trattative per sistemazione nostri debiti di guerra ed ha tenuto a manifestarmi suo vivo compiacimento di incontrarsi con S. E. Volpi. Cancelliere dello scacchiere dopo avermi accennato all'accordo da noi raggiunto coll'America e dimostrata sua ammirazione per l'opera svolta dalla delegazione italiana a Washington ha aggiunto essere fiducioso che un accordo soddisfacente per entrambe le parti sarebbe stato presto concluso tra Italia e Inghilterra. Da parte mia ho ricordato che R. Governo aveva preso iniziativa delle trattative con la ferma intenzione di arrivare ad una equa sistemazione possibile ed ho aggiunto che facevamo assegnamento sulla sua favorevole comprensione della situazione e della nostra possibilità di pagamento. Churchill nella conversazione si è mostrato ben disposto per quanto conversazione si sia svolta necessariamente sulle generali non essendo io in possesso dati e di direttive circa prossimi negoziati. Cancelliere dello scacchiere mi chiese se Pirelli avrebbe fatto parte della delegazione italiana mostrandosi desideroso di rivederlo a Londra. Churchill mi ha detto che si trovava a Firenze al momento dei disordini dell'ottobre scorso e che era stato colpito e favorevolmente impressionato della disciplina dei fascisti ed anche della fermezza e severità con la quale il R. Governo aveva direttamente ristabilito ordine. Mi ha anche accennato alla constatazione da lui fatta del generale consenso al regime fascista. Cancelliere dello scacchiere mi espresse in ultimo suo rincrescimento che improrogabili impegni gli avessero tolto possibilità di incontrarsi allora ·Con V. E. Da informazioni riservate ed indirettamente assunte alla tesoreria sembrerebbe che al momento attuale vi prevalessero seguenti concetti: l) la libertà di concessioni da parte del Governo britannico all'Italia trova un limite insuperabile nel fatto che spese sostenute dalle finanze britanniche sono in relazione a debiti contratti dall'Inghilterra verso l'America al solo scopo di aprire crediti agli alleati; 2) opinione pubblica britannica non potrebbe tollerare perciò una sistemazione più favorevole di quella raggiunta tra l'Italia e l'America; 3) soddisfazione dimostrata dall'opinione pubblica italiana per l'aggiustamento con l'America è considerata prova di una maggiore reale capacità di pagamento da parte Italia; 4) capacità di pagamento dell'Italia viene ragguagliata ad un terzo di quella della Francia; 5) la necessità nelle attuali non facili condizioni dell'Inghilterra di ricuperare il più possibile. dei suoi crediti e conseguente attesa da parte opinione pubblica di trovare nella tesoreria una ferma difesa degli lnteressi inglesi; da assaggi poi fatti al Foreign Office è stato dato rilevare che esso vuole considerare questione debiti dal solo punto di vista tecnico finanziario e che perciò intende lasciare al cancelliere dello scacchiere responsabilità trattative. Informo in ultimo V. E. che amici inglesi mi hanno fatto rilevare assai giustamente che tanto tesoreria che ambiente finanziario di qua che sulla tesoreria stessa esercita considerevole influenza, sono estremamente sensibili alle

manifestazioni del pensiero americano. Manifestazioni quindi provenienti da America che spingessero ad un accordo con l'Italia il più favorevole possibile eserciterebbero sicura benefica influenza.

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L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2934/598. Washington, 11 dicembre 1925, ore 6 (per. ore 5 del13). New York American pubblica V. E. avrebbe dichiarato Italia doveva fatal

mente annettere Ticino svizzero. Prego volermi telegrafare qualora tali dichiarazioni siano state fatte quale è loro testo esatto (1).

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IL MINISTRO A BERNA, GARBASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB (P. R.) PER CORRIERE 989/933. Berna, 11 dicembre 1925 (per. il15). H consigliere di questa R. legazione, cav. Gazzera, ha avuto ieri una in

teressante conversazione col consigliere di questa ambasciata di Francia, signor Puaux. Questi dichiara apertamente di essere fascista e di avere già pronta la

camicia azzurra.

Ho l'onore di trascrivere qui appresso a V. E. le testuali dichia,razioni fatte dal Puaux.

Il movimento fascista in Francia è promosso dal :signor Valois, che app<>rtenne già all'« Action Française » ed è considerato però da molti come un transfuga. Il Valois non ha quel seguito che il movimento imporrebbe. Il comando militare del movimento sarebbe affidato al colonnello Veysin, che non gode però neppure lui la fiducia generale.

Gli sguardi di tutti si volgono verso il generale Weygand, già capo di

S. M. del maresciallo Foch, che passa per essere uno dei migliori e più energici ufficiali della Francia. Vorrà o potrà mettersi il Weygand alla testa delle aspirazioni fasciste? L'uomo della situazione sal'ebbe stato il generale Mangin. Chi potrà sostituirlo? Questa è la domanda angosciosa di quelli che solo nel fascismo veggono la salvezza della Francia e che purtroppo ammettono che H movimento è, oggi, senza capo. Dal,la situazione, al momento opportuno, balzerà fuori l'uomo che ,saprà con mano ferr,ea opporsi alle mene comuniste e togliere il potere agli attuali dirigenti?

A Parigi i fascisti -camicia azzurra -prettamente repubblicani, sono già circa quindicimila. Ultimamente fecero una dimostrazione di forze davanti alla tomba del Miiite Ignoto, sfilando sotto l'Arco di Trionfo. Ramificazioni dell'organizzazione già ve ne sono in provincia, un po' dappertutto. Però pure affermando che H movimento è già cominciato, il Puaux riconosce che è solo ai suoi primi passi.

cl) Nota marginale di pugno di Mussolini: « Smentire in maniera assoluta. M. •.

Di dove partirebbe il movimento per prendere il potere? Si limiterebbe a scendere in campo solo davanti al pericolo comunista o vorrebbe rovesciare il Governo attuale, giudicato inetto, debole e non più rispondente alla gravità del momento e guidare con mano ferma e salda il Paese? A queste domande non è facile per ora rispondere.

Certo è che Parigi non si presterebbe per l'inizio def movimento, dato che la « ceinture rouge » è fortissima, bene inquadrata ed ha saputo svolgere una propaganda attivissima tra le truppe della capitale. Gli ufficiali di valore, mancando loro una prospettiva di ca11riera, mal pagati, sfiduciati ed esautorati, hanno abbandonato in gran parte l'esercito. Molti degli attuali ufficiali subalterni provengono dai sotto ufficiali, i cui quadri sono inquinati dal comunismo, che ha svolto tra ·loro una speciale propaganda. In tali condizioni la guarnigione di Parigi appoggerebbe difficilmente il movimento fascista che avrebbe invece molta più probabilità di riuscire qualora venisse iniziato in provincia.

La massoneria che conta alla camera francese circa duecento deputati, ostacola con tutte le sue forze il movimento fascista, ma essa è costituita da «froussards » che mai scenderanno in mezzo alla strada. H Puaux ha detto che «·l'on peut s'en passer ».

Il Governo attuale vede con timore il cres.cere del partito, che ha dalla sua la grande industria ed il grande commercio, pronti a finanziare abbondantemente l'azione.

Per il momento le « camicie azzurre » sono armate soltanto di rivolteHe, procuratesi individualmente. Al momento buono -ha detto il Puaux -saprebbero trovare un armamento migliore pPesso .i depositi militari, abbondanti e ben forniti.

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IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. RR. S. N. Bucarest, 13 dicembre 1925. Sullo stato attuale dei rapporti italo-romeni ho già avuto occasione di intrattenermi ripetutamente così con questo Ministro degli Affari Esteri, signor Duca, come col presidente del Consiglio, signor J. Bratianu. Devo premettere che ambedue tennero ad accogliermi, sin dal primo momento, colle più marcate dimostrazioni di personale soddisfazione e cortesia, alle quali corrisposi da parte mia con eguale cordialità di forme, e di espressioni. Ma perchè i nostri scambii d'idee, che essi dimostravano di desiderare franchi e completi, non fossero vuoti di contenuto e privi di qualsiasi pratico effetto, nel senso almeno di una reciproca chiarificazione e di una miglior comprensione dei rispettivi punti di vista, era inevitabile affrontare in primo luogo la nota questione della nostra mancata ratifica deH'accordo per la Bessarabia, che oggi rimane l'unico impedimento per rimettere le relazioni fra i due Paesi sorpra una via di maggiore ·Cordialità e reciproca utilità.

A scanso di ogni equivoco, preferii far subito comprendere al signor Duca che sostanzialmente, le intenzioni di V. E. in proposito non erano mutate.

Benchè ciò dovesse risultargli anche da altre fonti, egli se ne mostrò sconcertato e deluso e mi espose le solite argomentazioni: impegno preso dall'Italia colla firma dell'accordo; non dando seguito a tale impegno, l'Italia essersi schierata, in una questione di importanza vitale, coi nemici della Romania; assicurazioni che sarebbero da noi state date in .passato nel senso che, risolte come poi furono, questioni pendenti, la ratifica sarebbe stata concessa; grave danno che dalla nostra mancata ratifica deriva alla Romania per ciò che viene così a mancare allo stato di fatto esistente in Bessarabia quella definitiva sanzione in linea di diritto che le permetterebbe di guardare, con assai minore preoccupazione, a qualsiasi tentativo russo di turbare lo statu-quo; soltanto colla ratifi.ca di tutte le potenze firmatarie dell'accordo, l'annessione della Bessarabia a:Ha Romania potrebbe essere considerata alla pari di tutte le altre modificazioni territoriali dell'Europa nel dopo guerra, sancite dai trattati. E a quest'ultimo proposito il signor Duca affermava che la nostra mancata ratifica costituiva l'argomento principale di cui gH agenti bolscevichi usano ed abusano nella stessa Bessarabia ed altrove, per rappresentare il dominio romeno su quella regione, incontestabilmente romena per diritto stori·co, situazione geografica e volontà della popolazione, come qualche cosa di provvisorio ed effimero impedendo così la consolidazione della situazione esistente a tutto detrimento non solo della Romania ma anche di un riassetto pacifico generale. Da parte mia, mi espressi in sostanza sulla traccia di quanto V. E. ebbe a significarmi al riguardo alla vigilia della mia partenza per Roma: non doversi vedere, dal Governo Romeno, in tale nostra attitudine alcuna traccia di malanimo o intenzione men ·Che amichevole verso la Romania; l'accoo:do essere stato firmato quando la Russia era ancora totalmente esclusa dalla comunità internazionale europea e quindi, quando anche fosse oggi ratificato da tutte le Potenze firmatarie, non avrebbe alcun prati·co valore, mentre la ratifica itaUana porterebbe un serio turbamento nei nostri rapporti, in via di promettente sviluppo e già fecondi di pratici risultati, col Governo di Mosca; dover importare .sopratutto alla Romania che la Bessarabia sia e rimanga in suo possesso, non illudendosi che una vana sanzione internazionale possa in alcun caso mutare i termini del problema che è sopratutto un problema di interessi e forze contrastanti non di dirLtti più o meno riconosciuti da terzi; il dissidio che nell'interesse romeno e in quello gene.rale della pace importa di attutire, finchè non sarà possibile eliminarlo, sarebbe invece acuito dalla nostra ratifi·ca, perchè non per questo ·la Russia recederebbe ma sarebbe forse invece .indotta a precipitare soluzioni violente; e che infine, il Governo si trovava forse in miglior posizione di altri Governi, appunto per essersi sicnora astenuto dalla ratifica e dati i suoi rapporti con Mosca, per esercitare una azione moderatrice e togliere al contrasto russo-romeno per la Bessarabia quel carattere di pericolosa attualità ·che si poteva ragionevolmente sperare di attutire o di esclude.re. Concludevo invitando il signor Duca a considerare ormai tale questione, facendo astrazione da tutte le sue fasi precedenti, nella sua realtà odierna, con spirito realistico ed obiettivo, spoglio di inutili puntigli, rammarichi, o sentimentalismi; ed esprimendo la fiducia che, cosi facendo, il Governo romeno poSISa essere indotto a non subordinare come praticamente ha fatto, in modo più o meno esplicito, nel recente passato, alla nostra attesa

ratifica quella ripresa di amichevoli e proficui rapporti che sono ·Conformi alle tradizioni ed affinità dei due popoli e che lo stesso signor Duca mi aveva dichiarato di vivamente augurare.

Il signor Duca fece piuttosto buon viso all'allusione da me fatta circa la possibilità che il Governo interponga i suoi buoni uffici con Mosca e disse che il Governo romeno sarebbe pronto a seguirei in questa via. Aggiunse a tal proposito risultargli che già una volta, in precedenza, V. E. si era adoperato in tal senso ma che nessuna comunicazione era stata poi da noi fatta qui sull'esito di tale passo. Osservò pure che oggi il momento sarebbe forse assai più favorevole.

Il signor Duca finì col dichiararmi che, pur non potendosi dimenticare, così da parte romena come da parte nostra, quanto la nostra attitudine in tale questione influisca sfavorevolmente sui nostri recip:roci rapporti, egli avrebbe fatto del suo meglio per collaborare meco perchè almeno questa influenza sfavorevole sia, intanto, meno sentita che per il passato.

Col presidente detl. Consiglio non trattai altrettanto esplicitamente di tale questione. Dopo avermi ricordato con particolare compiacenza le tradizioni italofile della sua famiglia e le relazioni avute dal suo illustre padre con l\1azzini e con Cavour, egli tenne a farmi una lunga disamina del come, a suo modo di vedere, si svolsero, i rapporti tra i due Paesi dal!la loro entrata nella guerra mondiale, che egli aveva spe,rato e voluto fosse contemporanea; durante ìe trattative di pace, nel corso deUe quali egli affermò d'aver fatto invano tutti gli sforzi perchè l'Italia e Romania procedessero ·compatte, propugnando insieme le loro rivendicazioni nazionali, ed infine durante il periodo postbeHico, per tra11re da tutto ciò la conclusione ·che l'Italia ha sempre dimostrato in quest'ultimo decennio come dimostra tuttora una strana freddezza ed indifferenza verso la Romania sino al punto di dar l'impressione anche ai migliori amici che essa conta in questo Paese che nella nuova politica estera italiana pur diretta con tanta chiaroveggenza e fortuna da V. E., il fattore romeno sia completamente svalutato e negletto per non dire osteggiato. Il signor Bratianu mi pregò di non dare a tutto questo suo discorso alcun significato di amara recriminazione e di interpretarlo soltanto come l'addolo,rata confidenza di un amico deluso. E poichè io, dopo avergli ricordato ciò che pure l'Italia aveva fatto direttamente o indirettamente per la Romania durante e dopo la guerra, accennavo ai motivi per i quali, non certo per colpa nostra, avevamo avuto con essa e col suo Governo sgradevoli dis·cussioni, egli mi disse che consìderava queste come ques.tioni di dettaglio e di intere,sse materiale e contingente; ma che in linea politica, egH pensava che i nostri due Paesi non avrebbero mai dovuto lasciarsi distogHere, per questioni di questo genere, dalla via comune che è loro segnata non solo da antiche tradizioni ma anche dal reciproco e permanente interesse di tenersi sempre per mano, al di sopra di altri aggruppamenti politici che non hanno una base altrettanto sicura, costituendo così un argine e una controassicurazione di fronte al dilagare della marea slava.

Permetta ora V. E. che, tornando più specialmente ailla questione della raHfica dell'accordo per la Bessarabia, io riassuma le imp.ressioni avute non solo dai colloqui surriferiti ma anche da altri numerosi che ebbi con personalità romene di varii partiti e con personalità estere in grado dl conos.cere quale sia oggi qui lo stato di spirito prevalente nei nostri riguardi, in dipendenza della questione stessa.

Innanzi tutto è per me evidente che il Governo romeno ha ormai compreso (che è già un prog.resso ed un vantaggio per noi) che l'insistere da parte sua per ottenere, sic et sempUciter, la nostra ratifica sarebbe vano e che esso si rende oggi assai meglio conto che per lo innanzi delle ra.gioni per cui

V. E. non può nè vuole tornare sulla deliberazione presa. Non dico però con questo che il Governo romeno si sia rassegnato ed intenda quindi passare senz'altro sopra al nostro rifiuto. Sono anzi persuaso che, ove non si riuscisse da parte nostra a rimediare in qualche modo alle ripercussioni ancora attuali avute dalla manc·ata ratifica non solo sul Governo ma anche sull'opinione pubblica noi continueremo ad essere praticamente esclusi da qualsiasi importante partecipazione a vantaggi d'ordine economico ed anche politico cui potessimo aspirare in questo Paese. L'episodio del concorso per la fornitura dei sottomarini non è che l'esponente di quel che potrebbe avvenire anche in seguito in fatto di grandi forniture industriali, di partecipazioni a imprese idroelettriche, di nostre aspirazioni a vaste cointeressenze negli sfruttamenti petroliferi. Nè è da far soverchio assegnamento sopra un prossimo cambiamento di Governo (sul quale sarebbe del resto azzardato fare sicure previsioni) visto che ti partito liberale, anche se all'opposizione, continuerebbe ad essere uno dei fattori decisivi della situazione politica. È certo che un Governo Averescu (indicato come il più probabile .successore dell'attuale Governo nella prossima XJrimavera cioè allo scadere della presente legislatura) s'ispirerebbe, come lo stesso generale Averescu me ne ha dato l'assicurazione, ad un punto di vista assai più moderato e più simpatico nei nos·tri riguardi. Ma parlando poi con uno dei maggiori esponenti dello stesso suo partito, ebbi la conferma che la questione della Bessarabia è sentita da tutti i patrioti romeni, senza distinzione di partito, come la questione più scottante dell'attuale vita politica romena e quasi come la pietra di paragone dei veri amici della Romania. Dichiarazioni analoghe furono fatte a persona di mia fiducia da una personalità del partito tzaranista (dei contadini) che pure è quello che abbonda assai meno degli altri in senso nazionalista.

Tutto ciò tenuto presente, a me non pare dubbio ·che qualche ·cosa convenga pur fare o tentare da parte nost11a perchè, continuando ad astenerei dalla ratifica, sia però in qualche modo rimosso l'impedimento che da ciò è derivato al ristabilimento di nostre proficue relazioni con questo Paese.

In linea di politica, la grande Romania del dopo guerra, coi suoi diciotto milioni di abitanti, strettamente legata alla Polonia, fattore importante della Piccola Intesa, elemento di equilibrio nel settore balcanico, padrona delle foci del Danubio, cointeressata come noi aUa libertà degli Stretti e dei traffici nel Mar Nero, guardia vigile, per ragioni vitali di sua esistenza, contro tentativi sovietici di sovvertimento del prossimo Oriente non mi sembra fattore che possa essere da noi lasciato con vantaggio per troppo tempo in disparte.

In linea economica, la Romania, ricchiss1ma di naturali risorse e di una delle materie prime che più ci difetta, povera di industrie, bisognosa di ricostituire al più presto il suo «outillage » industriale (compresi i porti e ferrovie) distrutto dalla guerra e di portarlo all'altezza det bisogni del suo triplkato territorio, offre campo vasto alle nostre attività economiche ed industriali, ai nostri rifornimenti di materie prime, alle nostre esportazioni e forse anche, in un secondo tempo, al piazzamento di nostri importanti nuclei emigratorii. La moralità commerciale romena è quella che è e non migliorerà che assai lentamente. Ma certi metodi sommari di liberarsi dai propri impegni praticati nel recente passato 'così dal Governo che dai privati per liquidare posizioni disperate risultanti dalla crisi postbellica non verranno ripetuti perchè è riuscito evidente che essi hanno troppo danneggiato la stessa Romania. Oggi si può dire che questo Paese sta avviandosi, sia pure lentamente, alla sua ricostituzione ·economica e .che non sono da prevedersi nuove gravi crisi.

Nella fiducia pertanto che V. E. riconoscerà fondate tali mie vedute e conside,razioni in ordine alla ·convenienza di dirimere od attenuare almeno, nella mtsura del possibile, le difficol!tà derivate da!lla nostra mancata ratifica, mi permetto sottoporle due ordini di proposte che, a mio subordinato parere, avrebbero indubbiamente una seria e forse decisiva efficacia nel senso da me augurato.

Il signor Lahovary, prima di ripartire da qui per Roma mi ·chiedeva se non sarebbe possibile pensare ad una assicurazione, da mantenersi segreta, che dovrebbe essere data da parte nostra a questo Governo nel senso che qualora la Russia sollevasse la questione della Bessarabia coLle armi o con una discussione diplomat1ca, il Governo darebbe alla Romania tutto il suo appoggio morale e diplomatico. Non si tratterebbe, mi diceva il signor Lahovary, ·che di trovare una formula la quale, pur non impegnando il Governo oiltre certi limiti, desse una qualche soddisfazione al Governo Romeno. Ma su tale idea, nella cui attuazione vedrei non poche difficoltà e pericoli, non mi soffermo e vi ho soltanto accennato a titolo informativo.

Più attuabile e forse anche più utile a conseguire lo scopo mi pare sarebbe un'azione da esercitarsi con qualche continuità dal Governo, o solo o unendosi con altri Governi amici, sul Governo di Mosca per indurlo non dico a riconoscere esplicitamente od anche tacitamente l'annessione della Bessarabia ma ad impegnarsi almeno per un determinato numero di anni a non ricercare

o provocare la soluzione di tale questione con un conflitto violento colla Romania. In altre parole, patto di non aggressione. Se a questo risultato si potesse giungere con l'attiva e costante cooperazione di V. E. o, ancor meglio, con un suo decisivo intervento, l'effetto sul Governo e sulla opinione pubblica romena sarebbe probabiLmente tale da cancellare il dsentimento per la non avvenuta ratifica. So che qui vivamente si desidera un'azione di V. E. in tal senso: e dato il grande ascendente acquistato anche in Romania, sopratutto in questi ultimi tempi, dalla personalità di V. E. e l'ammirazione con cui si seguono i risultati da V. E. ottenuti nel campo della politica estera, si riporrebbero in tale intervento le maggiori spemnze. Qui si pensa pure che, dopo Locarno, il Governo di Mosca sarebbe assai più proclive che per lo innanzi a prestar orecchio a tali aperture e si ripete che 1passi di simile genere sono in corso o saranno prossimamente fatti così da Varsavia che da Pa,rigi.

Osservo che se anche il tentativo non approdasse ad alcun pratico risultato, vi sarebbe modo di metterlo in valore come prova della nostra migliore amichevole volontà; e gli potrebbe essere dato hl carattere non tanto di un passo preciso, fatto una volta tanto, quanto di una pressione continuativa in tal senso, compiuta colla dovuta discrezione e valendosi di tutte le occasioni più propizie.

È noto ed è anche comprensibile che la mancata visita dei Sovrani di Romania a Roma ha lasciato qui un sensibile strascico di malumore e di risentimenti non tanto negli stessi Sovrani, che hanno finito col considerare l'episodio come un incidente politico, benchè incresciosissimo, in cui furono malauguratamente coinvolti, quanto nel· Govemo e nel partito HbeTale che dall'episodio fu infatti colpito in pieno anche per -certe ripercussioni di politka interna. Mi risulta ora come certo che i Sovrani di Romania nutrirebbero sempre il più vivo desiderio di .recarsi a Roma. Ma S. M., dato il precedent·e, ritiene che essendosi appunto trattato esclusivamente di un incidente fra i due Governi, gli accordi per una prossima v.isita dov~ebbero essere condotti e conclusi fra i due Governi stessi e che l'iniziativa dovrebbe essere nostra. Sarebbe poi molto desiderabile che l'iniziativa stessa, di fare cioè conoscere qui che la visita di questi Sovrani a Roma sarebbe molto gradita, potesse essere da noi presa fi:nchè è ancora al potere il Governo 'liberale. Il farlo dopo o poco dopo che esso si fosse ritirato dalla direzione degli affari (come potrebbe accadere nel marzo prossimo) confermerebbe l'impressione già provocata a tutto detrimento del Governo e del partito liberale il quale, rimanendo sempre il più potente, non ci conviene di alienare anche per l'avvenire. Quando anche il viaggio dei Sovrani romeni a Roma dovesse quindi verificarsi dopo un prossimo cambiamento di Governo, l'iniziativa di cui parlavo dovrebbe essere da noi presa il più presto possibile.

Qualora l'invito fosse accolto, noi avremmo tutto da guadagnare perchè con ciò, se anche indirettamente, la mancata ratifica sarebbe posta in qualche modo in oblio e, restando noi sostanzialmente sulle nostre posizioni, daremmo una soddisfazione sentimentale, di prestigio e di amor proprio ai Sovrani, al Governo e all'opi:nione pubblica romena. Che se poi l'invito fosse accolto invece in modo evasivo o si volesse sottoporne l'a.ccogUmento a condizioni inaccettabili per noi, noi avremmo sempre compiuto un atto di doverosa cortesia che metterebbe dalla parte del torto chi non vi avesse corrisposto. Del resto l'invito in questione non dovrebbe essere naturalmente inoltrato che colla massima discrezione e dopo di aver prudentemente saggiato il terreno per il tramite mio o di codesto Ministro di Romania o di ambedue.

Sarei molto grato a V. E. •se volesse .compiacersi di e-saminare benevolmente queste mie proposte facendomi poi conoscere il seguito che avrà creduto di darvi. Esse sono ispirate alla ferma persuasione cui sono già pervenuto nel pur breve soggiorno in questa mia nuova sede che, senza qualche sforzo o iniziativa consimile da parte nostra, la missione mia o di chiunque fosse presentemente al mio posto resterebbe probabilmente priva di qualsiasi pratico contenuto ·ed utile risultato e che ciò sarebbe, in definitiva, nocivo agli interessi del nostro Paese.

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L'INCARICATO D'AFFARI A DURAZZO, ASSERETO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) 983/582. Durazzo, 14 .dicembre 1925, ore 19,25

(pe1·. ore 21,40).

Telegramma di V. E. n. 418 (D.

Confermo il mio telegramma n. 571 (2).

Propaganda contro il prestito è condotta specialmente da questo ministro d'Inghilterra e da legazione jugoslava. Il signor Eyres agisce a tale scopo sia presso il presidente della repubblica, sia presso deputati grecofili ed autorità albanesi. Sua azione come è noto a codesto ministero è stata sempre decisamente avversa a qualsiasi affermazione italiana in questo paese. Ho ragione di ritenere che suo ascendente personale su presidente della repubblica sia ultimamente alquanto diminuito. Mi è stato riferito altresì in questi giorni che il signor Eyres si è pronunziato contro il presidente della repubblica per avvenuto rinvio inchiesta contro Mufid bey. Il signor Eyres secondo l'autorevole informatore, che aveva avuto poco prima un colloquio con lui, avrebbe criticato il signor Ahmed bey Zogu perchè tl'nterebbe ora di salvare Mufid bey ed il signor Scefket bey Verlazzi per i suoi rapporti amichevoli con gli italiani e con i circoli dirigenti di Roma (informo a questo proposito che i deputati di Elbassan facenti capo al predetto Scefket bey nella recente discussione alla camera dei deputati hanno assunto un atteggiamento favorevole a Mufid bey). Infine l'informatore mi disse che il sigrlur Eyres criticando anche nostra azione generale qui avrebbe manifestato essere contrar:o (?)come amico dell'Albania (!). Scopo tale azione pretenderebbe riprendere mandato su Albania.

I: signor Eyres dovrebbe partire definitivamente al più presto.

Confermo che analoga campagna è condotta da questa legazione jugoslava e pers•;nalmente dallo stesso signor Lazzarovich, il quale, a quanto mi viene riferito, d l chiara che banca e prestito costituiscono la « tomba » dell'Albania.

Tale campagna più che opinione pubblica che qui ha scarsa importanza, è diretta ad influenzare sfavorevolmente circoli dirigenti.

È presumibile però che dopo ultimo deciso atteggiamento assunto da presidente della repubblica, e dopo dichiarazioni da lui provocate alla camera dei deputati (mio tel. gab. n. 577) (3), tale propaganda abbia almeno per il momento a trovare il terreno poco favorevole.

finanze.

(l) -Con il T. gab. (p. r.) 418, spedito 1'11 dicembre 1925 alle ore 3, non pubblicato. Mussolini d'lva istruzioni ad Assereto di seguire attentamente la campagna contro la Banca d'Albania. (2) -T. gab. 2894/571, spedito il 7 dicembre 1925 alle ore 0,05 e pervenuto alle ore 10, non pubblicato: propaganda svolta dalle rappresentanze estere, in particolare da quella jugoslava, contro la Banca d'Albania e il prestito italiano. (3) -T. gab. 2922/577, spedito il 10 dicembre 1925 alle ore 0,40 e pervenuto alle ore 12, non pubblicato: difesa della Banca d'Albania alla camera albanese da parte del ministro delle
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IL REGGENTE LA LEGAZIONE AD ATENE, DE FACENDIS, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2970/275. Atene, 14 dicembre 1925, ore 22 (per. ore 2,40 del 15).

Telegramma di V. E. 2067 (1).

Tutta la inscenatura dodecannesiota di questi giorni pare abbia preso per punto fondamentale le misure di polizia eseguite a Calimno la più irrequieta delle dodici isole in occasione del recente viaggio colà del governatore Lago. Ho fatto vivaci rimostranze a questo ministro affari esteri circa pubblicazioni false ed incontrollate notizie atte a turbare amichevoli rapporti fra i due paesi. Signor Rufos nell'esprimermi suo serio rincrescimento mi ha assicurato che sarebbe stata aperta inchiesta per assodare origine notizia e mi ha pregato rassicurare

V. E. che G0verno greco vivamente desideroso consolidare amicizia coll'Italia farà tutto quanto possibile per evitare ripetersi tali inconvenienti. Episo~io attuale non ha maggiore importanza dei soliti del genere che sono messi metodicamente in opera ogni volta che partiti contrari di terzi interessati intendono neutralizzare fatti ed effetti del riavvicinamento italo-greco. Richiamo mio telespresso n. 242 del 16 agosto scorso (1). Questa volta benevolo contegno dell'Italia verso Grecia a Ginevra in contrapposto intransigente attitudine di Chamberlain ha dato luogo ad aperte manifesta~:ioni simpatia per l'Italia ed appunti all'Inghilterra accusata di agire egoisticamente sotto preoccupazione imporre insindacabilità verdetto società delle nazioni per evenienza questione Mossul. Ciò pare abbia seccato seriamente questi cirf'oli inglesi sempre più gelosi e preoccupati delle migliorate relazioni tra Italia e Grecia, e sembra verosimile quanto si vocifera che' sia stato cioè montato un incidente italo-greco affinchè anche attraverso false notizie e smentite fosse agitata la solita questione del Dodecanneso, fossero neutralizzate attuali impressioni ihlofile e provocati eventuali risentimenti italiani verso Grecia. Non è un mistero che questa propaganda pro dodecannesina è sostenuta da agenti e mezzi str:mieri (?). Da accenni fattimi ciò non è ignoto alle stesse sfere ufficiali ma per debolezza non si reagisce per ragioni di politica interna e cioè per non essere tacciati di anti-nazionalismo dai ,circoli militari. Non vi sono stati rneetings autorizzati dalle autorità, ma solite riunioni in luoghi chiusi da parte dodecannesini i quali fra Atene, Pireo ammontano a circa 35.000.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA

T. GAB. 1588. Roma, 16 dicembre 1925, ore 2.

Rilevo da resoconto stampa suo discorso 14 corrente (2) che V. E. avrebbe detto che Germania è stata prima iniziatrice atti Locarno mercè invito Francia, Gran Bretagna ad entrare in negoziati. Omissione accenno Italia riesce incom

prensibile tanto che ambasciatore Germania me ne ha tenuto parola. Spero che la omissione sia dovuta ad errore di trasmissione. È opportuno comunque farle presente ad ogni buon fine termini esatti della procedura seguita nelle trattative che precedettero il patto di Locarno. Conversazioni sul patto di garanzia tra alleati e Germania si svolgevano già pel tramite Francia e conseguentemente la proposta tedesca fu comnnica'.a a Parigi, ma era rivolta ai tre Governi alleati, perciò nel febbraio, nella stessa ora, analoga comunicazione a titolo di immediata informazione veniva fatta a Roma .ed a Londra. Le modalità di tali comunicazioni hanno quindi piazzata fin dal principio la situazione reciproca delle potenze quale venne poi realizzata nel patto di Locarno. Ciò stante ove omissione accenno Italia nel suo discorso non dipenda da errore trasmissione riterrei opportuno che V. E. trovasse modo di provvedere acciocchè possibilmente sia rimediata a tale inesattezza, che uotrebbc ingE:nerare una differente valutazione dell'azione svolta dall'ltalia nei riguardi del patto di Locarno.

(l) Non pubblicato.

(2) Vedilo nel Corriere della Sera, 15 dicembre 1925.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI E CONSOLARI ALL'ESTERO

T. GAB. 1596. Roma, 16 dicembre 1925, ore 24.

Mettere in rilievo notizia passaggio totale confederazione industria italiana al fascismo come da ,comunicato Stefani (l) che verrà diramato tutto il mondo. Da ricordare che confederazione industria che si chiamerà da domani confederazione generale fascista industria italiana controlla trentadue miliardi di capitale. Adesione di tutte le grandi forze economiche al regime è ormai completa.

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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO (2), AL MINISTRO DEGLI ESTERI DEL REGNO DEI SERBI, CROATI E SLOVENI, NINCIÉ

T. PRECEDENZA ASSOLUTA 14022. Roma, 17 dicembre 1925, ore 14,30.

En priant V. E. de bien voulok agréer mes félidtations bien dévouées à l'occasion de la féte de S. M. le roi j'ai l'honneur de m'acquitter avec grand plaisir de la tàche qui m'a été confiée par M. Contarini qui tient tout spécialement à vous exprimer ses voeux les plus sincères et dévoués pour la prospérité de votre bienaimé souverain et de son auguste famille ainsi que l'assurance de ses sentiments d'amitié pour V. E.

(l) -Vedilo nel Corriere della Sera, 17 dicembre 1925. (2) -Bodrero si trovava a Roma.
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IL REGGENTE LA LEGAZIONE AD ATENE, DE FACENDIS, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4165/279. Atene, 18 dicembre 1925, ore 17 (per. ore 18). Mi risulta seria ditta di rappresentanze Atene ha fatto proposte alla casa Wickers Terni per importante fornitura cannoni antiaerei per questo ministero della marina ove pare si preferisca appunto detto tipo Wickers. Vedrà V. E. se

sia il caso di segnalare a Terni la cosa sembrando non lontana epoca decisione di questo Governo a1 riguardo (1).

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L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CONTARINI

L. P. Washington, 18 dicemb1·e 1925. Ti mando anche a nome di mia moglie mille augurii di tutto cuore pel nuovo anno, che ti sia prospero di ogni felicità e soddisfazione. Come avrai rilevato dai telegrammi, mi trovo in piena battaglia. Da Parigi e dalla Svizzera è stata qui organizzata una campagna antifascista che è rumorosa, ma non trova alcuna eco nella pubblica opinione. Come stampa hanno trovato l'aiuto del World, stampa gialla, che fu sempre accanitamente contro l'Italia. Nel Congresso si sono valsi di quella «montatura» dei circoli dopo lavoro (di cui è principale responsabile l'Associated Press) nonchè di certe manifestaziont fasciste italiane forse troppo chiassose, come il Congresso di Filadelfia dello scorso ottobre e i banchetti a Sardi di New York. A queste manifestazioni io mi tenni del tutto estraneo, conforme le istruzioni del nostro Presidente. Ma il tema della ingerenza straniera nelle cose interne degli Stati Uniti è come un ritornello ,che da anni salta fuori ogni tanto. Io sto attivamente controbattendo le mosse avversarie, come avrai rilevato, ma tu che sei pratico del mestiere, comprendi che anzitutto debbo evitare di scoprire l'Ambasciata. Vitetti mi aiuta egregiamente colla sua esperienza giornalistica. Non potendomi muovere, l'ho mandato a New York. A questa situazione che deriva da organizzazioni di Svizzera e di Parigi, devi aggiungere l'inevitabile e già preveduta reazione pel succe,sso del negoziato del nostro Debito di guerra. Le condizioni ottenute sono in verità talmente favorevoli, che espressioni di opposizione nel Congresso sono più che spiegabili; anzi esse sono la necessaria conferma del nostro successo.

Ora io vorrei che a Roma si comprendesse la natura del parlamentarismo americano, il quale si distingue per la esagerazione e intemperanza di linguaggio,

senza riguardo per nessuno. I nostri avversari (ne ho la certezza) cercano trascinarci in violente polemiche grazie alle quali destare l'interesse della pubblica opinione che oggi manca del tutto. Non prestiamoci al loro gioco e mi si lasci lavorare dietro le quinte senza comparire.

Il fascismo, o piuttosto, gli ideali del fascismo hanno in questo paese una larga base di simpatia, che forma un sicuro terreno di lavoro. Vorrei che questa base non fosse guastata con azioni mancanti di tatto, da parte delle nostre organizzazioni, le quali subito mettono in moto la solita macchinetta della «ingerenza straniera ». Il miglior propagandista del fascismo in America, non mi stanco di ripeterlo, è lo stesso Mussolini colla sua grandiosa opera di Governo.

Caro Totò. È la sorte dei diplomatici che quando le cose vanno male, tutta la colpa è di loro, e quando vanno bene, sono messi nel dimenticatoio.

Io sono primo ad affermare ,che il merito della riuscita del negoziato va all'abilissimo ministro Volpi. Ma la diplomazia italiana qui modestamente rappresentata da me, sotto la direzione del Presidente Mussolini, vi ha pure contribuito col lavoro di preparazione di parecchi mesi. Volpi lo ha riconosciuto nel suo telegramma del 12 novembre (1). Ora, tu sei sempre stato tenace custode del prestigio del Ministero degli Esteri...

Altro non ti dico e ti abbraccio con antica amicizia.

(l) Annotazione marginale di pugno di Mussolini: • Interessante. M.•.

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IL CONSOLE GENERALE A TUNISI, BEVERINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. 4225/732. Tunisi, 20 dicembre 1925, ore 23,15 (per. ore 3 del 21).

In seguito campagna ingiuriosa giornale francese Tunis Socialiste contro

S. M. il re, presidente del consiglio, Governo italiano e fascismo, cittadino italiano Alfredo Costa schiaffeggiò venerdì pubblicamente redattore detto giornale. Ho inviato ieri rapporto dettagliato per eventua'le autorizzazione procedere giudiziariamente per ingiurie sovrano. Oggi residente generale francese mi fa comunicare verbalmente che il Governo locale non potendo tollerare violenze per questioni politiche, espelle Costa dalla Tunisia lasciando tribunale decidere se articolo giornale socialista costituisce reato. Ritengo che provvedimento e motivazione produrrà penosa impressione colonia italiana già troppo eccitata. Probabilmente tale misura veramente inopportuna fu ispirata per compiacere partito dominante addebitando al fascismo come ingiusta violenza scatto spontanea indignazione italiana.

(l) T. gab. (p. r.) p. 797/55, spedito da Washington il 12 novembre alle ore 7,55 e pervenuto alle ore 4 del 13, non pubblicato. In questo telegramma Volpi affermava che l'opera di predisposizione degli ambienti governativi fatta dalla diplomazia era _stata molto utile perchè « a New York quei grandi banchieri malgrado abbiano giornali e ricchezze nulla possono senza il consenso di Washington ».

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL CONSOLE GENERALE A TUNISI, BEVERINI

T. s. 3220. Roma, 2'1 dicemb~e 1925, ore 17.

Suo telegramma n. 732 (1).

Ho richiamato nel modo più efficace attenzione Governo francese su importanza incidente, tanto a mezzo del R. ambasciatore a Parigi che di questo ambasciatore di Francia. Li ho incaricati di far presente a Parigi che il provvedimento adottato da codesto residente francese è il meno adatto a mitigare le ripercussioni di questo deplorevole incidente che nell'interesse reciproco conviene risolvere soddisfacentemente per evitare che esso dia luogo pubbliche manifestazioni che avrebbero dannosissime ·conseguenze per le relazioni fra i due paesi. Occorrerebbe perciò revocare o sospendere espulsione aspettando anzitutto esito procedimento giudiziario che può essere forse la via normale e più sicura per calmare animi ed appianare vertenza.

Prego V. S. agire frattanto efficacemente presso residente francese perchè sospenda qualsiasi decisione in attesa istruzioni che riceverà dal suo Governo. Si adoperi pure perchè notizia espulsione non venga per ora a conoscenza della nostra colonia per evitare di esasperarla maggiormente. Sarà naturalmente cura di V. S. fare eventua'lmente tutto il possibile per riportare calma negli ambienti italiani.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, DELLA TORRETTA, E A WASHINGTON, DE MARTINO

T. s. 3221. Roma, 21 dicembre 1925, ore 17.

(Per Washington) Telegramma V. E. n. 635.

(Per Londra) Telegramma V. E. n. 961.

(Per tutti) Agenzia Stefani dirama in America ed Inghilterra seguente comunicato: « Alcuni giornali pubbllicano notizie secondo cui il primo gennaio venturo si procederebbe in Italia alla proclamazione dell'impero. Tali assurde notizie sono assolutamente fantastiche e tendenziose».

Prego curarne diffusione a mezzo stampa locale.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO

T. GAB. RR. 1603. Roma, 21 dicembre 1925, ore 21,30.

Mio telegramma 1585 (2).

In attesa mezzo ·sicuro per 1inviarle progetto testo concordato note credo opportuno informada preventivamente per sua personale conoscenza e norma che con tali note Governo britannico viene a riconoscere sostanzialmente pieno

14 -Docl!menti diplomatici • Serie VII · Vol. IV

vigore accordo Londra 1906, cui validità era stata da esso messa in dubbio in comunicazioni forma.Ii precedenti specie dopo ammissione Etiopia Società Nazioni.

In base principio collaborazione amichevole R. Governo consente appoggiare presso Governo abissino domanda britannica per concessione sbarramento Tzana nonchè corridoio per passaggio merci e personale. In ricambio Governo britannico appoggerà nostra domanda costruzione ferrovia Eritrea Somalia e riconoscendo esclusiva influenza economica ItaUa Abissinia occidentale, appoggerà domanda italiana per concessioni economiche predetta zona. Governo italiano s'impegna non costruire sulle sorgenti del Nilo azzurro e bianco opere che possano modificare sensibilmente loro defluenza nel fiume principale, ma ciò non escluderà uso ragionevole di tali acque da parte abitanti regione e si potranno costruire da parte nostra dighe per forze idro elettriche e piccoli serbatoi per immagazzinare acque per uso domestico e per coltivazioni alimentari popolazione locale. Otteniamo infine assicurazione che lavori T2Jana verranno eseguiti con mano d'opera locale e non eleveranno livello acque nel lago oltre il limite massimo raggiunto finora durante stagione pioggie, in modo che diga oltre riuscire vantaggiosa Egitto e Sudan accrescerà prosperità economica abitanti locali.

Rimane quindi inteso che per quanto è possibile e compatibile con interessi Egitto Sudan progetto in questione sarà concretato ed eseguito in modo soddisfare adeguatamente bisogni economici predette popolazioni.

Per opportuna norma di V. E. avverto che abbiamo fatto ogni sforzo per ottenere ed abbiamo ottellJUto che Governo britannico ci desse suesposte assicurazioni per tutela interessi popolazioni locali.

Ciò perchè R. Governo ha. tenuto a far risultare ben chiaro tutto suo interessamento alla prosperità delle predette popolazioni.

Le a.ggiungo infine risultarci che il Govemo britannico intende dare esecuzione al suo progetto pagando al Governo abissino un canone di esercizio e che si propone di usare larghi mezzi finanziari per riuscire ad ottenere la concessione.

(l) -Cfr. n. 205. (2) -Trasmesso il 13, ore 24, non pubblicato: conversazioni con l'ambasciatore d'~nghil~er~acirca un possibile accordo italo-inglese per il lago Tzana. Testo delle note italo-mglesl, m Trattati e convenzioni ecc., XXV (1925), pp. 545-556.
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IL SEGRETARIO GENERALE DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO, GIANNINI (1), A PADRE TACCHI VENTURI

L. 251701/824. Roma, 26 dicembre 1925.

Viene riferito che sarebbe stata in linea di massima decisa ·l'istituzione di un Vicariato apostolico con sede in Salonicco e con giurisdizione su tutta la Macedonia Greca. Sarebbe anzi imminente la nomina del primo titolare.

Ove tali notizie abbiano fondamento prego V. P. di far presente nella scelta del titolare del nuovo Vicariato, la circostanza che la quasi totalità dei cattolici residenti nella circoscrizione del Vicariato medesimo è italiana, mentre, malgrado ciò, il parroco di Salonicco è francese, come francese è il nunzio apostolico di Atene (2).

(l) -Giannini era anche. dal dicembre 1925, Commissario e relatore generale per la riforma della legislazione ecclesiastica. (2) -Tacchi Venturi rispondeva il 7 gennaio 1926 che ancora nuLla di concreto era stato deciso in Vaticano circa l'erigendo vicariato di Salonicco, e che egli avrebbe fatto presente la richiesta di Giannini quando la cosa si facesse concreta.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. (P. R.) 442. Roma, 27 dicembre 1925.

Decifri da lei.

Bisogna aumentare difficoltà ostacolanti uscita quotidiano fuorusciti quantunque regime non abbia assolutamente nulla a temere da questa attività giornalistica ,che può al massimo essere fastidiosa. Sarà opportuno trovare modo suscitare ostilità classe giornalistica francese che potrebbe vedersi danneggiata tiratura da nuovo concorrente italiano e richiamare attenzione ministro esteri Briand. Se ciò malgrado giornale vedrà luce esso sarà del pari utile regime fascista in quanto costringerà avversari a profondere denari ed energie in una inutile fatica. Comunque gradirò notizie.

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IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR.3083/133. Addis Abeba, 27 dicembre 1925, ore 13 (per. ore 16).

Rispondo al telegramma di V. E. Gab. 1585 (1).

Ho l'impressione che per quanto siano larghi i compensi finanziari che il Governo britannico è disposto ad offrire a questo Governo per la ambita concessione del lago Tzana, non gli sarà certamente facile ottenerla e che ad ogni modo le trattative dureranno ancora per lungo tempo. Il nostro appoggio in questa circostanza non potrà d'altra parte avere un grande valore perchè già agenti francesi hanno segnalato a questo Governo che tra Italia e Inghilterra si sta discutendo accordo riguardante Etiopia. Tale fatto mi è stato comunicato dallo stesso ras Tafari al quale ho risposto che è possibile che Italia e Inghilterra vogliano uniformare loro condotta nei riguardi Abissinia, ma ciò sempre come nel passato tenendo conto degli interessi di questa ultima e rispettando la sua integrità. In questo momento i miei rapporti con Governo Etiopia sono ottimi e ras Tafari mi ha pregato insistentemente di intervenire personalmente per risolvere questione relativa condanna a morte dei tre somali sudditi britannici dichiarando che solo con la mia azione personale presso vecchi capi potrò convincerli dell'opportunità di essere remissivi verso Inghilterra.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) 1037/949. Parigi, 28 dicembre 1925, ore 18,30 (per. ore 23).

Decifri Ella stessa.

Telegramma di V. E. Gabinetto 442 (2).

Nitti mi ha fatto avvicinare da persona di fiducia sua ver informarmi che non aveva intenzione di occuparsi di politica. Gli ho fatto rispondere che pren

devo atto di queste dichiarazioni. Esse però contrastano con l'attività attribuitagli per la pubblicazione del quotidiano di opposizione. Inoltre la sua stessa presenza a Parigi era inopportuna data affluenza dei noti fuorusciti ed i contatti che avrebbe avuto necessariamente con essi e con uomini politici del luogo, per cui egli sarebbe stato naturalmente designato dopo il fiasco di Amendola e compagni come capo del nuovo movimento di opposizione: ciò che era contrario agli interessi del paese ed anche ai suoi interessi personali. Sarà difficile impedire uscita del giornale che sembra stia per accordarsi ·con la tipografia del Petit Journal sopra un preventivo tra le 15 e le 30 mila copie (?). Esso certamente non avrà vita prospera nè lunga. Fra gli stessi fuorusciti non regna armonia. Ciccotti e De Ambris sono fuori del movimento. Ricciotti Garibaldi non è certamente un elemento ottimo; egli saprà far fruttare suo vantaggio concorso (?) finanziario di Sante. Mi si assicura che la massoneria francese si limita virtualmente ad un appoggio di principio, ma poco sostanziale quanto a denaro. I lamenti dei nostri fuorusciti cadono nel vuoto e trovano anzi spe,sso una accoglienza nettamente ostile contrapponendosi angosciosa situazione della Francia a quella ben diversa dell'Italia sotto il regime fascista.

(l) -Cfr. p. 153, nota 2. (2) -Cfr. n. 210.
213

PADRE TACCHI VENTURI AL MINISTRO DELLE FINANZE, VOLPI (ACS, Carte Volpi)

Roma, 29 dicembre 1925.

Rinnovando gli auguri di un felice anno e con preghiera a Dio che benedica l'opera di S. E. l'On. Conte Volpi sulle rive del Tamigi non meno di quello che già benedisse la sua mis,sione sul suolo americano (1).

214

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. GAB. 1610. Roma, 30 dicembre 1925, ore 18. Approvo suo articolo su Italia odierna. Quanto a deplorevole campagna giornali viennesi occorre che V. E. dia un ultimo avvertimento Governo federale. Articolo recente Tamaro su Secolo ha prodotto disastrosa impressione Italia poichè vi è documentata incoscienza folle provocatrice stampa austriaca.

Così continuando cose Vienna e Austria non sperino più contare su benevolenza italiana.

215

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE BOSDARI

T. GAB. (P. R.) 450. Roma, 30 dicembre 1925, or.e 18.

Quantunque da talune sue affermazioni possa apparire il contrario, ho il piacere di significarle che io leggo attentamente tutti i suoi rapporti. Ultimo di

essi appare oramai superato poichè tutte le menzogne natalizie sono state documentate. Ma è oramai tempo di porre brutalmente il problema a Stresemann come io Jo porrò a Neurath. Questa campagna dopotutto idiota della stampa tedesca ha già avuto ripercussioni nella opinione pubblica italiana per cui aut aut si impone. O governo tedesco tiene conservare rapporti amichevoli con Italia e allora è suo dovere, poichè ne ha i mezzi, impedire che tali rapporti possano essere irreparabilmente compromessi da tendenziose campagne di stampa o Governo tedesco lascia correre e allora vuoi dire che non tiene conservare amichevoli rapporti. Dell'inevitabile raffreddamento è Germania che avrà maggiormente a soffrirne. Stesso tempo bisogna determinare reazione negli ambienti che ,si professano amici Italia e consapevoli importanza relazioni amichevoli fra due paesi.

(l) Volpi era in partenza per Londra per le trattative sul debito di guerra con l'Inghilterra.

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L'AGENTE DIPLOMATICO A TANGERI, VANNUTELLI REY, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) 1054/122. Tangeri, 31 dicembre 1925, ore 20,10 (per. ore 24).

Ad ogni buon fine informo che Malmusi ha ricevuto per mezzo del servizio ~missari segreti autorizzati con telegramma di V. E. n. 12079 (l) una lettera in data 12 con cui Abd-el-Krim gli chiede adoperarsi per ottenere da questa R. agenzia diplomatica passaporto fittizio per due suoi fiduciari e facilitare occultazione loro identità nello imba11carsi per l'Italia. Segue rapporto con il testo della lettera (2).

Lettera di Abd-el-Krim, il cui testo giungerà costà per corriere ai primi della settimana ventura, non contiene maggiori precisazioni pur non potendo escludere che si tratti di un tentativo di interessare in qualche modo il R. Governo alla causa del Riff.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO

T. GAB. (P. R.) 1/1. Roma, 2 gennaio 1926, o1·e 20.

Rispondo suo interessante rapporto in data 13 dicembre 192!5 (3), rapporto che ho letto con viva attenzione.

Comunico a V. S. mie osservazioni circa proposte finali suo rapporto. Come

V. S. ha giustamente dichiarato nei suoi colloqui con Duca e Bratianu questione mancata ratifica italiana annessione Bessarabia è in rapporto stato di fatto nostri l'apporti attÙali con la Russia. Modificando questo stato di fatto, potrebbe cambiare nostro atteggiamento nei confronti questione Bessarabia. V. S. ha lucidamente prospettato mio punto di vista. Per ciò che concerne possibilità mio intervento per un accordo rus,so-romeno sulla base di un impegno da parte russa di non ricorrere alle armi per Bessarabia, ·non lo escludo, ma V. S. non ne farà

parola prima di aver ricevuto una mia autorizzazione in proposito. Quanto al viaggio sovrani esso dovrebbe essere preceduto stipulazione regolare trattato commercio o qualche altro gesto concreto amicizia. Su dò darò ulteriori notizie.

(l) -Non rinvenuto. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 197.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE BOSDARI

T. GAB. 4/4. Roma, 7 gennaio 1926, ore 20.

V. E. deve far rilevare personalmente a Stresemann inqualificabile condotta suo organo personale. Io manderò una nota .scritta a Neurath. Quanto a turismo tedesco faccia intendere che Italia può farne benissimo a meno. Trattasi di gente che viene a consumare a buon mercato quanto italiani pagano a carissimo prezzo (1).

3) riferire •. In margine a tale appunto ·si trova il seguente • N.B. Fatta la comunicazione e riferito a S. E. Mussolini 19 gennaio 1926. Contarini •·

Sull'atteggiamento dello stesso Mussolini nelle relazioni itala-tedesche, cfr. il seguente passo delle Memorie di De Bosdari, relativo ad un suo colloquio con Mussolini, avvenuto il 4 febbraio, • alla presenza dell'on.le Grandi pochi mesi prima stato nominato sottosegretariodi Stato per gli Affari Esteri, che io non conoscevo ancora a cui il Mussolini mi presentòdicendo a lui: "È bene che ella cominci a conoscere i nostri ambasciatori all'estero ,.

DopC\ questi brevi preliminari Mussolini mi rivolse la sua abituale frase: "E come vanno le cose in Germania?". Io gli risposi tosto ripetendogli e riassumendogli quanto ~ià risultava dai miei più recenti rapporti. La campagna di stampa antitaliana non aveva nè contenuto nè profondità; con un poco di pazienza l'avremmo veduta sfumare nel nulla; dovevamo sempre tener presente che essa era stata iniziata nella Vossische Zeitung, il che dava adito al sospetto che danaro francese fosse stato speso per creare un motivo di perpetuodissidio tra noi e la Germania; io avevo eseguito con tutto scrupolo le istruzioni del R. Governo nel far le più vive rimostranze al Governo germanico intorno a questa campagna di stampa, e spesso, anche senza istruzioni, ne avevo preso l'iniziativa; occorreva però tener presente che i poteri del Governo costituzionale tedesco sono minimi rispetto alla stamp1 sopratutto dato il sistema che lascia ai governi locali la cura di sopprimerne gli abusi. ripetevo inoltre un'osservazione già molte volte da me fatta nei miei rapporti che il venir troppo spesso parlando col governo germanico di questi eccessi della stampa, portava come fatale conseguenza il discuterne i motivi e l'entrare in merito della politica italiana

nell'Alto Adige, discorso che a me sembrava di dovere sempre evitare coi tedeschi sia pure

a titolo accademico. Mussolini mi lasciò parlare a lungo senza la menoma interruzione, assai più che non lo avesse fatto nelle precedenti circostanze in cui, come narrato nei capitoliprecedenti, io avevo avuto occasione di visitarlo; e poscia, quando egli credette che io avessi più o meno detto tutto ciò che io avevo da dire, prese egli stesso la parola e la tenne a lungo.Davanti a Grandi ed a me fece come si dicesse la prova generale del gran discorso che tenne alcuni giorni dopo alla Camera. Con violenza di linguaggio inaudita, intercalando paroleda trivio che qui non ripeterò. Battendo i pugni sul tavolo e rotolando gli occhi, egli disse che del sentimento nazionale tedesco, delle minaccie di boicottaggio e di allontanamento dei viaggiatori dall'Italia non gliene importava nulla. Quattro straccioni di turisti tedeschi di meno, quattro cavoli fiori di meno venduti in Germania, non potevano cambiare in nulla la meravigliosa floridezza creata in Italia dal regime fascista. E cosi di seguito per un quartod'ora o venti minuti. In alcuni punti di questo discorso io cercai modestamente di intervenire ripetendo i concetti da me già svolti precedentemente, ossia che le minaccie tedesche non erano serie, che non vi sarebbe stato boicottaggio commerciale, che i turisti sarebbero continuati a venire ecc. ma Mussolini non mi lasciava più parlare e non prestava la menoma attenzione alle mie chiose, continuando, come fiume impetuoso il corso precipitoso delle sue parole. A~la fine mi chiese quando tornavo a Berlino. Io gli dissi che, come egli già sapeva, 10 avevo 1mpegno per altre due conferenze. Se egli non aveva obiezioni avrei ritardato di altri quattro o cinque giorni poscia sarei stato a sua disposizione al mio posto. Egli disse: "Va bene,., mi congedò. Uscii di li ·con l'animo alquanto rasserenato e rassicurato sulla mia sorte, perchè nel lungo discorso Mussolini non mi aveva fatto il menomo accenno al suo scontento per l'azione da me svolta, nè d'altra parte aveva fatto la menoma obiezione a che io prolungassi i pochissimi giorni del mio breve congedo. Rimuginando però fra me le cose dettemi da lui mi sembrava di avere riportato la chiara impressione che il senno del Duce fosse alquanto disturbato, e che chiari indizi di paranoismo cominciassero a manifestarsi nel suo spirito. Ho scordato di dire che alla fine del discorso Mussolini mi parlò della mia conferenza dant~sca. del gi~rn~ prima non s~lo senza rimprovero, ma con un certo compiacimento, e m1 ch1ese. anz1 d1 che trattava 11 canto da me commentato. Io gli risposi che trattava sopratut~o d1 Capaneo quello che per la superbia è più punito. Questa citazione parve inte

ressare 11 Duce •.

(l) La minuta è di pugno di Mussolini. Si riferisce forse a questo telegramma il seguente appunto di Mussolini per Contarini: «l) Vedi il mio telegramma a Berlino; 2) chiamare Neurath e dirgli che se non la smettono a Monaco io risponderò col boicottaggio ufficialmente;

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. GAB. (P. R.) 19/6. Roma, 9 gennaio 1926, ore 21.

Giornali italiani riferiscono sue dichiarazioni circa attuale scandalo ungherese. Le approvo pienamente. È tempo di separare nettamente regime fascista italiano dalle imitazioni più o meno riuscite di altri paesi ed è soprattutto tempo diéhiarare che fra Governo fascista e destra ungherese non vi furono mai rapporti diretti o indiretti di nessuna specie.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. P. 36/46. Londra, 9 gennaio 1926, ore 22,45 (per. ore 2,25 deL 10).

Da notizie avute a diverse fonti mi risulta Chamberlain è rimasto assai soddisfatto dell'intervista avuta con V. E. a Rapallo (1). Tyrrel da parte sua mi ha accennato ad una lettera particolare inviatagli dal suo ministro nella quale era detto fra l'altro che egli aveva avuto cordiali ed interessanti conversazioni con

V. E. dalle quali era risultata rafforzata reciproca personale amicizia con grande vantaggio delle relazioni fra i due paesi. Chamberlain chiudeva sua lettera con le testuali parole «più conosco primo ministro italiano più lo apprezzo ed amo:..

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, LANZA DI SCALEA

Roma, 10 gennaio 1926.

Sono d'accordo con te nel fissare al 1° febbraio p. v. la improrogabile data di occupazione di Giarabub. Non si può oltre tardare. Il tempo non lavora per noi, ma occorre preparare l'operazione con tutti i margini necessari: uomini, mezzi, imprevisti.

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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 38/22. Belgrado, 10 gennaio 1926, ore 12 (per. ore 14).

Decifri ella stessa. Nincich mi ha stamane ripetuto il suo desiderio di addivenire ad uno scambio di idee con noi per rendere più intimi i legami tra Italia e Jugoslavia e per

convenire in via preliminare sulle possibilità di applicazione agli stati dell'Europa centrale dei principi di Locarno. Gli ho sottoposto come mia idea Ja formula che V. E. mi dettò a Roma e cioè: «La potenza che solo può innestare nella situazione dei [paesi] danubiani i principi fondamentali di Locarno, è l'Italia». Ed ho fatto anche mie le considerazioni da V. E. fatte a Roma sulla attuale situazione privilegiata dell'Italia. Egli ha senz'altro convenuto in questo principio e mi ha detto che ne avrebbe telegrafato a Pasich per avere la preventiva approvazione anche per il caso che si credesse opportuno un colloquio. Nincich fece un fugace accenno a ciò che egli chiamò la contropartita a favore dell'Italia nel caso questa avesse ad assumere come a Locarno qualche garanzia od impegno; egli alluse con evidenza alla frontiera attuale tra Jugoslavia ed Ungheria. Non avendo istruzioni su questo punto mi sono astenuto da qualsiasi considerazione. Mi riservo di avere con lui nei prossimi tre giorni un'altra conversazione.

(l) L'incontro ebbe luogo la sera del 29 dicembre 1925. Cfr.. anche per commenti della stampa, Corrie1·e de!la Sera, 30 e 31 dicembre 1925, l e 2 gennaio 1006.

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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 56/31. Belgrado, 15 gennaio 1926, ore 0,50 (per. ore 6). Decifri ella stessa. Mio telegramma n. 22 (1). In un lungo colloquio avuto con Nincich stamane egli mi ha detto che questo ministro di Francia gli aveva tempo fa accennato che sarebbe stato opportuno (?) per le potenze dell'Europa centrale di provvedere alla loro sicurezza stabilendo una Locarno balcanica naturalmente sotto l'egida francese. Nincich avrebbe subito risposto che il Governo jugoslavo legato da patto di Roma, dalle relazioni di amicizia fra i due Governi e dalla posizione geografica della Jugoslavia, non avrebbe nè voluto nè potuto tenere estranea l'Italia da un qualsiasi accordo o combinazione del genere. La cosa sembrava irreparabilmente caduta quando ieri il ministro di Francia si recò da lui e gli comunicò: l) che il Governo francese si rendeva conto delle obbiezioni mosse da Nincich; 2) che era disposto ad accordarsi coll'Italia per un'azione nel senso di trasportare nei Balcani e nell'Europa centrale i principi di Locarno,; 3) che tale accordo avrebbe perfettamente servito al fine di assicurare la pace in questa parte d'Europa; 4) che infine l'ambasciatore di Francia a Roma avrebbe ricevuto istruzioni di conferire con V. E. Nincich telegraferà quanto precede ad Antonievich perchè V. E. sia informato del desiderio espresso a Belgrado dal Governo francese di non voler essere estraneo

ad una combinazione dei principi di Locarno alle nazioni balcaniche e dell'Europa centmle. Nel riferirmi ciò il signor Nincich ha soggiunto che egli desidera

recarsi a Ginevra per la conferenza del disarmo e che il suo passaggio traverso l'Italia potrebbe dargli occasione di un incontro che gli permetta di avere uno scambio d'idee su tale progetto di accordo e di conferire su quanto formerà oggetto del convegno della Piccola Intesa. Avendo chiesto a Nincich se intendesse di portare a ·conoscenza di quanto precede Governo inglese, mi ha risposto negativamente ma che Kennard gli aveva detto i giorni scorsi che il suo Governo avrebbe sempre approvato qualsiasi formula atta ad assicurare la pace balcanica. Faccio presente che nella conversazione che io ebbi con Nincich il 10 corrente e della quale riferii col telegramma 22 al ministero, egli non mi accennò affatto al passo preliminare di questo ministro di Francia nè alla risposta che egli gli diede. Antonievich ritarderà perciò la sua partenza da Roma. Circa la riunione della Piccola Intesa e relativo programma riferisco con te-legramma successivo.

(l) Cfr. n. 222.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. GAB. (P. R.) 41/19. Roma, 19 gennaio 1926, ore 4. Voci invasione fascista Tirolo sono semplicemente idiote e fantastiche. Lo

ripeta una buona volta per tutte a codesto Governo il quale tuttavia dovrebbe moderare linguaggio almeno giornali suoi amici.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A BRUXELLES, NEGROTTO CAMBIASO, A LONDRA, DELLA TORRETTA, A MADRID, PAULUOCI DE' CALBOLI, A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, E A TOKIO, DELLA TORRE DI LAVAGNA, E AL VICE SEGRETARIO DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, ATTOLICO

T. 130. Roma, 19 gennaio 1926, ore 6. È venuto da me ministro Polonia espormi desiderio suo Governo di contare su appoggio Governo italiano quando Polonia facesse -come intende fare domanda per avere un posto permanente nel Consiglio della Lega delle Nazioni. Polonia è mossa da preoccupazioni per posto permanente che Germania avrà seno Consiglio. Ho risposto che sono favorevole accoglimento domanda polacca per ragioni che sono evidenti e che sono singolarmente rafforzate da atteggiamento tedesco e dalle inverosimili .pretese che Germania si ripromette di avanzare per quanto concerne posti amministrativi e direttivi nell'organismo burocratico Società Nazioni. Appare anche da molti segni evidente che Germania proponesi riguadagnare grandi simpatie. facendosi portavoce a Ginevra dei diritti minoranze nazionali. Non è dubbio che un posto Polonia gioverebbe a con

trobilanciare prevedibi,le abituale invadenza tedesca e ciò sarebbe di giovamento all'Italia. Poichè analoga démarche ministri polacchi devono aver fatto costì prego V. E. indagare con quali risultati ed agire in senso favorevole richiesta Polonia tenendomi quindi informato.

Tutto ciò però naturalmente senza pregiudicare la possibilità del nostro appoggio alle richieste fatte dalla Spagna e dal Brasi,le qualora risultasse impossibile il simultaneo aumento di tre posti permanenti oltre quello tedesco.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE BOSDARI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) 112/21. Berlino, 24 gennaio 1926, ore 12,50 (per. ore 15).

Decifri ella stessa.

Vossische Zeitung riportava ieri corrispondenza da Roma in cui dicevasi che Governo fascista intende operare un largo movimento diplomatico per coprire i posti di maggiore importanza con persone atte a rappresentare all'estero i principii del fascismo. Stamane Deutsche Zeitung si fa telegrafare da Parigi che io sarei prima vittima di questo movimento avendo scontentato V. E. per non averla informata a tempo del movimento antitaliano in Germania e non aver saputo oppormivi.

V. E. giudicherà se sia ammissibile lasciar circolare simili notizie che non possono avere origine che da discorsi fatti in codesto ministero (1).

c Poco tempo dopo [l'agosto 1925]. nonostante la mia riluttanza e le mie ben fondate obiezioni, fui costretto, per misteriose insistenze speciali del Ministero dell'Interno, a procedere ad un'inchiesta sul medesimo Guarneri, sul sig. Bordoni e su altri membri del

R. servizio in Germania. L'inchiesta su Guarneri mi condusse a scoprire una vasta corrispondenza che questi teneva con alcune persone del R. Ministero quali il Capo di Gabinetto di Mussolini Paulucci Barone e con Lo Iacono, sinistro personaggio, specie_ di eminenza grigia del Ministero col quale due o tre volte, durante la mia carriera, avevo avuto incontri poco piacevoli, col Principe di Scalea Ministro delle Colonie e con altri più o meno ammantati o svelati da nomi simulati, corrispondenza quasi tutta di natura diffamatoria contro di me. Avevo incluso copia di questa corrispondenza, con la minor quantità possibile di miei commenti personali ad essa, nei miei rapporti relativi all'inchiesta di che sopra. Cosi facendo mi ero reso conto di essermi creato delle inimicizie inestinguibili presso i rettili più velenosi del Ministero, quelli che lavorano nell'ombra e nel silenzio e che con la loro bava velenosa inquinano tutto ciò che di meglio abbia ancora l'Amtp.i

nistrazione.

Oltre questa inchiesta avevo dovuto compierne un'altra amplissima intorno a tutti i consolati in Germania, che tutti più o meno si erano resi colpevoli di abusi nelle percezionidei diritti consolari di visto, specialmente per ciò che riguarda il calcolo del cambio. Anche qui naturalmente, avendo procurato di procedere con serena obiettività mi ero procurato

risentimenti ed inimicizie.

Alla vigilia del mio arrivo a Roma mi era stato segnalato un comunicato di un'Agenziadetta "Di Città .. , della quale non avevo mai sino allora inteso parlare, e che con la d!lta

del 18 gennaio [1926) annunziava a chiare note il mio richiamo da Berlino e la mia sostituzione col Conte Aldrovandi Dino allora ambasciatore nella Repubblica Argentina e che proprio in quei giorni era giunto in congedo in Italia. Mi presentai prima al Capo di Gabinetto Paulucci Barone, gli mostrai l'anzidetto comunicato che egli qualificò di "ignobile ricatto ., e gli chiesi in genere come considerasse la mia situazione intorno alla quale, per i motivi e gli indizi qui sopra esposti, cominciavo a nutrire gravi sospetti. Egli mi disse che tutti noi eravamo minacciati, che i Fascisti non lasciavano passare un giorno senza rappresentare al Duce che il servizio diplomatico e consolare era loro chiuso e che vi si lasciavano sussistere elementi avversi al partito. Mi consigliò di parlare francamente al Duce che dovevo vedere due giorni dopo ossia lunedi 4 febbraio, dovendo io la domenica 3 tenere la su accennata conferenza dantesca. Vitli però il giorno stesso il segretario generale Contarini il quale mi annunziò avere presentato le proprie dimissioni perchè non ci reggeva più fra la confusione ed anche (mi ac!!ennò chiaramente) la corruzione dominante. Mi ripetette varie volte: Q1,1i corre denaro, qu1 corre denaro. Ma i veri motivi delle sue dimissioni Contarini avvolse in un'onda di parole incomprensibili secondo il suo solito. Profittai di un breve secondo del suo silenzio per chiedergli: Ed io come sto? Egli mi rispose subito: Tu sei vivo per miracolo e hai tutti contro te. Gli chiesi se poteva spiegarmi i motivi di questa universale ostilità sollevatasi

contro di me, ma il discorso si perse di nuovo fra le nuvole •.

(l) Per qualche notizia sui retroscena fra il personale di Palazzo Chigi, cfr. il seguetlte passo delle Memorie del De Bosdari:

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, DELLA TORRETTA, E A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. R. 235. Roma, 28 gennaio 1926, ore 24.

Il movimento per annessione Austria alla Germania ha avuto in questi uJ.timi tempi una certa ripresa. Voglia indagare se tale ripresa è stata avvertita da codesto ministero degli esteri e con quale stato d'animo (1).

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) 131 (2). Parigi, 28 gennaio 1926, ore 19,55 (per. ore 21,50).

Decifri ella stessa.

Se nel compilare lista fuorusciti cui sarà tolta nazionalità, R. Governo vorrà tener presente opportunità di dominare [sic] per gradi quella parte della opinione pubblica francese che può essere specialmente non consenziente a ta:le misura, sarebbe da considerare se non sia il caso di non colpire che più tardi i fratelli Garibaldi i quali da questo provvedimento preso oggi potrebbero vedere piuttosto che diminuita, rafforzata la loro posizione. Tanto più che a quanto mi risulta essi si considererebbero solidali tutti per misure prese contro uno di essi.

229

IL SENATORE ANGIULLI AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

(ACS, Segreteria particolare del Duce, Carteggio riservato)

L. Roma, 28 gennaio 1926.

Vorrà scusarmi, se io mi permetto ricordarLe ·una mia preghiera. Essa è dettata dal sentimento di profonda ammirazione dal giorno in cui Ella assunse, per fortuna d'Ita.Ua, il potere.

In questo momento in cui le relazioni con il Governo Tedesco sono rese un po' tese dal movimento irredentista germanico, occorre un uomo che per la conoscenza del paese, della lingua, possa rendere utili servizi a Lei, e dicendo ciò intendo riferirmi alla nostra Patria. Quest'uomo è l'on. Paratore, le cui relazioni personali con gli uomini tedeschi, •lo mettono in condizione meglio degli altri di mandar per aria quel patto di unione fra Belgio e Francia, che potrebbe costituire una seria minaccia avvenire per noi. Io san sicuro che sia in questa funzione, sia in qualche altra di natura finanziaria, egli saprà meritare la sua fiducia.

(l) -La minuta è di pugno di Mussolini. (2) -Manca il numero di protocollo particolare.
230

CONSIDERAZIONI CIRCA IL PATTO DI AMICIZIA A TRE FRANCIA, ITALIA, JUGOSLAVIA (l)

Roma, 30 gennaio 1926.

l) La situazione allo stato dei fatti è la seguente: l'Italia ha un patto di

amicizia colla Jugoslavia della durata di cinque anni, dei quali due già passati.

Il patto di amicizia scade nel gennaio del 192,9. Può essere rinnovato. È inten

zione dell'Italia di rinnovarlo, se da oggi a quell'epoca la situazione dei rapporti

tra i due Paesi non avrà subito alterazioni fondamentali. Un patto di garanzia

-quindi -fra due paesi che sono già legati da un patto di amicizia è superfluo.

2) L'Italia non sente il bisogno di fare patti speciali d!'amicizia colla

Francia, di cui è stata alleata durante la guerra e nelle trattative di pace e

della quale ha assunto la garanzia contro eventuali aggressioni secondo il patto

di Locarno.

3) Date queste condizioni non si vede l'utilità di un patto di garanzia a

tre, fra tre Potenze che sono già legate da particolari, so-lenni patti di amicizia

e di collaborazione.

4) L'Italia preferisce a questo giro piuttosto vizioso di entamer dei negoziati

e coll'una e coll'altra Potenza, 1per esaminare la possibilità di a.ccordi veri

e propri di alleanza.

5) Un patto di garanzia presuppone un pericolo da cui .garantirsi.

6) Questo patto potrebb€ pregiudicare quella Locarno Balcanica che è nei piani della diplomazia inglese, la quale è presente -specialmente a Sofia dove ha determinato la caduta di Tzankoff promettendo la conclusione di un prestito al suo successo·re.

7) Rinviare -in ogni caso -a dopo la conferenza sul disarmo e nella peggiore ipotesi -(quella cioè che la conferenza abortisca) allo scadere del patto itala-jugoslavo.

8) Dire tanto a Parigi, quanto a Belgrado che un patto di amicizia francojugoslavo, avrebbe -forse più per motivi di ordine soggettivo che obiettivo -ripercussioni sgradevoli nell'opinione italiana e potrebbe anche provocare un diverso orientamento nella politica italiana.

Conclusione: L'Italia essendo amica della Jugoslavia e garante della Francia, non entrerà in questo patto a. tre di cui non vede la pratica utilità, mentre ne intravvede i futuri pericoli per la situazione danubiano-balcanica.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A LISBONA, LABIA

T. 271/13. Roma, l febbraio 1926, ore l.

Segua molto attentamente situazione Colonie portoghesi di cui ai rapporti ricevuti e in caso di novità avverta tempestivamente Ministero (2).

(l) -L'appunto è anonimo. (2) -La minuta è di pugno di Mussolini.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 158/127. Londra, 2 febbraio 1926, ore 1,25 (per. ore 7 del 3). Chamberlain ha tenuto manifestarmi nel modo più cordiale suo grande compiacimento e sua soddisfazione vivissima per felice esito negoziati consolidamento nostro debito di guerra. Segretario di stato per gH affari esteri mise in speciale rilievo importanza politica avvenimento osservando che, liquidat~ in modo onorevole e soddisfacente per entrambe le parti quest'ultima questione, Italia e Inghilterra venivano a trovarsi nelle più favorevoli condizioni per una più intima e cordiale collaborazione. Chamberlain dopo aver fatto cenno al patto di Locarno ricordò che Italia e Inghilterra, potenze garanti Reno, hanno una politica comune da seguire, e da qui la conseguente necessità di tenersi costantemente stretto contatto per esplicazione di comune accordo e in piena confidenza di quelle azioni che le ·circostanze in avveni!re potessero richiedere. Segretario di stato per gli affari esteri mi ha ripetuto concetto altre volte manifestatomi che cioè è indispensabile per il mantenimento della pace, la ricostruzione europea e la soluzione delle grandi questioni internazionali una stretta intesa fra Inghilterra Francia e Italia. E che perciò mentre da parte sua avrebbe posto ogni cura al consolidamento e sviluppo dei rapporti anglo italiani avrebbe anche portato il maggiore interesse al mantenimento amichevoli rapporti fra Italia e Francia. Chamberlain alla fine della lunga conversazione ha ricordato

con manifesta soddisfazione visita fatta da V. E. a Rapallo e interessante conversazione avuta in quella occasione. In ultimo mi ha pregato fare pervenire a

S. E. Volpi e a S. E. Grandi espressioni del suo rincrescimento di non essere arrivato in tempo a Londra per incontrarsi con loro e felicitarH per opera compiuta. Di tale rincrescimento aveva anche pregato Graham farsi interprete direttamente.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A SOFIA, RINELLA

T. 330/21. Roma, 3 febbraio 1926, ore 20.

Voglia riferirmi quali riverberi ha in Bulgaria il movimento determinatosi a Belgrado per la grande Jugoslavia che dovrebbe comprendere la Bulgaria (1).

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IL MINISTRO A VARSAVIA, MAJONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 319/109A. l. Varsavia, 4 febbraio 1926.

-~L'Opinione pubblica-di questo Paese continua-aseguirè' col maggior interesse gli avvenimenti internazionali, che ci riguardano, e gli sviluppi della nostra

politica estera. Le voci dell'avviamento di più strette relazioni tra l'Italia e la Cecoslovacchia, già da me segnalate, e la nuova fase dei rapporti itala-tedeschi hanno formato oggetto di appassionate discussioni, per i riflessi che tali fatti possono avere nei riguardi della Polonia. D'altra parte i successi di Washington e di Londra, le recenti interviste accordate· da V. E., che rivelano una direttiva politica rettilinea, mirante a procurare al nostro Paese un giusto posto nel mondo, la coscienza nazionale della propria forza in atto e potenziale, le impressioni riportate da uomini politici polacchi di ritorno dalla Penisola, hanno ingenerato nella pubblica opinione un ben maggiore apprezzamento del fattore italiano, e la profonda convinzione della sua irresistibile forza di propulsione. È quindi naturale l'aspirazione che affiora nelle varie conversazioni che ho di frequente colle personalità locali, di contatti più stretti fra i due Paesi. Si confronta ormai da tutti la nostra situazione con quella della Francia (l'Inghilterra dato il suo aprioristico atteggiamento antipolacco non entra in considerazione) e le conclusioni non sono dubbie: Locarno, a torto od a ragione, ha contribuito ad aumentare le disillusioni, persino dei più ardenti francofili. L'alleanza è considerata non più come un legame necessario, ma come un vincolo di utilità discutibile, del quale non si può tuttavia disfarsi. È in tutti poi la preoccupazione di uno stretto avvicinamento franco-tedesco, sotto gli auspici della politica cartellista e della grande industria metallurgica, che porrebbe la Polonia ancor più nell'ombra e la getterebbe in una situazione ailarmante. Ed è non meno ardente il desiderio generale di scuotere d'addosso questa specie di tutela della sorella maggiore, che urta le suscettibilità invero eccessive del Paese e che costringe non di rado la politica polacca a mettersi per vie non consone al suo interesse. La ricerca del modo e dei mezzi per uscire di minorità costituisce, come mi ha lasciato capire il Sottosegretario agli Esteri,. uno degli scopi principali attuali del Governo di Varsavia. Anche per questo, l'amicizia dell'Italia è ora più che mai ricercata. Si constata d'altronde che gli interessi dei due Paesi non contrastano in alcun campo, attualmente anzi coincidono. Migliorati i rapporti colla Russia, per le stesse ragioni e sulle stesse basi, che presiedettero alla nostra ripresa di relazioni col Governo dei Soviet, la Polonia trova nella nuova fase dei rapporti italo tedeschi il riflesso quasi identico delle sue proprie relazioni col Reich ed una naturale comunanza di difese. Verso i vari Stati balcanici si svolgono quasi le stesse amicizie. Il patto italo-jugoslavo ha risolto una situazione imbarazzante. Il punto di vista italiano nei riguardi della questione austriaca coincide con quello polacco. Sembra d'altronde conseguente ai fini della politica estera italiana che essa voglia prolungare il suo asse centrale dall'Egeo al Baltico, attraendo nella propria sfera di gravitazione anche i vari paesi dell'Europa centro orientale ed eliminandone definitivamente quel piccolo centro disturbatore di origine francese, che rimane per quanto a stento, in vita: la Piccola Intesa. Rientra nel quadro generale de1la nostra politica estera il considerare se a noi convenga o meno sfruttare questo « momento italiano » nelle tendenze di questo Paese. È d'altronde da notarsi che nessun elemento ufficiale si è espresso con me apertamente od anche discretamente nel senso che ho sopra adombrato. Ma non è altresì da dimenticare che alla direzione della politica estera si trovano gli stessi uomm1, il Conte Skrzynski ed il Signor Morawski,' che due anni orsono hanno creduto

di riscontrare da parte nostra come ho a suo tempo segnallato, una sfavorevole accoglienza alle loro aperture per più stretti rapporti fra i due Paesi. Potrebbe però darsi che il nuovo Ministro di Polonia, Onorevole Kosicki, il quale giungerà a Roma entro il corrente mese, verrà incaricato di presentire il R. Governo sulle possibilità di cui sopra.

(l) La minuta è di pugno di Mussolini.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 164/64. Costantinopoli, 5 febbraio 1926, ore 22 (per. ore 4,30 del 6).

In una conversazione avuta ieri ministro affari esteri ha parlato a Taliani dei rapporti ita,lo-turchi sui quali giorni prima sottosegretario di stato affari esteri avevalo intrattenuto (conversazione da me trasmessa a V. E. col corriere di gabinetto partito ieri). Ministro affari esteri cominciò col dirgli che accettava completamente assicurazione sulle intenzioni amichevoli dell'Italia date da Taliani al sottosegretario di stato e lo ringraziava. Aggiungeva che nel momento politico presente riteneva opportuno affrontare e discutere questione nostri rapporti per improntarli sulla base reciproca fiducia. A ciò era deciso dopo nostro accordo di Londra per debiti, sicuro trovarci meno preoccupati e più liberi e per questa sua decisione e susseguente sua condotta aveva avuto consenso del Gazi e di Ismet pascià. Egli riteneva necessario togliere di mezzo ogni difficoltà capace di turbare rapporti tra i due paesi per giungere ad una intesa di" fatto se non scritta per una stretta collaborazione nel Mediterraneo. Nessun contrasto ci divide, diceva Tewfik pascià, nè in Africa nè nel Mediterraneo dove col nostro concorso l'Italia potrà realizzare quel dominio che geograficamente le spetta. Anche sul terreno economico collaborazione si impone e diventerà feconda disperdendo quella stessa atmosfera di mutua diffidenza. Sarà pure facilitata all'Italia la via dell'Asia e, chiarite le relazioni tra i due Governi, potrà tranquillizzare anche la Libia e l'Albania dove Turchia conserva notevole influenza morale. Egli aggiunse essere convinto necessaria collaborazione economica in un prossimo avvenire tra Italia, Turchia e Russia e riservasi riprendere conversazioni approfondirle con me alla mia prossima andata ad Angora. Ciò che precede è la ripetizione più accentuata delle intenzioni manifestate al mio predecessore e me nell'insieme dallo stesso ministro affari esteri (l) e che rimasero senza alcuna risposta da parte nostra. Oggi circostanze sono alquanto cambiate da alJ.ora. Turchia per il momento non vuole nè potrebbe correre avventure militari... (2), accordo con l'Inghilterra cui questa si dimostra favorevole e accordo positivo con la Francia che comincia con la Siria; a tale scopo Jouvenel va ad Angora. A mio avviso non sarebbe vantaggioso per i nostri numerosi interessi cosi contrastati nel Levante il lasciare nuovamente cadere nel vuoto invito del ministro affari esteri. Mi rendo conto degli scopi cui mira ministro affari esteri ma non rispondere a1la sua apertura e non seguirlo per vedere almeno fino dove vuole o può arrivare

sembrerebbe inopportuno. Ascoltarlo non nuoce e ciò mi riprometto fare nella mia prossima gita Angora ma desidererei essere da V. E. autorizzato e avere istruzioni a norma di linguaggio poichè dopo questa nuova apertura io non potrei rimanere semplicemente ad ascoltare quello che egli mi dirà. Converrebbe che io conoscessi entro quali limiti V. E. desidera che conversazioni rimangano poichè mossa Tewfik pascià può essere determinata anche da desiderio compiere sondaggio circa sospettati accordi di Londra.

(l) -Cfr. nn. 90 e 163. (2) -Gruppo indecifrato.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. 404/50. Roma, 7 febbraio 1926, ore 20. Per sua prossima gita ad Angora V. E. è autorizzato non solo ad ascoltare le eventuali aperture del ministro degli esteri ma a dichiarare in mio nome quanto segue e che del resto io ho ripetutamente comunicato locale ambasciatore turco:

l) Italia ha fatto e fa una politica di pace in generale; 2) Italia ha realizzato su questa direttiva particolari intese di amicizia e collaborazione cogli stati confinanti

o successori Svizzera, Jugoslavia, Cecoslovacchia; 3) ItaHa non coltiva disegni aggressivi contro la Turchia o contro qualsiasi altra potenza; 4) Italia desidera espandersi pacificamente nel commercio e nelle sue industrie che si sviluppano sempre più gagliardamente e ritiene che una collaborazione assai stretta su questo terreno sia possibile e desiderabile colla Turchia con grande reciproco vantaggio; 5) Ja Turchia deve dare le prove della sua fiducia nella politica dell'Italia e l'Italia è disposta ad esaminare le possibilità di accordi da elaborare e definire .in un secondo tempo. V. E. con queste direttive può andare ad Angora e vedere quanta sincerità e quale desiderio di una intesa coll'Italia ci sia stata nelle dichiarazioni dell'attuale ministro degli esteri turco.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. S. 27/65. Roma, 7 febbraio 1926, ore 21. Decifri ella stessa. Per quanto concerne prossima riunione Piccola Intesa voglia se occasione si presenta comunicare Nincich che io approvo sua tattica di moderazione nei confronti Ungheria. Quanto al piano per una eventuale Locarno balcanica ho avuto occasione di parlarne più volte con Antonievich da cui aspetto ulteriori comunicazioni. Ritengo che una Locarno balcanica sia ancora molto prematura. Per sua norma esclusivamente personale le comunico che io sono contrario a una combinazione in cui entri la Francia e che per quanto concerne Italia-Jugoslavia patto non potrebbe consistere che in una convenzione supplementare o integrativa dell'articolo l del patto di Roma del gennaio 1924. Si tratterebbe insomma di stabilire quali forme concrete potrebbe assumere l'appoggio reciproco di cui

si parla all'articolo l, qualora Roma e Belgrado si trovassero di fronte a una violazione dei trattati.nominati in detto articolo. Tattica da seguire da parte dì

V. E. temporeggiatrice.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER coRRIERE 816/933/178. Costantinopoli, 7 febbraio 1926 (per. il16). Seguito al mio telegramma filo 64 del 5 corrente (1). Taliani è tornato da Angora. Da quanto egli mi riferisce dei suoi colloqui a quel ministero degli esteri e riducendo al pratico le intenzioni di Tefvik Rouchdy Bey circa i rapporti italo turchi mi appare evidente che queste, oltre a scopi minori concomitanti, mirano a garantire per quanto possibile Turchia da qualsiasi pericolo che potesse derivarle dalla forza espansiva della nuova Italia. Fino a ieri Turchia era isolata, oggi con accordo di Parigi con Russia, domani coi desiderati accordi con l'Inghilterra per Mossul e forse anche a base più ampia, e con Francia per la Siria e per i debiti, la situazione internazionale sarebbe capovolta. Se questo sistema di intese fosse completato con accordo speciale con Italia, Turchia si vedrebbe assicurata quella calma al di fuori di cui ha bisogno il regime kemalista per affermarsi all'interno, per compiere riforme necessarie e promuovere sviluppo energie del paese. Politka di Tewfik è abile, e in ogni caso util·e al suo paese perchè serve a chiarire atteggiamento grandi potenze verso Turchia. Dal punto di vista nostro interesse ci dobbiamo domandare: quale vantaggio reale eventuale intesa può offrire all'Italia? Appoggio alla nostra espansione nel Mediterraneo, nell'Africa, nell'Asia, non può essere che molto limitato anche se dobbiamo prestarvi fede, come limitata è influenza morale della Turchia in Libia ed in Albania tanto più dopo soppressione califfato. È da mettere in gran dubbio se non da escludersi che Turchia intenda seriamente aprire porte a quello che noi abbiamo in abbondanza, alla mano d'opera; esperienza quotidiana ci illumina su questo punto. Rimane l'offerta di una collaborazione economica e finanziaria. Data nostra scarsa potenzialità capitalistica, collaborazione finirebbe per limitarsi a qualche concessione, circondata da controlli, cautele e sottoposta leggi odierne turche per le quali alla Turchia in ogni società per azioni deve essere riservata maggioranza. Va ricordato a questo punto oltre accordo italo francese, che ci troveremmo di contro potenze finanziariamente più forti e quelle che dal passato conservano qui favore, basato su prove date dalla loro capacità organizzatrice. Nel progetto di accordo per Mossul presentato nell'aprile scorso a Londra quell'ambasciatore turco offriva a Chamberlain proprio il bacino di Eraclea pel quale Governo era in trattative ·con nostro gruppo, assieme alle costruzioni di vari porti, tremila Km. di costruende ferrovie ecc. Potrebbero apparire apprezzabili vantaggi politici il ristabilimento di una fiducia, oggi scossa, tra i due paesi e la garanzia di pacifica attività per le nostre colonie in Turchia. Disgraziatamente esperienza mi fa temere che eventuale ac

cordo ·sarebbe per riuscire in pratica una formula dettata da opportunità politica, non una trasformazione della psicologia, che si è venuta formando tra questa

IS - Documenti diplomatici -Serie VI(· Vol. IV

gente di fronte agli stranieri ed in particolare di fronte ai progressi del nostro

paese. E notisi che questa psicologia è venuta ed è stata finora mantenuta viva

dall'alto. Prima era disprezzo contro il non musulmano, oggi è strumento di

governo ed arma di concorrenza politica ed economica ed è favorita dalla man

canza di coordinamento tra i vari rami dell'amministrazione statale. Contro

questo stato di cose che si riduce in uno stato di sofferenza che attacca le nostre

!!olonie e le va distruggendo, poco può Angora, come poco possono gli organi

nazionali di difesa.

I vantaggi di s~guire il ministro turco nel suo programma appaiono per noi

quindi a prima vista limitati, mentre seri sarebbero gli impegni espliciti ed im

pliciti che potremmo essere chiamati a prendere.

Ciò nonostante noi non possiamo chiudere l'orecchio alle avances del ministro

degli esteri turco. In quale posizione, in~fatti, ve~remmo a trovar.ci di fronte alla

Turchia se oggi o domani a questa riuscisse a condurre a termine i negoziati in

corso con l'Inghilterra e la Francia? A quale sospetto rimarremmo esposti? Come

i nostri interessi morali, culturali ed economici in Turchia potrebbero resistere

al malvolere del turco, alla concorrenza degli altri?

Il negoziato si presenta difficile e dev'essere considerato in tutti i ·suoi ele

menti, alla luce di circostanze delle quali alcune sfuggono alla competenza di

questa R. ambasciata, ma a mio avviso, non è possibile sottrarsi al medesimo.

Si tratterà anzitutto d'indurre Tewfik Rouchdy Bey a concretare le sue

idee, liberandole da tutto quel che di fantastico recano naturalmente o per or

namento o per furberia, e conosciuto il suo programma reale, esaminarlo.

Se poi noi credessimo conveniente il non spingerei sul terreno desiderato dal ministro e non esporci a offerte di intese precise, ben definite si potrebbe convenientemente fargli osservare come il.'ltalia amica, sincera amica della Turchia, non nutrendo alcuna mira aggressiva nè di predominio nel Mediterraneo, fedele agli accordi conclusi con Losanna, altro non domanda al Governo di Angora che di togliersi dagli occhi quella lente opaca, la lente del sospetto, che gli ·impedisce di constatare la correttezza della condotta dell'Italia e delle intenzioni nella medesima proseguite.

Ma evidentemente da noi si attende qualcosa di più, una parola, un patto di sicurezza -tipo accordo turco russo. Conviene a noi il pronunziarla ed obbligarci? Quando non lo volessimo, avremmo aperta una porta per uscire dalla morsa ·che Tewfik Rouchdy Bey ci tende, e questa via d'uscita sarebbe il consiglio alla Turchia di entrare nelil.a grande famiglia della Lega. L'art. 10 in fatti del patto dice che i membri della Società si impegnano a rispettare e a proteggere contro ogni aggressione esterna l'integrità territoriale e l'attuale indipendenza politica di tutti i membri della Società.

Arrivato a questo punto delle mie osservazioni io non posso però esimermi dal considerare la mossa di S. E. Tewfik Rouchdy Bey da un altro punto di vista. Allontanata, a quanto sembra, la possibilità di un conflitto armato tra l'Inghilterra e la Turchia, avvicinandosi invece, come pare, l'ora dell'accordo tra i due paesi (come mi dice Taliani sulla base di telegrammi giunti al Governo di Angora dalla parte dela sua ambasciata a Londra) per l'Italia si realizza quella che io fin dal novembre, scrivendone a V. E., consideravo come la situazione meno rispondente ai nostri interessi nel Mediterraneo in genere, nel Levante in particolare. Se realmente e sinceramente Angora si accorda con Londra, dall'accordo alla intima, feconda amicizia tra le due, la distanza non è lunga. Unica speranza resterebbe nell'azione di Mosca che non ha interesse a che troppo intimi rapporti si formino tra Inghilterra e Turchia. Ma anche in Russia si preparano mutamenti e a Parigi alacremente si lavora per ricondurre la Russia a migliori consigli verso le potenze capitalistiche occidentali. Se anche questo atout russo venisse a mancarci vedremmo fra poco l'Inghilterra spadroneggiare qui in Levante. Contro questa eventualità noi possiamo trovare una limitata garanzia con accordi speciali a,d hoc a Londra, dai quali molto probabilmente il Governo britannico cercherà di scansarsi (l'esperienza del passato deve pure servire a salvarci da illusioni!) o prendendo risolutamente la mano che il Governo di Angora per J.a terza volta ci stende, almeno per un ampio chiarimento.

E appunto il desiderio di procurare ai nostri inteTessi nel Levante, nel Mediterraneo la massima garanzia possibile di fronte non solo alla nuova psicologia turca, ma anche alla concorrenza egoistica inglese che mi spinge a patrocinare presso V. E. un negoziato, che ripeto, non facile.

Attendo istruzioni da V. E. prima di fissare il mio viaggio ad Angora.

Non ci nuocerà il procedere lentamente.

(l) Cfr. n. 235.

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IL MINISTRO DELL'INTERNO, FEDERZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (ACS, Segreteria particolare del Duce, Carteggio riservato)

L. P. Roma, 7 febbraio 1926.

Leggendo il tuo discorso (1), ripenso l'Italia del 1910: Luzzatti che invocava la pace anche a costo della viltà; -l'Italia del 1919: Orlando reduce penitente, dopo la breve sterile ribellione, al sinedrio di Parigi; -l'Italia del 1922: Schanzer che aspettava paziente una settimana in anticamera per non essere ricevuto da Lloyd George...

Ed ecco il tuo discorso di ieri, voce dell'Italia fascista del 1926! Cotesto è il principio della rivoluzione nell'ambito internazionale; ossia la trasposizione, che l'Italia già va attuando, della gerarchia internazionale. Certo non mai, nella storia, l'Italia parlò al mondo linguaggio più alto e più degno.

Mi arrovello che questa stupida influenza mi abbia tolto di ascoltarti. Ma sarò domani da te a prendere ordini, per l'opera e la lotta che devono intensificarsi.

(l) Pronunciato da Mussolini alla Camera il 6 febbraio 1926, prendendo spunto dalle dichiarazioni italofobe del primo ministro bavarese, Held. Per il testo, cfr. B. MussoLrNI Opera Omnia, a cura di E. e D. Susmel, XXII, Firenze, 1957, pp. 68-73. '

240

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. s. 29/66. Roma, 8 febbraio 1926, ore 22. Decifri ella stessa. Seguito mio telegramma n. 27/65 (l). Nel fare la comunicazione cui si riferisce predetto telegramma V. E. vorrà fare amichevolmente intravvedere al signor Nincich il senso di sorpresa provato nell'apprendere che egli potesse dare qualche credito alla notizia di una mia intesa con la Germania per accondiscendere alla sua unione con l'Austria senza prevenirlo. Mi sembra opportuno non nascondere che questo suo dubbio potrebbe dare l'impressione che codesto ministero degli affari esteri non sia convinto del valore e dell'efficenza del patto di amicizia e collaborazione italo-jugoslavo non essendo ammissibile che si possa non tenerne conto nei riguardi di una questione di fondamentale importanza per i due paesi e esplicitamente definita dalle stipulazioni dei trattati internazionali che con il patto vengono particolarmente garantiti. Aggiungo che tale impressione può lasciare il dubbio che egli non sia perfettamente conscio della consistenza dei legami politici che col patto abbiamo creduto di stabilire tra i due stati e può far tornare alla mente l'attitudine -per non dire altro -non chiara talvolta assunta da codesto Governo nei riguardi della politica albanese specie in occasione della rientrata di Ahmed Zogu in Albania. Sarà bene che in questa occasione V. E. faccia rilevare al signor Nincich come, per cercare da parte mia di attenermi sempre agli obblighi che dal patto derivano alla politica italiana io abbia dovuto anzi talvolta far uso di tutto il mio prestigio per smorzare risentimenti che certe manifestazioni o provvedimenti del Governo suscitano nell'opinione pubblica italiana anche assai recentemente, per la ingiustificabile rimozione del Leone Veneto a Sebenico. Riferisca infine il mio amichevole consiglio di stare in guardia contro le fantastiche voci o le assurde insinuazioni messe ad arte in circolazione da nemici e anche da amici per complicare sempre più un momento diplomaticamente delicato e di ben riflettere, prima di cedere ad eventuali suggestioni che gli venissero fatte per indurlo a mutamenti nelle direttive della politica estera del regno S.C.S., per rendersi preventivamente conto delle conseguenze che potrebbero arrecare nella nuova situazione che si creerebbe. È fuori di dubbio che una mia conversazione con Nincich riuscirebbe di somma utilità per chiarire molti aspetti dei problemi che sono oggetto di attuali discussioni ed io sono disposto ad incontrarmi con lui in una città dell'alta Italia al suo passaggio per Ginevra se avve

nisse a breve scadenza. Io sarò a Milano dall'll al 20-25 andante. Attendo in proposito .sua risposta telegrafica.

(l) Cfr. n. 237.

241

L'ONOREVOLE SALANDRA AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (ACS, Segreteria particolare del Duce, Carteggio riservato) Roma, 9 febbraio 1926.

In segno della mia piena solidarietà con H. Governo per la difesa dei diritti d'Italia accludo il mio contributo al monumento da erigersi a Bolzano alla memoria di Cesare Battisti e degli altri gloriosi morti per la conquista delle Alpi nostre.

242

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'ONOREVOLE SALANDRA

(ACS, Segreteria particolare del Duce, Carteggio riservato) Roma, 9 febbraio 1926. La ringrazio per l'offerta e sopratutto per le parole che l'accompagnano. Le farò conoscere alla Nazione.

243

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. GAB. R. 30/46. Roma, 11 febbraio 1926, ore 14,15. Decifri ella stessa. Si rechi immediatamente capo Governo federale e gli faccia la seguente comunicazione : Voto dieta tirolese sollecitante Governo federale fare un passo presso Lega Nazioni è considerato dal Governo italiano come un bluff ridicolo ed assurdo. Però se Governo federale non lo respingerà nettamente con un preciso fin de non recevoir, io considererò l'atteggiamento del Governo federale come

un gesto di ostilità. È opportuno che Governo federale non tardi molto a prendere la decisione che gli chiedo.

244

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI,GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, A MILANO

T. GAB. (P. R.) S. 87. Roma, 13 febbraio 1926, ore 15,30.

Conferito stamane con ambasciatore Germania circa gradimento Aldrovandi. Neurath mi ha assicurato farà in modo risposta Berlino che egli ha ogni ragione credere favorevole giunga il più sollecitamente possibile. Nell'occasione mi ha dichiarato ritenere che situazione sia notevolmente chiarita questi ultimi giorni del che egli ha espresso senso profondo sollievo. Ha aggiunto essere sua convinzione che campagna anti italiana !ungi dall'avere profonde radici popolo tedesco sia esclusivamente opera gruppi internazionali e massonici che tentano valersi turbamento sentimentale popolazioni germaniche per alienare simpatie fascismo già esistenti e notevolmente diffuse opinione pubblica tedesca. Governo Reich può purtroppo esercitare attuali condizioni interne Germania scarsa influenza sopra giornali che secondo Neurath avrebbero rinfocolato polemica anti italiana anche per creare diversivo crisi parlamentare. Neurath ritiene comunque che nel corso poche settimane saranno scomparsi anche da stampa e opinione pubblica ultimi residui polemici e motivi che possano alterare per l'avvenire cordiali rapporti italo-tedeschi. Egli stesso conta fare prossime settimane viaggio a Berlino scopo illuminare suo Governo sopra situazione italiana e necessità non ulteriormente turbare relazioni con Italia.

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IL CAPO DI GABINETTO DEL MINISTRO DELLE COLONIE, BONANNI, AL CAPO DI GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, PAULUCCI DE' CALBOLIBARONE

L. 2486. Roma, 15 febbraio 1926.

S. E. il Ministro, alcuni giorni or sono, scrisse a S. E. il Capo del Governo inviandogli copia di un interessante telegramma col quale il Governatore dell'Eritrea esponeva la situazione politica sulla costa araba del Mar Rosso, quale si è venuta creando in seguito agli ultimi avvenimenti.

Giunge, ora, dallo stesso Governatore dell'Eritrea il telegramma n. 1412 (del quale accludo copia) che il mio ministro desidera sia sottoposta all'esame di S. E. il Capo del Governo, in considerazione deHa grande importanza di quanto viene proposto col telegramma stesso (1).

ALLEGATO

GASPARINI A LANZA DI SCALEA

T. 1412. Asmara, 15 febbraio 1926, ore 9 (per. il 15).

Imam Iahia mi comunica che le principali richieste della missione Clayton sono le seguenti:

Primo. Cooperazione nello sviluppo economico dello Jemen.

Secondo. Concessione delle saline di Salif.

Terzo. Servizi di automobili e di autocarri.

Quarto. Concessione ferrovia Hodeida-Sana.

Quinto. Rettifica con lieve arretramento del confine dello Jemen verso Aden.

Tali richieste confermano chiaramente intendimenti britannici di sostituirei nella azione che abbiamo in corso nello Jemen. Ritengo che riusciremo, come è

avvenuto per missione Jacob, ad evitare un successo della m1ss10ne Clayton che

distruggerebbe i risultati finora da noi conseguiti ed ogni possibilità di progetti

futuri. L'Imam lahia, in questo momento per lui criticissimo, mostra desiderio man

tenere ogni simpatia e fiducia verso di noi, e mi ha fatto comprendere, anche in un

telegramma giuntomi ora, suo proposito non cedere pressioni inglesi. Egli non

può nascondere però grave pericolo che gliene deriverà da rappresaglie inglesi,

e spera nel nostro aiuto.

Richiamando quanto ebbi ad esporre nel comitato interministeriale, circa even

tuali negoziazioni con l'Inghilterra nei riguardi della politica in Arabia e nel

Mar Rosso, mi permetto di prospettare a V. E. il mio pensiero. Nel caso che la

missione Clayton non raggiunga i suoi intenti, l'Inghilterra si troverà davanti

all'alternativa o di assumere un aperto atteggiamento ostile verso lo Jemen, ecci

tando ed aiutando contro di esso le inimicizie degli altri emirati, oppure di conti

nuare nella situazione creatasi dopo l'insuccesso della missione Jacob di una asso

luta esclusione da qualsiasi controllo od ingerenza nella politica dello Jemen.

Probabilmente essa sceglierebbe la prima via come unico mezzo stornare future

minacce ai suoi vitali interessi politici nell'hinterland di Aden. In tal modo però

col suscitare una guerra contro lo Jemen, di cui è certa la gravità, ma è in dubbio

l'esito, verrebbe a portare un danno all'Italia nei suoi interessi economici già stabi

litisi in quell'emirato.

Se invece, constatata l'impossibilità di affermare pacificamente una sua influenza diretta sullo Jemen, l'Inghilterra riconoscesse utilità di una intesa con noi nei riguardi dell'Arabia, noi potremo assicurarla che la nostra partecipazione allo 5Viluppo economico dello Jemen contribuirà a che questo emiro non diventi una forza contraria e divergente nella sua politica.

Tale intesa che dovrebbe rimanere assolutamente segreta potrebbe avere

come capisaldi:

Primo. La divisione dell'Arabia in due zone di influenza l'una comprendente l'Hegiaz ed il Neged riservata all'Inghilterra, la seconda comprendente lo Jemen e l'Assir riservata all'Italia. Se l'Inghilterra non volesse ammettere che l'Assir fosse compreso nella nostra zona, stabilire che esso sia libero all'una e all'altra potenza, senza però che nessuna delle due possa ottenere concessioni territoriali.

Secondo. L'impegno di mantenersi estranei alle eventuali discordie fra i capi delle rispettive zone di influenza assumendo però l'obbligo evitare possibilità ogni ostilità, e contribuire a rimettere la pace fra l'Assir e Jemen. A questo ultimo scopo potrebbe adottarsi soluzione prospettata nel numero del Mokattam di cui mio telegramma n. 01375. Soluzione di indubbia ispirazione britannica che lascerebbe all'Imam Jahia Hodeida e Loeia.

Ho ritenuto doveroso esporre all'E. V. quanto precede poichè se il R. Governo giudicasse possibile ed opportuna una negoziazione nei sensi suesposti, sarebbe utile a mio avviso una sollecita decisione in modo la negoziazione potesse intervenire non appena si verificasse una eventuale rottura delle trattative ClaytonImam Jahia (1).

c Senonchè. ammessa ormai, come ho detto, la opportunità di tentare con l'Inghilterra il regolamento del problema dell'Arabia e del Mar Rosso nell'ambito di quella cooperazioneamichevole che in altre occasioni non ha dato cattivi frutti (ed a tale scopo si pensa che l'occasione potrebbe essere facilmente fornita dalla questione di Camaran, la quale è evidentemente inscindibile da quella generale della rispettiva influenza italo-britannica sulla costa araba), non è da nascondere che il R. Governo viene a trovarsi davanti ad un dilemma, di cui già il Comitato interministeriale ha compreso tutta la gravità: se, cioè, gli convengaaprire subito le conversazioni con Londra, oppure attendere ancora, perseverando nell'attuale linea di azione, e lasciando che una simile iniziativa parta eventualmente dall'Inghilterra, nella forma e nei modi ch'essa giudicherà opportuni.

Le due alternative vanno esaminate con attenzione, entrambe contengono rischi, e pos;ono presentare vantaggi; e si tratta di vedere dove sia la maggior convenienza per noi. I pericoli di una nostra iniziativa sono evidenti. Essa, pur avendo di mira amichevoli conversazioni, segnerebbe il riconoscimento, a dir cosi, ufficiale della competizione, esigendone una sistemazione, per la quale a noi mancherebbe, per ora almeno, quell'accordo con l'Imam Jahia, dimostrativo dei nostri interessi, che dovrebbe rappresentare la base principale

(l) Annotazione marginale di pugno di Mussolini: « Importante -Procedere a qualcheprimo sondaggio col Colonial e Foreign Office a 1/2 Torretta. M.•.

(l) Sullo stesso argomento cfr. un successivo tel. di Gasparini a Di Scalea del 20 m;lggio 1926. Cfr. anche quanto scriveva il Di Scalea a Mussolini il 4 giugno 1926:

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. GAB. S. PRECEDENZA ASSOLUTA 31/54. Roma, 18 febbraio 1926, ore 12.

Decifri ella stessa.

Prego S. V. di recarsi immediatamente dal signor Ramek e leggergli testo questo mio telegramma. Discorso pronunciato da cancelliere Ramek mi ha semplicemente rivoltato e lo giudico come un discorso destinato ad aggravare notevolmente tensione rapporti italo-austriaci. È semplicemente inammissibHe che signor Ramek giudichi se e in quanto pretese promesse Governo italiano nei confronti Alto Adige siano state mantenute ed è assurdo gabellare per tentativi assimilazione estensione normale e legittima leggi sovranità italiane nell'Alto Adige. Altro punto discorso che suona falsificazione obiettiva verità storica è quello concernente preteso passo ministro Egger e che signor Ramek ha prospettato in maniera tutto affatto arbitraria. Non esiste un passo signor Egger e se avessi supposto che richiesta amichevole Egger avesse avuto tali amplificazioni nel discorso di Ramek o non avrei ricevuto il signor Egger o gli avrei parlato ancora più nettamente. Trovo assai blanda la deplorazione del boicottaggio e troppo attenuata la deplorazione degli eccessi ignobili cui è giunta la stampa austriaca e respingo asserzione Ramek per quanto concerne stampa fascista la quale è intervenuta nel dibattito quando da parte tedesca erasi varcato ogni tollerabile limite di decenza. Quanto alle solite convenzionali frasi concernenti amicizia fra i due paesi faccio osservare che mentre Italia ha dato dopo la guerra

dei negoziati; in quanto che -sia notato di sfuggita -noi per la miglior tutela di quegliinteressi, possiamo appellarci più alla esistenza dell'attuale stato di fatto in cui si riflette la rispettiva influenza itala-britannica sulla costa araba, che non alla tesi dello " statu quo ante .. circa l'equilibrio del Mar Rosso, e cioè delle reciproche situazioni createsi subito dopo lo sfasciamento dell'impero ottomano: il che per noi non sarebbe conveniente. Ma, anche contenute in quei limiti, nuna esclude che le conversazioni abbiano a sortire esito negativo,

potendo l'Inghilterra opporci fra l'altro (come non sarebbe difficile in argomento per ]ei cosi vitale, e come già in qualche occasione ha fatto intendere) che l'Arabia e il Mar Rosso sono " affare .. di sua competenza: ed allora è evidente che la nostra situazione ne uscirebbe gravemente pregiudicata, in quanto la prosecuzione dell'attuale antagonismo acquisterebbe carattere apertamente ostile all'Inghilterra e noi, con la nostra iniziativa, avremmo conseguito il solo risultato di metterei quasi in mora da noi stessi.

Da questo punto di vista, l'altra via sembra preferibile: poichè, se rinunziamo alle conversazioni e continuiamo nell'attuale nostra condotta, noi, pur affrontando le alee che sono indubbiamente inerenti alla competizione, abbiamo modo di mantenere nel Mar Rosso una notevole posizione, con la prospettiva di migliorarla a misura che proseguiamo nell'azione iniziata. Certo, questa seconda alternativa non è esente da gravi pericoli: poichè -anche ammesso che l'Inghilterra non abbia ad elevar subito la sua protesta, e che quindi noi non fossimo obbligati ad una immediata chiarificazione -è pur sempre certo che l'attuale situazione della penisola arabica è irta d'incognite ed assolutamente instabile per gli sviluppi e le molteplici eventualità che racchiude in sè (si pensi, fra l'altro, allo scosso-prestigio di Ibn Saud); e che il suo successivo prolungarsi potrebbe dar luogo -attraverso la perseveranteattività e gli occulti intrighi britannici -a sorprese in nostro danno tanto più dolorose quanto più insospettate. Non v'è dubbio, però, che se noi riusciamo nel frattempo a stipulare l'accordo con l'Imam Jahia; ad ottenere nelle isole Farsan la concessione domandata dagli inglesi;. a, st;ringere in buoni rapporti l'Assir e lo Jemen; a rappacifìcare gli Zaranik e le altre tnbu nbelli con l'Imam, la nostra posizione migliorerebbe ancora di più· ed il giorno in cui dovessimo iniziare i negoziati con Londra, noi ci troveremmo in grado df affrontarli con

maggiori e più fondate probabilità di successo.

Tutto ben considerato, io propenderei dunque (e questa tendenza parmi siasi accentuata P.ur~ nel Comitato interministeriale) verso la seconda delle due alternative; la quale, mentre CI libererebbe dai rischi di conversazioni immediate ci offrirebbe la possibilità di meglio

agguerrirci e premunirei per iniziarle in seguito. ' . Frattanto, mentre attendo di conoscere sull'argomento il parere del Governatore dell'Eritrea, che <;omu!licherò a code~o R. ministero, prego l'E. V. di volere esprimere su quanto pre~ede, e m .1spec1e sulle co~clus10ni cui son pervenuto, il suo competente avviso, perchè la delicata questione ne tragga Impulso per una rapida e avveduta definizione •.

innumeri prove di questa sua amicizia, da parte austriaca non è giunto che vituperio della stampa o discorsi alteratori della verità come quello pronunciato da Ramek. Ripeto infine che mia frase sul tricolore al Brennero aveva un senso chiaro e cioè che se si violerà il trattato di San Germano, l'Italia lo impedirà anche con ~a forza. Discorso Ramek non solo non ha risolto incidente che non era fra Italia e Austria ma ha aperto un grave incidente itala-austriaco. Mentre riservomi impartirle ulteriori istruzioni prego V. S. rappresentare Ramek necessità che immediatamente sia diramato da Vienna e da Governo federale un comunicato dal quale nettissimamente risulti: l) che ministro Egger fu ricevuto dopo mio discorso senato; 2) che non fu un passo diplomatico ma una richiesta amichevole e confidenziale.

Prego V. S. agire con la massima decisione perchè come V. S. avrà certamente notato signor Ramek ha cambiato le carte in tavola ed io non posso tollerare in nessun modo che si possa far intendere che Italia ha dato chiarimenti e quasi quasi presentato scuse alla repubblica austriaca.

247

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. 551. Roma, 20 febbraio 1926, ore 2.

Suo telegramma n. 933/178 (1).

Quanto negoziato eventuale italo-turco approvo in tesi generale quanto V. E. mi ha 'prospettato suo ultimo telegramma (2). Si tratta in un primo tempo, come appunto V. E. dice, di indurre Rouchdy Bey a concretare le sue idee e a presentare dei punti sui quali sia possibile una discussione utile ed eventualmente una intesa. Comunque obiettivo nostro è quello di avere le maggiori reali possibilità di espansione economica in Turchia.

V. E. può quindi, senza precipitare le cose, recarsi al momento opportuno ad Angora per un preliminare scambio di idee tenendo sempre presente il contenuto del mio precedente dispaccio n. 405/50 (3). Mi tenga informato.

248

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. 552/98. Roma, 20 febbraio 1926, ore 2.

Suo telegramma n. 178/102.

Notizia pretesa candidatura Germania al posto segretario generale aggiunto Ginevra mentre recami sorpresa viene a confermare necessità di agire subito ed energicamente da parte nostra presso codesto Governo affinchè questione Attolico, la quale si trascina ormai da troppo tempo, venga definitivamente risolta secondo

nostre ripetute richieste che del resto avevano già trovato consenso di massima. Non ci sarebbe altrimenti possibile ammettere ora nè eguaglianza nè diversità a nostro sfavore di trattamento rispetto Germania. Prego V. E. adoperarsi d'urgenza e personalmente presso Briand telegrafandomi.

(l) -Cfr. n. 238. (2) -Cfr. n. 235. (3) -Cfr. n. 236.
249

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 190/118. Belgrado, 20 febbraio 1926, ore 21,30 (per. ore l del 21).

Decifri ella stessa.

Mio telegramma 107 segreto (1).

Nincich mi ha detto stamane che, ai fini di un più ampio e completo studio dei problemi che interessano i due paesi, riterrebbe più opportuno incontrarsi prima con S. E. Contarini, durante viaggio di andata a Ginevra, per addivenire poi alla eventuale stipulazione di una speciale convenzione integrativa del patto di Roma nel convegno con V. E. durante il suo viaggio di ritorno ed in quella località che piacerà a V. E. di stabilire. Mi ha informato di avere telegrafato in tal senso ad Antonievich e che ne attendeva ancora la risposta. Ha soggiunto che perciò egH avrebbe divisato di partire da Belgrado la sera di martedì 23 corrente per incontrarsi, nel caso che V. E. sia d'accordo, con S. E. Contarini durante la giornata del 25, lungo il tragitto da Venezia a Domodossola in quella città che il senatore Contarini vorrà indicare.

250

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CONTARINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. (P. R.) PRECEDENZA ASSOLUTA P. 96. Roma, 21 febbraio 1926, ore 19,40.

Decifri ella stessa.

Tuo telegramma n. 118 (2).

Come ho cercato di spiegare ad Antonievich è assolutamente indispensabile che linee generali delle nuove stipulazioni integrative del patto di Roma siano prestabilite in un colloquio del signor Nincich con S. E. Mussolini. Nulla vieta però che in occasione del convegno egli abbia con me in precedenza una conversazione privata da servire di preparazione al suo colloquio con il nostro primo ministro.

S. E. Mussolini mi ha fatto or ora comunicare ad Antonievich che egli si techerà a Milano per incontrarsi con Nincich giovedì prossimo 25 corrente. Ti prego però di far sapere a Nincich personalmente da parte mia che a me consta

a Milano con Mussolìni.

come per le gravi e varie occupazioni che il presidente ha qui in questo momento e per i suoi precedenti impegni, tale gita rappresenta per lui un grave sacrificio. Digli di essere sicuro che se lui si decidesse a venire qui farebbe cosa molto gradita ed io lo consiglio molto a questo détour tanto più che a causa degli orari ferroviari le ore di viaggio necessario non sarebbero molto più numerose.

Pregati infine di aggiungere anche da parte mia a Nincich che troverà

S. E. Mussolini nelle migliori disposizioni. Urge immediata risposta per norma (1).

(l) -T. gab. s. 180/107, spedito da Belgrado il 15 febbraio 1926 alle ore 16,20 e pervenuto alle ore 20, non pubblicato: partenza dì Nincié da Belgrado il 23 o 24 febbraio per incontrarsi (2) -Cfr. n. 249.
251

IL MINISTRO AD ATENE, BRAMBILLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 193/26. Atene, 22 febbraio 1926, ore 21,45 (per. ore 2,50 del 23).

Recentemente Inghilterra e Francia hanno fatto premure Atene e pare anche a Belgrado per concLusione patto balcanico l'una e l'altra con presumibile differente finalità. Londra inspirandosi spirito Locarno tenderebbe consolidazione staiu quo Balcani. Pa.rigi, continuando sua politica di ·contrappeso dopo aver insistito invano per alleanza greco-jugoslava favorirebbe combinazione più vasta mediante sbocco orientale. Effetto di tale duplice azione sarebbe stato noto passo jugoslavo Atene per un patto balcanico, passo ·che aveva piuttosto carattere condiscendenza verso Londra, Parigi, anzichè sincero desiderio patto stesso come apparve da condizioni subito suggerite da Belgrado ed Atene di vedere prima regolate questioni pendenti fra Serbia e Grecia. Per rendere Grecia più proclive, agenti francesi hanno nei giorni scorsi richiamata attenzione Governo greco sulla necessità sollecitare accordo con Belgrado senza di che Grecia avrebbe potuto da un momento all'altro trovarsi dinanzi fatto compiuto intesa serbo-bulgara. A questo proposito ministro affari esteri che ha creduto tenermi al corrente fase attuale questione greco-serba in relazione progettato patto balcanico, mi ha detto aver risposto ai francesi che se da una parte non prevedeva imminente accordo serbo-buLgaro, d'altra parte ove tale accordo fosse raggiunto Grecia non avrebbe ragioni di preoccuparsene poichè o intesa sarebbe diretta consolidamento pace balcanica ed in tal caso Grecia ne sarebbe lietissima o intesa mirerebbe a differenti obiettivi ed allora Grecia saprebbe trovare altrove opportune combinazioni e convenienti appoggi. Ruffos mi ha aggiunto essere intenzione Governo greco assumere verso Belgrado atteggiamento perfetta ·Correttezza e lealtà senza però mos,trare alcuna fretta a liquidare vertenze come in passato aveva dato impressione la Grecia. Governo greco cioè intende salvaguardare sua dignità e sovranità territoriale e pel'ciò pur essendo disposto accordare Serbia ogni possibile facilitazione suo traffico verso Salonicco rifiuta nettamente qualsiasi concessione che potrà intaccare principio sovranità territoriale. Grecia farà ogni sforzo per agevolare commercio serbo... (2) Jugoslavia domanda (a tale scopo sono state fatte larghe ordina

zioni materiali ferroviari) ma nessuna partecipazione diretta potrà essere accordata alla Jugoslavia sulla linea Ghevgheli-Salonicco. «Potremmo rifiutare ogni gacranzia di terzi -mi ha detto Ruffos -per esecuzione impegni che siamo dispostissimi assumere verso Belgrado, ciò nonostante siamo pronti accettare proposta non ben accetta a Belgrado (telegramma di V. E. gabinetto

n. 1182 del 12 ottobre scorso) (l) e poco conveniente per noi (richiamo ultima parte telegramma di questa legazione n. 240 gabinetto in data 6 novembre scorso) (2).

(l) -Nincié fu a Roma il 25 e 26 febbraio 1926. (2) -Gruppi indecifrati.
252

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 195/46. Addis Abeba, 22 febbraio 1926 (3).

Mio collega Inghilterra mi ha letto oggi telegramma del Foreign Office diretto anche all'ambasciata britannica a Roma secondo H quale egli è autorizzato, dopo essersi consultato con me, di redigere una nuova nota relativa all'accordo itala-inglese da presentare al Governo etiopico. Tale nota deve esser prealabilmente e telegraficamente sottoposta all'approvazione dei due Governi. Attendo in proposito istruzioni di V. E. Dalla conversazione avuta con Ras Tafari e con Fitaurari Hapte Gorghis (che possono essere considerati come esponenti delle due diverse tendenze progressista e conservatrice nella politica etiopica) dopo la comunicazione del recente accordo itala-inglese, sono in grado di assicurare V. E. delle buone disposizioni di entrambi verso di noi, per quanto le disposizioni di Ras Tafari siano sempre soggette all'avventurosa mutevolezza del suo carattere. Ho già fatto irilevare a V. E. gli inconvenienti che potrebbero derivare dalla presentazione delle note precedenti pur ritenendoli superabili e comunque impossibili da evitare essendo l'accordo italainglese ostico per sè stesso a questo Governo poichè sconvolge tutto il vecchio sistema politico di questo Governo basato sul contrasto di interessi e di azioni delle tre potenze confinanti.

253

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL CONSOLE GENERALE A INNSBRUCK, RICCIARDI

T. 590/8. Roma, 24 febbraio 1926, ore 2.

Prego V. S. seguire attentamente e riferire immediatamente su ogni manifestazione antitaliana di Innsbruck e Tirolo (4).

(l) -T. gab. s. 1182, trasmesso il 12. ore 23, non pubblicato: comunicazione a L:mdra, Parigi e Sofia del T. gab. s. 2068/448 da Belgrado sulle trattative greco-jugoslave per la ferrovia Ghevgheli-Salonicco. (2) -T. gab. 2447/240, trasmesso il 6, ore 16, per. ore 19, non pubblicato: opinione greca favorevole ad un patto balcanico; progetto francese per un accordo greco-jugoslavo per la !errovia Ghevgheli-Salonicco. (3) -Il telegramma risulta peraltro trasmesso e ricevuto il 24 febbraio. (4) -La minuta è di pugno di Mussolini.
254

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) 173/195. Londra, 24 febbraio 1926, ore 3,15 (per. ore 12)

Telegramma di V. E. 202:5/71 (1).

Pregola comunicare a S. E. Volpi quanto segue: «Ho intrattenuto personalmente e confidenzialmente Chamberlain dell'intenzione del primo ministro S. E. Mussolini circa possibilità di sottoporre a S. M. il re proposta di conferire a Churchill gran cordone SS. Maurizio e Lazzaro. Ho avuto cura di mettere in rilievo eccezionalità del caso ed il riferimento al periodo di guerra in cui era consentito ai sudditi britannici accettare decorazioni straniere. Signor Chamberlain mi ha promesso esaminare la cosa e mi ha pregato intanto dirigergli lettera privata e confidenziale in proposito che egli si riservava in ogni caso mostrare a Churchill come testimonianza del gradimento del R. Governo per l'opera da lui spiegata. Aderii naturalmente al desiderio del segretario di stato. Chamberlain mi ha ora risposto con la lettera personale (2) che invio per corriere. In essa segretario di stato mi dice che Churchill è stato sensibilissimo all'onore che gli si voleva fare ma che è impossibile per un ministro di S. M. britannica di accettare decorazioni forestiere e che l'eccezione fatta durante anni della guerra era sempre in relazione diretta con gli sforzi per la guerra. Chamberlain mi prega far conoscere al R. Governo che Churchill ed egli stesso apprezzano vivamente i motivi che hanno spinto il R. Governo a pensare a questa concessione e di ben spiegare che è una regola generale che impedisce al signor Churchill di accoglierla ».

255

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. R. 196/74. Angora, 24 febbraio 1926, ore 19 (per. ore 0,20 del 25).

Nel colloquio avuto ieri sera ministro affari esteri mi ha detto aver comunicato a consiglio dei ministri dichiarazioni di V. E. (telegramma di V. E.

n. -50) che avevano fatta ottima impressione. A nome di tutto il Governo turco egli mi ha incaricato ringraziare V. E. Circa eventuale a'ccordo Consiglio ministri ha accettato idea Tewfik pascià Rusdi bey (di cui al mio telegramma n. -69) e l'ha incaricato continuare iniziate conversazioni allo scopo di mantenere scambio di vedute col Governo italiano sulle questioni interessanti i due paesi nel Mediterraneo e Balcani e preparare convenzione di neutralità politica .completa ·contro ogni terza potenza ad imitazione dell'accordo russo turco. Questa convenzione sarà stata (?) conclusa per facilitare di per sè o mediante accordi speciali tecnici volta per volta espansione economica italiana in Turchia. Governo turco lascia all'alto apprezzamento di V. E. di scegliere momento opportuno per esaminare in modo concreto e concludere quella

convenzione. Ministro affari esteri domanda intanto che si stabilisca tra i due Gove-r:ni quel fidUicioso contatto <per preliminari... [manca] ·cui attr1buisce gran valore. Ho ringraziato ministro delle sue amichevoli disposizioni d'animo di cui ha dato anche in questi giorni prova con istruzioni impartite alla stampa di massimo riguardo verso Italia con soluzione questione piccola cittadinanza italiana e con suo decisivo intervento per rispetto esercizio professioni dovuto Turchia in conformità trattato di Losanna. Ho insistito perchè al R. Governo siano date prove di fiducia una delle quali potrebbe essere concessione alla Metallul"lgica italiana forniture 50 milioni di cartuccie. Gli ho annunziato per domani mia partenza per Costantinopoli dicendogli che non avrei tardato ritornare qui non appena V. E. me lo ordinerà o egli lo desiderasse. In ogni caso con autorizzazione di V. E. rimaneva qui segretario dell'ambasciata Bertelè a disposizione di lui per ogni comunicazione. Segue rapporto (l) per corriere con considerazioni.

(l) -Del 12 febbraio 1926, non pubblicato: intenzione di conferire il Gran Cordone dell'Ordine Mauriziano a Churchill. (2) -Non pubblicata.
256

IL MINISTRO A SOFIA, RINELLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1161/348/106. Sofia, 24 febbraio 1926 (per. il 28). Con riferimento mio telegramma n. 40, mi onoro confermare che nota conferenza tenuta da Todoroff all'università di Belgrado ha qui prodotto pessima

impressione essendo quell'ex ministro di Stamboliski considerato dal governo e opinione pubblica bulgara come traditore della patria. Circostanze riferite dal

R. ministro a Belgrado sulla conferenza organizzata e pagata dal Governo jugoslavo (telespressi di codesto ministero nn. 435 e 23) confermano ben noti propositi accarezzati dai serbi e da Pasitch di stabilire egemonia serba nei Balcani.

Su questo importante argomento ho già avuto occasione riferire. Vecchio Pasitch, incoraggiato dai felici risultati ottenuti dalle guerre balcaniche del 1912-13 e dall'ultima guerra, non ha abbandonato sogni. estendere ancora potenza Serbia. Nel suo spirito, Jugoslavia è la grande Serbia, formatasi recentemente non per preponderanza della razza serba sulle altre nazionalità, ma artificialmente dai trattati di pace. Vennero così annesse alla Serbia: Croazia con Dalmazia, Bosnia, Erzegovina, Slavonia, Montenegro, parte del Banato e della Macedonia, regioni occidentali tolte alla Bulgaria. Soltanto con la forza, minoranza serba domina maggioranza della popolazione.

Questo dominio spinge conseguire predominio balcanico. Dal punto di vista territoriale Jugoslavia è del doppio più ampia della Grecia e quasi triplo della Bulgaria. Nei riguardi Romania nessuna differenza rilevante, ma gran parte di quest'ultima è fuori della penisola. Dal punto di vista politico, la Romania è assorbita dalle preoccupazioni verso Russia; Bulgaria carica di oneri finanziari e disarmata. Mire predominio hanno quindi questa base: gli altri Stati balcanici, nel complesso, sono più deboli della Jugoslavia.

.

In queste sfere politiche e dirigenti si nota con soddisfazione che antica intransigenza stampa Belgrado verso Bulgaria sostituita da idee più sane e da voci favorevoli riavvicinamento, ma si constatano grandi divergenze circa possibilità pratica e forma concreta darsi all'idea..Leader croato Raditch ha tracciato Jugoslavia dall'Adriatico al Mar Nero. Dalla stessa chimera furono animati altre personalità: Strossmayer, principe Mihailo Obrenovitch, C. Boteff e ne sono tentati anche oggi pensatori e uomini politici. Ma politica è fatta di possibilità reali. Realizzazione riavvicinamento e riconciliazione sincera tra due paesi potrà aver luogo gradualmente, con preparazione degli spiriti agevolata dagli sforzi constanti dei governi e della stampa. In sostanza, non si deve parlare di fusione ma di cordiale intesa fra due Stati che devono conservare propria indipendenza.

Questo chiaro e preciso orientamento politico mi è stato spesso spiegato da questo governo e credo possa essere da noi considerato con simpatia perchè risponde agli interessi italiani (1).

(l) Non pubblicato.

257

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BRUXELLES, NEGROTTO CAMBIASO

TELESPR. 207824. Roma, 25 febbraio 1926.

Il R. Ambasciatore a Parigi ha riferito che il Signor Vandervelde durante il recente suo soggiorno in quella capitale « avrebbe raccolto in alcuni circoli politici e diplomatici una voce che effettivamente si va propagando e cioè che l'Italia si disponga nella prossima primavera ad un colpo di mano militare contro l'Abissinia o l'Albania:.}.

Prego trovare il modo di far comprendere al Signor Vandervelde che queste voci sono assolutamente fantastiche e trovano la loro origine nelJa campagna calunniosa che si svolge all'estero contro il Governo Nazionale (2).

258

IL MINISTRO AD ATENE, BRAMBILLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RH. 197/29. Atene, 27 febbraio 1926, ore 0,30 (per. ore lO,l:J).

Grecia sarà rappresentata alla prossima assemblea Società delle Nazioni da ministro degli affari esteri. Ruffos nel darmene comunicazione mi ha informato che lascerà Atene martedì prossimo con ministro delle comunicazioni Tavularis diretto Brindisi-Roma. Tavularis in relazione telegramma di V. E. ... (3) si fermerà a Roma. Ruffos proseguirà per Ginevra. Ministro degli affari esteri mi ha pregato far presente a V. E. suo desiderio rendere in questo momento visita ritenendo utile, dato il suo intento sincero di raggiungere una completa intesa con l'Italia, esporre a V. E. prima di recarsi a Ginevra direttive politica ellenica nelle

diverse questioni del momento. «Gradirei però» ha aggiunto Ruffos «che a Roma si sapesse esattamente che nel dirmi come mi dico amico dell'Italia non intendo ripetere un formale luogo comune, ma esprimere oltre al resto un sentimento derivante dal legame della mia origine italiana e da quello personale di attaccamento all'Italia ove ho vissuto svariate vicende. È con tale animo che desidero incontrarmi con S. E. Mussolini e parlargli chiaramente come chiara e leale è la politica che Governo greco segue verso Italia e verso suoi vicini balcanici». Riferendosi comunicazione oggetto mio telegramma 2'6 (1), Ruffos mi ha ,fatto intendere che sua visita di cortesia potrebbe portare a pratica utilità ove V. E. nell'interesse comune e a rinsaldare vincoli di amicizia esistenti fra Roma e Belgrado e relazioni sempre migliori fra Roma ed Atene ritenesse conveniente agevolare riavvicinamento fra Grecia e Jugoslavia sotto auspici autorità Italia in relazione situazione balcanica e orientamento generale questioni orientali. A questo proposito mi ha fatto notare che mediazione ufficiosa che Francia aveva preso iniziativa assumersi fra Belgrado e Atene limitandosi in un certo senso azione diplomatica ... (2) e mettendo Roma e Londra in posizione di riserva è ormai ritenuta da Governi jugoslavo e greco come definitivamente decaduta. Ruffos mi ha infine accennato che riavvicinamento itala-greco non ha mancato destare a più riprese apprensioni a Belgrado ove però Governo ellenico ha fatto ripetutamente intendere che Grecia desidera amicizia ed eventualmente appoggio Italia non certo con finalità ostili alla Jugoslavia ma nell'interesse dei buoni rapporti fra vicini e della pace generale. Vedrà V. E. in quale considerazione sia da prendere iniziativa Ruffos, effetto del perfetto funzionamento del patto di amicizia itala-jugoslavo; comunque e allo scopo agevolare sempre più nostre utili buone relazioni con la Grecia e crescente affermazione nostri interessi economici in questo paese, esprimo avviso accogliere favorevolmente visita Ruffos a Roma prego V. E. telegrafarmi d'urgenza istruzioni per mia norma di linguaggio ciroa suo gradimento visita stessa (3).

(l) -Nota marginale di pugno di Mussolini: c Importante. M.•. (2) -Il telespresso venne inviato, per conoscenza, anche a Parigi, Londra ed Addis Abe.ba. (3) -Gruppo indecifrato.
259

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO

T. 670/34. Roma, 1 marzo 1926, ore 24.

Suo telegramma n. 46 (4) e preceder.ti circa scambio di note italo-inglesi.

Ho ritardato ad inviarle istruzioni aspettando esito conversazioni con questa ambasciata britannica per concretare comuni direttive nella questione specie nei riguardi ulteriori comunicazioni da farsi a codesto Governo. V. S. può

fntanto concordare progetto comunicazione col suo collega d'Inghilterra tenendo presente però che scopo nostro accordo è stato appunto quello di garantirci la validità di alcuni punti dell'accordo del 1906 non nei riguardi etiopici ma ne1 riguardi della Gran Bretagna per ogni futura evenienza.

(l) -Cfr. n. 251. (2) -Gruppo indecifrato. (3) -Sulla visita a Roma del ministro degli esteri di Grecia, Ruffos, del 4 e 5 marzo 1926, cfr. un • Appunto circa i principali affari in corso di trattazione col governo ellenico •. L'appunto parla delle seguenti questioni: espropriazioni di terre, soprattutto in Epiro, appartenenti a cittadini italiani, per la riforma agraria greca; fornitura al governo greco di fucili, mitragliere, cannoni, navi siluranti, trattori; assunzione da parte dell'Istituto Nazionale delle Assicurazioni della eventuale assicurazione collettiva per i funzionari e ufficiali greci; concessione dell'impianto e servizi telefonici greci; cavo telegrafico Italia-Grecia. (4) -Cfr. n. 252.
260

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 202/97. Costantinopoli, 3 marzo 1926, ore 13,30 (per. ore 19). Leggo nell'Agenzia telegrafica che ministro affari esteri greco viene a Roma a conferire con V. E. Data estrema sensibilità sospettosa del Governo turco e dato nostro interesse a neutralizzarla mi permetto prospettare convenienza V. E. faccia fare a codesto ambasciatore turco quelle comunicazioni che ella creda opportune. Ciò farebbe buona impressione ad Angora e riuscirebbe vantaggioso

alle trattative importanti che metallurgici e Ansaldo stanno colà conducendo con quelle autorità militari turche.

261

IL MINISTRO A VIENNA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1338/94. Vienna, 5 marzo 1926, ore 15 (per. ore 21). Telegramma di V. E. n. 71 (1). Prima notizia trattato di arbitrato austro-cecoslovacco fu data da Ramek nel suo discorso commissione parlamentare principale e ne informai V. E. con mio telegramma n. 25 per corriere del 18 febbraio (1). Contenuto, di cui ieri stesso potei prendere visione, corrisponde a quanto Benès ha fatto comunicare a V. E. Non mi è stato più possibile consigliare a Benès di rinviarne firma giusta istruzioni ricevute soltanto ieri, essendo già troppo tardi perchè consiglio potesse essere seguito visto che tutto era già pronto, stampa si era già impossessata del fatto con favorevoli apprezzamenti, e conclusione trattato era già inserita nel testo dei due brindisi che Ramek e Benès si sono scambiati ieri sera. Nostro intervento per mandare tutto a monte all'ultima ora avrebbe prodotto indubbiamente, se risaputo, disastrosa impressione senza riuscire neU'intento e creato convincimento che l'Italia volesse opporsi stipulazione trattato arbitrato con l'Austria. Evitando quindi che la cosa si risapesse negli ambienti austriaci ho ieri stesso detto chiaramente a Benès come V. E. aveva giustamente giudicato trattative e conclusione trattato senza previo accordo con noi non confovmi disposizioni patto collaborazione cordiale fra l'Italia e Cecoslovacchia e gli ho fatto anche rilevare come una parte della stampa tendesse ad interpretare sua visita e ,firma del

trattato come un contrappeso alla tensione dei rapporti fra l'Italia e l'Austria prodottasi dopo energiche dichiarazioni di V. E. Nella conversazione di ieri sera

16 - Documenti diplomatici • Serie VII · Vol. IV

ed in un altro lungo colloquio avuto con lui stamane Benès mi ha espresso anzitutto suo rincrescimento per interpretazione data dalla stampa alla sua visita in contrapposto ai rapporti italo-austriaci promettendo di far chiare dichiarazioni al Governo e ai giornalisti per distruggere falsa impressione, ha rievocato nostra antica personale collaborazione per assicurarmi che sua politica e suoi sentimenti nei riguardi dell'Italia e del problema austriaco non sono cambiati e sono sempre gli stessi e si è compiaciuto apprendere da me che V. E. non sarebbe alieno dall'esaminare possibilità di un accordo a quattro per l'Austria nello spirito di Locarno. Quanto al trattato di arbitrato austro-cecoslovacco, Benès mi ha detto che le prime avances per la sostituzione dell'accordo Lana [?] con un trattato d'arbitrato gli furono fatte da parte austriaca sino dal giugno scorso, che egli pure studiando la cosa si riservò di dare una risposta per vedere prima come sarebbe stata definita questione cessa'zìone controllo Austria, e nel mentre essendosi verificata una certa tensione di rapporti per sua mancata visita e per questione dazi preferenziali, trattative non furono riprese che ultimamente poco prima dei discorsi di V. E.

Benès pretende di averne parlato a Pignatti-Morano e di avere anche informato Mastny perchè ne riferisse a V. E. Ma dice di non aver dato alla cosa speciale importanza trattandosi di una conseguenza del trattato Lana. Gli ho osservato che tutto quello che riguarda l'Austria ha una importanza nei rapporti fra i nostri stati e forma base patto cordiale collaborazione fra l'Italia e Cecos·lovacchia. Comunque Benès mi ha pregato di riferire a V. E. che trattato di arbitrato tra Austria e Cecoslovacchia non pregiudica affatto eventuale conclusione accordo a quattro tipo Locarno e può anzi agevolarla, che egli ha già detto eventualmente che trattato rappresenta solo inizio di una maggiore azione di collaborazione internazionale e che egli, Benès, è disposto ad entrare in qualunque momento in conversazioni con V. E. e con Nincich per realizzare programma.

(l) Non pubblicato.

262

L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 209/250/142. Parigi, 5 marzo 1926, ore 19 (per. ore 23). Decifri ella stessa. In conformità istruzioni verbali impartitemi da V. E. a Roma ho sottomesse stamane a Briand le ragioni giuridiche e politiche le quali non solo sconsigliavano la conclusione di un accordo a tre, ma rendevano inopportuna la conclusione di un accordo a due tra la Francia e Jugoslavia nel momento stesso in cui l'Italia si preparava a rafforzare patti esistenti tra Roma e Belgrado. Briand, che era già informato da Berthelot della conversazione da me avuta con lui ieri, ha cercato di spiegarmi che non si trattava di patti di alleanza ai quali opinione pubblica francese, impregnata dello spirito di Locarno, non era in

generale proclive, ma di semplici affermazioni di amicizia che istituivano l'arbitrato come mezzo di composizione dei conflitti che potessero eventualmente

nascere fra gli stati contraenti. Ma avendogli io spiegato come lo spirito pubblico italiano guardasse sotto luce diversa questo accordo per cui certamente un patto franco-jugoslavo sarebbe stato considerato diretto a neutralizzare l'accordo itala-jugoslavo, e che fosse indispensabile impedire il risorgere dei rancori sopiti sulla politica francese in Adriatico, Briand mi ha dichiarato che egli non intendeva fare nulla senza il consenso dell'Italia. Egli si trovava di fronte ad una antica promessa fatta alla Serbia fin dai tempi di Poincaré e quest'ultimo, nella commissione affari esteri, lo aveva ripetutamente sollecitato ad adempierla. Briand mi ha assicurato che avrebbe cercato il modo di dilazionare la conclusione dell'accordo e sarebbe stato lieto di discorrerne a Ginevra coi delegati italiani, per esempio col senatore Contarini che gli era stato detto, si sarebbe recato colà. Briand deve vedere, dopo il mio colloquio, Nincich, col quale mi abboccherò questa sera, per cui mi riservo informare V. E. dell'ulteriore svolgimento di questi miei passi. Reputo che il generale Bodrero debba accompagnare Nincich a Ginevra per mantenervisi a contatto fino ad esaurimento della questione, ma ho impressione che Briand non abbia intenzione di fare nulla che possa dispiacere a V. E. Naturalmente per oppormi così recisamente alla conclusione dei negoziati da lungo tempo in corso e già molto avanzati tra Francia e Jugoslavia, ho dovuto servirmi (secondo le istruzioni impartitemi da

V. E.) dell'argomento relativo alle relazioni franco-italiane. E cioè che V. E. aveva in mente di concludere possibilmente colla Francia e sotto determinate condizioni un vero patto di alleanza e che perciò fino a quando queste trattative fossero venute a decisiva conclusione ovvero ad esito negativo, era necessario ~asciar sgombero il terreno delle relazioni franco-italiane.

263

L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 211/251/143. Parigi, 5 marzo 1926, ore 20 (per. ore 23). Decifri ella stessa. Seguito mio telegramma n. 250/142 (1). Nell'accennare a Briand alla possibilità di un trattato di alleanza tra la Francia e Italia ho creduto mantenermi in termini assai riservati, come di cosa possibile e desiderabile, ma di non facile realizzazione, facendo comprendere che esistevano delle pregiudiziali di carattere territoriale, sulle quali il R. Governo si sarebbe esplicitamente espresso a tempo opportuno. Mentre spedirò per corriere la relazione particolareggiata della conversazione avuta al riguardo, credo intanto utile informare V. E. che Briand mi ha detto di avere, in seguito

alle conversazioni tenute con me al riguardo parecchi mesi addietro, intrattenuto Chamberlain della necessità di attribuire all'Italia territori che permettes

sero il collocamento della sua esuberante popolazione e che entrambi avevano convenuto che la cosa dovesse e potesse farsi. Ho chiesto a Briand quali erano nel pensiero suo e di Chamberlain i territori in questione. Briand mi ha risposto accennando alla Turchia che dà segni non dubbi di disgregazione. Gli ho risposto che pur prendendo in considerazione personalmente l'attribuzione all'Italia di territorii che potessero risultare dal disfacimento della Turchia, occorreva piuttosto guardare dalla parte dell'Africa dove l'Italia non aveva colonie di rendimento nè suscettibili di popolamento proporzionate alla sua importanza. Briand mi ha detto che era necessario avere un colloquio con lui e con Chamberlain, colloquio dal quale egli sperava molto potesse emergere una soluzione soddisfacente.

(l) Cfr. n. 262.

264

IL VICE SEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, ATTOLICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (l)

T. GAB. 210/1266/49. Ginevra, 5 marzo 1926, o1·e 24 (per. o1·e 3 del 6). Decifri ella stessa. Occasione prossima assemblea straordinaria, ad eccezione di uno o due minori, saranno presenti a Ginevra tutti, dico tutti, i ministri affari esteri Europa. Dei paesi più importanti Francia e Germania saranno rappresentate dai rispettivi capi del Governo, mentre per ,l'Inghilterra saranno qui due tra i più autorevoli ministri in carica. Questione allargamento consiglio rappresenterà, dopo tutto soltanto un incidente. L'essenza di questo eccezionale convegno internazionale, il più importante dopo Versailles, sarà invece e rimarrà Locarno nel suo spirito e sopratutto nella possibilità delle sue realizzazioni. La presenza di V. E. è più necessaria ora a Ginevra di queLlo che non lo sia stata a suo tempo a Locarno. Di fronte a questa folla internazionale, che delle folle ha tutta la psicologia, convocata alla consacrazione di un'era nuova ed all'avviamento della Società delle Nazioni verso nuovi fini, l'Italia, conscia della sua forza morale e decisa ad esercitarla, non rappresentata da Benito Mussolini sarà come non rappresentata. Quanto meno, se ne dedurrà che, dopo tutto, essa esita ad esercitare quelle funzioni di moderatrice che pur le spettano in quanto potenza garante del nuovo sistema politico di Locarno e questa apparente esitazione sarà interpretata come debolezza. V. E. sono certo apprezzerà che codesta mia insistenza contraria a quella che pur conosco essere la personale inclinazione sua è soltanto dettata da puro senso del dovere e da profondo attaccamento paese e persona di V. E. V. E. non avrebbe bisogno rimanere qui per tutta la durata assemblea. Basterebbero due giorni, anche uno solo, mercoledì, in cui avrà luogo cerimonia ammissione Germania. Questa semplice apparizione basterebbe tuttavia, nei riguardi della nostra situazione societaria a chiudere un passato ed aprire un avvenire indicando al mondo delle nazioni la ormai decisa volontà

dell'Italia nuova di contare per quello che vale; !ungi dall'indebolire autorità nostra rappresentanza ordinaria ne moltiplicherebbe prestigio e forza.

(l) Il te!. fu trasmesso tramite il consolato generale di Ginevra.

265

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. 746/82. Roma, 6 marzo 1926, ore 21. Suoi telegrammi nn. 97 (l) e 99.

V. E. può far sapere a codesto Governo che, date le intenzioni amichevoli del R. Governo verso la Turchia, le conversazioni col ministro degli affari esteri greco non potevano nè hanno avuto scopi in qualsiasi modo connessi con interessi riguardanti la Turchia. Ella potrà aggiungere in via confidenziale che nel corso delle conversazioni stesse ho potuto anzi constatare in modo sicuro che l'attuale Governo ellenico non nutre sentimenti ostili alla Turchia.

Il signor Ruffos ha avuto occasione di assicurare che egli intende risolvere con spirito il più amichevole le numerose questioni pendenti con la Turchia, e spera di trovare uguali disposizioni da parte del Governo turco. Ha aggiunto che da quando è stato assunto al potere cerca con ogni mezzo di fare personalmente propaganda tra i greci in questo senso.

Ho naturalmente incoraggiato il signor Ruffos a perseverare in tali direttive dichiarandogli che la constatazione di esse era per me ragione di compiacimento in quanto corrispondono alla visione politica del R. Governo.

Mi sono espresso nel senso di quanto precede con questo ambasciatore di Turchia.

266

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 212/222. Londra, 6 marzo 1926, ore 1,40 (per. ore 18). Decifri ella stessa. Ho avuto oggi colloquio con Chamberlain circa patto franco-jugoslavo. Nella conversazione ho posto la massima cura nel mettere in rilievo a mezzo degli argomenti fornitimi a viva voce da V. E., che la E. V. non aveva creduto potere ad esso dare adesione dell'Italia in modo da farlo diventare un patto a tre, e ciò per restare fedele alla politica e agli impegni derivanti dall'accordo di Locarno.

Mi sono poscia dilungato a esporre i gravissimi inconvenienti che sarebbero derivati dalla diffusione d~ un patto franco-jugoslavo, inconvenienti e pericoli da

V. E. ugualmente precisatimi. Chamberlain, che aveva già ricevuto sull'argomento informazioni da Graham, ha ascoltato attentamente quanto io gli andavo esponendo. Alla fine mia esposizione segretario di stato mi ha detto che anche da parte francese era stato messo al corrente dello stato della questione. Egli doveva però constatare che le informazioni di parte francese di cui era in possesso gli apparivano in contraddizione con quelle di parte italiana. Mentre infatti da parte italiana si affermava che patto franco-jugoslavo al quale Italia era stata invitata ad aderire costituiva quasi un trattato di alleanza vecchio stile, ed in

contrasto perciò con la politica instaurata a Locarno, da parte francese si sosteneva invece che patto in discussione era un semplice trattato di non aggressione ed arbitrato in perfetta armonia con gli impegni di Locarno.

In tali condizioni Chamberlain non avendo conoscenza del testo del progetto, non si vedeva in grado di esprimere per ora sua opinione nè a Roma nè a Parigi, tanto più che data cordiale natura dei rapporti Gran Bretagna sia con l'Italia che con Francia egli doveva porre massima cura di conservare in questa fase il massimo riserbo. Chamberlain parlando sulla diversa interpretazione data dalla Francia e dall'Italia al progettato patto franco-jugoslavo mi ha detto che essa poteva essere risultato di un malinteso od equivoco e che quindi gli sembrava assai opportuna, anche nell'interesse generale dei rapporti italo-francesi, una chiara e franca conversazione fra Foreign Office e Briand per giungere ad un chiarimento. A tal uopo segretario di stato pensava che imminente riunione di Ginevra potrebbe offrire occasione assai favorevole. Chamberlain ha aggiunto che se V. E. non potesse recarsi a Ginevra sarebbe forse del caso che V. E: confidasse a persona specialmente adatta o al corrente della materia l'incarico di avere «à cOté dei lavori del Consiglio Società Nazioni» opportuni colloqui con Briand e con lui stesso.

La lunga conversazione a causa differenti informazioni pervenute al Foreign Office e poichè Chamberlain non era a conoscenza del testo predetto accordo non poteva essere conclusiva. Ho tratto però impressione che Chamberlain, data fiducia che ripone in Briand, esiti ad ammettere che Governo francese possa effettivamente avere in animo attuazione di una politica in effettivo contrasto col patto di Locarno e colla situazione che da esso è stata creata. Chamberlain parte domani per Ginevra.

(l) Cfr. n. 260.

267

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO (l)

T. GAB. RR. 39. Roma, 9 marzo 1926, ore 2. Dai telegrammi e rapporti di V. E. ho rilevato che ella ha già svolto presso il Governo etiopico (come del resto non dubitavo data conoscenza da lei posseduta dell'ambiente e della questione) opportuna azione per dissipare sospetti e timori sorti nei riguardi scambio di note italo-inglesi circa Tzana. Ad ogni buon fine credo però opportuno anche perchè risulti agli atti di questo ministero fissare seguenti concetti cui dovranno inspirarsi sue ulteriori conversazioni. Anzitutto scambio di note non costituisce affatto un « accordo » o « trattato » nè di natura 'Politica nè di natura territoriale ma semplicemente una intesa procedurale avente per scopo cercare di attuare alcuni interessi economici italiani ed inglesi. La realizzazione di tali interessi ha però come presupposto indi

scutibile il mantenimento dell'integrità etiopica. Questo principio per noi fondamentale e che autorizzo V. E. a dichiarare esplicitamente a codesto Governo

essere la base di tutta la nostra politica in Etiopia perchè corrispondente ai nostri interessi, è dunque rafforzato da ogni intesa che noi possiamo fare con i terzi nei riguardi di questioni etiopiche, essendo evidente che la realizzazione delle concessioni da noi chieste dipende sempre unicamente dalla volontà del Governo abissino. Questi è sempre libero infatti di rifiutare concessioni suddette mentre l'azione comune concordata fra i due Governi italiano ed inglese non può naturalmente oltrepassare i limiti di amichevoli trattative diplomatiche.

Trattandosi quindi unicamente di una intesa p,er rivolgere insieme coll'Inghilterra al Governo etiopico delle domande di ordine economico non si vede come sarebbe stato possibile interpellare quest'ultimo prima di concretare la procedura per presentare le domande stesse.

V. E. potrà aggiungere confidenzialmente che il R. Governo si è indotto a procedere allo scambio di note anche perchè si è reso conto che il Governo inglese era deciso a svolgere anche da solo una rinnovata pressante azione nei riguardi della questione dello Tzana cui si annette un interesse di primo ordine. Stando così le cose abbiamo considerato convenire tanto a noi quanto allo stesso Governo etiopico di non rifiutare offerta di collaborazione che veniva fatta all'Italia, oltre che per evitare eventuali danni ai nostri particolari interessi anche per aver modo di essere consapevoli dell'azione inglese e poter esercitare eventualmente su di essa una influenza moderatrice cercando di tutelare i ben compresi interessi abissini. Di questi anzi ci siamo preoccupati fin dal principio e siamo riusciti ad impostarne la salvaguardia nello stesso scambio di note, come risulta dai precedenti miei telegrammi sul contenuto dei quali ho pregato V. E. richiamare attenzione di codesto Governo.

Ella vorrà infine metterlo in guardia contro interessate sobillazioni di terzi 1 quali cercano svegliare sospetti e diffidenze contro l'accordo del 1906 a cui si informa l'attuale scambio di note italo-inglesi. Quell'accordo che si basa sulla integrità dell'Etiopia è realmente la migliore garanzia per essa giacchè tende a prevenire ogni azione isolata dei singoli firmatari ed ancora oggi ha dimostrato la sua efficacia permettendo all'Italia di intervenire nei progetti inglesi circa Tzana in modo di regolarne l'eventuale attuazione a tutela degli interessi propri e di quelli etiopici.

Se V. E. lo riterrà opportuno ella potrà anche far sapere costì che da parte nostra non vi sarebbe difficoltà alcuna a comunicare lo scambio di note al/la f ccietà delle N azioni.

In risposta poi ai punti l e 3 del suo telegramma Gabinetto n. 31 informo: l) che nessun altro accordo di qualsiasi specie è stato da noi concluso oltre lo scambio di note di cui le venne inviato il testo; 2) che per ora sembra prematura presentazione domanda circa concessione ferrovia.

(l) Il telegramma fu trasmesso anche a Londra e Parigi.

268

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 218/13. Ginevra, 9 marzo 1926, ore 19,40 (per. ore 23).

Dopo primi contatti avuti da delegazione nella giornata di ieri e dopo aver lungamente esaminata situazione con Scialoja e Bonin Longare giunto ieri, anche su elementi forniti da Bordonaro, Medic1, Preziosi, trasmetto prime sommarie considerazioni di Scialoja e mie su probabili attacchi vari stati interessati di fronte nostra azione per un patto danubiano-balcanico secondo direttive V. E. Circa adesione Romania e Grecia V. E. ha già elementi precisi. Duca non è a Ginevra; Rufos che è qui ha confermato e forse accentuato suo atteggiamento favorevole che è però come è noto subordinato approvazione Inghilterra. È parimenti da ritenersi che Bulgaria e Ungheria paesi vinti non possano che essere soddisfatti entrare intesa come quella in questione. Negoziati con quei due paesi potrebbero essere iniziati in un secondo tempo e cioè quando quelli con altri maggiori fossero avviati favorevolmente. Minori probabilità almeno finora

v.i sono invece nei riguardi dell'Austria oggi più che mai nell'orbita germanica. Parimenti dicasi Cecoslovacchia sia per intima alleanza francese sia per diversità d'interessi con potenze balcaniche. Aggiungo che data ben nota personalità Benès e suo atteggiamento... (l) in sincere conversazioni a fondo rifiuto sarebbe dannoso in questo momento almeno finchè non sia chiarita situazione con Jugoslavia. Perno situazione rimane pertanto sempre Belgrado. In primo colloquio avuto ieri sera con [Nincich] (nel quale mi sono peraltro mantenuto sulle generali in mancanza di elementi sul suo incontro con Briand a Parigi) ho riportato impressione precisa che Nincich voglia guadagnar tempo ed evitare assumere qualsiasi impegno finchè soluzione crisi francese gli permetta di riprendere negoziati con Parigi. In questo ambiente dove la vigorosa politica dell'Italia fascista suscita diffidenze e timori, nostra attività che vita comune delegazioni rende facile controllare deve forzatamente procedere con cautela. Occorre tener conto fin da ora anche in relazione passi fatti questi giorni da nostro ambasciatore Parigi e per quelle istruzioni che V. E. ritenesse impartire al riguardo, che Francia e Inghilterra saranno subito ragguagliate nostre conversazioni da Governi fino ad oggi ad esse più direttamente legati.

269

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL DELEGATO ALLA SOCIETÀ DELLE NAZIONI, SCIALOIA

T. GAB. S. PRECEDENZA 41. Roma, 10 marzo 1926, ore 24.

Telegrammi nn. 13 (2) e 16 (3) e precedenti.

Ad evitare che codeste conversazioni con Nincich possano dare origine ad equivoci e malintesi o modificare in modo svantaggioso per noi i risultati delle conversazioni di Roma ( 4), giudit::o necessario .precisare i risultati dei .colloqui da me avuti con lui e gli impegni da esso assunti circa l'ulteriore svolgimento delle trattative per giungere alla stipulazione dei nuovi accordi.

l) Per quelli relativi ai soli due stati, Italia e Jugoslavia, e cioè: a) allargamento dell'attuale patto di amicizia e collaborazione; b) accordo speciale per

l'Albania; si era rimasti d'intesa che i progetti dovevano prepararsi a Roma con Antonievich per essere sottoposti a Nincich al suo arrivo a Ginevra di ritorno da Parigi.

2) Per quanto si riferisce alla proposta di un accordo a tre nello spirito di Locarno tra Italia, Francia e Jugoslavia, io mi dichiarai subito contrario in genere alla stipulazione di esso, osservando che tale accordo veniva a mutare la posi7ione 1lell'Italia e la compagine determinata dal patto di Locarno potendo anche dar luogo in questo momento specialmente a gravi proteste da parte di altre potenze. Mi riservai tuttavia di esaminare la possibilità di addivenire ad uno speciale accordo a due con la Francia in una sfera di interessi e d'azione diversa da quella di Locarno. Non nascosi però al signor Nincich che la conc·lusione immediata di un patto fra la Jugoslavia e la Francia, prima che da un amichevole concorde esame fossero coscientemente commisurate le ripercussioni che tale patto poteva avere sulla situazione generale dei tre stati rispetto agli altri dell'Europa centrale, mi avrebbe costretto a procedere ad un tale riesame e~clusivamente da parte mia, ciò che mi avrebbe obbligato a riservare ogni definitiva decisione anche nei riguardi del carattel'e da dare ai rapporti italajugoslavi dopo un tale patto. È vero che Nincich si dimostrò oramai impossibilitato di recedere dall'impegno con la Francia che da tre mesi insisteva con lui per la conclusione del patto a due, affermandomi di essere anzi riuscito a farle accettare l'idea di un accordo a tre con l'Italia per le sue insistenti dichiarazioni non voler fare tale patto se non d'accordo con essa. EgU dichiarò tuttavia in modo esplicito che sarebbe stato dolente di concludere un patto con la Francia senza concluderne un analogo con l'Italia e rimase d'accordo che non avrebbe nulla firmato a Parigi e che, ad ogni modo appena di ritorno si sarebbe incontrato a Ginevra con il mio segretario generale per procedere alla compilazione di un progetto di patto con l'Italia analogo a quello francese, disposto ad introdurvi anche qualche clausola in più qualora a me sembrasse conveniente.

Premessi questi dati di fatto debbo aggiungere che l'aggravarsi della situazione diplomatica generale per le difficoltà sorte nei riguardi del patto di Locarno con la discussione a cui ha dato luogo l'entrata della Germania nella Società delle Nazioni e la composizione del Consiglio mi hanno maggiormente indotto nella mia attitudine di attesa. Giacchè mentre mi appariva e mi apparisce evi· dente l'utilità di rinsaldare e rendere più efficienti i rapporti diretti tra Italia e Jugoslavia non è egualmente semplice giudicare preventivamente quali conseguenze porterebbe a questi rapporti la creazione di nuovi legami dei due stati diversi di quelli oggi esistenti con potenze direttamente interessate ad altri lati del problema del Mittel Europa.

È chiaro d'altra parte che le nostre attuali discussioni con la Francia e con la Jugoslavia aumenterebbero le difficoltà di un'azione concorde delle potenze di fronte alle questioni d'ordine generale, dalla buona soluzione delle quali può dipendere la solidità del patto di Locarno e della Società delle Nazioni. È ugualmente chiara l'utilità non soltanto per noi ma anche per la Francia e la Jugoslavia dl attendere i risultati delle attuali discussioni di Ginevra per poter stabilire con maggiore precisazione degli interessi generali e particolari l'utilità di tali accordi e la forma che ad essi meglio conviene di dare.

In conseguenza di qÙeste premesse apparisce evidente la conseguenza che codesta delegazione svolga un'azione efficace per il rinvio di ogni definitiva risoluzione circa la stipulazione di patti a tre o patti .simultanei a due tra ItaliaFrancia e Jugoslavia sino alla chiusura della riunione di Ginevra, acciocchè siano le conversazioni tra le tre cancellerie riprese immediatamente dopo con quei maggiori elementi di giudizio che potranno esserci forniti dai risultati delle attuali discussioni provocate dall'entrata della Germania nella Società delle Nazioni.

L'azione della delegazione per il rinvio dovrebbe far capo specialmente a Chamberlain come la persona più interessata a salvaguardare l'efficienza del patto di Locarno e la consistenza della Società delle Nazioni.

Io non credo che Nincich (il quale ebbe qui una sensazione esatta delle difficoltà a cui poteva andare incontro e delle ripercussioni cui si poteva dare origine con la stipulazione non ponderata di accordi con la Francia non perfettamente in armonia con le stipulazioni internazionali d'ordine generale e di carattere particolare con l'Italia) non troverà di sua convenienza di aspettare l'esito dell'attuale adunanza di Ginevra.

Ad ogni modo codesta delegazione potrà assicurare che qualora il rinvio fosse deciso, io mi impegno a riprendere le conversazioni subito dopo Ginevra in modo da esaminare con ogni ponderazione, tenendo sopratutto conto dei risultati delle discussioni attuali, la possibilità di giungere a determinare tra Italia, Francia e Jugoslavia degli accordi particolari rispondenti agli interessi di ciascuno dei tre stati senza turbare tuttavia l'attuale situazione generale di equilibrio faticosamente raggiunta nella .speranza del mantenimento della pace.

(l) -Gruppo indecifrato. (2) -Cfr. n. 268. (3) -T. gab. s. 217/16, trasmesso il giorno 10, ore 0,30, per. ore 5, non pubblicato. in quanto contiene ciò che è ripetuto nella lettera pubblicata al n. 270. (4) -Cfr. p. 179, nota l.
270

IL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOIA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. Ginevra, 10 marzo 1926.

Le mando copia del telegramma speditole ieri sera (1). In esso è esposto il risultato del colloquio che finalmente il Bonin ha avuto col Nincic. I precedenti tentativi miei e del Grandi, fatti troppo fuggevolmente a causa del poco tempo, di cui qui possiamo disporre, non erano riusciti ad ottenere tutte le notizie da noi desiderate, tanto p~ù che, come Le ho già telegrafato, tutti qui (Chamberlain, Briand, Nincic in particolare modo) aspettavano o Lei o il Contarini. Noi pensavamo perciò che solo il Bodrero avrebbe potuto portarci più precise notizie.

Il fatto che il Trattato a due tra la Francia e il Regno S.H.S. è ormai inevitabile, tanto che sarebbe già compiuto se non fosse intervenuta la crisi del Ministero francese, indebolisce notevolmente la prima base dell'edificio grandioso ch'Ella aveva disegnato. Ma, a parer mio, non lo distrugge. Sarà necessario

procedere a gradi, senza urtare troppo direttamente gli interessi dei nostri vicini, ma si potrà con perseveranza andare innanzi. lo Le ho già telegrafato che qui l'ambiente si presenta cosl: Grecia e Romania molto ben disposte verso di noi. Ungheria grata per l'appoggio datole in questa brutta circostanza (ieri dinanzi al Comitato per l'Ungheria da me presieduto fu evitato ogni incidente, mentre la Cecoslovacchia aveva avuto un contegno minaccioso), ma poco ben veduta dai suoi vicini, Austria manifestamente tendente ogni giorno più all'Anschluss; Cecoslovacchia ciriolante secondo il linguaggio romanesco, e dolente di perdere quel posto direttivo da essa tenuto fin qui tra gli Stati ex austriaci; Polonia considerata ancora incerta e minacciata e un po' fuori del quadro degli Stati più meridionali; Albania serva-padrona di due padroni con qualche amante più remoto.· L'Albania poi costituisce tra noi e la Serbia un punto di discordia, che Nincic propone di regolare subito, ma in un modo non rispondente alle nostre intenzioni.

In questo stato di cose che fare?

Qui la nostra opera non si può spiegare che molto discretamente. Io poco posso fare personalmente, perchè la mia giornata è assorbita dalle molteplici occupazioni di primo delegato all'Assemblea e di membro del Consiglio, con tutte le conseguenze di tal uffici. Grandi, in parte ha pure da compiere parecchie cose relative alla Società delle Nazioni. Io posso contare sul Bonin più libero, che la ringrazio di avermi mandato. Il Belloni, che dimostra anche molta sagacia politica, non è ancora abbastanza noto in questo mondo ginevrino. Gli altri possono pl"estare un aiuto parziale in subordine. Ma ciò che è più grave, è che siamo sotto gli occhi di tutti, che ci guardano con sospetto. I giornali italiani hanno già commesso indiscrezioni nocive, poco gradite non solo ai nostri avversari, ma anche ai nostri amici.

Io penso che intanto converrebbe procedere subito a sottoscrivere un trattato nostro con la Serbia, mentre questa firmerà probabilmente qui quello con la Francia. La apparente uguaglianza presente tra noi e la Francia non ·deve troppo turbarci: la Francia tende a scendere, noi a salire, sicchè se oggi siamo sullo stesso piano, domani noi saremo al piano di sopra, la Francia al piano di sotto, credo che converrà pensare poi due volte alla proposta serba per l'Albania.

Intanto sarebbe utile stringere i vincoli coi greci e coi rumeni, ciò costituirebbe un fondamento molto solido per ampliare poi l'edificio; Slì. da farvi entrare gli altri Stati, dopo aver lavorato a toglier di mezzo i reciproci attriti, che sono ancora molto forti.

Insomma ciò che forse non è possibile fare oggi e completamente, si potrà realizzare domani gradatamente. Aspetto sue istruzioni in proposito. Nincich parte il 15, sicchè l'urgenza è grande (1).

(l) È il T. gab. s. 217/16, per il quale cfr. p. 192, nota 3.

(l) Analoga lettera, in pari data, inviava a Mussolini il membro della delegazione a Ginevra, Bonin Lonl{are.

271

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOIA

T. GAB. S. PRECEDENZA ASSOLUTA 44. Roma, 11 marzo 1926, ore 10,15

Suo telegramma gabinetto segreto n. 26 (1).

In conformità alle istruzioni da me impartite con mio telegramma gabinetto oegreto n. 41 (2), delegazione italiana deve nel modo più opportuno ma formalmente dichiarare a Chamberlain, a Briand ed a Nincich che qualora si addivenga subito alla firma dell'aocordo franco-jugoslavo mi troverei costretto procedere ad un esame delle ripercussioni che tale accordo potrà avere sulla situazione del·· l'Italia rispetto agli altri stati d'Europa legati dal patto di Locarno e riservarmi quindi ogni definitiva decisione anche nei riguardi del carattere da dare ai rapporti itala-jugoslavi dopo un tale patto.

Se malgrado le precedenti intese e dopo queste esplicite dichiarazioni avvenisse la firma dell'accordo franco-jugoslavo, sarei libero di provvedere alla salvaguardia degli interessi dell'Italia nel modo che mi risulterà più conveniente.

272

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 226/24. Ginevra, 11 marzo 1926, ore 13,40 (per. ore 16).

Ministro di Grecia Rufos mi ha informato avere avuto colloquio con Nincich a proposito del quale sarà diramato domani mattina comunicato in cui parlandosi raggiungimento politica concorde sarà fatto altresì cenno principi di Locarno. Fra Jugoslavia e Grecia sarebbero pertanto cessati noti motivi di dissenso e stessa questione ferrovia Salonicco assumerebbe aspetto problema essenzialmente tecnico della cui soluzione Rufos non dubita. Ministro degli affari esteri greco era molto soddisfatto e sopratutto grato a V. E. al cui personale intervento presso Nincich attribuisce rapido favorevole chiarimento situazione. Mi ha ripetuto essere pronto entrare intesa secondo disegni di V. E., salvo a concludere dopo eventuale accordo a due in forma e con finalità più concrete. Avendogli io domandato se gli risultava avvisata Inghilterra su tale progetto, Rufos mi ha detto avere avuto con Chamberlain colloquio per informarlo sue intenzioni entrare a fianco Italia patto balcanico e che Chamberlain se ne è mostrato soddisfatto confermando politica Inghilterra essere intesa a sempre stretta collaborazione con Italia.

(l) -T. gab. s. 225/26: richiesta di istruzioni circa il contegno da tenere in caso di firma dell'accordo franco-jugoslavo. Questo telegramma appare dal registro trasmesso il giorno 11 alle ore 13,40, per. ore 16; ma c'è un evidente errore in questa data o in quella del telegramma pubblicato nel testo. (2) -Cfr. n. 269.
273

IL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOIA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 227/28. Ginevra, 11 marzo 1926, ore 20,40 (per. ore 22). Ho parlato con Briand prospettandogli desiderio V. E. che, in considerazione

attuale situazione, sia rinviata firma accordo franco-jugoslavo. Briand ha aderito rinvio.

274

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 231/27. Ginevra, 11 marzo 1926, ore 20 (per. ore 23). Bethlen ha domandato di vedermi e mi ha anzitutto pregato di esprimere a V. E. viva riconoscenza per benevolo appoggio ed azione esplicata in favore suo paese specialmente in occasione recenti avvenimenti, appoggio che Ungheria non dimenticherà. Bethlen ha tenuto ad informarmi dettagliatamente situazione attuale Ungheria che secondo lui va ristabilizzandosi malgrado i tentativi fatti da Cecoslovacchia e Francia, le quali vorrebbero a tutti i costi rovesciare e sostituire Governo attuale con altro che ponesse paese in condizioni di vassallo di Parigi di Praga. Bethlen mi ha detto che suo Governo avendo consenso popolazioni provincie ha superato crisi dalla quale sarebbe uscito rinforzato. Ha aggiunto che specie dopo esperienza ultimi avvenimenti e contegno francese e cecoslovacco egli intende uscire dalla posizione di spettatore passivo nella politica danubiana, tanto più in prossimità fine controllo che secondo lui avrà luogo luglio prossimo. A tale proposito Bethlen ha dichiarato esplicitamente che Ungheria non inizierà trattative con paesi vicini senza conoscere punto di vista del Governo di Roma alle cui direttive intende uniformarsi. Gli ho risposto che prendevo atto delle sue dichiarazioni e che ne avrei riferito a V. E. Ho aggiunto che stabile intesa stati regione danubiano balcanica può essere raggiunta solo sotto egida Italia e che posizione Ungheria era oggetto di attento esame Governo di V. E. in relazione tale possibilità. Bethlen ha riconfermato di essere pronto seguire in tal senso direttive Italia disposto aprire trattative

con quelli dei paesi vicini che saranno indicati da nostro Governo e nel momento che V. E. riterrà più opportuno.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 229/25. Ginevra, 11 marzo 1926 (per. l'll) (1).

Ho veduto Benès insieme con Bordonaro. Preoccupazione dominante Benès come in tutti gli uomini politici presenti a Ginevra è situazione interna della Lega

delle Nazioni in mpporto con entrata della Germania e ripercussione su politica internazionale e politica interna singoli stati. Benès è pessimista e non vede via di uscita. Circa Anschluss Benès ripetè presso a poco quanto già ebbe a dirmi settembre scorso. Pericolo esiste ma non imminente. Esiste come pericolo non come possibilità pratica. Austria ha tutto da guadagnare da questa situazione. Benès prevede nondimeno che Reich si rifiuterebbe momento decisivo annettersi Austria con una indipendenza che favorirebbe inevita·· bilmente tendenze autonomistiche di molti stati germanici. Avendogli io fatto rilevare, secondo istruzioni di V. E., impressione sgradevole avuta da primo ministro italiano per sua visita Vienna e conclusione trattato arbitrato Austria all'indomani noto incidente fra Governo Roma e quello di Vienna in considerazione sopratutto necessità politica comune verso Austria, ed impegni patto amicizia Benès si è dichiarato ancora una volta dolente per ciò e per interpretazione che era lungi dalle sue intenzioni. A suo riguardo attesa durava già da un anno e sua visita a Vienna combinata da tempo non ha avuto altro carattere che quello di restituire la visita del cancelliere a Praga. Sul patto a quattro di cui già aveva [parlato] ultimamente con Bordonaro a Vienna Benès ha dichiarato che sostanzialmente è d'accordo sul merito ma ritiene opportuno rimandarne attuazione a tempo più propizio quando questioni ginevrine avranno avuto comunque un esito e sia sparita attuale preoccupazione entrata Germania Società Nazioni. Per parte sua ritiene dovere anzitutto procedersi preparazione opinioni pubbliche singoli stati. Ho ribadito facendogli constatare che movimento ognora crescente in Austria in favore Ansch1uss renderà anche di più difficile attuazione progetto e sua accettazione da parte opinione pubblica austriaca. Benès ha dovuto convenire e mi ha detto che vi avrebbe riflettuto sopra. Ha dichiarato altresì essere stato messo al corrente da Nincich sulle conversazioni di Roma e di Parigi senza precisare tuttavia informazioni avute: esclude per ora suo viaggio a Roma per delicata posizione in cui si troverebbe impegnato. Sarebbe disposto ad un incontro a Milano o altra

città Italia settentrionale.

(l) Le ore di partenza e di arrivo sono illeggibili sul registro.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOIA

T. GAB. PRECEDENZA ASSOLUTA SU TUTTE LE PRECEDENZE 45. Roma, 12 marzo 1926, ore 12,10.

Telegramma di V. E. n. 29 (1).

Mio telegramma n. 819 non è stato esattamente interpretato da V. E. Mio punto di vista è che Italia per evidenti ragioni non può opporsi da sola con un veto all'ingresso della sola Germania perchè questo veto annullerebbe Locarno ma Italia deve essere ultima a dare la sua adesione e cioè soltanto quando sia

l!ttata raggiunta unanimità. membri consiglio. Ripeto che entrata sola Germania costituisce un grande indiscutibile successo diplomazia tedesca e noi dobbiamo essere gli ultimi a contribuire a questo successo. Poichè come V. E. dice tutto è sospeso io prego V. E. di non impegnarsi anzitempo. Impegnandosi anzitempo avremo la misconoscenza tradizionale della Germania italofoba e il disappunto dei tre paesi che speravano nel nostro aiuto. Insomma se c'è una vittoria tedesca gli sconfitti non dobbiamo essere noi, ma in primo luogo la Francia. Questa precisazione delle posizioni reciproche ci gioverà in futuro. Ancora una volta gli ultimi a dare il voto favorevole alla Germania dobbiamo essere proprio noi. Se poi tutto ciò acutizzerà la crisi della Società delle Nazioni e ne farà vedere ai popoli le fragili fondamenta sarà un bene sopratutto per l'Italia.

(l) T. gab. 228/29, trasmesso il 12 alle ore !,15, per. ore 6: discussione in seno al Consiglio della Società delle Nazioni sull'ingresso della Germania, sostenuto dall'Inghilterra; dichiarazione di Scialoja che l'Italia avrebbe acceduto a quanto. proposto dall'Inghilterra.

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IL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOIA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 232/31. Ginevra, 12 marzo 1926, ore 10,40 (per. ore 15).

Ieri sera ho veduto Nincich e gli ho riferito colloquio da me avuto con Briand di cui al mio telegramma 28 (1). Nincich mi ha detto che non può tornare a Belgrado senza avere firmato accordo con Francia ed al più tenere segreta avvenuta firma. Malgrado ripetute insistenze non ho potuto farlo recedere da suo proposito.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 236/43. Ginevra, 13 marzo 1926, ore 3,30 (per. ore 6,45).

Ho veduto Chamberlain col quale Scialoja aveva già P.arlato ieri sera e valendomi decisivi argomenti di cui al telegramma V. E. 44 gab. segreto (2) giunto stamane gli ho fatto presente necessità che firma patto franco-jugoslavo venga assolutamente rinviata. Mi ha risposto •che [era] al corrente dell'assicurazione data da Briand al riguardo e che Briand stesso lo aveva informato di ciò. Egli non aveva motivo di dubitare che Briand avrebbe mantenuto sue promesse. Chamberlain vedrà Nincich al quale dirà che questioni politiche generali oggi in discussione tra grandi potenze rendono necessario rinvio di qualsiasi altro problema particolare.

279

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 241/48. Ginevra, 13 marzo 1926, ore 21,15 (per. ore 23).

Ho avuto colloquio con ministro affari esteri bulgaro che aveva domandato vedermi. Buroff mi ha detto che Bulgaria è desiderosa di vivere in pace con

nazioni vicine con le quali rapporti sono oggi cordiali. Mi ha informato avere avuto ieri con ministro affari esteri di Grecia colloquio nel quale sarebbe stata definita sistemazione ultimo incidente frontiera. Buroff mi ha dichiarato che nuovo governo di Sofia intende continuare politica attaccamento all'Italia, politica che corrisponde agli interessi e sentimenti paese la cui ammirazione e riconoscenza verso persona V. E. sono ben note. Mi ha domandato se anche per avvenire Bulgaria poteva contare su appoggio Governo italiano. Gli ho risposto che V. E. considerava con la più benevola attenzione situazione bulgara ed ho aggiunto che stabile intesa fra paesi regione dei Balcani può essere raggiunta solo sotto egida Italia. Buroff mi ha dichiarato essere pronto a seguire direttive V. E. nel modo e nel tempo che da V. E. saranno indicati.

280.

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 250/60. Ginevra, 16 marzo 1926, ore 23,15 (per. ore 17 del17). Mio telegramma n. 25 (1). Ho riveduto Benès che uscendo dal precedente riserbo si è dichiarato favorevole conclusione patto a quattro fra l'Italia, Jugoslavia, Cecoslovacchia, Austria esprimendo convinzione possibilità effettuarlo tempo relativamente breve. Ha detto che non nasconde che Austria opporrà forti resistenze entrare simile patto e domanderà che vi sia compresa anche Germania al quale Benès si è dL chiarato contrario. Egli ha espresso parere che patto sia studiato sulla base del protocollo anno 1922 relativo Austria e sottoscritto anche da Inghilterra Francia ciò che secondo lui permetterebbe preventiva esclusione Germania e darebbe al patto significato di perfezionamento di accordo già concluso ed accettato grandi potenze Società delle Nazioni raggiungendo pertanto risultati concreti senza suscitare ulteriori diffidenze. Ho risposto che prendevo atto del riconoscimento da parte sua della necessità del patto e della sua adesione in massima. Circa assenso forma che esso poteva assumere avrei interpellato V. E. Siamo rimasti d'accordo che salvo approvazione di V. E. conversazioni continueranno in via diplomatica per trovare comune terreno intesa fra Roma, Praga, Belgrado. Mi sembra che idea di Benès nasconda assai più che timore ingresso Germania accordo, desideri.o che vi entri sopratutto la Francia. Comunque quanto più conosco Benès

tanto più mi persuado che possiamo fare affidamento molto relativo sopra suoi sentimenti amichevoli a nostro riguardo.

(l) -Cfr. n. 273. (2) -Cfr. n. 271.
281

IL SEGRETARIO GENERALE DEI FASCI ALL'ESTERO, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

(AC5, Segreteria particolare del Duce, Carteggio riservato)

L. RR. Roma, 17 marzo 1926.

Nella relazione sui Fasci all'estero, che ebbi l'onore di presentare all'E. V. il mese scorso, mi astenni di proposito dal riferire sulla nostra particolarissima

situazione in Egitto, perchè questa è meritevole di accurato esame e dell'atten

zione speciale dell'E. V.

Mi accingo con la presente ad esporre dei fatti ed a formulare subordina

lamente delle proposte.

L'Egitto è il solo Paese dove ancora la collettività Italiana è dominata com

pletamente dalla massoneria. L'E. V. ricorderà certamente che soltanto in Egitto

furono inscenate manifestazioni di rivolta contro il provvedimento dall'E. V.

disposto entro i primi mesi di Governo, per l'apposizione del Crocifisso nelle

aule delle scuole 1taliane. Quelle manifestazioni furono organizzate dalla Masso

neria Italiana che è riuscita a stabilire una fitta rete d'interessi e di protezioni

in tutte le nostre collettività e più particolarmente in quella di Alessandria.

Il Fascismo che in Egitto dovrebbe essere il dominatore delle nostre collet

tività, è costretto a sostenere una lotta quotidiana con la Massoneria locale che

ha i suoi uomini alla testa di tutte le organizzazioni preesistenti. La lotta non

è sempre fortunata perchè la Massoneria, data la sua forza, trova alleati in tutte

le sfere italiane, non esclusa, anzi principalmente negli uffici dipendenti dalla

nostra Legazione.

1n Alessandria il Fascio ha subìto per due volte l'inquinamento massonico

e per due volte ci ha costretto ad intervenire con provvedimenti di eccezione.

Cito alcuni fatti:

l) All'ospedale italiano domina la massoneria a mezzo del Giudice Messina

che è president-e dell'Istituzione. Il Primario invitato nel novembre scorso a

firmare un registro di simpatia destinato all'E. V. dopo lo scampato attentato

,;i rifiutò dichiarando che tutto l'ospedale italiano era solidale con lui. Difatti

non furono quasi raccolte firme fra il personale dell'ospedale.

2) Il Giudice Messina nonostante questi suoi preced·enti di avversione al

Regime fascista e nonostante le sue dichiarazioni di fede massonica, viene appog

giato dalla nostra Legazione per essere destinato alla Corte di Appello Mista,

e ciò contro il candidato che i non massoni e i fascisti ritengono politicamente

e professionalmente più idoneo, il Magistrato Falqui Cao che fu uno dei primi

fascisti italiani in Egitto, convinto assertore della nostra fede.

Un altro fatto sintomatico è il seguente: Dopo il fallito attentato, il Fascio

di Cairo in una solenne riunione da esso indetta di tutti i Presidenti delle

Società Italiane ivi costituite, ottenne l'adesione di tutti i rappresentanti delle

Società Italiane ad un attestato di omaggio che fu fatto a ,suo tempo pervenire

all'E. V. Aderi ad esso anche il Presidente della Società Operaia che per questo

suo atto fu stigmatizzato da un gruppo di soci capitanati da un impiegato del

Consolato tale Egizio Quartarone.

Il Quartarone è ancora impiegato al Consolato e pare che soltanto oggi si

vogliano prendere provvedimenti contro di lui perchè in una perquisizione ese

guita nel suo domicilio (perchè comunista) dalla polizia locale, il Governo Egi

ziano raccolse le prove di questa sua fede.

Intanto però dal novembre ad oggi egli, comunista noto e noto diffamatore del Governo fascista, era restato indisturbato impiegato al Consolato Italiano.

È evidente che la situazione in Egitto non è, nell'ambiente ufficiale delle

Autorità Italiane, molto chiara nei riguardi del Governo e del Fascismo altri

17 ··--Documenti diplomatici • Serie VII · Vol. IV

menti i fatti lamentati più sopra ed altri infiniti, piccoli e grandi che potrebbero essere enumerati, non avrebbero potuto verificarsi.

Da questo nasce l'indifferenza e l'ostilità per ogni nostra iniziativa locale. La massoneria domina sovrana e gli stessi rappresentanti ufficiali, dei quali non posso affermare la loro appartenenza alla setta, subiscono l'influenza della setta che è la più forte, evidentemente per vivere in pace d'accordo con la maggioranza anche se la maggioranza è nemica, com'è infatti, nemica del Fascismo e del Governo ch'essi rappresentano.

Nei confronti della massoneria, la Segreteria dei Fasci all'estero ha ritenuto nella sua azione di ispirarsi alla massima cautela specialmente nel Mediterraneo e nelle repubbliche meridionali americane, dove la massoneria aveva assolto in certi casi nel passato a compiti d'italianità che i governi Italiani avevano sempre tralasciato, ma dove la massoneria, nonostante la nostra inazione nei suoi confronti, ha assunto atteggiamenti antifascisti e antigovernativi, i Fasci hanno ricevuto ordini di reagire e di combattere fino al successo. Dove questa lotta è stata ingaggiata, essa è stata vinta, naturalmente con l'accordo fra le nostre Rappresentanze Ufficiali e i Fasci, accordo indispensabile per detronizzare le eminenze verdi e sostituirle dovunque con elementi fidati e fedeli al Fascismo. In Egitto la lotta non presenta speciali difficoltà. Tutto dipende dall'atteggiamento delle Autorità Italiane. I nostri uomini sono fra i migliori delle nostre collettività colà residenti. Nelle nostre file si trovano persone che possono degnamente prendere il posto dei nostri nemici, è perciò giunta l'ora della chiarificazione.

Come a Tunisi i massoni sono stati debellati, come lo furono nelle Colonie di diretto dominio e nel Dodecanneso, come lo furono in Turchia, è necessario debellarli in Egitto. Quelle collettività potranno soltanto dopo il fiaccamento della massoneria, da essi temuta per le sue aderenze, essere interamente a disposizione del Governo Fascista anche per mettere in esecuzione il vasto programma di valorizzazione di Rodi.

Richiamata sulla questione l'attenzione dell'E. V. mi onoro presentare i sensi del mio devoto omaggio (1).

(l) Cfr. n. 275.

282

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI '!'. GAB. (P. R.) S. 223/225. Londra, 18 marzo 1926, ore 21,55 (per. ore 3,10 del 19).

Decifri Ella stes,sa.

S. E. cardinale Bourne riferendosi a precedenti conversazioni avute meco sull'argomento mi ha chiesto se io fossi in possesso di recenti informazioni circa attività politica in Inghilterra di don Sturzo. Ho risposto che da qualche tempo detta persona non si era come in passato abbandonata a pubbliche manife,stazioni

politiche a Londra (articoli e lettere ai giornali, partecipazione a conferenze e riunioni di partiti). Ma che non potevo essere sicuro che egli non continuasse ad avvicinare pubblicisti, uomini politici, alti funzionari anche del Foreign Office compiendo opera antinazionale e antifascista.

S. E. ha aggiunto che egli impiegava sua influenza presso persona in questione per distrarla da ogni speciale attività politica e che avrebbe continuato a farlo sicuro con ciò di interpretare pensiero Vaticano che vieta ai sacerdoti occuparsi di politica.

(l) Nota marginale di pugno di Mnssolini: • Importante. Ufficio Personale. M.•.

283

L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 264/298/173. Parigi, 19 marzo 1926, ore 17,25 (per. ore 2.1,30). Nincich è tornato a Parigi. Berthelot che ho veduto stamane ed al quale ho nuovamente espresso il nostro punto di vista, mi ha detto che Briand aveva informato Nincich che non firmerebbe accordo con la Francia prima che fosse firmato quello con l'Italia. Soltanto, in vista delle pressioni che faceva Belgrado e la posizione di Nincich, Briand esprimeva speranza che non fosse troppo differita la conclusione dell'accordo italo-jugoslavo.

Bodrero, che è qui giunto ieri sera mi aveva messo al corrente dello svolgersi dell'accordo durante il periodo di Ginevra.

284

L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 279/318/187. Parigi, 23 marzo 1926, ore 18,40 (per. ore 22). Decifri ella stessa. Mi permetto richiamare attenzione di V. E. che così presso il Governo come nei circoli politici e giornalistici francesi si manifesta crescente malcontento attribuendo al Governo italiano una politica di ostilità e di aggressione verso la Francia, risultando specialmente dal linguaggio della stampa fascista ritenuta ufficiosa sui vari problemi che interessano l'Italia e la Francia (Popolo d'Italia, Tevere, Impero, Regime Fascista). Briand non sa spiegarsi gli attacchi della predetta stampa al trattato di Locarno, di cui l'Italia è garante al pari dell'Inghiterra. Egli ritiene che gli ultimi avvenimenti di Ginevra (come io già segnalai col telegramma n. 288/169) anzichè portare ad un fallimento della politica di Locarno sono destinati a rafforzarla in quanto che più intensi diventeranno gli scambi di vedute tra i Governi interessati tutti ugualmente decisi ad evitare una nuova guerra. Briand pensa che l'Italia nel quadro di Locarno... (l)

dire più semplicemente nel quadro deLle relazioni fra le grandi potenze (Francia, Germania, Inghilterra e Italia stessa), possa risolvere le questioni

territoriali che giustamente si impongono in vista della crescente popolazione del rel!no. Come nure forse nello stesso quadro può trovarsi una stabile combinazione per le garanzie dello statu quo nell'Europa centrale. Briand sarebbe profondamente grato a V. E. se ella volesse coadiuvarlo nel realizzare un riavvicinamento tra i due paesi nel quadro della pace generale dell'Europa moderando il linguaggio dei giornali che attaccano un'opera politica di cui l'Italia è partecipe e (per ciò che riguarda le particolari relazioni tra i due paesi) far cessare la campagna di stampa che addita non solo le colonie francesi, ma una parte dello stesso territorio metropolitano della Francia come destinato ad essere meta di conquista delle nostre armi. Ha attirato l'attenzione mia sul fatto che a Parigi stessa il giornale fascista L'Italia Nuova in un recente articolo esprime ad un dipresso gli stessi concetti e che egli comincia già a ricevere pressioni da parte di autorevoli parlamentari per l'espulsione dal territorio francese dei pubblicisti che ne erano autori. È mio dovere aggiungere che la situazione, sia per il reale malumore dei circoli politici e circoli militari francesi come per la massa dei fuorusciti che soffia nei partiti di sinistra con essa simpatizzanti, non può essere trascurata in quanto che non solamente può ripercuotersi sui rapporti tra i due paesi, ma facilitare la corrente che preferisce ad un riavvicinamento all'Italia un accordo con la Germania (l) senza parlare del movimento

già noto (mio telegramma n. 155 per corriere del 12 febbraio scorso) (2) che pretenderebbe di creare una coalizione, sia pure temporanea, della Francia, Germania e Inghi:lterra contro l'Italia.

(l) Gruppo indecifrato.

285

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. 60/164. Roma, 24 marzo 1926, ore 20.

Appena ricevuto suo telegramma (3) ho mandato ·circolare a tutti prefetti del regno per impedire ora innanzi attacchi generici Francia. Può essere che parte stampa fascista pubblichi articoli non intonati, ma basta una pubblicazione come odierna Temps nella quale si parla delle formiche siciliane per rompere atmosfera cordialità. Realtà è che Francia non ha compiuto ancora un solo gesto -dico un solo gesto -di concreta amicizia verso l'Italia. V. E. può direttamente influire su Italia Nuova. Sono sempre disposto coadiuvare Briand in una politica di saldo concreto riavvicinamento fra i due paesi ma occorre scendere dal terreno fatuo delle frasi tradizionali. Finchè Governo francese accorderà sua ospitalità peggiori fuorusciti mancherà uno fra i molti elementi n·er quella politica di riavvicinamento di cui parla Briand. Finchè Governo francese terrà sospese convenzioni tunisine, mancherà atmosfera riavvicinamento. Concludendo il miglioramento dei rapporti fra i due paesi, non dipende soltanto da Roma, ma sopratutto da Parigi.

(l) -Cfr. quanto scrive il De Bosdari nelle sue Memorie a proposito di un colloquio di congedo con Stresemann, avuto alla fine di marzo-primi di aprile 1926: dalle parole di Stresemann « raccolsi... una notizia molto importante: ed è che Mussolini aveva in quei giorni fatto aperture alla Francia "per un'azione contro la Germania" e che la Francia aveva rivelato tutto al governo tedesco •. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 284.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1799/95. Berlino, 24 marzo 1926, ore 21,10 (per. ore 2,30 del 25).

Dopo presentazione credenziali Hindenburg ho visitato cancelliere. Egli si è compiaciuto della possibilità ristabilire relazioni cordiali tra Germania e Italia. Ho risposto tale essere desiderio di V. E. purchè fosse ben inteso che Germania non doveva occuparsi Alto Adige nè pensare effettuare Anschluss. Luther ha annuito (?). Cancelliere ha espresso necessità che barriere doganali fra gli stati europei diminuiscano di asprezza per difesa nostro continent,e contro colonizzazione capitale americano. Non so se questo accenno sia riferibile a disegno unione doganale con Austria. Ad ogni modo non l'ho rilevato. Ho invece osservato che fra l'Italia Germania era stato concluso recentemente equo trattato di commercio e che era imprescindibHe non annullarne effetti con boicottaggi minacciati o tentati. Cancelliere ha concordato riconoscendo che talvolta incidenti politica estera trovano base e pretesti in lotta politica interna. EgJ.i desidera che io approfondisca con Stresemann possibilità cordiali rapporti itala-tedeschi.

287

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 286/268. Londra, 24 marzo 1926, ore 21,50 (per. ore 3 del 25).

Telegramma dell'agenzia centrale « News » proveniente da Vienna e riportato da questi giornali sera reca notizia imminente nomina Bordonaro ad ambasciatore a Londra, in mia sostituzione, perchè non fasdsta.

288

IL PRESIDENTE DELLA SOCIETA ITALIA AMERICA, LAMONT, AL COMM. FUMMI (l)

(ACS, Carte Volpi, traduzione)

L. New York, 25 marzo 1926.

Ho ricevuto recentemente l'accluso memorandum intitolato «Notizie italiane negli Stati Uniti» sottoposto al mio esame da vari membri dell'Italy America Society tutti caldi amici e propagandisti delJ.'Italia i quali sono impressionati di una situazione di cose creatasi qui. Il memorandum fu compilato dopo una riunione di tali amici tra i quali erano da notarsi come è accennato nel memorandum stesso vari banchieri italtani.

Mi è stato proposto che io quale Presidente della Italy America Society invii tale memorandum al conte Volpi il più eminente tra i membri del

Governo italiano venuti recentemente in America aggiungendo che le informazioni contenute nel memorandum ste,sso potrebbero interessargli. Io sono stato un po' esitante nel far ciò pensando che un memorandum di tal genere dell'America Italy Society non potesse essere inviato al Ministro delle Finanze, ma riflettendo alla personalità dei compilatori del memorandum ho deciso di passare sopra alle formalità ed invio perciò a Lei tale memorandum lasciando interamente al suo buon giudizio se consegnado o no al conte Volpi.

ALLEGATO

NOTIZIE ITALIANE NEGLI STATI UNITI

Vari membri dell'Italy America Society, e fra essi banchieri italiani ed americani, ed eminenti uomini pubblici e d'affari, rilevano che si sta spargendo un crescente discredito sul Governo Italiano, con conseguente allarme sull'avvenire dell'Italia e sfiducia negli investimenti italiani.

La Società ha delle sezioni organizzate a Chicago e a San Francisco, comitati in New Orleans, Washington e Boston e rappresentanti nelle seguenti città: Baltimore, Cleveland, Cincinnati, Lexington (Kentucky), Richmond, Charleston, S. C. Atlanta, Denver, Seattle e Los Angeles. Tali rappresentanti informano regolarmente la Società su questioni italiane e in appoggio alle loro relazioni inviano numerosi ritagli dei giornali locali.

La Società è pertanto in grado di rilevare i seguenti fatti:

a) Sui giornali americani raramente appaiono notizie fondate sull'Italia.

b) Il carattere sensazionale di alcune dichiarazioni del Primo Ministro signor Mussolini pubblicate senza nessun chiarimento circa i fatti che le provocano e le condizioni esistenti, non possono che creare una impressione sfavorevole.

c) Le recenti leggi fasciste non sono mai state bene spiegate al pubblico americano e agli italiani qui residenti, e sono state adoperate quali strumenti di propaganda dagli elementi attivi anti-fascisti.

d) Le dichiarazioni dei numerosi ammiratori americani del Primo Ministro Italiano, come pure la propaganda fascista hanno dato troppa importanza alla personalità di Mussolini, creando così l'impresisone che in caso di sua morte potrebbe verificarsi in Italia una rivoluzione con conseguenti perturbamenti sociali.

A conferma di quanto è detto nel paragrafo b) si rileva dai giornali americani che il discorso tenuto 1'8 febbraio dal Primo Ministro Sig. Mussolini circa il Tirolo, fu pubblicato sui giornali americani senza una parola che spiegasse come il discorso sia stato una risposta a quello tenuto dal Sig. Held al Parlamento Bavarese, e l'effetto di una seria provocante campagna dei giornali tedeschi, della quale trattavano diffusamente i giornali italiani.

Alla generalità dei lettori americani il discorso fece l'effetto di un fulmine a ciel sereno (1).

La pubblicazione che si sta facendo di articoli di Cesare Rossi, descritto quale generale italiano, come pure le dichiarazioni di italiani in Francia e in Inghilterra, hanno portato eminenti americani a credere che in Italia domina un regime terroristico al quale naturalmente seguirà una contro-rivoluzione.

Tale concetto viene pubblicato non solo dal • Nation • e dal • New Republic • ma anche da scrittori quali Murphy dell'• Atlantic Monthly • e corrispondenti di giornali quali il • New York Times •, il • New York World •, il • Chicago Tribune. e il ·Philadelphia Public Ledger •.

I banchieri italiani di New York e fra essi il Sig. Siro Fusi (Banca Commerciale Italiana), il Sig. Luigi Lerro (Banco di Napoli), il Sig. Luigi Berizzi (Italia Discount & Trust Company), il prof. Dino Bigongiari (membro della Milizia Fascista), il dott. Paolo De Vecchi, eminente cittadino qui residente, come pure parecchi eminenti americani quali il Sig. Paul D. Cravath di New York, Horace Oakley di Chicago, A. P. Giannini di S. Francisco credono che siano conseguenza delle condizioni su accennate la relativa lenta vendita e la scarsa richiesta delle obbligazioni italiane e ciò nonostante che il prestito governativo italiano, quello dell'Istituto della Pubblica Utilità, quello delle Società Elettriche ecc. siano stati presentati sotto i migliori auspici e appaiano sotto ogni aspetto degli investimenti

desiderabili. Gli italo-americani possono assorbire solo un certo numero di tali obbligazioni e lo hanno fatto in modo soddisfacente, ma il pubblico in generale non li compra. Corre voce che il prestito quando sarà abbandonato a se stesso verrà svalutato nelle quotazioni e che le condizioni attuali circa gli investimenti italiani comprometteranno fortemente i prestiti futuri.

Un fenomeno che crea preoccupazioni nei circoli bancari italiani è il ritiro da parte di italiani dei loro risparmi postali. I funzionari della Banca Commerciale Italiana a New York hanno avuto istruzioni di chiedere ai loro clienti le ragioni del ritiro dei loro conti in lire.

Le risposte possono essere ragruppate come segue:

l) la cessazione dell'emigrazione italiana che ha ridotto i vincoli familiari e le relazioni con la madre patria; 2) la stabilizzazione della lira non dà possibilità di speculazione; 3) timore che la legge sui rifugiati politici porti al sequestro della proprietà

che tali persone hanno in Italia.

Inoltre, per le ragioni suindicate, è stata notata per conto di italiani una insolita preoccupazione di disfarsi dei beni immobili posseduti in Italia. In questo campo potrebbero esser presi provvedimenti onde scoraggiare i violenti attacchi e il poco saggio atteggiamento dei giornali fascisti in New York quali il • Carroccio • e il • Grido della Stirpe •.

Si acclude un recente articolo di quest'ultimo la cui prima pagina è tutta dedicata ad un attacco alla Camera di Commercio Italiana che sicuramente è la più importante organizzazione italiana di New York e di cui fanno parte i più ricchi e i più noti italiani qui residenti.

n fatto che giornali abbiano pubblicato un avviso della Lega Fascista d'America (Fascist League of America)· e che i suoi articoli siano letti in Italia e riprodotti da giornali fascisti quali il • Popolo d'Italia • e il • Legionario •, hanno dato a queste pubblicazioni un'importanza che non meritano. Il sospetto e la sfiducia con la quale sono considerati qui agiscono sfavorevolmente sul credito del Governo.

Secondo il pensiero di molti patrioti italiani e di persone che si interessano all'Italia sarebbe necessario che il Governo italiano provvedesse non solo ad una migliore diffusione negli Stati Uniti di notizie esatte ma anche a ridare fiducia a coloro la cui fede è stata scossa.

È stato proposto:

l) che l'Italia si serva di un agente di fiducia (pubblicista) della stampa americana e fornisca ad esso notizie fondate sull'Italia non politiche ma sociali ed economiche;

2) che queste informazioni siano fornite a tutti i Consolati italiani e agli Uffici dell'Italy America Society e alle Camere di Commercio italiane in America. A tale proposito è stato fatto notare che la Polonia si è assicurato il servizio di un agente di pubblicità ben noto spendendo migliaia di dollari per la diffusione di notizie ben fondate;

3) le notizie infondate sull'Italia dovrebbero avere un'immediata smentita dall'Ambasciata e meglio ancora direttamente dal Governo. È stato notato che il •Pathe News• porta regolarmente notizie francesi fornite dal Governo francese che vengono diffuse in tutto il paese. Fotografie della vita italiana,

della Famiglia Reale, le accoglienze entusiastiche fatte a Mussolini, ecc., sarebbero

utili per disperdere l'impressione che molti hanno di un regime terroristico in

Italia.

La Italy America Society fa qualsiasi sforzo con spese sempre crescenti, per raccogliere e diffondere notizie accurate sull'Italia, tenendosi fuori delle discussioni politiche e cercando di mantenersi in un atteggiamento imparziale ed obbiettivo.

La sua utilità sarebbe grandemente aumentata se potesse avere facilmente delle notizie fondate.

(l) Il comm. Giovanni Fummi fungeva da intermediario nei rapporti fra Volpi e la banca Morgan.

(l) Cfr. quanto detto in un tel., che il Fummi ricevette il 15 aprile 1926 dalla Banca ~organ, a. pr?posito della discussione in corso al senato americano sull'accordo per il debito d~ g_ue_rra 1~aha'!lo: •. Gli oppositori dell'accordo hanno dato molta importanza ai progetti im!:)enahsti dell Italia SUI quali la nostra stampa ha attirato molta attenzione • (ACS, Carte Volpi).

289

L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 288/335/200. Parigi, 26 marzo 1926, ore 21,10 (per. ore 2,1).

Decifri ella stessa.

Telegramma di V. E. gab. 60/164 (1).

V. E. ha perfettamente ragione nel credere che attività spiegata dai fuorusciti, nell'asilo che loro offre Francia, ai danni interessi nazionali, rappresenti un ostacolo non lieve ad un cordiale riavvicinamento tra le due nazioni. Sotto la mia continua pressione si è riusciti a moderare quella parte della stampa che è disposta a mollare ai suggerimenti del Governo francese. Qualche risultato pratico si è pure avuto, come per esempio, di impedire la pubblicazione dei documenti Bazzi e sopprimere manifestazioni e comizi ostili. Ma convengo che il Governo francese, disarmato di leggi repressive ed esautorato dalla confusione parlamentare interna, ha fatto sì che veri e propri provvedimenti radicali non siano stati presi, nè è da prevedere vengano adottati. Devo però far notare che a rendere sempre più inefficace azione Governo francese ha pure contribuito atteggiamento della stampa e dell'opinione pubblica italiana diretta non tanto contro il regime quanto contro integrità della Francia per cui il pericolo di una nostra aggressione è considerato con altrettanta preoccupazione di quella della Germania. La questione dei fuorusciti non è quindi del tutto indipendente dalle relazioni tra i due paesi. Un chiarimento di questi rapporti produrrebbe una reazione nell'opinione pubblica francese che si rifletterebbe sulla situazione dei fuorusciti stessi. Se

V. E. ritiene che la definizione della questione di Tunisi, sulla base di un consolidamento delle convenzioni attuali, possa servire per temperare reazionaria politica di rappresaglia verso la Francia, credo che non sarebbe impossibile ottenerlo da Briand. Se V. E. me ne desse istruzioni, potrei iniziare trattative immediate.

290

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. 62/169. Roma, 28 marzo 1926, ore 15.

Decifri da sè.

Proprio ieri ricevendo signor Besnard gli ho dichiarato in maniera nettissima che per migliorare e stabilizzare sulla base del miglioramento i rapporti francoitaliani, bisognava affrontare una buona volta due questioni:

l) La situazione degli italiani in Tunisia. 2) La ormai intollerabile protezione concessa ai fuorusciti italiani, tolleranza che ferisce particolarmente il fascismo sempre più dominante in Italia.

Per la prima questione è necessario che Francia si decida a prorogare per non meno di un decennio le convenzioni del 1896. Per la seconda è necessario che semplici misure di polizia frenino azione fuorusciti che mentre non scalfisce nemmeno la solidità incrollabile del regime può creare degli episodi spiacevoli e gravidi di conseguenze. Ho detto al signor Besnard che la libertà di stampa può benissimo in Francia essere considerata come un tabù intangibile, ma anche la pace fra due popoli può avere un inestimabile pregio. Ho soggiunto che è per lo meno stupido compromettere le relazioni e forse le sorti di 80 milioni di uomini per la licenza concessa a una dozzina di ricattatori. Il signor Besnard mi ha dichiarato che non condivide il misticismo liberale dei suoi connazionali, ma io non ci credo. Comunque io autorizzo V. E. ad aprire sulle due questioni cennate conversazioni preliminari con Briand.

(l) Cfr. n. 285.

291

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, Al MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO

T. GAB. S. 64/57. Roma, 2 aprile 1926, ore 2,30. Telegramma di V. E. n. 61 gabinetto (1). La autorizzo far presente al generale Averescu opportunità che trattative

a Parigi per conclusione eventuale patto franco-'rumeno vengano sospese in attesa che pourparlers già iniziati a Roma siano continuati. Prego V. E. tenermi telegraficamente informato del risultato dei suoi colloqui al riguardo.

292

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, A VITTORIO EMANUELE III, A SAN ROSSORE

T. GAB. (P. R.) 141. Roma, 8 aprile 1926, ore 13,30.

Visita Sua Altezza Principe Ereditario mi ha profondamente commosso. Come dissi mia ferita non ha gravità alcuna ed in pochissimi giorni sarà guarita. Ringrazio infinitamente la M. V. del suo benevolo interessamento (2). Malgrado grande eccita,zione solo in 1poche città ci sono state ripercussioni ordine pubblico e dovute alla sorpresa del primo momento. Onorevole Amendola prima di morire ha fatto le note dichiarazioni riportate dall'« Havas » e che dimostrano che egli em migliore degli altri. Da T'ripoli permetterommi telegrafare V. M. mie impressioni.

I hope that he will make a speedy recovery ». Mussolini risuose ringraziando.

(l) -T. gab. s. 292/61 trasmezso il 30 marzo alle ore 21,30, per. c~e 3 del 31: imminente firma del patto di amicizia franco-romeno. (2) -Cfr. le parole che il re d'Inghilterra faceva telegrafare in pari data a Mussolip.i: « Please express to Premier my horror at this dastardly attack against him. I rejoice tnat he is not seriously injured and much regret that assailant should be Brtitish subject.
293

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (l)

T. GAB. 74. Roma, 8 apriLe 1926, ore 17.

È venuto stamane da Bordonaro padre Tacchi Venturi il quale gli ha comunicato che monsignor Confalonieri recatosi da lui per incarico d€1 S. Padre ha chiesto di avere notizie esatte della salute di S. E. il capo del Governo e gli ha fatto noto che S. Padre ha ringraziato e pregato Dio per incolumità presente e futura on. Mussolini.

Padre Tacchi Venturi aveva ordine di far sapere quanto precede all'E. V. al più presto se ancora a Roma. Stesso padre ha aggiunto essere desiderio del pontefice che pubblico ignori suo passo e che si comunichi tutto al più al pubblico che S. Padre si è interessato personalmente alla salute di V. E.

Provvedo per opportuno comunicato nel senso desiderato a mezzo giornale

Tribuna.

294

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (l)

T. GAB. 78. Roma, 10 aprile 1926, ore 4.

Mio telegramma n. 142 (2).

Ho ricevuto ambasciatore Sovieti e gli ho dichiarato nettamente che comunicato da lui trasmesso agenzia Stefani stanotte a nostra insaputa non ha fatto che confermare cattiva impressione già prodottami da presentazione sua nota circa incidenti avant'ieri. Gli ho dichiarato altresì che mentre Governi tutto il mondo manifestano deplorazione nefando attentato, inviando omaggio e felicitazioni V. E. soltanto rappresentante Governo Sovieti non aveva sentito altro bisogno che quello di insistere sopra un incidente nel quale responsabilità Go-. verno italiano €ra stata dallo stesso ambasciatore esclusa a priori. Gli ho fatto rilevare che rincrescimento R. Governo per l'accaduto oltre che risultare dai provvedimenti già presi nelle misure adottate con fulminea rapidità a tutela dell'ambasciata gli era stato già espresso verbalmente la sera stessa da Bordonaro quando egli venne ad esporre i fatti al ministero. Pure confermandogli per parte mia tale rincrescimento, gH ho detto che inopportuna presentazione sua nota obbligava R. Governo non solo a non darvi alcuna risposta, ma altresì rifiutarsi discutere più oltre incidente. Gli ho fatto infine osservare che persistere in un diverso atteggiamento da parte sua poteva seriamente compromettere

le buone relazioni tra i due paesi. Ambasciatore Russia ha resistito nel suo punto di vista ma ha finito per cedere sia nel considerare come non inviato comunicato Stefani, sia nel non insistere per una risposta alla sua nota. Mi ha pregato soltanto di informare di quanto precede nostro ambasciatore a Mosca perchè sia in grado di chiarire i fatti al Governo Sovieti prima che essi giungano colà travisati da inesatte notizie stampa internazionale. Ho acconsentito precisando che Manzoni avrebbe ricevuto istruzioni di non (dico non) recarsi appositamente da Cicerin per questo ma di cogliere opportuna occasione per parlarne incidentalmente.

Per evitare che incidenti ambasciata Russia possano essere inesattamente riprodotti stampa estera sottopongo testo comunicato che trasmetto con telegramma a parte per l'approvazione di V. E. (1).

Ho dato al R. ambasciatore a Mosca le opportune istruzioni del caso.

(l) -Il telegramma fu inviato alla .cavour» su cui si trovava imbarcato Mussolini in navigazione verso la Libia. (2) -T. gab. (p. r.) 142, trasmesso il 9 aprile, ore 14, non pubblicato, con cui Grandi dava a Mussolini notizia di quanto ripetuto nella prima parte del presente telegramma. L'incidente era stato pro,·ocato da un gruppo di dimostranti i quali, dopo la notizia dell'attentato a Mussolini. avevano manifestato davanti all'ambasciata sovietica rompendo alcuni vetri.
295

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO

T. GAB. S. 86/71. Roma, 14 aprile 1926, ore 20.

Decifri ella stessa.

Per opportuna conoscenza e norma di V. E. la informo di quanto segue. Ho ricevuto ministro Romenia il quale desiderava continuare conversazione sospesa una quindicina di giorni fa sopra patto itala-romeno. Riprendendo tema ultimo colloquio mentre mi sono mantenuto sulle generali gli ho domandato notizie pourpa11lers franco-romeni e quale risultargli essere avviso nuovo Governo Bucarest sull'argomento. Lahovary mi ha detto che discussioni finanziarie franco-russe in corso avevano sospeso trattative fra Parigi e Bucarest ma che d'altra parte nulla sarà concretato dell'antico progetto circa un patto franco-romeno senz,a informarne prima R. Governo. Lahovary mi ha ripetuto che patto stretto con ItaUa è tanto più desiderato oggi che legami fra stati Piccola Intesa vanno di giorno in giorno diminuendo ed atteggiamento Jugoslavia verso Romania è tutt'altro che amichevole. Gli ho detto d'informarsi ancora esattamente su questo punto e siamo rimasti d'accordo che lo rivedrò dopo ritorno a Roma di S. E. il capo del Governo.

296

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. R. 335/182. Costantinopoli, 16 aprile 1926, ore 19,30

(per. ore 1,30 del 17).

Un nostro connazionale, direttore di un importante istituto bancario turco, di fronte insistenze personali presidente consiglio per avere forti crediti ebbe

a dichiarare al ministro finanze e ad una persona di fiducia di Ismet pascià venuta a Costantinopoli per ottenere risposta, che banca da lui diretta non avrebbe potuto continuare a fare prestiti al Governo nella incerta situazione internazionale determinata da pendenza della questione di Mossul. Il secondo lo assicurò allora che Governo turco dovrà disgraziatamente cedere sotto pressione gravissime difficoltà finanziarie rinunziando città di Mossul. Ministro delle finanze pur essendo meno esplicito gli fece capire come la rinunzia si imponga e domandò al nostro connazionale perchè Italia non cercava aiutare Turchia nella grave questione del momento. Fece poi capire che Turchia aveva cercato inutilmente di ottenere dalla Francia appoggio a favore sue aspirazioni l'azionali, che oggi unico valido incitamento a resistere alla stretta inglese viene dalla Russia ma anche questa a scopo egoistico. Nostro connazionale ha convinzione che accordo con Inghilterra va diventando sempre più vicino. Questo accordo che sul primo momento nella parte finanziaria non rappresenterebbe una piena soddisfazione per l'attesa dei turchi (ne ho avuto indiretta conferma a questa ambasciata Inghilterra) servirà alla Turchia a mantenere in vita regime attuale e all'Inghilterra a prendere posizione prevalente in questa regione. Ignoro se da altri impegni oltre quello derivante dai deliberati di villa Giusti siamo tenuti ad assistere per ora passivamente allo stringersi di un accordo che come già ho prospettato a V. E. noit ritengo favorevole allo sviluppo della politica italiana in Levante. Personalmente ritengo che sarebbe da augurarsi nel nostro interesse che da Mosca siano messi in moto i potenti mezzi dei quali colà si dispone per ostacolarlo o almeno ritardarlo (1).

(l) Vedilo sul Corriere della Sera, 11 aprile 1926, sotto il titolo • Una dimostrazione di sorpresa cc.ntro l'Ambasciata dei Soviet a Roma •.

297

L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 347/436. Parigi, 16 aprile 1926 (per. il 20).

Con riferimento ai telegrammi di V. E. n. 60/164, n. 62/169 (2), ai miei telegrammi n. 318/187, n. 335/200 (3), ed al mio telegramma per corriere n. 420 (4). La informo che ho avuto una conversazione con Briand circa i due punti che avevano fatto oggetto del colloquio dell'E. V. con code,sto· ambasciatore di Francia, e cioè la questione dei fuorusciti e quella di Tunisi, come piattaforma per un più cordiale sviluppo delle relazioni franco-italiane.

Infatti, il miglioramento di tali rapporti che è nel pensiero di V. E., mi sembra più che mai desiderabile. La lotta che le democrazie del mondo intero coalizzate conducono contro il fascismo trionfante in Italia ed in atto di espandere le sue teorie all'estero, si concentra in Francia anche perchè questo paese

parlamentarmente in mano alle sinistre tollera l'organizzazione delle forze mas

soniche e demagogiche. Si aggiunga a ciò il timore che la Francia stessa

data la vicinanza e l'affinità dei due popoli -sia più esposta al contagio del

fascismo e che ciò favorisca un blocco delle nazioni greco-latine, non più inqui

nate dal virus parlamentare e dagli internazionalismi di ogni denominazione.

Vi sono quindi per l'Italia ragioni, non solo di carattere interno, ma anche

di prestigio, e perciò di irradiazione politica all'estero, per combattere e vincere

la coalizione demagogica che qui si annida.

L'arma più forte per raggiungere tale scopo è un ravvicinamento politico con la Francia stessa, mentre un contrario atteggiamento spingerebbe sempre più H popolo francese verso la democrazia, la quale, se potesse colorire le sue teorie di un certo sciovinismo e riuscisse ad accreditare l'impressione del pericolo italiano per l'integrità del paese, finirebbe su questo terreno per raccogliere l'unanimità contro di noi.

Un altro motivo che ci dovrebbe spingere, secondo il mio modo di vedere, a ricondurre i rapporti franco-italiani a condizioni tali da non escludere più strette intese politiche, deve ricercarsi nella tendenza che hanno ormai tutti gli stati d'Europa a legarsi fra loro ritornando, sotto l'ipocrita egida della Società delle Nazioni, all'antico principio dell'equilibrio delle forze. Esempi recenti: il trattato russo-turco; quello in gestione fra Germania e Russia; le intese fra Polonia ·e Cecoslovacchia, e così via.

Del resto, parlando tempo fa teoricamente con Briland dei rapporti italofrancesi, gli dissi che se un giorno avessi dovuto trattare con lui di una alleanza fra noi, essa, secondo le mie tendenze personali, avrebbe dovuto informarsi ai vecchi criteri, senza tener conto dei principi della Società delle Nazioni e di Locarno.

Briand, anzichè offuscarsene, trovò l'idea molto accettabile; ed esprimendo un vivissimo interesse per tale possibilità, mi rispose: «Pourquoi pas? On pourrait voir. Il s'agirait d'harmoniser de quelque façon tout ça avec Locarno et Genève, mais ça serait possible ».

Cito questo discorso a dimostrare la tendenza che si ha dappertutto a controassicurarsi in caso di fallimento dei principi che sono ora la moneta spicciola dei discorsi serviti alle masse dai pericolosi pacifisti internazionali, fomentatori della rivoluzione ·europea.

Che, se pure l'Italia volesse restare estranea a tale lavorio per decidere all'ultima ora secondo le sue convenienze, essa dovrebbe nondimeno dare l'impressione che tutte le porte le rimangano aperte.

Il concetto di voler mantenere la propria libertà di decisione -concetto politicamente giustificabile -non può poi applicarsi che secondo criteri realistici. In primo luogo esso è teorico, in quanto che, almeno per il momento, i nostri rifornimenti dipendono dal mare, signoreggiato dalla Gran Bretagna. Secondariamente, non si sa quando si presenterà l'occasione di pesare con la nostra decisione sulla situazione dell'Europa. In quel momento potrà venir in gioco la questione stessa del predominio definitivo del continente europeo, e, sotto la guida di V. E., l'Italia riunita, compatta e guerriera potrebbe anche aspirarvi.

Ma aspettando il gran giorno, vi sono argomenti vitalissimi che occorre risolvere nel giro delle potenze attualmente dominanti.

La Francia opportunamente allettata, può esserci di grandissima utilità, giacchè vi è un certo numero di questioni nelle quali l'accordo fra le due nazioni fa tracollare la bilancia: almeno per ora, e cioè fin quando la Germania non abbia riacquistato la pienezza delle sue forze e della sua arroganza.

Ciò dovrebbe consigliarci a sfruttare la combinazione europea accennata finchè essa funziona.

Ma per tornare all'oggetto di questo telegramma, il signor Briand, al quale ho ripetuto gli argomenti esposti nella mia lettera particolare a Berthelot, di cui ho inviato copia con il telegramma per corriere n. 420, rappresentandogli come fosse indispensabile eliminare la propaganda fatta con l'azione e con la stampa dai fuorusciti italiani, propaganda ed azione che il Governo francese non poteva tollerare in quanto ormai avevano finito per pesare sulla cordialità dei rapporti tra i due paesi, mi ha rinnovate le consuete assicurazioni che egli aveva fatto e farebbe tutto quanto era in suo potere per sorvegliare questi elementi turbolenti e per renderli innocui.

Mi ha ricordato che aveva impedito la pubblicazione del Nuovo Paese; e poichè io l'ho pregato caldamente di procedere con gli stessi sistemi per il Corriere degli Italiani e per il Mezzogiorno, egli mi ha risposto che avrebbe messo allo studio la cosa per darci possibilmente soddisfazione.

Circa la questione di Tunisi, Briand mi ha detto di averne tenuto parola in consiglio dei ministri, ricevendone unanime consenso a che egli trattasse la questione con l'Italia in modo da venire a una cordiale soluzione.

Briand aveva incaricato Berthelot e il signor Ponsot di aprire con me i relativi negoziati.

Senonchè questi ultimi dovranno subire un certo ritardo per il fatto che il signor Ponsot è impegnato nelle trattative per il Marocco ed ha dovuto recarsi a Oudjida.

Al ritorno del signor Ponsot riprenderò con lui anche le questioni di Tangeri e dell'Abissinia: per cui, entro un termine relativamente breve, queste tre questioni potranno essere, spero, regolate in modo da noi accettabile.

Anche per la questione commerciale, il Governo francese è stato autorizzato ad aprire negoziati con l'Italia in modo da concludere un'intesa che corrisponda alle nuove condizioni, verificatesi in seguito al deprezzamento della valuta francese e al corrispondente rialzo della nostra.

Briand, parlandomi dell'allarme manifestatosi in una parte della stampa francese, che ha attribuito ai discorsi di V. E. un significato aggressivo mi ha detto di non condividere tali apprensioni, rendendosi ben conto che l'E. V. aveva sopratutto in animo di richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica mondiale sulla necessità per l'Italia di ottenere territori dove riversare la massa sempre crescente della sua popolazione.

Gli ho risposto che infatti ritenevo l'E. V. avesse avuto presente un duplice scopo. In primo luogo porre in evidenza l'assillante problema da Briand stesso riconosciuto, e secondariamente di destare l'interesse dell'opinione pubblica italiana per i nostri attuali possessi coloniali, perchè s'indirizzasse verso di essi una corrente emigratoria.

Briand mi ha in questa stessa occasione ripetuto che qualora si venisse ad uria nuova ripartizione dei mandati, l'Italia doveva avere la priorità e che la Francia avrebbe appoggiato fortemente le sue aspirazioni.

Anche recentemente egli lo aveva ripetuto all'ambasciatore di Germania, venutogli a manifestare analoghi desiderata del suo paese.

Riferendosi poi ad anteriori mie conversazioni, mi ha chiesto se avevamo fatto passi in Inghilterra per ottenere che anche il Governo britannico ci riconoscesse il diritto di priorità sulle colonie portoghesi, qualora fossimo in grado di attenerne la cessione dal Governo di Lisbona (1).

A proposito della questione dei mandati, non sarà certamente sfuggito all'E. V. l'accenno apparso nella stampa sulla possibile costituzione in Germania di compagnie private (Chartered Companies) alle quali verrebbe affidato lo sfruttamento economico di certe colonie senza averne la sovranità.

Berthelot mi disse che questo concetto era stato accolto in Inghilterra come suscettibile di applicazione.

(l) -Cfr. quanto scriveva Orsini Baroni a Mussolini con rapporto riservato 3934/748 dell'll giugno 1926 sull'avvenuto accordo anglo-turco per Mossul: « Dal punto di vista nostro, dato che ad un accordo turco britannico si doveva presto o tardi venire, e che questo accordo era stato propugnato dal rappresentante italiano solennemente alla Lega delle Nazioni, si può ritenere che la soluzione raggiunta sia in sostanza la meno sfavorevole. In quanto che essa aumenta in generale il prestigio delle potenze occidentali ». (2) -Cfr. im. 285 e 290. (3) -Cfr. nn. 284 e 289. (4) -Non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2359'/183 (2). Costantinopoli, 17 aprile 1926, ore 17 (per. ore 24).

Ad Angora regna grande nervosità perchè è nella convinzione generale che nei prossimi giorni Italia attaccherà Turchia. Nervosismo è aumentato dal fatto che realmente sono state richiamate sotto le armi sette classi e che da Londra agenzia Havas trasmette all'agenzia telegrafica turca notizia esistenza di un patto militare italo-greco contro la Turchia. Direttori nostre banche mi informano aumento numero ritiri dei depositi. Ho fatto smentire esistenza (?) patto e continuo con ogni mezzo a richiamare la gente alla calma ed alla ragionevolezza. Mi si risponde però che anche prima del nostro sbarco Tripolitania non mancava assicurazione pacifica da parte R. Governo. Anche se preparativi militari in apparenza diretti verso di noi mirano in definitiva a resistere ad un dato momento a ... [manca] per Mossul, di fatto oggi minaccia Italia serve a Governo turco a coprire quei preparativi come... (3') un giorno a legittimare sua remissività verso Inghilterra. Giunge in questo momento a delegato fascista in Turchia telegramma onorevole Bastianini annunziando suo arrivo Costantinopoli per 22 corrente. Questo... (3) viaggio mi si fa osservare, darà luogo a commenti che aumenteranno sospetti a danno nostro e si crederà che deputato Bastianini viene qui latore di ordini segreti di V. E. per fascisti. Voglia V. E. giudicare se non convenga indurre onorevole Bastianini almeno a ritardare a giorni più calmi sua visita del resto graditissima a noi tutti.

(l) -Cfr. l'annotazione messa da Mussolini in margine a un tel., firmato Labia, proveniente dalla Commissione delle Riparazioni di Parigi in data 30 giugno e contenente un programma per il passaggio all'Italia delle colonie portoghesi: • Interessante, ma troppo lungo e costoso. M. •. (2) -Spedito da Costantinopoli come telegramma di gabinetto e inserito a Roma nella serie normale. (3) -Gruppo indecifrato.
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IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 338/75. Bucarest, 17 aprile 1926, ore 22 (per. ore 4,04 del 18). Telegramma di V. E. gabinetto segreto n. 86/71 (1). Nei colloqui che ho avuti in questi ultimi giorni col presidente del consiglio dei ministri col ministro affari esteri essi mi hanno nuovamente manifestato loro viva attesa e desiderio che al ritorno di V. E. dalla Libia conversazioni già iniziate a Roma per un accordo itala-rumeno siano sollecitamente riprese e concluse. Ho chiesto al generale Averesco a che punto erano trattative analoghe con Francia. Egli mi rispose che accordo è già pronto. Non resta che materiale firma e a tal'uopo ministro di Romania a Parigi fu già munito da cessato Governo di pieni poteri. Presidente del consiglio aggiunge non rendersi conto ragioni che sostengono Briand a ritardare .firma: ma che, al punto cui sono giunte le cose, se il Governo francese decidesse firmare anche subito, sarebbe difficile all'attuale Governo romeno rinviare o ritrarsi dagli impegni già presi dal cessato Governo. Generale Averesco traeva da ciò argomento per dimostrare urgenza di una sollecita conclusione trattative con noi, aggiungendo che non vedeva per quale motivo conversazioni di Roma così bene avviate col Governo Bratianu dovessero essere ritardate od interrotte dopo avvento al potere di un governo come l'attuale che possiede notoriamente le migliori disposizioni per uno stretto riavvicinamento coll'Italia, così politico che economico. Mi sono limitato a rispondere che avrei trasmesso a V. E. l'espressione di tali sentimenti e desideri. Averesco mi parlò pure di operazioni finanziarie che egli vorrebbe fossero concluse con gruppo italiano e mi accennò, se anche vagamente, come ad un numero importante del suo programma, alla visita dei sovrani di Romania a Roma. Parlai a mia volta della convenienza già precedentemente riconosciuta dalle due parti di addivenire ad un trattato di commercio di riparare intanto a ripercussioni sfavorevoli avute da mancata ordinazione a nostre industrie navali per fornitura sottomarini... (manca) con quelle continuano e che mi vengono fatte da uomini del nuovo Go

verno non mancanti di mettermi in certo imbarazzo. Pregherei quindi V. E. indicarmi, per mia norma di contegno e di linguaggio, se, come, in quale misura,

V. E. ritenga utile incoraggiarle e darvi seguito.

300

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 343/184. Costantinopoli, 17 aprile 1926, ore 2 (per. ore 6 del18). Ambasciatore di Francia si prepara recarsi ad Angora per riprendere negoziati per Siria rimasti sospesi. Ottimista come d'abitudine, egli ritiene potere

giungere a eliminare difficoltà sollevate a Parigi e condurre accordo alla ratifica. Come sembra Lindsay e Tewfik Pascià... [manca] cercheranno soluzione per

Mossul. Cosicchè nei prossimi giorni Angora ritornerà centro di trattative internazionali importanti per sistemazione Oriente che se coronate da successo porterebbero a quella soluzione voluta da Tewfik: cioè garanzia per Turchia delle sue frontiere, neutralità delle regioni confinanti, base degli accordi «libertà azione » della Turchia, la quale situazione dovrebbe assicurare per un certo tempo repubblica e regime. Senonchè i dirigenti di Angora anche se loro fosse concesso di vedere concluso accordo con Francia per Siria e con Inghilterra per Mossul non si sentirebbero completamente tranquilli. Nè cesserebbero le spese per armamenti che rovinano consistenza finanziaria di questo paese. Sospetto contro politica italiana in Levante è tuttora colà assillante e mi consta che nonostante dichiarazioni di V. E. è generale ad Angora convinzione che se non oggi in un prossimo aveaire Italia si volgerà a riacutizzare... [manca]. Se Tewfik pascià riuscirà domani a stringere con Inghilterra e Francia i desiderati accordi regionali, sarà per noi ancora più necessario di oggi studiare molteplici modi per neutralizzare quel sospetto che gravemente danneggia nostra espansione commerciale, nostri interessi, nostri istituti in Turchia.

(l) Cfr. n. 295.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 341/185. Costantinopoli, 17 aprite 1926, ore 22 (per. ore 4,40 del18). Il presente telegmmma fa seguito a quello col numero prec.edente (1). A meno che V. E. perseguendo un piano più vasto e, non curando opposizione che a questo farebbero altre potenze, nè quel pregiudizio che ne verrebbe ai nostri interessi immediati, voglia mantenere questo paese in uno stato di costante apprensione e con questo mezzo contribuire a lentamente sedarlo facilitando presentarsi dell'attimo che dia modo di realizzare quel piano [sic]. Mi permetta però l'E. V. esprimere mia avviso che un semplice patto che contenesse assicurazione di buona vicinanza, il quale mentre servirebbe favorire nostri interessi economici commerciali culturali in Levante ed a salvarli dalla concorrenza degli altri che diventerebbe spietata se unita alla animosità delle autorità locali, non costituirebbe un impedimento a quello che è il destino d'Italia nel prossimo Oriente. Non occorre trascurare che da tutto qui trasparisce la provvisorietà. Tempo sarà più o meno, ma il momento verrà in cui esistenza di una Turchia... [manca] sarà di nuovo posta in pericolo. A mio avviso sarà più utile attendere quell'ora all'ombra di un accordo che salvaguardi e favorisca quanto più possibile interessi nostra penetrazione economica-commerciale piuttosto che in un'atmosfera sospetti dannosi e pericolosi, tanto più che accordo cui accenna si presenterebbe anche come il solo mezzo per realizzare qualche beneficio in un momento in cui Francia decisa, ancora co

pertamente Inghilterra, e Germania con abilità e audacia approfittano gravi difficoltà finanziarie dell'attuale regime per riprendere loro antico prestigio di in

18 ~ Documenti diplomatici . Serie VII . Vol. IV

fluenza economica. Isolamento nostro mi parrebbe dannoso più che per mancato profitto immediato, perchè rimarremmo domani senza preziosa ipoteca da fare valere. Appena avvenuto volo di prova di servizio aereo Brindisi-Costantinopoli mi recherò Angora. Mi sarebbe pertanto opportuno conoscere sino a quale seguito dare alle aperture fattemi nel febbraio u. s. da ministro affari esteri (1). Certamente nel ~eriodo che lo seguì non abbiamo avuto !Prova di fiducia da questa gente ma d1 fronte al delinearsi nuova situazione non ritengo per noi conveniente lasciare quelle aperture senza risposta sostanziale.

(l) Cfr. n. 300.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. GAB. 109/114. Roma, 18 aprile 1926, ore 24. Ora che sono tornato a Roma -tranquillamente come ne sono partito mi pare giunto il momento di dire una parola assai chiara al Governo turco. V. E. rimetterà quindi al ministro degli esteri la seguente nota verbale: « Il primo ministro e capo del Governo italiano mi prega di comunicare quanto segue al Governo della repubblica turca: Il Governo italiano che ha fatto e intende fare una politica di leale amicizia colla repubblica turca è rimasto non poco sorpreso del contegno assunto dalla stampa e dall'opinione pubblica turca nei riguardi del viaggio intrapreso recentemente dall'on. Mussolini in Tripolitania. Poichè i giornali in Turchia sono sottoposti al controllo del Governo, atteggiamento stampa acquista particolare rilievo e gravità. Ora gli scopi del viaggio sono stati chiaramente specificati dall'on. Mussolini e non v'è nulla che abbia potuto dare anche lontanamente serio motivo di allarme alla opinione pubblica e meno ancora al Governo turco. Il Governo italiano tiene a dichiarare che questi periodici allarmi e nervosismi della opinione pubblica turca non servono che ad indebolire e col tempo compromettere quella politica di amicizia che il Governo italiano ha sin qui costantemente seguito nei confronti della Turchia e che intende seguire. Politica del Governo fascista non è aggressiva verso chicchessia, ma tende invece a sviluppare rapporti di collaborazione amichevoli con tutti i paesi, compresa la Turchia che può quando voglia giovarsi per il suo sviluppo economico dell'attività tecnica degli italiani. Il Governo italiano fascista è convinto che Governo

della repubblica turca prenderà atto di questa leale dichiarazione e ne terrà conto nella determinazione dei suoi rapporti coll'Italia ».

V. E. illustrerà a voce la nota e parlerà chiaro, poichè contegno stampa turca è ormai intollerabile. V. E. continuerà poi a seguire attentamente ed analiticamente sviluppo situazione.

(l) Cfr. nn. 235, 236, 238, 247, 255.

303

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. s. 117/214. Roma, 20 aprile 1926, ore 24.

Rispondo senza indugio al suo odierno interessante telegramma n. 436 (l) concernente i rapporti franco-italiani. Concordo in tesi di massima nelle sue considerazioni d'ordine generale. Non è dubbio ·Che esiste possibilità accordo e intesa molto stretta e concreta purchè sia preceduta dalla favorevole soluzione delle questioni cui V. E. accenna e cioè Tunisi, Tangeri, Abissinia, mandati coloniali, fuorusciti, trattato commercio. Autorizzo quindi V. E. ad agire energicamente in tal senso. Avendone occasione significhi M. Briand mio compiacimento per suo atteggiamento di fronte mio viaggio africano la cui portata è stata nettamente definita lnel mio ultimo dis.corso ai coloni ~taliani (2) che lavorano seriamente laggiù.

304

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 358/248. BeLgrado, 21 apriLe 1926, ore 16 (per. ore 20,15).

Decifri ELla stessa. La grave crisi di Governo che attraversa in questo momento lo stato

S. H.S. ha distratto l'attenzione dei circoli politici dalla questione dell'ultimo viaggio di S. E. Nincich a Roma e Parigi e dai risuUati di esso. Ma avvicinandosi la soluzione della crisi e l'apertura del parlamento, e ritornata una certa stabilità nella situazione interna, penso che da parte di Nincich possano venirmi richieste da un momento all'altro notizie sull'effettiva intenzione del Governo italiano nei riguardi dei progettati accordi itala-jugoslavi. Al mio ritorno a Belgrado Nincich riteneva che io fossi latore di istruzioni atte a chiarire, sia la questione degli accordi itala-jugoslavi, sia quella dell'opposizione alla firma del trattato franco-jugoslavo; e dovetti non poco manovrare per evitare di dare spiegazioni per quanto le istruzioni inviate a Ginevra da

V. E. e nelle quali erano ben chiari sia il sunto delle conversazioni di V. E. con Nincich, che le ragioni della intempestività di un accordo di questo paese con la Francia, fossero esaurienti. Come V. E. sa, di tale chiarimento venne data opportuna e precisa notizia a Nincich. Vi sono però ora sintomi che la,sciano supporre che Nincich possa ritornare sull'argomento e che cedendo alle lusinghe francesi possa procedere alla firma del patto di arbitrato con la Francia suHa falsa riga di quello preparato a suo tempo per essere stipulato a tre e di cui V. E. è a conoscenza. Ciò tanto più che Nincich è stato fatto segno a vivissimi attacchi sia in parlamento che nella stampa di opposizione per essere tornato con le mani vuote da Roma e Parigi e solo grazie all'autorità sua e del partito cui appartiene ha potuto cavarsela con le solite

frasi vaghe quali quella contenuta nelle sue ultime dichiarazioni alla Scupcina. Lo stesso Stefano Radich pochi giorni fa e mentre era ancora ministro, in un discorso tenuto a Zagabria, attaccava Nincich dicendo che era stato in giro per l'Europa durante un mese senza nulla concludere. Nel caso questo Governo sia indotto a procedere alla firma del patto arbitrale prima della stipulazione di accordi più efficaci con l'Italia, non mancherò di adoperarmi al fine di evitarla uniformandomi alle istruzioni da V. E. già impartite al riguardo alla Delegazione italiana a Ginevra.

(l) -Cfr. n. 297. (2) -Deve trattarsi del discorso pronunciato il 15 aprile. 11 testo, ed. in B. MussoLrNI, Opera Omnia, cit., XXII, pp. 117-118.
305

L'AMBASCIATORE A MOSCA, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 362/99. Mosca, 22 aprile 1926, ore 19 (per. ore 1,45 del 23).

Decifri ella stessa.

Mio telegramma n. 291 del 192,5 (1).

Nelle conversazioni di ieri di cui al mio telegramma n. 96 (2) Litivinoff dopo aver detto che la proposta per un patto di amicizia era stata fatta anche all'Italia. aggiunse che Roma l'aveva lasciata cadere. Lo interruppi subito per ricordargli con esatta precisione la conversazione da me tenutagli novembre scorso e anche mia comunicazione circa eventuale passaggio Cicerin per l'Italia, aggiungendo «ma Cicerin andò altrove». Litvinoff replicò che era stata data a Kergenzeff facoltà di concludere, ed ha aggiunto: « Del resto noi siamo pronti a riprendere la faccenda ».

Dopo queste sue parole la conversazione è ritornata subito all'argomento del patto russo-tedesco. Mia interruzione è stata fatta a scopo semplicemente precisare situazione politica e chiarire intenzione sovieti.

306

CIRCOLARE DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

N. 216403/C. Roma, 23 aprile 1926.

Il R. Ministero dell'Interno ha fatto presente che, allo scopo di meglio individuare i connazionali politicamente sospetti residenti fuori del Regno, sarebbe opportuno che i R. Rappresentanti all'estero adottassero un formulario, sul tipo di quello qui unito, per assumere, per mezzo delle R. Prefetture del Regno le inforn1azioni del caso ogni qual volta se ne presenti l'opportunità.

Tali informazioni, qualora risultino positive, completate altresì di elementi che potranno venir raccolti nel luogo di residenza del connazionale politicamente sospetto, dovranno, di tempo in tempo, ogni trimestre ad esempio, venir trasmesse dai R. Uffici all'estero a questo R. Ministero (Ufficio EGOC) che ne curerà la classifica e la comunicazione al R. Ministero dell'Interno.

Gradirò ricevuta della presente circolare (3).

(l) -Cfr. n. 175. (2) -T. gab. s. 360/96, trasmesso il 21, alle ore 18,50, per. ore 21,20, non pubblicato. (3) -L'idea del formulario era stata suggerita dall'agente consolare a Charleroi, Pie:-o Cigarini, a Bastianini, che ne aveva scritto a Grandi if 2 febbraio 1926.
307

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 429/204. Costantinopoli, 1 maggio 1926, ore 14,30 (per. ore 13) (1).

Rientro Costantinopoli affido corriere gabinetto in partenza posdomani telespresso diretto a V. E. personalmente contenente proposta formale per accordo <li neutralità itala-turca e suggerimento Tewfik pascià valersi di forza V. E. per iniziativa patto amicizia a tre cioè Italia, Turchia e Grecia. Ciò sarebbe a Governo turco vivamente gradito e, stando a quello che dice ministro affari esteri anche all'Inghilterra.

308

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA E DEGLI AFFARI DI CULTO, ROCCO

(Ed. in BIGGINI, pp. 72-74)

Roma, 4 maggio 1926.

Richiamo la tua attenzione sulla ·lettera che il Santo Padre ha indirizzato a Sua Eminenza il Cardinale Gasparri, intorno alle relazioni fra lo Stato e la Chiesa, a proposito della progettata riforma della legislazione ecclesiastica (2).

La lettera, non solo per l'autorità altissima di chi la scrisse, ma per le cose che contiene, è di capitale importanza, e ci costringe a meditare alquanto su ,quel programma di politica ecclesiastica che il Governo Fascista si è pro· posto fin dai primi giorni del suo avvento al potere.

Il documento odierno è stato preceduto da altre manifestazioni della Santa Sede, che ne rendono suffi.dentemente chiaro il significato. La Santa Sede, pur apprezzando il profondo mutamento di indirizzo, che il trionfo del Fascismo ha segnato nella politica religiosa dello Stato itaUàno, reputa che una sistemazione soddisfacente dei rapporti tra la Chiesa Cattolica e lo Stato in Italia non possa conseguirsi, se non per via di accordo bilaterale, e che un accordo di tal fatta presuppone risoluto, d'intesa tra le due Potestà, il problema della sistemazione giuridica delJa Santa Sede, come organo centrale, e per· tanto, di sua natura supernazionale, della Chiesa, il quale, per decreto della Provvidenza Divina, ha sede in Italia.

II regime fascista, superando in questo, come in ogni altro campo, le pregiudiziali del liberalismo, ha ripudiato così il principio dell'agnosticismo religioso dello Stato, come quello di una separazione tra Chiesa e Stato, altrettanto assurda quanto la separazione tra spirito e materia. Con profonda fede nella missione religiosa e cattolica del popolo italiano, il Governo Fascista, ha proceduto metodicamente, con una serie di atti amministrativi e di provvedimenti legislativi, a restituire allo Stato e alla Nazione italiana quel carattere di

p. 59 sgg.

S~ato cattolico e di Nazione cattolica, che la politica liberale si era sforzata,

durante lunghi anni, di cancellare. E ciò il regime fascista ha fatto con piena

spontaneità e con assoluto disinteresse, senza esitazioni, nè deviazioni, anche

quando i suoi sforzi erano misconosciuti o scarsamente riconosciuti, solo come

adempimento di un alto dovere, non come strumento o, peggio ancora, come

espediente politico.

È logico pertanto che il Governo Fascista giudichi con piena serenità le

attuali manifestazioni de1la Santa Sede, e le reputi degne della più attenta

considerazione.

Non si può certo negare a priori la possibilità di un migliore assetto giu

ridico dei rapporti tra la Santa Sede, considemta come organo centrale e su

pernazionale della Chiesa Cattolica, e lo Stato italiano, allo scopo di meglio

garantirne la libertà e l'indipendenza, anche per via di accordi bi·laterali, e

anche se da tali accordi dovesse derivarne una revisione della legge delle

guarentigie. Questa sistemazione non potrebbe avere in via pregiudiziale altri

limiti che quelli della esclusione di ogni straniera ingerenza nei rapporti tra

la Santa Sede e l'Italia, e il rispetto della unità nazionale e della integrità

dello Stato.

Giunte le cose al punto, in cui e il tempo e iJ. procedere della storia, e l'evoluzione spirituale e politica del popolo italiano le hanno condotte, reputo non inutile che tu, coi mezzi di informazione di cui disponi, prenda riservatamente notizia del punto di vista odierno della Santa Sede, intorno alle forme che potrebbe assumere una soddisfacente sistemazione giuridica dei suoi rapporti con lo Stato italiano.

Ho sempre ritenuto il dissidio tra la Chiesa e lo Stato funesto per entrambi, e storicamente fatale, in un tempo più o meno lontano, il suo componimento. Se le notizie che stai per ricevere, lo annunzieranno prossimo, ne avrò profonda gioia. Se altrimenti fosse, continueremo, in attesa di tempi migliori, a compiere, come per l'innanzi, con ferma coscienza, il nostro dovere di italiani e di cattolici.

(l) Sic.

(2) La lettera, ~el 18 fe~b.ra~o 1926,. fu pubblicata nell'Osservatore R~ano del 23 fe~ braio. Vedila anche m La Ctv~Lta Cattoltca, 1926, I, pp. 461-462. Sulla riforma della legislazione ecclesiastica, cfr. A. GIANNINI, IL Cammino della • conciliazione •, Milano, 1946,

309

IL CAPO DI GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO

T. 1598/225. Roma, 11 maggio 1926, ore 2. Comunico seguente telegramma di S. E. Volpi: «Casa Morgan mi ha telegrafato anche direttamente sua improvvisa deliberazione sciogliere sindacato emissione a difesa nostro prestito ed ho avuto notizia conseguente depressione corso del prestito coincidente colla larghissima manovra speculativa che ogni giorno aumenta in volume contro la lira italiana e che è in gran parte conseguenza della situazione franco francese e franco belga manovra per la quale il Governo deve intervenire in difesa con

sacrifici e riacquisti notevoli. Casa Morgan giustifica provvedimento colla larga discesa di tutte le obbligazioni estere sul mercato di New York negli ultimi giorni e necessità conseguente non affrontare da parte del sindacato eventuale troppo grande rigurgito di obbligazioni italiane. Per dimostrare amicizia e fiducia verso tesoro italiano casa Morgan non ha fatto alcun riparto fra i soci sindacato dello Stock di titoli ricomprati che aveva in sindacato e li ha trattenuti con proprio rischio e mi ha fatto comprendere trattarsi di cifra elevata. Secondo Morgan forse questa prova di fiducia costituisce anche garanzia che Morgan stesso sorveglierà il mercato senza i:l sindacato. Malgrado queste spiegazioni io credo invece molto nocivo al nostro cambio ed in genere al prestigio nostra situazione finanziaria questa decisione di caratteristica sia pure tecnica di Morgan che incide in un momento difficilissimo per tutte le nostre monete europee. Ho in tale senso telegrafato Lamont della casa Morgan a Parigi ma comunque considero opportuno V. E. abbia ad esprimere sempre verbalmente simiLe avviso al Tesoro americano nonchè alla casa Morgan ».

310

IL MINISTRO DELLE FINANZE, VOLPI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (ACS, Carte Volpi)

Roma, 12 maggio 1926.

Prima di partire per Matera e dopo aver lungamente oggi discusso nel

Comitato Ministeriale per i Cambi, Le espongo, conforme alle mie comunica

zioni di questa mattina, alcuni punti di vista sotto i quali è opportuno consi

derare la difficile situazione.

La difesa del cambio che io ho iniziato esattamente al 1° settembre 1925,

per tutto il periodo dello stesso 1925, si può dire si sia svolta senza ·Scosse, con

notevole profitto per l'economia nazionale, e senza spesa, anzi forse con

qual.che beneficio per l'erario e mantenendo il corso raggiunto in settembre

quasi inalterato. La manovra in quel tempo si è quasi sempre svolta con

opportuni acquisti di franchi francesi e belgi contro lire, e trasformazione di

franchi in dollari e sterline, senza costituire il rapporto diretto fra lira e moneta

aurea, pericoloso perchè crea un circolo vizioso e perchè mette direttamente di

fronte la nostra moneta alla valuta aurea invece che un'altra moneta pressochè

stabilizzata e did:esa, come è stata durante ·quel !periodo la valuta belga.

L'assieme delle operazioni non è stato mai importante ed ha consentito

di mantenere le riserve del Tesoro abbastanza alte, come sempre Le ho co·

municato, e quasi tutte in nostra assoluta proprietà.

Con la fine del 1925 la manovra è diventata invece aspra e difficile, so

pratutto per la caduta del franco francese prima e quella tipica del franco

belga dopo. La rapida discesa di queste due monete ha reso quasi impossibile

la continuazione della manovra suLla loro base, ha reso necessaria la liqui

dazione dei franchi in possesso del Tesoro con perdite, sia pure non eccessive,

e ci ha obbligato al rifornimento diretto contro dollari e sterline.

L'ammontare degli acquisti fatti dal Tesoro a Londra ed a New York nel

primo mese del 1926, si mantenne però sempre in limiti abbastanza limitati,

e raramente, cioè 5 o 6 volte, si elevò sopra i 100 milioni di lire di acquisti

nostri in un solo giorno.

2-p

t...J

Intanto la mancanza della possibilità di arbitraggi sui franchi francesi e

belgi ed il distanziamento preso dalla lira .sui due franchi aizzava la specu

lazione internazionale che non considerava, come non considera, che la lira

abbia consistenza intrinseca corrispondente alla sua valutazione in propor

zione alle altre due monete dei vicini, ed il movimento si allargava notevol

mente.

Alla speculazione tecnica si aggiungeva intanto la speculazione politica,

ed infatti nella seconda decade di febbraio, l'indomani del giusto e fiero at

teggiamento dell'Italia verso la Germania (1), la massa di lire gettata sul

mercato in specie dalla Svizzera per la prima volta si elevava in qualche

giorno a 4 -500 milioni e la speculazione inoltre giocava su lire a termine,

obbligando il Tesoro ad intervenire anche nel mer·cato a termine per cercare

di limitare anche quelle vendite perchè non si stabilisse uno scarto troppo

forte e che avrebbe gravato sull'apprezzamento della moneta a contante.

La necessità di fornire al mercato straniero il minor numero di lire

obbligava intanto il Tesoro, come ho comunicato anche in Consiglio dei

Ministri, ad aumentare le compere dalle Banche italiane e dalle Banche stra

niere stabilite in Italia di valute auree contro lire, e per i bisogni delle dette

Banche si ha ragione di credere ·che dette lire non siano andate che molto

limitatamente all'estero.

Ma l'attacco ha a.ssunto, com·e Lei ha potuto quasi quotidianamente con

statare, misure impressionanti e fantastiche, si può dire dal giorno dopo della

ratifica del nostro Settlement a Washington, il 22 e 23 aprile, quasi che si sia

scatenato con rabbia tutto il mondo finanziario contro questo elemento di

forza del Fascismo (2).

Le risorse del Tesoro intanto sono rimaste pressocchè eguali come di

sponibilità ma, naturalmente, sempre maggiore è il rischio, dati i prestiti e

gli acquisti di valute bloccate suddette. La perdita dell'erario fu accertata

dal Tesoro verso la fine di marzo in poco più di 30 milioni di lire, cifra tra

scurabHe, dato l'immenso benefido avuto dall'economia nazionale in sette

mesi di stabilizzazione della moneta.

Durante questi sette mesi il ~esoro ha a varie riprese, cercato, ed in parte ottenuto, di limitare la vastità della speculazione, astenendosi dai rifornimenti per intiere settimane ed anche più e per importi di 20 o 30 milioni di dollari, allora importanti, date le masse di lire in movimento in quel tempo, non superiori in media ad uno o due milioni di dollari al giorno.

Ma dal 20 aprile ad oggi, il movimento è così intenso ·elevandosi per molti giorni oltre il miliardo di lire, da rendere necessaria istantaneamente la ricopertura del Tesoro se non voleva abbandonare la battaglia per mancanza di mezzi, ma però con la conseguenza dannosa ed insuperabile di fornire esso stesso le lire al mercato internazionale.

Dal lo maggio ad oggi sono circa ben 8 miliardi di lire che ha dovuto comprare il Tesoro a New York ed a Londra, per sostenere i corsi, e di cui ha dovuto a sua volta rifornirsi, salvo che per 600 o 700 milioni di lire che ha potuto prendere in paese senza mandare all'estero le lire.

Nel frattempo la situazione internaz,ionale si è esasperata in seguito allo sciopero inglese ed alle conseguenti grandissime contrattazioni di monete continentali fatte sul mercato di Londra e dalla continua caduta, con previlsioni catastrofiche, del franco francese e più ancora del franco belga.

La situazione della lira all'estero è intanto dagli speculatori e dai nemici del regime, fatta male giudicare anche per la sbilancia commerciale notevolissima dei primi 4 mesi del corrente anno, che avvtcina ai 3 miliardi e mezzo le lire date all'estero senza contropartita notevole per la limitazione sia delle rimesse degli emigranti come di quelle dei forestieri sensibilmente diminuiti dopo l'Anno Santo.

Devo coillStatare che attualmente tutta la canea della speculazione è alle calcagna della lira italiana più che delle altre monete, perchè nella sua difesa e nella grande differenza fra il nostro prezzo e queUo delle valute francesi e belghe, risiede la speranza di un grosso margine e di un grOISSO utile in caso di peggioramento, ed in ogni caso quella di non perdere, data la notoria decisione del Governo ItaHano di difendere, ormai da oltre 8 mesi, la sua valuta.

Gli ultimi giorni hanno battuto tutti i records: lunedi abbiamo dovuto

ricomprare oltre l miliardo e mezzo di lire ed abbiamo potuto rifornirei con

soli 5 centesimi per dollaro dJ scarto, ed ieri 1350 milioni di lire. Il movi

mento a spirale si allarga e secondo me difficilmente lo potremo contenere

mantenendoci sulla stessa linea.

Intanto la Finanza Americana esprime nettamente il suo avviso che

queste situazioni francesi, belghe, ed ital·iane siano insostentbili e propende

decisamente per una sistemazione a base oro di tutte le monete europee.

Non possiamo escludere che lo scioglimento del Sindacato di difesa del nostro

prestito Morgan intervenuto alla fine della settLmana scorsa non sia estraneo

al punto di vista americano suddetto, per obbligare anche noi a rivedere la

nostra situazione. Certamente la caduta di quattro punti del prestito Morgan

ci ha portato danno.

Quid agendum?

Io ho discusso lungamente, anche coi miei consiglieri l'argomento, e

forse una probabilità di qualche miglioria della situazione si dovrebbe avere

con un'ardita manovra di abbandono per uno o due giorni degli acquisti di

lire sul mer.cato internazionale, limitandosi a grossi acquisti di dollari e

sterline da parte del Tesoro, approfittando delle poche ore di incertezza dei

mercati.

Si deve notare che per quanto grande sia stata la fornitura di lire da

parte del Tesoro sul mer·cato internazionale, essa è ben lontana dal corri

spondere alle necessità della speculaZiione, tanto che i tassi di riporto della

lira sono vertiginosamente cresciuti in questi ultimi giorni, fino a raggiungere

8 punti al mese e 20 punti a tre mesi.

Conseguenza di tale manovra sarà un peggioramento del cambio, tn

limiti difficilmente precisabili, ma certo necessarii. Dopo un periodo di caduta

il Tesoro, coi rifornimenti fatti, potrebbe intervenire nuovamente, sperando

di trovarsi di fronte i nemici assottigliati dalle inevitabili liquidazioni della

piccola speculazione e forse di una parte della grande, disorientata dalla

manovra e dall'abbandono temporaneo di difesa del Tesoro. Certamente ognuna

di queste manovre ha le sue conseguenze ed i suoi rischi, ma si debbono con

siderare in funzione deHa impossibi1ità di continuare la manovra nei termini

attuali.

Il Paese va preparato rapidamente a questa eventualità di fenomeni che

se pure a sfondo tecnico, sono anche grandemente politici, traendo il pubblico

a considerare la situazione dei cambi che investe ormai tutta l'Europa come

un fenomeno importante, ma non capitale, e sopratutto non italiano, ma

generale, e derivante da situazioni esterne che gravano \fatalmente su noi.

Io sono certo che la Sua immensa autorità, con poche battute potrà far

sì che gli italiani seguano anche questi movimenti, che possono essere notevoli,

della valuta, con calma e decisione, tanto più data l'attuale rarefazione dei

cambi e della speculazione quasi assoluta in Italia dopo questi lunghi mesi

di manovre (1).

cHo dato la mia massima attenzione all'interessante comunicazione fattami a mezzo del signor Fummi e voglia permettermi di dirLe che ancora una volta, come sempre, io sono ammirato per la sagacia e la forza con la quale Lei, signor Ministro, affronta ogni difficile situazione. Sono completamente d'accordo con S. E. Mussolini e con V. E. che la stabilità della situazione interna dell'Italia e quella del Governo italiano non giustificano il riba~so della lira al quale abbiamo testè assistito. D'altra parte, abbiamo sfortunatamente visto anche troppe di queste situazioni internazionali il cui sfavorevole svolgimento non è stato causato da veri e propri fattori materiali della situazione bensi da mutevoli fattori psicologici risultanti in mancanza di fiducia. L'esempio del Belgio ha dato una prova ben chiara della futilità di tentare di difendere una valuta cartacea. Deve esser chiaro che, date le instabili condizioni dell'Europa, non vi possa essere, in quei paesi che non sono ancora ritorn.ati alla base oro, una effettiva stabilizzazione se non su tale base e che nel frattempo è meglio, come Ella, signor Ministro, ha fatto, non sprecare le risorse che si hanno in inutili tentativi, ma serbare per quanto possibile le riserve di oro e i saldi in valute apprezzate per lo sforzo finale e immediato.

Ero sicuro che Ella mi avrebbe dato l'assicurazione che io desideravo sia per me che

per J. Pierpont Morgan e gli altri miei soci di New York ai quali, datane l'importanza.

ho confidenzialmente telegrafato l'intero suo messaggio. Non eri< nelle mie intenzioni· di

proporLe una visita a Londra, dato che la situazione non richiedeva tale importante deci

sione. Sono d'accordo nel riconoscere che essendo ormai la situazione migliorata è quasi

inutile che Ella invii qui un Suo delegato e, infatti, anch'io credo che il signor Furrimi

possa meglio servire rimanendo per il momento a Roma.

Siamo lietissimi di sentire che l'E. V. non ha in nessun modo cambiato idea e imma

gino che con ciò intenda riferirsi al ritorno alla base oro appena sarà possibile. Sappiamo

bene quanto è difficile preparare un piano immediato per il ritorno dell'Italia alla base oro,

pure, mi permetta di dire che ci sembra della massima importanza che un eventuale passo

dell'Italia per la definitiva e completa restaurazione finanziaria debba essere preso in tì.>le

direzione anzichè correl·e il grave rischio di essere forse costretto a difendere un cambio instabile.

Fra tutti i principali paesi europei che debbono ancora ritornare alla base oro, l'Italia sembra oggi, secondo l'unanime impressione degli esperti, il paese meglio preparato a tale passo. La sua situazione interna e quella del suo governo sono solide. Essa ha una forma di Governo ed un Capo q~a!e il Primo Ministro, che le permette di prendere pronte decisioni; l'E. V. stessa ha una postzwne molto forte. Sono proprio questi i sentimenti espressimi in diverse conversazioni dal Governatore della Banca d'Inghilterra, il quale mi ha anche detto che egli non vedeva la ragione per la quale Ella dovesse aspettare la Francia ed il Belgio e sperava che ciò non fosse. Il Governatore Strong mi espresse le stesse idee durante le

nostre discussioni, la settimana scorsa.

Non c'è nulla di nuovo circa un piano di ricostruzione finanziaria degli altri due paesi in cui l'Italia è parzialmente interessata e non credo ci possano essere avvenimenti importanti ~ell'immediato futuro. Noi. p~rò La terremo al corrente per quapto sarà possibile e, se la rmportanza del caso lo rtehtederà pregheremo uno dei nostri soci d'Europa di venire a Roma con. più esatte informazioni qualora la situazione si modificasse in maniera interessante.

. '!'og.lla l'E: V. accettare. i !lliei ringraziamenti per le informazioni dettagliate inviate-mi ctrca 1 nmborst del fondo dt dtfesa del Tesoro pl'esso di noi in New York. Scrivo a lungo

(l) -Cfr. p. 171, nota l. (2) -Cfr. il seguente tel. trasmesso da Volpi a Mussolini a Milano, in data Venezia 25 aprile 1926: cDopo la doppia ratifica del Senato americano la rabbia dello antitalianismo e dell'antifascismo si è concretata in un furibondo attacco alla lira che Lei conosce. Sorveglio i mercati e cerco di ricoprirmi in ogni modo • (A!CS, Carte Volpi),

(l) Cfr. la seguente lettera confidenziale di T. W. Lamont a Volpi, senza data :

311

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. GAB. 199/145. Roma, 16 maggio 1926, o1·e 3.

Telegramma di V. E. gab. segr. n. 204 (l) e rapporti 43 e 4:5 (2).

Approvo sua condotta nelle interessanti conversazioni con codesto ministro degli affari esteri. Non sono in massima alieno dall'esaminare possibilità di un accordo con la Turchia ma bisognerebbe che codesto Governo cominciasse a darci qualche prova di maggiore considerazione interessi italiani l)er esempio nella questione delle difficoltà frapposte nostra linea di navigazione, specialmente Lloyd Triestino. Delicata situazione internazionale attuale consiglia ad ogni modo ogni riserva circa scelta momento propizio per inizio eventuali conversazioni ufficiali.

312

PADRE VENTURI TACCHI AL CAPO DEL COVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. Roma, 16 maggio 1926.

Ieri fui chiamato dall'Eminentissimo Cardinale Gasparri che mi diede pressante commissione di trattare col Governo la grave questione esposta nell'unito promemoria, questione che sta sommamente a cuore alla S. Sede.

Colsi l'opportunità di ragguagliare Sua Eminenza di quanto l'E. V. si compiacque dirmi lunedì scorso intorno lo spiacevole incidente della polemica farinacciana, i cui effetti, benchè, grazie a Dio, vadano sempre attenuandosi, non sono tuttavia interamente scomparsi. Ebbi l'impressione che il malaugurato episodio sarebbe sorpassato per sempre quando io potessi mostrare una parola scritta di V. E. (3) che mi confermasse ciò che pure replicatamente mi ha affermato a viva voce, vale a dire che l'E. V. non solo fu al tutto estraneo all'incivile polemica, ma la deplorò a tal segno che essa concorse a disporre la seguita rimozione dell'autore dalla direzione del partito.

al signor Fummi sulla situazione generale per quello che ho potuto osservare e dietro la

gentile richiesta dell'E. V. fattami col Suo messaggio, il signor Fummi Le darà comunicazione

di quanto potrà eventualmente interessare all'E. V. in tali mie note. ·

Nel chiudere questo messaggio desidero ancora esprimere all'E. V. il mio sincero dispia

cere di non esser riuscito a venire a Roma questo mese. Sarei venuto anche adesso se· la

salute me lo ave~se pel'messo. Trovo che il nostro buon amico, signor Fummi, è in qualche modo

dispiacente per il fatto che qualcuno in Italia non si sia esattamente reso conto delle

ragioni che ci hanno costretto a sciogliere il sindacato di New York. So bene che V. E.

non può avere il benchè minimo dubbio su ciò ed io tengo a ripeterLe che tale nostra

azione non fu minimamente dovuta a mancanza di fiducia nella situazione italiana. Al con

trario, assumendo le obbligazioni invendute dal sindacato noi dimostrammo la nostra per

sistente e rinnovata fiducia e la nostra azione fu dovuta unicamente alla persuasione che in

tal modo il credito dell'Italia sarebbe stato meglio mantenuto e basato. Con le più sincere

assicurazioni della nostra personale fiducia e considerazione, sentimenti nei quali unisco tutti

i miei soci d'America e d'Europa, voglia l'E. V. credermi». (ACS, Carte Volpi).

Mi è grato poi significarle che le solenni parole pronunziate in Parlamento dal Guardasigilli (l) hanno molto sodisfatto l'Eminentissimo. Con questa occasione

S. Eminenza mi disse che qualora il Capo del Governo in modo autentico facesse sapere alla S. Sede che è suo proposito di rimuovere la nota pregiudiziale cioè, risolvere la questione romana, e conseguentemente si dicesse pronto d'iniziare i trattati per venirne a termine, il Vaticano non potrebbe altrimenti rispondere che facendo dichiarare di essere anch'esso pronto a secondare così degna proposta.

(l) -Cfr. n. 307. (2) -Non pubblicati. (3) -Nota marginale di pugno di Mussolini: • No. M.•.
313

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL PREFETTO DI COMO, MAGGIONI

T. s. N. Roma, 20 maggio 1926.

Mi risulta che si prepara manifestazione confine Ponte Chiasso oratore on. Farinacci e in tal senso console Tamburini avrebbe telegrafato segretario generale partito. Data situazione itala-svizzera e recenti incidenti Bellinzona sconsiglio nettamente qualsiasi manifestazione in questo momento al confine. Gradirò notizie.

314

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 492/250. Costantinopoli, 20 maggio 1926, ore 21 (per. ore 4,31) del 21).

Bertelè mi telegrafa quanto appresso: «Nel corso di una conversazione ministro di Grecia mi ha detto ogg,i che ministro degli affari esteri gli ha parlato a due riprese della convenienza accordo fra stati mechlterranei, idea che ministro degli affari esteri riterrebbe ora di possihile attuazione. Ministro di Grecia ha soggiunto che ministro degli affari esteri avrebbe parlato di ciò anche a V. E. e ambasciator,e di Francia. Scopo turco secondo mio interlocutore, sarebbe assicurare almeno per alcuni anni pace con le varie potenze vicine per essere libera (sic) a procedere più decisa alla turchizzazione del paese. Ministro di Grecia dichiarava essere certo che suo Governo non entrerebbe in tale ordine di idee se il Governo turco non assicuri esistenza e svHuppo nuclei greci in Turchia, protezione deUe minoranze, soluzione questioni pendenti ecc. ».

315

IL MINISTRO A PRAGA, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER POSTA 937/373. Praga, 21 maggio 1926.

Le ripercussioni del moto militare polacco (2) nei partiti politici cecoslovacchi non sono ancora sufficientemente palesi anche perchè qui si dubita tuttora della

stabilità della nuova situazione formatasi in Polonia, dopo gli ultimi avvenimenti.

È un momento di attesa. Si direbbe che i partiti politici cecoslovacchi stiano ri

vedendo le loro rispettive posizioni per essere preparati ad assumere atteggia

menti definitivi, se gli eventi lo richiederanno.

La democrazia cecoslovacca, compresi beninteso i socialisti, conscia del proprio progressivo indebolimento, deplora il colpo di forza dei partiti di sinistra [sic] in Polonia, temendo che l'esempio possa essere imitato dal fascismo cecoslovacco il quale, specialmente nelle campagne, incontra sempre più larghi consensi. I nazionalisti cecoslovacchi che hanno finora appoggiato il movimento fascista si dimostrano indecisi circa l'indirizzo ulteriore da seguire e, per evitare una dittatura di destra, lasciano intendere di essere disposti a prestarsi alla ricostruzione della vecchia coalizione governativa di sei partiti. L'incertezza che domina fra i nazionalisti, è determ1nata dall'accentuarsi nel seno di quel partito di opposte tendenze. Gli anziani guardano con preoccupazione al movimento fascista, mentre l'ala giovanile è favorevole al fascismo. Se, per l'ulteriore corso degli avvenimenti, l'incompatibilità fra le due tendenze si accentuasse, si avrebbe probabilmente la scissione del partito. I popolari si mantengono riservati, mentre il forte partito agrario, che è stato in passato un partito di sinistra, si orienta vieppiù verso destra e fornisce numerose reclute al fascismo.

Il fascismo dà prova di crescente attività, dimostrando propositi combattivi. ALCongresso provinciale fascista di Praga del 16 corrente, si è detto apertamente che fra due mesi si potrà fare ordine nella Repubblica. Fra due mesi circa ricorre la Festa Federale dei Sokol indicata come data di un attacco fascista, appoggiato dai Sokol, contro la socialdemocrazia impersonata da Masaryk e Benes.

ITel riferire la voce che corre aggiungo che il fascismo cecoslovacco non dà l'impressione di essere pronto per impadronirsi del potere. Manca finora un capo che sappia imporsi. I nomi fatti fin qui non ispirano generale fiducia, forse anche perchè i partiti estremi impiegano ogni mezzo per screditarli agli occhi delle masse. Non è escluso però, considerata la rapida diffusione dell'idea fascista negli ultimi tempi e se perdurerà la discordia fra i partiti al potere con la conseguente stasi parlamentare, che il fascismo trovi più presto di quello che si potrebbe supporre, un terreno favorevole per porre fine all'imperante oligarchia socialdemocratica.

Intanto l'agitazione è mantenuta viva nella popolazione con frequenti manifestazioni pubbliche. A pochissimi giorni di distanza dal Congresso provinciale al quale ho accennato sopra, ha avuto luogo iersera una riunione fascista all'isola Slava nel centro di Praga. La sala, assai vasta (circa 2 mila persone), non riuscendo a contenere tutto il pubblico accorso, si è formato un secondo comizio all'aperto. Ho l'onore di trasmettere qui unito l'odierno bollettino della Stampa di questa Legazione nel quale è riferito il resoconto della riunione dato dal Narodni Listy, nazional democratico, e dal Prager Tageblatt organo dipendente dalla finanza israelita. Le informazioni dei due giornali corrispondono abbastanza esattamente alla relazione fattami da persona che per mio incarico ha assistito alla riunione. È stata notata la presenza di molte persone col distintivo dei Sokol, di fnrrovieri, di operai e di donne del popolo. I comunisti hanno tentato di disturbare la manifestazione col lancio di bombe di gas fetidi, ma sono stati ridotti immediatamente all'impotenza. La polizia aveva fatto uno spiegamento ecc·ezionale di forze, a piedi e a cavallo, col proposito di suddividere i dimostranti e

vi è riuscita anche perchè non c'era nella massa il proposito di far baccano nella

strada. Un nucleo di un centinaio di fascisti è riuscito tuttavia a percorrere in

disturbato le arterie del centro della Città, lanciando grida di evviva al fascismo

e anche all'indirizzo dell'E. V.

Unisco due fotografie della manifestazione fascista di Prostejov (mio rapporto del sei corrente numero 815/329) (1).

(l) -Cfr. p. 235, nota l. (2) -Allude al colpo di forza del generale Pilsudsky.
316

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. GAB. 213/164. Roma, 24 maggio 1926, oTe 15. Suo telegramma gab. n. 250 (2). Sono rimasto sorpreso della notizia rifedta da ministro di Grecia secondo

cui codesto ministro degli affari esteri avrebbe fatto al Governo francese analoghe aperture a quelle fatte a noi. V. E. comprenderà che in tali condizioni la questione cambierebbe completamente d'aspetto e R. Governo sarebbe costretto a considerarla sotto un ben diverso punto di vista che renderebbe meno agevole, se non addirittura impossibile, l'attuazione del noto progetto.

Ad ogni modo codesto ministro degli affari esteri avrebbe dovuto per lo meno preavvisarmi delle aperture che aveva intenzione di fare all'ambasciatore di Francia.

317

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 504/93. Addis Abeba, 25 maggio 192'6, ore 10,30 (pe1·. ore 10,45).

Mio telegramma Gabinetto 78 (13).

Mi risulta che Abissinia è più che mai agitata ed inquieta dal sospetto derivante dalle nostre intenzioni nei riguardi di essa. Concorrono a questa situazione le virili dichiarazioni fatte da V. E. in merito questione coloniale e sulla neces~ità di dare alla popolazione italiana un congruo sfogo coloniale; le polemiche suscitate dalla suddetta dichiarazione sui giornali stranieri che indicano tendenziosamente ed apertamente l'Abissinia come meta delle nostre pratiche; le importanti operazioni che si stanno facendo nella Somalia settentrionale e più di tutti ultimo accordo italo-inglese che viene spiegato non solo in Abissinia come la libertà d'azione lasciata all'Italia verso quest'ultima. Non. vi è dubbio che i giornali e gli emissari francesi siano i principali responsabili di questo stato di cose che non ci preoccupa immensamente ma che disturba le nostre relazioni.

(l) -Nota marginale di pugno di Mussolini: « Interessante '. (2) -Cfr. n. 314. (3) -Non pubblicato.
318

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. R. 512/96. Addis Abeba, 26 maggio 1926, ore 20 (per. ore 12,30 del 27).

Telegramma di V. E. 73 (1).

Ho già fatto osservare al mio collega Inghilterra che la sua richiesta arma

menti per Abissinia non potrebbe fare a meno che stupire gravemente Governo

di Roma, avendo finora i due Governi italiano ed inglese seguito la stessa strada

per impedire armamenti Abissinia; ma che dopo ultima decisione Ginevra, che

esclude Abissinia dalla zona proibita commercio armi, era opportuno rifiutare

richiesta fattagli da Ras Tafari. La verità è che in questo momento mio collega

Inghilterra è favorevole alla richiesta di Ras Tafari nella speranza risolvere

questione lago Tsana ed egli è completamente nelle mani dell'.interprete della

legazione d'Inghilterra... [manca] Signor Zafirò e di un certo dottor Maredo...

[manca] di naz.ionaHtà abissino ma educato e laureato in India che lo spingono

su quel.Ia strada per loro interessi di parte. Aggiungasi che mio collega inglese

è oggi in intimità rapporti con questo ministro francese che si sforza di scio

gliere l'accordo itala-inglese in Abissinia per sostituirvi un blocco franco-britan

nico. Non conosco quali sono le intenzioni del Governo di Londra ma sarebbe

certamente pregiudi2!ievole e pericoloso per noi la costituzione di questo blocco spec.ialmente se da esso Inghilterra attendesse soluzione questione Tsana. Il silenzio mantenuto finora dal Governo Etiopia sugli avvenimenti in Somalia mi sorprende grandemente e mi fa sospettare che esso sia stato consigliato ta.cere per poi portare questione confini alla Società deHe Nazioni. Come ho riferito nel mio telegramma 93 (2) mai il sospetto dell'Etiopia sulle nostre intenzioni è stato così forte come in questi giorni e se essa non ha preso finora nessuna disposizione militare però tende a sta.bilire una larga rete di spionaggio per conoscere quello che succede oltre le nostre frontiere (3).

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3306 (4). Londra, 26 maggio 1926 (per. il 29).

Nelle mie conversazioni col Foreign Office sulla politica generale mi è dato scorgere n costante interesse che questo Governo porta alle relazioni itala-francesi ed il desiderio di ~avere su di esse informazioni precise.

La politica del signor Chamberlain, come a V. E. è noto, si fonda sull'amichevole collaborazione tra Londra, Pari-gi e Roma, ed il successo di essa è perciò

ln certo modo legato all'andamento dei rapporti ita1o-francesi. II signor Chamberlain è fermamente persuaso, ed insiste sempre su tal punto, che la pace dipende sopratutto daUa volenterosa amichevole collaborazione delle tve grandi potenze, e che i successi da lui ottenuti nel consolidamento della pace in Europa ed in Oriente (Locarno e decisione Società Nazioni per Mossul) sono dovuti a.i cordiali rapporti e aHa cooperazione dei gabinetti italiano, francese ed inglese.

Ora, da diversi sicuri indizi, ho potuto rilevar.e che questa ambasciata di Francia trova modo di intrattenere il Foreign Office, a titolo di informazione, delle m3ggiori questioni pendenti tra Roma e Parigi, e dei rapporti itala-francesi. Lasciare aJ.la diplomazia francese libero il campo di informare il Foreign Office, nella maniera quindi più conforme ai propri intevessi, potrebbe a lungo andare non riuscire a noi favorevole. Presentandosi infatti, eventualmente, una situazione delicata tra Parigi e Roma, noi potremmo trovarci di fronte al fatto che il Foreign Office si fosse già formato in proposito una sua opinione e l'avesse anche manifestata a Parigi.

Ricordo che a proposito del progettato accordo franco-jugoslavo, il signor Chamberlain ebbe a dirmi che già mio collega di Francia lo aveva intrattenuto sull'argomento, gH aveva fornito dati ed informazioni, e che questi non corrispondevano a quanto io gli esponeva; e che pertanto, avanti a tale contraddizione e nella delicata situazione in cui egli veniva a trovarsi, non credeva poter pronunziarsi (mio telegramma gab. segreto n. 222) (1). Solo in un secondo tempo, e dopo più maturo esame, Chamberlain è stato indotto ad agire presso Briand a Ginevra e poi, come mi è risultato più tardi in via indiretta, al Quai d'Orsay, perchè si soprassedesse alla conclusione del progettato accordo. Se il caso avesse rivestito carattere di speciale urgenza, con molta probabilità nostra azione sarebbe risultata tardiva ed inefficace.

Ho creduto mio dovere attirare l'attenzione di V. E. su tale delicato argomento, affinchè ella, qualora trovasse giuste e fondate le mie preoccupazioni, possa, presentandosene l'occasione, tenerne conto, fornendomi opportune e tempestive informazioni.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 317. (3) -Il tel. fu ritrasmesso da Mussolini a Della Torretta (t. 1867 del 30 maggio) con l'istruzione di chiarire la questione col Governo inglese. Lo stesso tel. fu inviato anche a Parigi e Addis Abeba. (4) -Manca il numero di protocollo particolare.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 534/617. Londra, 29 maggio 1926, ore 12 (per. il 4 giugno).

Nelle mie conversazioni al Foreign Office ho sempre cura di portare il

discorso sugli affari di Turchia, sia per mostrare il costante interessamento

dell'Italia per tutto quanto concerne l'oriente Mediterraneo, sia per tenermi

al corrente della situazione interna di quel paese e del pensiero del Governo

britannico in proposito.

Riassumo a V. E. le idee che prevalgono oggi al Foreign Office.

Il regime di Mustafà Kemal ha certamente sollevato dei grandi malcontenti, non si vede però sorgere ed organizzarsi in Turchia una vera e propria opposizione tale da costituire un pericolo per il Governo. Mustafà Kemal ha senza dubbio dei gravi difetti, ma ha anche dimostrato di .possedere alte qualità di uomo di stato, e di saper far fronte alle più gravi e delicate situazioni. Qualche volta oltrepassa la misura, ma si riprende in tempo. Le persone che stanno vicino al Ghazi sono in parte di tendenze nazionaliste estreme, in parte di tendenza moderata, gli atti di governo subiscono l'influenza di queste due diverse tendenze e spesso, in definitiva, sono il risultato di un compromesso che risolve le difficili situazioni.

In conclusione il Governo di Angora è ritenuto abbastanza solido e non si prevede una crisi. Governo britannico, specialmente al momento attuale in cui le trattative per la questione di Mossul si svoLgono in un'atmosfera che anche da parte turca è diventata ormai conciliante, non ha nessuna ostilità verso Governo d'Angora. Anzi essendo il Ghazi il creatore ed il campione della repubblica laica, Foreign Office e Colonia! Office trovano che egli serve ottimamente gli interessi britannici qual_e grande potenza mussulmana avendo soppressa l'autorità politico-religiosa del Califfo che, pure risiedendo in Turchia, esercitava una pericolosa influenza su tutto il mondo islamko. Governo britannico è anzi persuaso essere interesse di tutte le potenze che hanno sùdditi mussulmani, e perciò anche dell'Italia, che questa situazione venga consolidata.

Nello stesso tempo Foreign Office ammette che il paese è scontentò, che esso si trova in grave permanente crisi economica, che il regime, esclusivamente personale, non raccoglie il consenso delle masse popolari, e che esso quindi è destinato a cadere ove dovesse verificarsi la scomparsa di Mustafà

Kemal. Esiste infatti la preoccupaz.ione che il Ghazi lasciandosi andare sempre più, come qui risulta, ad una vita di stravizi, possa finire col logorare sua salute a tal segno da giungere ad una fine prematura.

Essendomi state espresse anche da Tyrrell queste preoccupazioni, gli ho chiesto che cosa, secondo lui, sarebbe accaduto se dovesse aprirsi una grande crisi in Turchia ed in qual modo le potenze più interessate in oriente potreb

bero far fronte ad una nuova grave situazione che sorgesse da un momento all'altro.

Sotto segretario di stato mi ha risposto che in tale eventualità Roma, Parigi e Londra dovrebbero subito concertarsi per trovare una linea di condotta, e che anche in vista dell'ipotesi, sia pure remota, da me prospettata, sia estremamente desiderabile che fra Roma e Parigi si consolidasse uno spirito di cordiale collaborazione.

Tale risposta del signor Tyrrell contiene tutto il pensiero del Governo britannico, e che cioè le grandi questioni internazionali possono essere solo risolte mediante l'intesa e la collaborazione dei gabinetti di Londra, Roma e Parigi; e che specialmente per l'oriente, che involve così gravi interessi delle tre grandi potenze mediterranee, nulla è possibile fare senza un'intesa anglo

itala-francese. Da mia parte devo aggiungere che, per quanto riguarda Francia ed In.ghilterra, esse hanno ormai tale una somma di interessi comuni in oriente

19 Doc11menti diplomatici -Serie VII -V<>L IV

derivanti dalla lo.ro rispettiva situazione politica e geografica nei paesi a mandato (Irak, Siria, Palestina) che ciò le obbliga ad una continua collaborazione ed intesa per far fronte a situazioni spesso assai delicate.

Ne deriva come naturale conseguenza che oggi, così stando le cose, non sembrerebbe possibile, in linea di massima, avviare una intesa particolare italo-inglese per l'oriente, senza la contemporanea partecipazione del Governo di Parigi. (Que~ta parte risponde agli accenni verbalmente fattimi in proposito da V. E.). Per quanto riguarda più particolarmente le aspirazioni italiane in Asia Minore riassumo risultato delle mie indagini .compiute tanto nei vari circoli politici che al Foreign Office.

È ormai entrato nella coscienz,a generale che l'Italia ha degli interessi vitali da far valere nel Mediterraneo Orientale, che il continuo aumento di popolazione l'obbliga fatalmente a procurarsi nuovi sbocchi ove dirigere la sua emigrazione -che le maggiori possibilità sono offerte dall'Anatolia -che in questa direzione sono rivolte le aspirazioni italiane e che queste aspirazioni meritano simpatia. Contemporaneamente, però, l'Inghilterra è dominata da un desiderio di pace e tranquillità, e sovrasta sopratutto una ferma volontà d'arrivare ad un consolidamento deila vita internazionale che consenta lo svolgersi e l'attivarsi degli scambi commerciali. Conseguentemente, malgrado le favorevoli disposizioni che senza dubbio esistono verso le nostre necessità ed aspirazioni, ogni azione o atteggiamento italiano che potesse essere causa di un perturbamento dell'ordine e della pace, soJleverebbe tali correnti di opinione pubblica ostili all'Italia, da obbligare Governo ad assumere una attitudine a noi contraria. A conferma di quanto precede ho potuto constatare la viva soddisfazione provata dal Foreign Office quando ebbe notizia delle dichiarazioni ordinate da V. E. al R. ambasciatore a Costantinopoli intese a calmare le apprensioni turche.

Tutto naturalmente cambierebbe se, indipendentemente da un fatto nostro, venisse ad aprirsi una crisi in Oriente.

(l) Cfr. n. 266.

321

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 520/313. Belgrado, 30 maggio 1926, ore 18,20 (per. ore 24).

Mio telegramma n. 307 (1).

Il giornale Vreme di oggi porta una notizia da Parigi che sembra abbia carattere ufficioso e che riassumo: Nincich parte domani da Parigi senza che l'accordo definitivo difensivo fra la Francia e Jugoslavia sia stato firmato. Nessuna difficoltà speciale ha ritardato la stipulazione di tale trattato. I testi sono pronti ed attendono soltanto le firme, ma si vuole aspettare per l'apprezzamento della situazione internazionale e per evitare possibili malintesi. A Parigi e a Belgrado non desiderano che questo trattato venga interpretato in

modo sfavorevole a Roma. Sappiamo che il signor Mussolini avrebbe fatto al regno S. H. S. delle proposte. Il Governo jugoslavo è pronto a concludere con l'Italia un trattato analogo a quello ora elaborato con la Francia. Si attende sia a Belgrado che a Roma che assetto politico generale siasi chiarito.

(l) T. gab. 513/307, trasmesso il 28, ore 8, per. ore 11: pubblicazione da parte della agenzia Avala della notizia della prossima firma dell'accordo franco-jugoslavo.

322

PROMEMORIA DEL SEGRETARIO GENERALE DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO, GIANNINI, PER IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

RR. Roma, 31 maggio 1926.

Da informazioni fornitemi da P. Tacchi, sembra che in Vaticano sia sorpasS:lta la fase d'attesa deila lettera di sconfessione dell'on. Farinacci, e, dopo le dichiarazioni alla Camera ed al Senato dell'an. Rocco (1), :si attende l'invito di V. E. ad iniziare le trattative, con la fiducia che esse si possano condurre avanti nell'estate.

323

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 517/310. Belgrado, 31 maggio 1926, ore 22 (per. ore 13 del l giugno).

Decifri Ella stessa.

Data la imminenza della discussione alla Scupcina credo opportuno riassumere situazione attuale di tutti i trattati, accordi e convenzioni itala-jugoslavi ancora da ratificare:

l) Il Trattato di commercio e navigazione del 1924, la convenzione di stabilimento e consolare nonchè tutti gli altri accordi e convenzioni del 14 luglio e 12 agosto 1924 sono stati approvati dal consiglio ministri e già presentati alla Scupcina con relative relazioni. È stata nominata la commissione parlamentail'e (Uffizi) per la nomina del relatore. Testo di alcuni di essi, non ancora pronto per un ritardo nella stampa, non è stato ancora distribuito ai deputati.

2) Accordo e convenzione di Nettuno verranno presentati quanto prima al consiglio ministri. V. E. sa che in questi giorni si svolge UIJ.a viva campagna da parte partiti di opposizione e da parte molti giornali anche radiciani contro la convenzione stessa. Non si portano argomenti decisivi, ma solo frasi vaghe, cercando però di impressionare il grosso pubblico facendo apparire il pericolo che l'Italia possa, all'entrata in vigore dei trattati e convenzioni, invadere il mercato jugoslavo, fare dell'Adriatico un mare italiano e compiere opera di intensiva penetrazione politica nella penisola balcanica. Tale campagna è mossa

dal fine di provocare una crisi non facilmente sanabile per la base della politica

estera su cui si svolgerebbe. Il partito radiciano ed il signor Krajac ministro

del commercio si mostrano ancora titubanti quanto al primo accordo firmato

a Nettuno integrativo dell'accordo di Roma del 27 gennaio 1924 per il regola

mento del traffico. Tale opposizione non mi sarà difficile superare come lo

dimostra il fatto che il ministro del commercio Krajac contrario dal principio

alla convenzione di stabilimento del 21 agosto 1924 ed agli accordi sulle tariffe

adriatiche firmati a Belgrado il 12 agosto 1924, ha finito poi per approvarle,

non solo, ma le ha fatte approvare dal consiglio dei ministri.

Ho la convinzione che l'amicizia sincera della classe dirigente serba (comin

ciando dal Sovrano) verso l'Italia e specialmente il buon senso -ed il fattore

economico finiranno per prevalere, e che tutto il blocco invero poderoso dei

trattati fra Stato S. H. S. e l'Italia sarà ratificato.

(l) Rocco parlò alla Camera il 13 maggio 1926. Cfr. Atti Parlamentari, Discussioni della Camera Legisl. XXVII, pp. 5681-5692 (la parte relativa alla politica ecclesiastica, pp. 56885689). Parlò al Senato il 29 maggio 1926. Cfr. ibid., Discussioni del Senato, Legisl. XXVII, pp. 5952-5956 (la parte relativa alla politica ecclesiastica, p. 5955).

324

APPUNTO DELL'ONOREVOLE VOLPE PER IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI. (ACS, Segreteria particolare del Duce, Carteggio riservato)

... maggio 1926.

Quel che competenti di problemi economici sardi e sardo-corsi chiederebbero.

Sollecitare l'istituzione di una sezione o delegazione del Commissariato d'emigrazione in Sardegna, (a Sassari), per appoggiare l'emigrazione sarda in Corsica

(anzichè in Francia).

Intervento dell'Istituto <ii credito per il lavoro all'estero per aiutare iniziative di contadini e proprietari sardi in Corsica. Vi è già ora, avviata, una emigrazione di operai e anche di capitali, per acquisto di terre. In Corsica v'è ricerca di mano d'opera, specialmente a Bastia, ora che sono venuti a mancare i lucchesi.

Vi è in Corsica una trasformazione zootecnica da fare. Il paes·e è nelle condizioni in cui era la Sardegna 50 anni fa, in fatto di bestiame. Le Camere di Commercio di Aiaccio e Bastia son favorevoli e sollecitano. Così pure l'on. Pierangeli, deputato corso.

Chi in Sardegna suggerisce tutto questo, crede, naturalmente, necessaria la massima riservatezza, anche con le prefetture.

325

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. s. 225/180. Roma, l giugno 1926, ore 4. Telegramma di V. E. n. 313 (1).

Per norma dell'E. V. e di opportuno linguaggio con re Alessandro e con Nincich confermo essere disposto riprendere conversazioni intese a concludere

con la Jugoslavia nuovi accordi che valgano a consolidare e ad integrare quelli stabiliti col patto di Roma del 1924.

V. E. tenga però ben presente, e lo faccia chiaramente comprendere a Belgrado, che affinchè tali buone disposizioni possano trovare la loro concreta attuazione pratica, è in primissimo luogo necessario che si venga in precedenza e senza ulteriori indugi alla approvazione e ratifica da parte S.C.S. degli accordi di Nettuno e di tutti gli altri trattati accordi e convenzioni, itala-jugoslavi, enumerati nel teleg,ramma dell'E. V. n. 310 (l) e la cui discussione dinanzi aHa Scupcina sembra essere imminente.

V. E. faccia inoltre intendere in mio nome essere del pari indispensabile perchè l'esame e la discussione degli eventuali nuovi accordi possa determinarsi in quell'atmosfera di reciproca fiducia tra i due paesi senza la quale l'opinione pubblica italiana non saprebbe assolutamente comprendere che si stringano più intimi legami con codesto stato, che venga posto effettivamente termine una buona volta a quella serie di manifestazioni a noi ostili di cui abbiamo avuto invece purtroppo dolorose e più frequenti prove sotto varia forma negli ultimi tempi. Stimo a tale riguardo finanche superfluo rammentarle in dettaglio la condotta delle autorità S.C.S. che sembrano essersi deliberatamente proposto il compito di cercare ogni occasione per osteggiare dovunque gli italiani in Jugoslavia e particolarmente in Dalmazia (esercizio di commercio, banca dalmata di sconto, SUFID, compagnia di Antivari, bandiere delle agenzie di navigazione, espulsione degli optati, ecc.) e per tollerare dimostrazioni di animosità ed in taluni casi di odio inconsulto contro di noi (linguaggio incontinente e provocante di certa stampa, comizio degli ufficiali a Zagabria, assalto alla nostra squadra sportiva, ecc.).

Attendo dall'E. V. su tutto quanto precede precisi ragguagli circa le dkhiarazioni che le verranno fatte da codesto Governo in seguito alle sue comunicazioni.

(l) Cfr. n. 321.

326

L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3543/650. Parigi, 4 giugno 1926 (per. l'B). Berthelot, parlandomi dell'imminente accordo sulla questione di Mossul, mi ha detto che l'acquiescenza della Turchia al punto di vista britannico era stata motivata in parte dall'urgente bisogno di denaro del Governo di Angora, ma sopratutto dal timore che la rottura dei negoziati desse luogo ad un'intervento dell'Italia, cui si attribuiscono mire sui territori dell'Asia Minore. Le voci corse che di questo intervento si fosse discorso nelle conversazioni che V. E. ebbe con Chamberlain a Rapallo, voci non mai recisamente smentite dalla stampa inglese, erano state il fattore determinante dell'accordo.

Berthelot parlandomi in linea molto generale della Turchia, mi ha ripetuto quanto mi disse altra volta Briand, e cioè che il popolo turco era destinato ad

essere respinto anche dalle ultime sue posizioni. Questo popolo, che non aveva fatto che distruggere la civiltà cui si era sovrapposto, aveva storicamente perduto ogni diritto a sopravvivere. Già la Jugoslavia mirava a Costantinopoli, e tale ipotesi poteva prendere consistenza non appena intervenisse un accordo fra Belgrado e Sofia, se nel frattempo la Russia non avesse ripreso sufficienti forze per riaccampare le sue aspirazioni sul possesso di quella città. In previsione di questa eventualità, egli, Berthelot, aveva sempre patrocinato di far di Costantinopoli la sede della Società delle Nazioni. Come stavano le cose, l'orizzonte in Oriente gli pareva abbastanza oscuro.

Ho detto a Berthelot che l'Italia non aveva mire aggressive verso la Turchia, ma che, certamente, qualora questa entrasse in una nuova fase di disintegrazione, noi ritenevamo di avere diritto alla precedenza su qualsiasi altra nazione, atteso la necessità di provvedere sbocchi alla nostra popolazione ed ai nostri commerci.

(l) Cfr. n. 323.

327

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 544/319. Belgmdo, 5 giugno 1926, ore 16 (per. ore 19).

Decifri Ella stessa.

Suo telegramma 229/181 (1).

Il signor Nincich mi ha formalmente assicurato che a Parigi non ha firmato il noto accordo con la Franda. Ha soggiunto che ad ogni modo detto accordo non è diverso da quello già sottoposto a S. E. Grandi a Ginevra e che V. E. conosce perchè non è che quello tripartito ridotto a due contraenti, mentre con l'Italia si dovrebbe concludere oltre che l'integrazione del nostro patto di Roma anche una convenzione da tenere segreta. Poichè in tal modo egli era entrato nell'argomento dei futuri accordi con l'Italia gli ho esposto, conformemente alle istruzioni impartitemi da V. E., la necessità che fossero prima approvati e senza indugio i trattati e le convenzioni tuttora da ratificare e non solo ma che occorreva, per poter giustificare di fronte all'opinione pubblica il trattato.._. [manca] desiderio di un più intimo legame fra i due stati, che il Governo S.C.S. provvedesse a far cessare le varie manifestazioni di ostilità che purtroppo si sono prodotte ancora in tempi recenti e che gli ho enumerato. Nincich mi ha risposto che ieri ancora S. M. il re Alessandro gli ha manifestato la sua volontà inderogabile che vengano portati una buona volta alla discussione in parlamento ed approvati nel più breve tempo i trattati e le convenzioni e che per quello che lo riguarda, Nincich ne farà una condizione sine qua non per la sua permanenza al Governo. Mi ha a tale proposito manifestato tutta la sua indignazione non soltanto per la campagna di stampa che egli ha qualificato irresponsabile ma sopra tutto per il contegno d:i questo ministro del commercio signor Krajac che

dopo aver approvato in consiglio dei ministri la convenzione di stabilimento e consolare nonchè gli altri accordi del 1924, si è all'ultimo momento rifiutato di firmare il verbale della seduta. Tale ostacolo sarà però entro oggi superato, poichè o Krajac firmerà o si determinerà una crisi parziale di gabinetto con l'uscita del predetto ministro. (Continua col numero successivo) (1).

(l) Trasmesso il 2 giugno alle ore 8 a Parigi e Belgrado: richiesta di notizie sui termini dell'accordo franco-jugoslavo pec trarne n01ma per le trattative itala-jugoslave.

328

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 556/102. Addis Abeba, 7 giugno 1926, ore 13 (per. ore 21,40 dell'B).

Ieii stesso ho avuto una lunga confidenziale conversazione con ras Tafari sui seguenti argomenti:

l) Ho dato comunicazione a ras Tafari del telegramma di V. E. n. 218/77 (2) sulla campagna di accuse e di sospetti mossa dalla stampa estera sulle intenzioni ostili dell'Italia verso l'Abissinia dimostrandogli la malafede e la tendenziosità ed assicurandolo a nome di V. E. delle ottime intenzioni del Governo di V. E. verso l'Abissinia: ho aggiunto anche che il suddetto telegramma di V. E. era la migliore prova delle intenzioni amichevoli del R. Governo poichè in caso contrario la sincerità del carattere di V. E. l'avrebbe indotta a rispondere che ella non teneva nessun conto dei sospetti dell'Etiopia. Ras Tafari ha deplorato ed ha ammesso che tali sospetti disturbano le relazioni amichevoli politiche-economiche dei due paesi, ma mi ha assicurato che per parte sua e del suo Governo nessun sospetto esiste sulle intenzioni dell'Italia; mi ha manifestato intenzioni rispondere direttamente a V. E.; si è espresso sul conto di V. E. in modo non solamente ammirativo ma tale da dimostrare che egli ha nei riguardi di V. E. un sentimento di vero terrore.

2) Ho approfittato del fatto di avere ricevuto ieri mattina stessa telegramma n. 227/80 (3) di V. E. che conferma ordine presentare al Governo etiopico le note dell'accordo anglo-italiano firmate in Roma nel dicembre scorso per dimostrare a ras Tafari che V. E. personalmente aveva insistito ed aveva voluto che fossero presentate Governo etiopico le note primitive originali senza alcuna modifica per dimostrare al Governo etiopico la piena sincerità delle intenzioni del Governo italiano.

Ras Tafari mi ha incaricato di ringraziare personalmente V. E. aggiungendo che qualora qualche punto della nota suaccennata potesse essere non sufficientemente chiaro, esso sarà amichevolmente chiarito fra i. due Governi.

Posso assicurare V. E. che metto ogni mio impegno nel tradurre e nel chiarire al Governo etiopico il vero significato delle note summenzionate.

(l) -Il telegramma successivo manca nel registro. Esiste invece quello successivo ancora. che conclude il documento: T. gab. 546/321, trasmesso il giorno 5, ore 16,50, per. ore 20. in cui Bodrero l'iferiva sulla richiesta di Ninl!ié che l'Italia facesse condizioni migliori aJ suoi cittadini di origine slava. (2) -Trasmesso il 28 maggio, ore l, non pubblicato. (3) -Trasmesso l'l giugno, ore 24, non pubblicato.
329

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3590/431. Londra, 8 giugno 1926, ore 22 (per. ore 3,03 deZ 9). Telegramma di V. E. n. 1867 (per corrier·e) (1). Trovandosi Chamberlain a Ginevra ho avuto conversazione Tyrrel circa armi in Abissinia durante la quale mi sono espresso nei termini indicati da V. E. ed ho posto speciale cura di fare rilevare la sorpresa e la sfavorevole impressione del R. Governo per il fatto che ministro d'Inghilterra Addis Abeba si era fatto tramite di una richiesta di ras Tafari di ingente materiale bellico dando così l'impressione che il Governo britannico si allontanasse da quella politica di collaborazione con Italia in Abissinia fino ad ora seguita e che dopo il recente accordo sembra destinata essere con reciproca lealtà continuata e sviluppata. Riassumo risposta e dichiarazioni sottosegretario di stato. Tyrrel ha cominciato col dirsi lieto della franchezza con la quale io gli avevo parlato poichè ciò gli forniva possibilità chiarire e dissipare ogni equivoco. Seguendo poi nella distinzione da me fatta fra la questione generale e politica della collaborazione italainglese in Abissinia e quella particolare della richiesta delle armi da parte ras Tafari mi ha dichiarato: l) Essere ferma intenzione del Governo britannico continuare nei riguardi dell'Abissinia concorde politica di collaborazione coll'Italia seguita finora e che ha già dato così buon risultato; 2) Governo britannico è fermamente persuaso essere interesse comune di agire nei riguardi del Governo abissino in perfetta solidarietà; 3) Che ciò stante era dolente che la richiesta di armi in questione avesse potuto dar luogo alla nostra sfavorevole impressione che egli con le sue esplicite dichiarazioni teneva a dissipare insistendo anzi perchè io le trasmettessi integralmente a V. E. Quanto poi al merito della richiesta di ras Tafari Tyrrel ha osservato: l) Richiesta era apparsa al Foreign Office non del tutto esagerata. Ricordò infatti che nelle precedenti trattative intercorse circa due anni fa fra i ministri Italia, Inghilterra e Francia ad Addis Abeba per il razionamento delle armi in Etiopia Italia e Inghilterra erano disposte consentire fra l'altro cinquecento fucili all'anno mentre Francia insisteva per 2000; 2) Che nel frattempo Abissinia non ha avuto nessuna fornitura di qualche importanza; 3) Che in un primo tempo Foreign Office ebbe l'impressione probabilmete errata che R. ministro Addis Abeba non fosse interamente contrario attuale richiesta; 4) Che in ogni caso questione restava naturalmente sempre sottoposta esame e decisioni del R. Governo. Egli quindi premesse tali dichiarazioni e chia

rimenti ha espresso fiducia che R. Governo alla luce di esse voglia esaminare la richiesta di ras Tafari in sè stessa e voglia far conoscere il suo pensiero in

proposito. Tyrrel infine mi ha confidenzialmente ma chiaramente detto che avanti malcontento ras Tafari per il recente accordo itala-inglese per il lago Tzana ed al noto conseguente atteggiamento francese in proposito era un interesse tanto italiano che inglese di andare in certo modo incontro ad un desiderio espresso da ras Tafari appoggiato dalla Francia tanto più che in linea di massima non sembrava che il materiale bellico in questione fosse tale da consigliare un assoluto rifiuto secondo avevano opinato anche il Colonia! Office e il War Office opportunamente consultati... [manca]. Da tutta la conversazione avuta credo poter affermare ·Che sebbene in ·questa occasione il Governo britannico si sia dimostrato per soli motivi di opportunità piuttosto favorevole rkhiesta di ras Tafari pure esso rimane fermo nell'atteggiamento tenuto finora di ·continuare sia in riguardo alla questione particolare della fornitura delle armi che in quella più generale della collaborazione itala-inglese nella linea di condotta che finora lo ha ispirato. Quanto all'imr>ressione del R. ministro in Addis Abeba dell'avviamento alla formazione di un blocco franco-britannico a detrimento degli interessi italiani in Abissinia mi riferisco a quanto ho avuto occasione di riferire a V. E. circa la .politka del signor Chamberlain e ·che cioè tutti i suoi sforzi mirano costantemente nelle questioni di interesse comune alla più stretta collaborazione fra i gabinetti di Londra, Parigi e Roma. Ciò pertanto considerato che assai spesso nei riguardi dell'Abissinia la politica francese non è sempre in accordo con quella itala-inglese è evidente che gli sforzi inglesi debbono mirare a superare tali difficoltà e a fare armonizzare atteggiamento francese con quello itala-inglese.

(l) Cfr. p. 231, nota 3.

330

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. GAB. s. 245/197. Roma, 9 giugno 1926, ore 2. Riferimento mio telegramma gabinetto n. 213 in data 24 maggio (l) gradirò conoscere quanto possa attualmente risultarle circa chiarimenti che le fosse riuscito ottenere su effettivo punto di vista Governo turco ed in particolare di codesto ministro affari esteri in merito portata ed estensione ad altri stati dell'accordo politico per cui quest'ultimo l'aveva a più riprese sollecitato. Dal canto mio avendo opportunamente fatto presentire governo Atene in modo preliminare, desidererei avere elementi necessari a giudicare con possibile

precisione desiderata di Angora e sincerità suoi intendimenti per esaminare convenienza procedere oltre nella importante per quanto delicata questione.

331

IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 564/108. Bucarest, 9 giugno 1926, ore 19 (per. ore 4,40 dellO).

In un lungo colloquio, che ho avuto ieri con generale Averescu, questi mi confermò sua intenzione recarsi in Italia agosto p. v. per curarsi ad Acqui e mi

disse sarebbe suo vivo desiderio incontrarsi in questa occasione con V. E. ma che se, prima di allora, non fosse ancora intervenuto alcun decisivo progresso nel senso di una maggiore intimità di rapporti italo-rumeni occorrerebbe preparare terreno perchè tale progresso potesse in qualche modo scaturire dal suo incontro con V. E. Altrimenti egli si metterebbe a rischio di vedersi rinfacciato dai suoi avversari un nuovo scacco politico. Averescu mi parlò pure del suo vivo desiderio che sia preso in esame questione visita sovrani romeni a Roma, e mi lesse ciò che egli scrisse in una sua recente lettera a Badoglio. Averescu ha accennato a tale proposito ad opportunità che visita sovrani romeni a Roma possa essere preceduta da una visita, anche occasionale, in Romania di un nostro principe reale e possibilmente del principe di Piemonte. Si comprende che sarebbe molto desideroso di conoscere pensiero di V. E. in argomento, non appena V. E. ritenesse di poter riprendere la cosa in esame.

(l) Cfr. n. 316.

332

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 582/106. Asmara, 12 giugno 1926, ore 20 (pe1·. ore 9 del 13).

Ieri, contemporaneamente al mio collega inglese, ho presentato a ras Tafari le note del dicembre u. s. con annessa traduzione in amarico, relative all'accordo italo-inglese, che vennero ricevute da ras Tafari molto cordialmente, assicurandomi che le avrebbe seriamente studiate. Onde attenuare suscettibilità mio collega Germania e specialmente Francia, che non mancherebbero anche senza conoscere testo redazione suddetta di denigrarle e di attribuire ad esse un carattere assolutamente contrario a quello che hanno, crederei opportuno, subordinatamente all'autorizzazione di V. E., di consegnare a ciascuno la copia delle note stesse.

Gradirei istruzioni di V. E. (1).

333

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. 260/199. Roma, 13 giugno 1926, ore 15.

Riguardo suo telegramma 337 (2) decifri da sè, non perda veruna occasione per far intendere e comprendere circoli politici responsabili Belgrado che azione italiana in Albania è di carattere esclusivamente economico e che altre mire non esistono. Italia fa e vuol fare una politica di pace con tutti e specialmente coi suoi vicini ma non può rinunciare pena la decadenza e la miseria a trovare sbocchi alle sue necessità produttive. Ogni allarme è quindi assolutamente ingiustificato. Del resto il fatto che io sia disposto a riprendere conversazioni per un più stretto accordo Roma-Belgrado è significativo e tale da dissipare preoccu

12) Cfr. n. 335.

pazioni. Debbo però dichiarare a V. E. che Governo italiano non permetterà che Albania diventi una specie di appendice jugoslava sottoposta al vigile sospettoso controllo di Belgrado. C'è una esplicita deliberazione solenne delle grandi potenze che hanno affidato alla Italia il compito di tutelare difendere sviluppare l'Albania. Italia che è stata dovunque sacrificata non intende rinunciare a questo diritto. A Belgrado si conosce perfettamente questa decisione delle grandi potenze, decisione che stabiliscee in modo categorico la priorità italiana nelle faccende albanesi.

(l) Nota marginale di pugno di Mussolini: • No. M. •.

334

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, ALOISI

T. GAB. 259/156. Roma, 13 giugno 1926, ore 17.

Suo telegramma 171 (1).

La nuova domanda finanziaria del signor Ahmed Zogu non mi sorprende perchè ribadendo come noi desideriamo i suoi vincoli verso di noi è inevitabile che sopra di noi debbano ricadere alcune delle preoccupazioni .finanziarie in cui codesto Governo si dibatte. Tutto sta però ad assicurarsi che i nostri sacrifici finanziari che vanno divenendo ingenti se si tien conto anche delle forniture militari riescano a farci conseguire quel risultato politico che noi perseguiamo. Se questo non dovesse avvenire sarebbe il caso di irrigidirei in una semplice osservanza delle convenzioni della Svea per arrivare prima o poi alla messa in moto del meccanismo dei pegni e !imitarci a questo. Il R. Governo preferisce naturalmente battere la via degli accordi politici per il vantaggio che una intemsificazione .consensuale dei nostri rapporti presenta di fronte ai terzi. A questo scopo ha sopportato ed è pronto a sopportare nuovi oneri. Ma bisogna che il frutto di essi cominci a maturare.

Il R. Governo subordina perciò l'accoglimento della domanda del signor Ahmed Zogu per un nuovo prestito alla firma dell'accordo fondamentale politico e nella forma più impegnativa delle due rilasciate a V. E. V. E. vorrà perciò tastare il terreno in base ai testi che le sono stati ·qui ·consegnati e se l'atteggiamento del signor Ahmed Zogu non sarà quello che lei si attende le sarà agevole fargli comprendere il contrasto che si verrà a delineare fra tale atteggiamento e la domanda all'Italia di un nuovo sterile sacrificio pecuniario.

335

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 5·73/337. Belgrado, 13 giugno 1926, ore 0,10 (per. ore 3,25).

Decifri Ella stessa. In questi ultimi tempi attraverso alcune allusioni fattemi da uomini politici e nella sua chiarezza attraverso articoli di giornali, ho potuto notare una tal

24~

quale apprensione per possibili avvenimenti in Albania. L'improvvisa partenza poi di Tutulani, capo delegazione albanese per il commercio (vedere mio telegramma n. 328) (1), ha reso più intensa tale preoccupazione e non è mancato chi ha voluto attribuire tale fatto a pretesa pressione straniera su Ahmed Zogu. Nomina di Zena bey a ministro a Belgrado, nomina che è qui ritenuta, come è noto a V. E., un successo jugoslavo, avrebbe dovuto calmare tale preoccupazione; ma invece non ha servito allo scopo e una manifesta diffidenza regna ormai qui nei riguardi del Governo di Ahmed Zogu. Questo stato di fatto ho creduto dover segnalare all'E. V. anche perchè ratifica trattato di commercio e navigazione è ormai prossima e certa la rati.fica di tutte le altre convenzioni del 1924 e 1925. Come già ebbi altre volte ad esporre all'E. V. qui sono molto sensibili ad ogni questione che tocchi l'Albania per la vicinanza alla Serbia meridionale. Esso è l'unico campo nel quale potrebbero sorgere serie divergenze fra noi ed i serbi, i quali, giova ripeterlo... [manca] hanno fino ad ora dimostrato sentimenti di sincera amicizia verso l'Italia, mettendosi in aperto contrasto con i croati ed i sloveni, i quali ci sono stati sempre ostili e non amerebbero di meglio che potere creare l'unione delle tre stirpi sul terreno della politica estera dopo averlo invano tentato su quello della politica interna.

(l) T. gab. s. 572/171, trasmesso 1'11, ore 22,52, per. ore ~.30 del 12: richies~a da parte di Ahmed Zogu di un milione e mezzo di ìranchi oro per riorganizzare la gendarmeria albanese.

336

L'AMBASCIATORE A MOSCA, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 585/141. Mosca, 14 giugno 1926, ore 0,30 (per. ore 10,10).

Decifri ella stessa.

Mio telegramma gabinetto 137 (2) .

... [manca] Mosca ambasciatore di Russia può rappresentare anche un sondaggio a nostro riguardo diretto ad accertare quale è nostra linea nella faccenda e quali sono nostre relazioni coi Baltici e particolarmente con Polonia.

Comunque sia, merita venga ponderato se non convenga valersene per intensificare nostro contatto con Mosca, col rispondere genericamente che la nostra :influenza si esercita in senso amichevole, moderatore e con simpatia verso conclusione patto Mosca suoi vicini occidentali. Potrà crearsi un terreno per ulteriori contatti Roma-Mosca, che potremo sfruttare per temporeggiare o per controbilanciare quelli Berlino-Mosca che non credo si esercitino con simpatia :r;er noi. Ho sensazione che firma del trattato Berlino suggerirà qualche inten~ificazione dei nostri contatti diplomatici con Mosca.

(l) -T. gab. 563/328, trasmesso il 9, ore 17, per. ore 18,50 del 10, non pubblicato. (2) -T. gab. 559!137, trasmesso 1'8, ore· 22,35, per. ore 6 del 9: proposte di Mosca agli stati baltici per un patto di non aggressione e neutralità.
337

IL MINISTRO A DURAZZO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 623/198. Durazzo, 18 giugno 1926, ore 20,55 (per. ore 24).

Seguito mio telegramma gabinetto n. 195 (l) e seguenti.

Stamane ho ripreso trattative insistendo ancora più fortemente per l'accettazione del progetto d'accordo. Ahmed Zogu, pur non confutando tutti gli argomenti da me addotti, si è trincerato dietro suo desiderio di aver un abboccamento in settembre con V. E·. prima di impegnarsi su una formula ricordante dichiarazione conferenza degli ambasciatori del '21 che mi ha dichiarato recisamente... (manca] prendere in considerazione (2).

Per conseguenza avrebbe firmato l'accordo qualora venisse eliminata l'allusione alla dichiarazione del '21; e anzi per dare a V. E. prova sicura che egli è legato alla politica italiana con tutta lealtà e per smentire qualsiasi dubbio circa pretesi accordi, che smentiva energicamente con la Jugoslavia, era pronto a firmare qualsiasi accordo o dichiarazione che impegni la sua azione politica, militare e finanziaria, e ciò fino a che (da qui a due mesi circa) non avrà potuto esaminare insieme con V. E. l'opportunità di addivenire ad un accordo sulla base della dichiarazione '21.

Ho replicato che di accordi segreti non era più il caso di parlarne; che a

V. E. occorreva un trattato tra i due Governi per cui io non avrei potuto trasmettere altra offerta. Ahmed Zogu allora mi ha incaricato di far conoscere a

V. E.: che è pronto a firmare qualsiasi accordo, tra Governo e Governo, redatto a piacimento di V. E. (purchè non faccia allusione alla nota dichiarazione di Parigi) che impegni l'azione del Governo albanese: che questo accordo, che egli si offre di fare ratificare dalla camera, permetterà a V. E. di aver tutte le .garanzie fino a che un abboccamento tra V. E. e lui deciderà della possibilità di stabilire dettagli nuovo accordo sulla base dichiarazione di Parigi o la continuazione del primo. Egli inoltre si impegna subito a firmare la convenzione pubblica ed a dare tutte le concessioni e facilitazioni che V. E. vorrà indicare. Mi ha domandato però che queste trattative non interrompano tutto il lavoro in corso e che alla firma del primo accordo egli possa ottenere il prestito richiesto (vedi mio telegramma gabinetto n. 171) (3).

È mia opinione: che non ~onvenga interrompere il lavoro iniziato; che accordo impegnante l'azione politica, militare ed economica del Governo albanese, non infirma la dichiarazione conferenza degli ambasciatori del '21 la quale

manterrebbe il suo valore; che converrebbe tenere per il momento segreto tale accordo fino a settembre, a meno di circostanze che ne consigliassero la pubblicazione.

Se V. E. condividesse mia maniera di vedere pregherei volermi fare tenere telegraficamente testo deU'a·ccordo; testo che dovrebbe tenere conto della suscettibilità di Ahmed Zogu ma che nello stesso tempo dovrebbe legare azione diplomatica, militare ed economica dell'Albania.

Subordinatamente prego V. E. voler farmi conoscere se devo continuare a dare seguito a tutti gli affari in corso e se per la firma accordo posso promettere pagamento due milioni regalo e concessione prestito da rimborsarsi (mio telegramma gabinetto n. 171).

(l) -T. gab. s. 607/195. trasmesso il 17 alle ore 24. per. ore 2 del 18, T. gab. s. 610/l96, trasmesso il ·18 alle ore l, per. ore 6,30, e T. gab. s. 611/197, trasmesso il 18 alle ore 2, per. ore 6,30, sulle trattative politiche con l'Albania, non pubblicati. (2) -La conferenza degli ambasciatori, nella seduta del 9 novembre 1921, .aveva sostituito alla commissione di controllo internazionale e di neutralizzazione la concessione all'Albania di rivolgersi alla Società delle Nazioni per ottenere assistenza e l'impegno, da parte delle quattro po.tenze alleate, a raccomandare che tale assistenza fosse offerta dall'Italia riconoscendo che la violazione della frontiera o dell'indipendenza dell'Albania potrebbero costituire una minaccia per la sicurezza strategica dell'Italia». Cfr. A. LESSONA, op. cit., p. 93. Sui motivi per i quali la diplomazia italiana insisteva perchè il patto italo-albanese facesse richiamo a questa seduta della conferenza degli ambasciatori, cfr. JACOMONI, op. cit., pp. 235-236. (3) -Cfr. p. 243, nota l.
338

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 631/110. Addis Abeba, 19 giugno 1926, ore 12 (per. ore 9,35 del 20). Mi onoro comunicare seguente lettera inviatami da Ras Tafari in relazione al telegramma V. E. gabinetto 77 (l): «Ho letto con piacere la lettera che lei per sua benevolenza mi ha inviata per comunicarmi un telegramma del presidente consiglio ministri italiano S. E. Mussolini. La ringrazio di avermi partecipato quanto ha detto l'on. Mussolini e cioè la sua volontà di rispettare indipendenza del mio paese ed ogni suo diritto essendo la politica di lui (Mussolini) pieno diritto con spirito amichevole e di reciproca buona volontà con animo cordiale e senza ·che egli abbia alcun cattivo pensiero verso il mio paese. Poichè io non solo non avevo mai comunque dubitato di questi suoi pensieri anzi avevo sempre avuto fiducia nella sua amiciz,ia, prego V. E. voler benevolmente comunicare all'an. Mussolini, presidente del consiglio dei mi

nistri che io ho sempre speranza che senza mutare per l'avvenire la nostra amicizia andrà rafforzandosi ».

339

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. 275/354. Roma, 20 giugno 1926, ore l. Richiamo attenzione V. E. su manovra delineatasi dagli antifascisti consistente nel far credere alla fatalità e alla imminenza di una guerra dell'Italia contro la Francia. Le manifestazioni pubbliche più recenti e sintomatiche sono un articolo di un deputato liberale inglese «Retour de France » e articolo Corriere Italiani. Altre informazioni confermano esistenza questa manovra. Bisogna

trovar modo di contrastarla e nella stampa e negli ambienti politici. V. E. conosce mie idee al riguardo.

(l) T. gab. 218/77, trasmesso il 28 maggio, ore l, non pubblicato.

340

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, ALOISI

T. GAB. 278/168.

Roma, 20 giugno 1926, ore 4,30.

Suo telegramma n. 198 (1).

Non posso celare a V. E. mia grave impressione per atteggiamento del

signor Ahmed Zogu che giustifica qualsiasi scetticismo sulla chiarezza delle

sue intenzioni. È bene che V. E. esprima a lui stesso questa mia impressione

dicendogli che io non posso spiega11mi come egli non scorga l'interesse dell'Al

bania di vedere garantita la propria sicurezza da una potenza che nella dichia

razione di Par.igi vede unicamente un mezzo giuridico di legittimazione della

difesa dell'Albania contro i pericoli che la minacciano, e indirettamente da

aUre tre grandi potenze.

Il signor Ahmed Zogu deve convincersi che per l'Italia la dichiarazione di Parigi esiste ed esisterà sempre voglia o non voglia l'Albania. Il Governo italiano, che nell'agosto scorso firmò il noto accordo segreto sulla promessa del signor Ahmed Zogu di accettare poi il testo A non ha insistito su questo testo se non per rendere perfetto l'a·ccordo segreto. Se il signor Ahmed Zogu vuole continuare a mostrarsi irreducibile sulla dichiarazione di Parigi il R. Governo non riterrà per questo menomato il valore di tale dichiarazione nel campo della politica internazionale e non ha quindi nulla di più da proporre non dico nell'interesse dell'ItaHa ma in quello dell'Albania, giacchè esso giudica conveniente di non fare alcun atto piuttosto che farne uno che esca dai limiti della dichiarazione di Parigi.

Sarò lieto di incontrarmi col signor Ahmed Zogu a settembre se egli tiene a vedermi. Ma è da mettere bene in chiaro che dovendo conversare personalmente io e lui il tema della conversazione non potrà essere che la dichiarazione di Parigi e che quindi egli non può chiedere di abboc,carsi con me escludendo a p-riori l'accettazione di quella dichiarazione.

Mi riservo di conoscere la risposta che egli sarà per dare a V. E. prima d·i inviarle istruzioni sul seguito da dare alla questione dei due milioni ed a quella del prestito sui buoni del tesoro.

341

IL MINISTRO A DURAZZO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 635/206. Durazzo, 21 giugno 1926, ore 0,45 (per. ore 6).

Ho letto integralmente ad Ahmed Zogu ed opportunamente commentato telegramma di gabinetto di V. E. 278 (2). Malgrado visibile impressione fattagli da detta comunLcazione egli, pur non disconoscendo in al-cun modo il valore della dichiarazione di Parigi dal punto di vista internazionale, persiste nel

giudicare indispensabile un colloquio con V. E. prima impegnare il suo paese nell'accordo con l'ItaUa. S. E. Mussolini ha, egli ha continuato, le prove che io ho dato e dò nel campo finanziario, economico, militare e politico per legare strettamente il mio paese alla politica italiana; egli sa che da ogni parte mi vengono lanciate accuse, di cui non mi curo, di essere venduto all'Italia; egli ha nelle mani un accordo segreto, molto più compromettente di qualsiasi aecordo che possiamo fare e che io lo autorizzo a rendere pubblico quando vuole. Per queste ragioni S. E. Mussolini non può avere alcun dubbio sulla chiarezza delle mie intenzioni che sono quelle che io in coscienza credo giovino all'interesse del mio paese, e non vorrà sopratutto rifiutarmi di avere da lui direttamente delle assicurazioni prima di impegnare palesemente il mio paese in una politica estera che, già sospettata dai nostri vLcini, soHeverà perciò dei contrasti. Ho risposto che appunto per fissare internazionalmente le posizioni reciproche dell'Italia e dell'Albania e ciò nell'unico (?) interesse di quest'ultima occorreva che il R. Governo da parte sua conti sul mezzo giuridLco di legittimazione di difesa dell'Albania contro i pericoli che la minacciano. Ahmed Zogu convinto che non si poteva più parlare di accordi segreti o di atti pubblici che escano dui limiti della dichiarazione di Parigi, e richiesto da me di precisa,re il suo pensiero, mi ha pregato trasmettere a V. E. la seguente comunicazione che gli ho riletto e che ha confermato: « Allorquando in settembre il presidente della repubblica a'lbanese si incontrerà con S. E. Mussolini e gli avrà es:posto tutti i suoi motivi ed intendimenti e che ad onta di tutte le ragioni esposte S. E. Mussolini non le riterrà sufficienti per transigere sul punto della dichiarazione di Parigi del 1921 ed insisterà per ottenere questo riconoscimento, il signor Ahmed Zogu cederà». Sui motivi del persistente atteggiamento di Ahmed Zogu confermo mio telegramma n. 202 (1).

(l) -Cfr. n. 337. (2) -Cfr. n. 340.
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 640/720/428. Parigi, 21 giugno 1926, ore 22 (per. ore 24).

Telegramma di V. E. n. 275/354 (2).

Manovra di cui V. E. accenna non mi era sfuggita e per ciò che riguarda Corriere degli Italiani ho già protestato (mio telegramma n. 708/418) (3).

In questo momento uomini politici e stampa sono esclusivamente interessati dalla erisi di Governo e dalla questione finanziaria. Ma non appena ristabilita una calma inizierò campagna per ricondurre Governo e la opinione pubblica ad una più veritiera concezione delle tendenze amichevoli dell'Italia e delle possibilità che questa tendenza comporta.

Dovrò anche osservare quale mutamento sia per produrre la probabile partecipazione di Poincaré al Governo così nei riguardi nostri che in quelli della

politica di riavvicinamento della Francia alla Germania su cui ho già attirato l'attenzione di V. E. Questo riavvicinamento ha già preso forma concreta nel campo economico e come accennavo nell'ultima parte del mio telegramma odierno si avvicina momento in cui dovremo prendere la... [manca] sulla nostra politica continentale. Aggiungo che questa decisione forse dovrà essere presa anche prescindendo da quella di concessioni coloniali immediate che faceva parte delle istruzioni da V. E. datemi verbalmente e sostituendole con impegni futuri. Tornerò su questo argomento non appena preso contatto con il Governo nella sua nuova costituzione. Mi permetto poi far presente (trattandosi di una questione connessa con la nostra politica generale e quella verso la Francia) che occorrerebbe affrettare ·conclusione del patto... [manca] con Jugoslavia per non perdere il beneficio della precedenza e di un legame più stretto.

(l) -T. gab. s. 629/202, trasmesso il 19, ore 20,40, per. ore 3 del 20: riluttanza di Ahmed Zogu a riconoscere la dichiarazione di Parigi che gli appare quasi un mandato sull'Albania attribuito all'Italia dalle grandi potenze. (2) -Cfr. n. 339. . (3) -T. gab. (p. r.) 372/708/418, trasmesso il 18, ore 22,25, per. ore 24, non pubblicato.
343

IL MINISTRO A DURAZZO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 646/214. Durazzo, 22 giugno 1926, ore 22 (per. ore 3 del 23). Al fine di prospettare a V. E. ogni elemento atto a giudicare esaurientemente situazione, mi permetto esporre a V. E. seguenti considerazioni, che prescindono da altri impegni internazionali a me ignoti. Rinvio a settembre di qualsiasi a•ccordo economico per Albania può presentare i seguenti inconvenienti: l) Nostra penetrazione in Albania fa sorgere spontaneo ii dubbio di esistenza di accordi segreti itala albanesi; campagna della stampa jugosiava che accusa Ahmed Zogu di essere a noi venduto ne è una prova. Di conseguenza bisogna scontare tra le probabilità immediate e future quelle che la notizia di queste nostre trattative, quantunque mantenute segretissime, venga a conoscenza del Governo di Belgrado; 2) Che in questo caso Governo jugosavo correrà ai ripari in duplice maniera: a) Dal punto di vista politico mettendo in guardia firmatari della dichiarazione di Parigi o forse provocando spiegazioni dirette con R. Governo per parare i:l pericolo di una unione troppo intima fra i due paesi. Ciò che creerebbe nuova situazione ostile trattative settembre tra V. E. ed Ahmed Zogu; b) Dal punto di vista militare con la preparazione di una incursione alla frontiera albanese, sotto forma di bande, con risultati tali da metter·e sul tappeto questione frontiera albanese allo scopo di interessare in ultima analisi Società delle Nazioni. Allora noi ci troveremmo

in situazione poco adatta per accordarsi; 3) Che quantunque in questo momento io non abbia dubbi che Ahmed Zogu vogHa realmente incontraflsi con

V. E. in settembre, perchè è obbligato secondo l'espressione da lui stesso usata di «lasciarsi mettere il laccio al collo per il bene dell'Albania», non posso garantire in previsione di avvenimenti più sopra segnalati, che la stessa volontà lo animi in quell'epoca; 4) Infine quando mi sarà riuscito di portarlo davanti a V. E., può darsi che egli metta condizioni tali da decidere il R. Governo e non dare seguito all'accordo. Data questa situazione rimango del subordinato avviso ·che ho già avuto .l'onore di esporre verbalmente a V. E. e cioè che occorre per il momento impegnare subito il Governo albanese con un accordo

20 ~-Documenti diplomatici • Serie VII · Vol. IV

fra i Governi e anche se questo accordo si discosti dalla nota dichiarazione di Parigi, e ciò fino a che V. E. in settembre non avrà creduto fare altro accordo con Ahmed Zogu. Allora verrebbe pubblicato l'uno o l'a'ltro di questi accordi, ma fin da ora avremo l'enorme vantaggio di avere fissato definittivamente politica estera albanese. Pertanto se V. E. crede volermene dare autorizzazione telegrafica, io rinnoverei ad Ahmed Zogu penosa impressione di V. E. per sua attitudine, dichiarandogli che V. E. mi chiama a Roma per spiegazioni al riguarao prima di prendere qualsiasi decisione. Cercherei allora di indurre subito Ahmed Zogu di impegnarsi a firmare al mio ritorno :formula accordo da parte nostra in base alle istruzioni modificato, e doè: 'Sopprimendo dalle paro1e « sulla base della » fino alle parole « novembre 19,21 » 1rimpiazzandole con le altre «Italia e Albania nell'intento di rafforzare il mantenimento della pace decidono di voler ecc.... » come nel testo progettato; e .con l'aggiunta in fondo

«per conseguenz•a l'Albania s'impegna a non stringere alcun accordo politico che sia in contrasto con la presente stipulazione ». Ed a firmare altresì convenzione politica. Questi due accordi monopolizzerebbero completamente a favore dell'Italia azione interna ed estera dell'Albania e ci darebbero la sicurezza di attendere qualsiasi atteggiamento di Ahmed Zogu, mentre così il lavoro intrapreso si potrebbe sviluppare in un'•atmosfera di .fiducia anzichè in u111a incertezza di rapporti politici (1).

344

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE S. 720/718. Londra, 23 giugno 1926 (per. il 3 Zuglio).

Mi risulta che al momento attuale una delle questioni che maggiormente

preoccupano il Governo britannico è la situazione egiziana. Per quanto Zagloul

Pasha col sottomettersi al veto posto dal Governo britannico all'assunzione

diretta del potere abbia permesso che si superasse una grave crisi nei rapporti

anglo-egiziani, tuttavia 'lo svolgersi degli avvenimenti in Egitto si impone

all'attenzione del Governo britannico il quale si rende esatto conto che l'Egitto

marcia verso la sua completa indipendenza.

La situazione permane assai grave dati gli interessi imperiali che si ricol

legano all'Egi,tto quale punto obbligato di transito ai domini del'l'<><:eano In

diano e del Pacifico, e data anche la circostanza che la concessione del canale

di Suez viene a scadere fra una ventina di anni. Il Governo britannico, ment·re

vede chiaramente la necessità di conservare il controllo del canale, e di otte

nere ad ogni costo che la concessione di esso venga rinnovata, non si dissimula

d'altra parte che gli sviluppi della situazione interna egiziana possano rendere

sempre più difficile ed aleatorio il necessario consolidamento dell'attuale stato

di cose. Tali preoccupazioni insieme con quelle derivanti dalle incertezze circa

la definitiva sistemazione di Tangeri, investono i due capisaldi delle linee di

traffico imperiale attraverso il Mediterraneo, e mettono quindi al primo posto, dinnanzi all'attenzione del Governo britannico, il problema mediterraneo.

La sua attualità è a·ccresciuta anche dal fatto che è prossima a rtunirsi (ottobre 1926) la conferenza imperiale che oltre ad occuparsi della pail"tecipazione dei Domini alla pdlitica estera britannica, è chiamata a discutere sopratutto le grandi questioni della difesa comune, e delle comunicazioni, problemi che .investono entrambi i menzionati capisaldi: Suez e Tangeri. Non è quindi a sorprendere che il problema mediter.raneo, come del resto mi consta in maniera precisa, formi in questo momento oggetto da parte del Governo britannico di esame approfondito.

Per quanto concerne Suez in queste sfere dirigenti si deplora la politica liberale seguita da L'loyd George nei riguardi dell'Egitto, ed in vista della necessità imperiale di conservare il dominio del canale, si studiano seriamente i mezzi per riparare i gravi errori commessi. Poichè l'Egitto, nonostante le cinque note riserve fatte dal Governo britannico al momento della rinunzia al protettorato è, ed è riconosciuto internazionalmente, paese indipendente, il Governo britannico sente di non avere tutta quella libertà di movimento per compiere, eventualmente, qualche passo indietro o qualche a.tto di forza, anche perchè l'Egitto, pur non facendo parte della Società delle Nazioni, ha tuttavia il diritto, in forza del Covenant, di adire l'istituto di Ginevra.

Tale grave limitazione di movimento induce il Governo britannico, come mi è stato dato rilevare da diversi segni, a preparare la soluzione del problema egiziano col creare una situazione diplomatica :liavorevdle con le grandi potenze direttamente interessate nel Mediterraneo, e cioè l'Italia e la Francia.

Non è anzi azzardato attribuire in buona parte al desiderio britannico di arrivare ad una soluzione organica e complessiva del problema mediterraneo, il suo recente atteggiamento verso l'Italia nei rispetti di Giambub e dello statuto di Tangeri.

Per quanto riguarda la Francia, pur non disponendo di precisi elementi per affermarlo, non saprei tuttavia escludere, e ·ciò in base a vari indizi che mi è stato dato cogliere, che il Governo britannico non abbia già o non stia attualmente sondando il terreno a Parigi, circa la questione egiziana. Gli scambi di idee fra il Fol'eign Office e il Quai d'011say, sono senza dubbio facHitati dall'intima politica di collaborazione su cui ho più volte attirata l'attenzione di V. E. e che rende necessari frequenti, continui contatti fra Londra e Parigi, in vista dei molteplici prob1.emi e interessi comuni ai due paesi.

È da rilevare che l'Inghilterra trova spianata la via presso il Gabinetto di Parigi dal fatto che la politica estera francese, al pari di quella inglese, è diretta a consolidare la propria situazione nel mondo, e ad assorbire e, comunque, rendere sicuri i molteplici acquisti già fatti. Circa l'Italia, invece, questo Governo si rende conto delle nostre necessità di espansione, del nostro desiderio di migliorare l'attuale situazione, e pertanto Foreign Office pensa che da parte italiana possano sollevarsi problemi nuovi con re1.ative complicazioni, là dove tutta la sua politica è volta ad appi:anare le difficoltà esistenti, liquidare pendenze del passato, eliminare ogni pericolo di attrito. Da qui una certa riluttanza ad impegnarsi con noi. Si comprende quindi come il Foreign Office senta che la strada che porta a Roma è meno agevole a percorrersi di quella verso Parigi.

Devo però aggiungere, come ho del resto già segnalato a V. E., che nonostante l'attuale perfetta intimità dei rapporti politici anglo-francesi, questo Governo non trascura di seguire nella maniera più vigile lo sviluppo delle relazioni franco-tedesche, conscio che un definitivo riavvicinamento fra Parigi e Berlino, sia :pure limitato per ora al campo economico, potrebbe in definitiva reagire sfavorevolmente sui rapporti fra Londra e Parigi.

Appare evidente perciò che H Governo inglese non voglia commettere l'errore di lasciar passare l'attuale favorevole momento per ottenere l'adesione francese a quanto nei riguardi dell'Egitto gli sta sommamente a cuore, e forma la sua maggiore preoccupazione, conv,into che in avvenire la Francia, se legata da eventuali accordi con Germania, potrà sentire con minore intensità il bisogno di appoggiarsi a Londra.

La visita presidenziale alla corte inglese (per ora rimandata in seguito alla crisi ministeriale francese) non ha, come ebbi a suo tempo a riferire, il carattere di una semplice restituzione, che non era formalmente dovuta, ma riveste una più grande importanza politica. Essa, almeno nelle intenzioni del Governo britannico, è appunto destinata a rafforzare l'intimità delle relazioni franco-inglesi, ed io non saprei escludere che l'atmosfera di cordialità creata dalla visita presidenziale, possa presentarsi a'l Governo inglese come l'occasione più propizia per [far] fare un passo decisivo alle conversazioni concernenti sia la politica generale, sia più particolarmente la questione egiziana.

Da parte mia non manco di vigilare onde cogliere ogni nuovo elemento degli eventuali approcci inglesi presso il Governo francese per quanto concerne la questione egiz.iana e mediterranea, convinto che essi costituiscono una fase pre'J.iminare di successivi sondaggi presso il Governo del re. È comunque per noi degno di rilievo che il Governo britannico ha portato e sta portando nella soluzione delle questioni mediterranee che interessano l'Italia un atteggiamento che può descriversi come favorevole alle nostre aspirazioni, onde è lecito dedurre che esso senta tutta l'opportunità di alimentare le nostre favorevoli disposizioni a suo riguardo.

Devo aggiungere infine che nel quadro organico della politica mediterranea cui la Gran Bretagna dedica in questo momento la sua attenzione, si presenta come elemento integrativo di speciale importanza la Grecia ed i problemi che ad essa si riferiscono.

Di tale argomento mi riservo di intrattenere V. E. con apposito rapporto.

(l) II senso di questa proposta mirava: l) a porre l'esercito e la gendarmeria alpanese sotto istruttori italiani; 2) a mettere la finanza e l'economia nazionale albanese sotto .Il controllo dell'Italia; 3) a mettere l'intera Albania sotto la protezione dell'Italia. Cfr. J. SwiRE, Albania The Rise of a Kingdom, London, 1929, p. 473.

345

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, ALOISI

T. GAB. 293/170. Roma, 24 giugno 1926, ore 4,30. Suo telegramma 206 (1).

Prendo atto della dichiarazione del signor Ahmed Zogu ma non la reputo sufficiente. Non posso accettare un convegno col signor Ahmed Zogu se non

come gesto di consacrazione di un accordo già firmato che in quella occasione

verrebbe annunziato solennemente.

Debbo perciò fissare a V. E. seguenti punti:

l) Che accordo deve avere per base dichiarazione di Parigi possibilmente secondo il testo A ed in ultima ipotesi secondo il testo B; 2) Che uno di questi due testi deve essere firmato prima dell'incontro; 3) Che l'Italia, che ha nelle sue mani la dichiarazione di Parigi, non

ha una necessità di correre dietro ad un accordo con l'Albania;

4) Che il R. ministro a Durazzo è l'unico tramite di mia assoluta fiducia attraverso il quale il signor Ahmed Zogu può farmi giungere le sue richieste e farmi conoscere i suoi intendimenti;

5) Che se egli vuole che queste richieste e questi intendimenti giuochino nella conclusione dell'accordo deve farmeli conoscere subito e pel tramite di

v. E.;

6) Che appena io avrò avuto agio di esaminare le une e gli altri e riterrò egualmente di non abbandonare la .presente trattativa il signor Ahmed Zogu dovrà ottemperare alla promessa fatta e firmerà il testo A o il testo B con riserva di renderlo pubblico all'atto del nostro incontro a settembre;

7) Che se il signor Ahmed Zogu non ritiene di potere entrare sin da ora ln questa concatenazione di cose e portarle sino in fondo lo dichiari francamente e la trattativa sarà tnterrotta.

Dopo che V. E. avrà comunicato i punti che precedono a S. E. Ahmed Zogu ed avrà accertato il suo atteggiamento definitivo, me ne riferirà telegraficamente e poi vorrà venire a Roma a conferire. Intanto resta sospesa ogni prestazione di denaro o di materiali che non siano quelli in applicazione del prestito Svea.

(l) Cfr. n. 341.

346

IL MINISTRO A DURAZZO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T.GAB.s.660/223. Durazzo, 24 giugno 1926, ore 21,30 (per. ore 3,30) (1).

Telegramma di V. E. 293 (2).

Ho dato subito conto istruzioni di V. E., in maniera recisa e ferma in modo da non dar·e possibilità replica ad Ahmed Zogu. Prima di dargli lettura del telegramma, ho creduto opportuno ben fissare attenzione del... [manca]:

l) che V. E. mi aveva concesso dall'inizio mia missione più larga fiducia e mezzi più ampi per compimento stretta intesa economica politica; 2) che rendendomi garante della sincerità di lui (Ahmed Zogu) ero riuscito presso V. E., che aveva in mano delle sicure prove in contrario, ad ottenere dal R. Governo tutto quello che mi era stato richiesto e che costituiva per noi un carico finanziario molto rilevante; 3) che in seguito alla mancata tempestiva comunicazione fattami del. testo del trattato di commercio albanese jugoslavo, da lui stesso offertomi senza che io l'avessi domandato, all'inesplicabile ritardo della di lui firma alla

(2J Cfr. n. 345.

convenzione dei petroli (vedi telegramma di V. E. 287) (1), e sopratutto alla condotta ambigua nelle recenti trattative politiche io non mi sentivo più in grado segnalare a V. E. quella fiducia e sincerità che invece ritenevo più che necessaria per continuare fra noi un lavoro così difficile e delicato. Ho dato quindi traduzione verbale e opportuna del telegramma di V. E. n. 293. Ahmed Zogu non ha obiettato nulla e mi ha domandato solo di rileggere il telegramma affinchè sotto la mia dettatura egli potesse prender nota dei vari punti. Ho terminato dicendogli che, poichè egli aveva avuto l'opportunità di pesare attentamente queste dichiarazioni, sia quando era presidente del consiglio, sia all'epoca delle trattative di Lessona, e sia infine con me, non era più il caso di tergiversare, avendo io ordine di recarmi subito a Roma per conferire, e che ero infine molto dispiacente di constatare che egli non avesse sufficentemente apprezzato il lavoro intenso da noi fatto principalmente per il bene dell'Albania ed a sostegno della di lui posizione.

Ahmed Zogu allora mi ha domandato di andare domani mattina da lui alle dieci per prendere la risposta.

Per appoggiare questa mia pressione prego V. E. disporre invio d'urgenza di un cacciatorpediniere. Partirò appena avrò riferito telegraficamente seguito trattative

(l) Sic.

347

APPUNTO DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

Roma, 26 giugno 1926.

Colloquio coll'Ambasciatore di Germania.

Berlino è preoccupata dal timore che il recente accordo italo-inglese per l'Abissinia sia diretto contro la Germania, nel senso di escludere qualsiasi altra potenza dal libero movimento economico dell'Abissinia.

L'ho rassicurato su questo punto. (Gli ho promesso in ogni modo una risposta precisa) (2).

348

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. R. 683/112 (3). Addis Abeba, 26 giugno 1926, ore 22

(per. ore 10 del 27).

Mio collega Inghilterra è partito in regolare congedo pochi giorni dopo presentazione al Governo etiopico delle note relative accordo italo inglese. Negli ultimi giorni sua permanenza Addis Abeba è un ostentato avvicinamento tra il

mio collega inglese e ras Tafari (al quale non credo che sia estraneo questo ministro francese) tanto che egli è partito per Londra dichiarandosi pienamente soddisfatto delle assicurazioni ricevute da ras Tafari. È evidente intenzione del Governo etiopico di togliere ogni valore all'accordo italo inglese sia pure accontentando in qualche modo la richiesta inglese per il lago Tzana mentre perdura il sospetto ed il risentimento per la nostra richiesta specialmente per quanto concerne il riconoscimento dell'influenza economica esclusivamente in tutto il territorio percorso dalla ferrovia. È sintomatico il fatto che nella risposta fatta dal Governo alla nota britannica è espressa meraviglia che quest'ultimo abbia potuto rivolgersi al Governo italiano per ottenere il suo appoggio per la concessione del lago Tzana mentre è già stato deciso dar corso trattative fra il Governo inglese ed abissino allo stesso scopo. Non ho nessuna ragione per muovere delle accuse al mio collega inglese ma indubbiamente le sua condotta in questi ultimi tempi è stata influenzata da questo ministro di Francia ed egli, dopo di essersi vanamente opposto alla presentazione delle note redatte nel dicembre scorso in Roma, ha cercato di fronte questo Governo di mantenere l'importanza

ed il ,carattere [sic] occupandosi unicamente della questione deHo Tzana.

(l) -T. gab. 287/125, trasmesso il 22 alle ore 2: istruzioni di informare telegraficamente appena avvenuta la firma della convenzione. (2) -L'appunto è di pugno di Grandt. (3) -Sic, ma si tenga presente che il numero di prot. particolare del telegramma è lo stesso di quello del telegramma pubblicato al n. 350.
349

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 686/391. Belgrado, 27 giugno 1926, ore 19,50 (per. ore 4 del 28).

Decifri Ella stessa.

Mio telegramma 385 (1).

V. E. avrà potuto rilevare sia dal testo inviato in chiaro dei discorsi di Ninci:c e del presidente della camera sia dalle corrispondenze inviate ai giornali italiani come dibattito di ieri alla Scupcina siasi risolto con nostra soddisfazione e grande aumento nostro prestigio. Aggiungo che ieri più che mai si è affermata profonda scissione esistente fra i serbi che fecero guerra con noi ed i croati che mantengono mentalità austriaca.

Di questa scissione potremo servirei a suo tempo.

Riterrei però opportuno che linguaggio nostra stampa su tale argomento sia mantenuto molto cauto per non urtare suscettibilità dei serbi e non creare imbarazzi al signor Nincic che ripeto è stato ed è violentemente attaccato dalla stampa specialmente croata. E ciò anche in considerazione che nella prossima settimana saranno portate alla Scupcina le convenzioni di Nettuno.

(l) T. Gab. 679/385. trasmesso il 26, ore 19,30, per. ore 0,20 del 20: discorso italofobo alla .camera S.H.S. del deputato croato Busch, invitato ad una maggiore correttezza di linguaggio da Nincié e dai presidenti del consiglio e della camera.

350

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR, 690/112 (1). Addis Abeba, 27 giugno 1926, ore 12,25 (per. ore 12,50 del 28).

Malgrado formale assicurazione data da V. E. a ras Tafari sulle amichevoli intenzioni di codesto Governo e le analoghe dichiarazioni fatte da ras Tafari da me trasmesse a V. E. con mio telegramma n. 110 (2), permane tuttavia il sospetto ed il risentimento contro di noi, fomentato dagli innumerevoli articoli di giornali europei che ci attribuiscono chiare e precise intenzioni di conquista dell'Abissinia. A tali intenzioni questo Governo trova conferma nella parte dell'accordo italo-inglese ,che riguarda il riconoscimento da parte dell'Inghilterra della nostra esclusiva influenza economica in tutta l'Etiopia sud occidentale. Credo mio dovere far presente a V. E. che Governo dell'Abissinia da parte sua si opporrà con ogni mezzo a tale riconoscimento ed a qualsiasi nostra eventuale imposizione, e già oggi nelle stesse sfere ufficiali si teme un possibile conflitto tra Italia e Abissinia. Per parte mia non nutro alcuna inquietudine su eventuali incidenti o provocazioni da parte dell'Etiopia poichè dopo tutto attuale situazione ed atteggiamento dell'Abissinia è unicamente dettato dalla paura, ma è anche possibile che la tensione di rapporti possa farsi anche più acuta. So di poter contare ad ogni modo sull'appoggio degli antichi capi più ragionevoli, come Fitaurari Hapte Gorghis, che deplorano attuale situazione e sono convinti necessità vitale Abissinia conservare amichevoli rapporti con l'Italia. Da fonte sicura, ed a semplice titolo informativo, so che nell'eventualità di un conflitto con l'Italia Governo abissino crede poter contare, oltre che sull'appoggio morale della Francia e di altri stati europei, sul tradimento delle truppe eritree e di parte di quelle popolazioni e sulla ribellione di tutta la Somalia. Sono continuamente a contatto con ras Tafari e con altri capi di questo Governo e confido che la mia azione conforme alle istruzioni di V. E. finirà per ricondurre la situazione allo stato normale.

351

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. n. 2380/236. Roma, 30 giugno 1926, ore 16.

Tutti i giornali italiani hanno pubblicato testo integrale del discorso di Nincich (3) e presidente Skupcina con titoli e commenti molto simpatici. La prego comunicare Nincich che Governo e popolo italiano hanno apprezzato le sue parole e il suo gesto d'amicizia (4).

(l) -Cfr. pag. 254, nota 3. (2) -Cfr. n. 338. (3) -Pronunciato il 26 giugno. (4) -La minuta è di pugno di Mussolini
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 704/374. Costantinopoli, 30 giugno 1926, ore 15,30 (pe1·. ore 9 del l luglio).

Seguito mio telegramma 362 (l)

Dalla conversazione avuta col mtnistro degli esteri relativamente al passo di Suad bey presso V. E. ho l'impressione di trovarci di fronte ad atto di zelo di quell'ambasciatore o ad una tattica del ministro. Poichè ministro dimostrandosi sorpreso dell'annunziato passo fatto da Suad Bey mi ha detto di non aver dato istruzioni nei giorni passati di fare offerta formale, ma solo alcune settimane orsono avere dato autorizzazione in via generale a Suad di parlare con V. E. dell'eventuale accordo neutralità e ciò in seguito conversazione da lui avuta con S. E. Bordonaro circa possibile accordo Mediterraneo. Ricordando al ministro che egli aveva lasciato a V. E. iniziativa negoziati gli ho domandato se una ragione speciale lo aveva spinto ad accelerare conclusione e nel caso affermativo quale essa fosse. Egli mi ha dichiarato non esistere per lui ragioni per mutare nè andamento nè 'luogo iniziata ·conversaz1one. Soltanto desidererebbe che da me ne fosse tenuto al corrente. Nel colloquio ho potuto poi constatare ancora una volta che nella sua idea si tratterebbe di una piccola (?) neutralità nel senso che «Turchia Italia si impegnano a rispettare reciproca neutralità in caso di conflitto qualsiasi nel Mediterraneo (?) e nei Balcani e a non entrare in una combinazione qualsiasi m-editerranea o balcanica diretta contro una delle due parti contraenti ».

Suo fine è riportare politica turca accanto a quella dell'Italia nella previsione che a scadenza più o meno lunga... [manca] balcanico o mediterraneo ritornino ad essere centro nuovi conflitti.

Ho cercato anche questa volta di fare scendere ministro dalle nuvole dell'altéi politica e fargli comprendere che occorrerebbe trovare punto di partenza d'immediata utilità come ha fatto Francia per Siria. Ho accennato come cosa mia che varrebbe a ciò riprendere in esame scambi tra Asia Minore e Dodecann€so per regolare rapporti di buon vicinato, questione scuole, emigrazione ecc., ma ministro si è asserragliato dietro pregiudiziale che il Governo turco non domandando in cambio della neutralità alcuna assistenza, accordo secondo lui dovrebbe rimanere politico senza controvail.uta in altro campo. Quanto alle questioni pendenti secondo lui sono questioni che saranno risolte dopo accordo con maggiore spirito di amicizia senza che sia necessario farle entrare nel medesimo. A più riprese mi ha detto che questo accordo sarebbe ben visto a Mosca e che Cicerin lo propugna vivamente. Gli ho detto di sperare che, nel corso dell'estate, mi sarà dato conferire con V. E. e che non mancherò a suo tempo ritornare con lui sull'argomento. Soltanto come mio suggerimento

mi permettevo consigliare di trovare per accordo una base più reale e che presenti per l'Italia un compenso a quel valore politico che accordo stesso avrebbe in misura maggiore per Turchia.

(l) T. Gab. 688/362/87 trasmesso il giorno 27, ore 24, per, ore 7 del 28, non pubblicato: proposta av.anzata a Roma dall'ambasciatore di Turchia per un accordo italo-turco. Sullo stesso argomento cfr. anche il precedente T. Gab. s. 687/361 trasmesso il giol'no 27, ore 22, per. ore 3 del 28, non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 710/733/441. Parigi, l luglio 1926, ore 22,40 (per. ore 4 del 2).

Telegramma di V. E. n. 307/280 (1).

Vedrò domani mattina Briand col quale già mi sono intrattenuto brevemente della situazione domenica. Intanto ho avuto lunga conversazione con Berthelot con cui ho protestato per la campagna di stampa sulla questione abissina che crea dn Etiopia apprensioni infondate, mentre Governo italiano aveva per mezzo mio fatto la dovuta notifica dell'accordo itala-inglese accompagnato dalle più ampie assicurazioni verbali e mentre ero sempre in attesa di conoscere con precisione le osservazioni e eventualmente le richieste della Francia relativamente all'accordo stesso. Berthelot ha detto che la campagna stampa era fatta anche in Italia e in Inghiiterra e che Quai d'Ovsay non vi aveva avuto alcuna parte. In linea generale la Francia si era lamentata che contrariamente allo spirito dell'accordo 1906, fosse stato concluso tra Ita~ia e Inghiltel'ra un accordo relativo all'Abissinia senza consultarla. La Francia si era anche preoccupata della esclusività di cui era fatta parola nell'ac·cordo itala-inglese per le concessioni relative alla zona attraver.sata daUa progettata ferrovia, non già perchè avesse obiezioni da far·e per conto suo, ma perchè ciò sollevava una questione di carattere internazionale, per cui già la Germania e l'America avevano protestato presso Governo francese ·reclamando la porta aperta. Egli av.eva preso atto delle dichiarazioni al riguardo fattegli che ta'le esclusività legava soltanto i contraenti del pa,tto e cioè per ora l'Inghilterra e più tardi la Francia dopo che avesse aderito all'accordo, ma non i terzi. La Francia aveva pure rkhieste precisazioni circa tutela dei suoi interessi; preciosazioni ·che non si 11iteneva fossero state sufficientemente date ·COn le dichiarazioni di carattere vago che il R. Governo aveva per mezzo mio fornito; per cui era necessario una trattazione più calma la quale non poteva essere fatta che dal capo del dipartimento «Africa» attualmente impegnato nelle più urgenti «trattazioni marocchine ». Era ben inteso non appena queste fossero terminate, si sarebbero cominciati i negoziati sulla questione abissina di Tunisi e Tangeri nelle quali tutte il Governo francese avrebbe portato uno spirito di amichevole conciliazione. Ho fatto presente al signor Berthelot la necessità di porre termine all'equivoco che la stampa andava creando su questa questione, parlandone senza conoscenza di causa ed alludendo fino ad una pretesa azione per l'espulsione dell'Abissinia dalla Società delle Nazioni. Ho pregato quindi di dare ai giornali un comunicato col quale fosse •ben messo in chiaro

che nessuna diver·genza di opinioni esisteva ,fra Governi francese, inglese e italiano relativamente all'accordo per Abissinia per il quale correvano negoziati

col Governo francese improntati alla più grande cordialità e che l'accordo non poneva affatto in questione l'integrità e indipendenza Abissinia nè la porta aperta a terze potenze nè portava pregiudizio agli interessi francesi. Benchè egli mi avesse più volte assicurato di avere telegrafato al ministro francese ad Addis Abeba di non pronunciarsi in mer:ito all'accordo italo-inglese, l'ho pregato di comunicare telegraficamente al ministro stesso che fra la Francia, Halia e Inghilterra erano in corso amichevoli negoziati per porre l'accordo in armonia con gli interessi francesi. È probabile che in questo comunicato venga fatto anche cenno ai negoziati per la Tunisia e per Tangeri che il Governo francese tende inglobare con quello per l'Abissinia. Sarà bene che il comunicato francese una volta appavso, trovi corrispondenza in un analogo comunicato dtaHano.

(l) T. Gab. 307/370 (non 280), trasmesso il 30 giugno, ore 12, non pubblicato.: istruzioni di avere una franca conversazione con Briand per conoscere finalmente il vero punto di vista del Governo francese circa l'accordo italo-inglese per l'Etiopia.

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IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. R. 712/123. Asmara, l luglio 1926, ore 20 (per. ore 10,25 del 2). È mio stretto dovere riferire a V. E. che nel lungo periodo di anni in cui ho retto questa legazione la nostra situazione in .A!bissinia non è mai stata così... (l) e complicata ,come oggi. Il sospetto, il risentimento e la opposizione suscitata presso il Governo Etiopia dall'accordo italo-inglese per la parte specialmente che riguarda il riconoscimento dato dall'Inghilterra della nostra esclusiva influenza economica nell'Etiopia sud-occidentale è irremovibile e si va estendendo e suggestionando come una minaccia immediata i capi e la popolazione ingannata... (l) ras Tafari e dal suo seguito 'sul vero carattere dell'accordo stesso. Solo una parte dei capi con Fitaurari Apte Gorghis, si rende conto del pericolo della situazione e riprova atteggiamento 'ras Tafari, ma infermità Fitaurari pregiudica la sua influenza. Imperatrice sinceramente desiderosa di pace si dibatte tra le due tendenze. Tale situazione è avvalorata e sospinta dalla stampa europea che attribuisce al Governo nazionale intenzioni ed aspirazioni incompatibili colla libertà dell'impero e più ancora dall'atteggiamento e dai consigli di questi ministri di Francia, Belgio e Germania apertamente contrari al nostro monopolio sull'Etiopia sud-occidentale: atteggiamento assunto da ras Tafari non è tanto dovuto ad un determinato proposito di provocare un conflitto, quanto alla certezza che un eventuale verdetto della Società delle Nazioni sarebbe favorevole all'Abissinia. Anche atteggiamento Inghilterra, che ras Tafari ha adescato con vaghe promesse per il lago Tsana, è alquanto dubbio come lo dimostra assenza del suo ministro in circostanze così gravi. Anche miei rapporti personali con ras Tafari che furono sempre improntati particolare intimità, sono oggi tesi per la necessità in cui mi sono trovato di far giungere all'imperatrice mia prote,sta per

gli articoli denigratori del giornale abissino di cui ras Tafari è interamente responsabile.

(l) Gruppo indecifrato.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO

T. GAB. 314/105. Roma, 2 luglio 1926, ore 17,40.

Suo telegramma Gab. n. 117 (1).

V. E. vorrà chiedere nuovamente un colloquio personale a ras Tafari e dirgli a mio nome che sono stato molto sgradevolmente impressionato e sorpreso dagli ignobili e puerilmente menzogneri articoli lasciati pubblicare costì, immediatamente dopo che io avevo fatto pervenire al Ras le più franche e cordiali assicurazioni circa l'atteggiamento del R. Governo e le più amichevoli espressioni di simpatia. Ella aggiungerà che mi accingevo anzi a proporre a S. M. il re di incaricar·e S. A. R. il duca degli Abruzzi di recarsi al più presto in Addis Abeba per restituire in forma ufficiale ed in rappresentanza del nostro augusto sovrano la visita fatta da ras Tafari in Iialia. Nia la situazione che sembra si stia determinando costì, ed il contegno almeno poco chiaro del Ras mi rendono esitante ad avanzare tale proposta. V. E. vorrà in sostanza opportunamente far comprendere che ella sarebbe già stata autorizzata ad annunziare ufficialmente la visita di S. A. R., ma che il R. Governo desidera prima assicurarsi che i sentimenti del Governo etiopico corrispondano veramente ai nostri ispirati a sincera fiducia ed amicizia.

Se il colloquio con ras Tafari si svolgerà in maniera soddisfacente, ella potrà, senz'altro, mettersi d'accordo con lui e telegrafarmi perchè la notizia della visita possa essere pubblicata subito tanto costì che in Europa. In questa occasione mi proporrei anzi di dare pubblicità alla lettera del Ras di cui al telegramma di V. E. n. 110 (2) per dimostrare la cordialità delle relazioni esistenti fra i due paesi e sventare gli intrighi dei terzi interessati.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BERNA, GARBASSO

TF.LESPR. 227242/162. Roma, 2 luglio 1926.

A rapporto 27 aprile u. s. n. 1590/351 (3).

Con lettera del 15 maggio u ..s. qui acclusa per cnpia (3), il signor Giovanni Rezzonico, nel denunciare di nuovo l'incessante procedimento di snazionalizzazione svolto nel Canton Ticino, segnala fatti e fornisce argomenti di indubbia gravità.

Mentre richiamo pertanto sulla cosa la personale sua considerazione, lascio a V. E. di trovare il momento e il mezzo indicati per far compiere [sic] opportunamente costì come il processo di germanizzazione del Ticino, a parte gli

intuitivi inconvenienti nei riguardi della stessa Svizzera, non passi inosservato per l'opinione pubblica italiana, la quale, preoccupandosi delle ripercussioni dl tale fenomeno, vedrebbe con piacere che le autorità Svizzere, anzichè favorirlo, si adoperassero per una giustificata tutela di una delle tre razze rappresentate nella Confederazione.

Gradirò conoscere il seguito che V. E. avrà creduto di poter dare alla questione.

(l) -T. Gab. 696/117, trasmesso il 28, ore 13, per. ore lO del 30, non pubblicato: articoli italofobi del giornale patrocinato da ras Tafari. (2) -Cfr. n. 338. (3) -Non pubblicato.
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L'INCARICATO D'AFFARI A DURAZZO, JACOMONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 715/251. Durazzo, 2 luglio 1926, ore 12,15 (per. ore 18,10).

Continuazione numero precedente (1).

Al ministro inglese egli aveva detto questo testualmente: «Noi siamo in trattative col Governo <italiano per la... [manca] di un trattato amicizia. Governo italiano desidera che in questo trattato venga inserita dichiarazione conferenza ambasciatori del '21 e che tale dichiarazione sia accettata anche dal Governo albanese.

Qualora questo non avvenga può darsi che Governo italiano interpreti tale rifiuto come atto di inimicizia da parte Governo albanese. I miei ministri non sono d'avviso che convenga accettare questa richiesta ed io condivido i1 loro parere; pur tuttavia per non creare attrito tra i due paesi sarei disposto a non ostacolare qualsiasi ·cosa che non danneggiasse Albania». Il signor Zogolli aveva chiesto quindi al riguardo opinione ministro d'Inghilterra, ma non aveva mai parlato di ultimatum nè di altra minacda, che, .come egli sapeva, si comunicano in... [manca] ben diverso. Il signor Zogolli alla prima occasione ripeterà al ministro inglese dichiarazione surriferita. S. E. Mussolini, egli ha aggiunto, si renderà conto che non possono certo essere ritirate parole che non furono mai dette. Quanto al ristabilimento dei sentimenti di amicizia e di fiducia fra i due paesi, S. E. Mussolini non può certo desiderarlo con maggiore intensità di quanto egli (Zogolli) lo desideri.

Se così non fosse egli non avrebbe dato seguito, così rapidamente ed in modo del tutto indipendente dalla questione politica, alle concessioni che erano i nsospeso e che, se forse non hanno grande importanza per l'Italia, ne hanno una vitale per l'Albania. Queste concessioni sono prova suo desiderio assicurarsi amicizia italiani Gli uomini grandi ·come S. E. Mussolini debbono d'altra parte avere qualche pazienza quando hanno di fronte H capo di un piccolo stato che con tanto sforzo sostiene le gravi responsabilità e fatiche del Governo. Egli desidera infine ripetere a S. E. Mussolini che durante il periodo di un anno e mezzo, in cui si sono svolte trattative amichevoli con l'Italia, egli non ha mai mancato alla sua parola.

Terminata questa dichiarazione S. E. Ahmed Zogu mi ha rivolto preghiera

di portarla a conoscenza deH'E. V. e di adoperarmi, ciò facendo, ad attutire

gli odierni att~iti.

Ho ritenuto opportuno astenermi dal commentare e confutare dichiarazioni di Ahmed Zogu, le quali sono state da me raccolte per Iscritto durante colloquio e fedelmente riportate a V. E.

(l) Si tratta del T. Gab. 714 bis/250 del 2 luglio, non pubblicato, relativo alla prima parte del colloquio Jacomoni-Ahmed Zogu. Sul colloquio, cfr. F. JACOMONI, op. cit, p. 246.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, A TUTTE LE AMBASCIATE E LEGAZIONI

T. GAB. 319. Roma, 4 luglio 1926, ore 4,30.

Mi risulta che nuova macchinazione oppositori fuorusdti ed esteri consiste nel far ,credere alla imminenza di una guerra voluta dall'Italia. La manovra è fatta per indebolire l'azione del Governo nella difesa della lira. È compito di V. E. (o V. S.) reagire contro questo gioco mostrando che Italia non può non seguire una politica di pace e smentendo ·notizie o discor,si che volessero far credere il contrario.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 746/766. Parigi, 5 luglio 1926 (per. il 7).

Col mio telegramma n. 734/436 (1), mi sono dservato di ritornare sulla questione dei nostri rapporti con la Francia dopo aver ripreso contatto con Briand nella sua decima incarnazione.

Non è da nascondersi infatti che la situazione risulta alquanto mutata dopo i recenti successi delle armi francesi al Marocco e il sopravvento preso anche sul movimento di ribellione in Siria.

Nello stesso tempo la politica di Briand tendente -come è noto a V. E. da una parte ad avvicinarsi alla Germania e dall'altra ad attrarre nell'orbita francese il maggior numero di potenze suscettibili di subire l'influenza della Francia, si è svolta ininterrottamente ponendo capo al trattato con la Romania, recentemente firmato, a quello con la Jugoslavia che attende, per essere concluso, la firma del nostro, e lo stabilimento di relazioni politiche con la Spagna, non solo per mezzo delle convenzioni particolari per il Marocco, ancora in discussione ma anche con un vero trattato di arbitrato e di non aggressione accompagnato da un trattato di commercio che però presenta non poche difficoltà.

Non è pure da trascurare il trattato con la Turchia a proposito della frontiera siriana.

Di tutta questa attività diplomatica, la più interessante, però, è indubbiamente quella che si svolge verso la Germania, con la quale si sono stretti e si vanno discutendo accordi parziali di carattere economico come base di migliori

relazioni politiche che trovano espressione nella condiscendenza della Francia nel regime dei territori occupati.

La stessa pressione finanziaria che l'Inghilterra e l'America fanno sulla Francia, e che sembra destinata -malgrado ogni sforzo contrario -a ridurre questo paese sotto il controllo più o meno larvato delle forze plutocratiche di Londra e di New York, già padrone della finanza tedesca, favorisce il riavvicinamento tra le due tradizionali nemiche.

Essendo dn grado di seguire da vicino il mutamento che si va producendo nei sentimenti francesi verso la Germania, non posso fare a meno di segnalare come essi siano singolarmente cambiati, tanto più essendo venuto a cessare la causa principale di divisione tra i due paesi, costituita dalla perdita dell'Alsazia e della Lorena.

Mentre fino all'anno scorso, quando invitavo a pranzo l'ambasciatore di Germania, mi era difficile farlo incontrare con personaggi francesi che consentissero di sedere alla stessa tavola, oggi invece questo ostracismo è quasi completamente cessato. Il signor Hoesch, invitato da me insieme a persone del mondo politico e della società francese, è da tutti cortesemente, e spesso cordialmente avvicinato.

Mi premeva perciò di conoscere se non fosse intiepidito l'interesse altra volta dimostrato così da Briand come da Berthelot, per un accordo politico con l'Italia.

Nei sondaggi fatti presso il segretario generale ed il presidente del consiglio, ho potuto effettivamente rendermi conto che, nelle presenti condizioni, all'alleanza con l'Italia non si dia più lo stesso peso, e che, pur non eliminandola dai progetti della politica francese, una tale alleanza rappresenterebbe ora soltanto il complemento di un sistema generale, che non escluda però il riavvicinamento della Francia alla Germania.

Meno che mai il Governo francese, con o senza Briand, rinuncerà a fare di Locarno il ponte per questo riavvicinamento. Ed il segreto che il Quai d'Orsay ha voluto conservare, per ora, sul patto con la Romania, può far pensare che qui si vada cercando un terreno di intesa anche con la Russia, sempre allo scopo di facilitare alla Germania la realizzazione di un accordo con la Francia.

Oggi, un nostro accordo con questo paese, non potrebbe più avere luogo che sopra questioni de,terminate, anche per il fatto della situazione creataci dal trattato di Locarno. Tali questioni potrebbero essere o il Mediterraneo o il Brennero.

Io non mi sono sufficientemente avanzato nelle mie conversazioni per poter precisare, sopra tutto per quanto riguarda il Mediterraneo, in che cosa potrebbero consistere questi accordi. Per il momento, mi sono limitato ad insistere per la definizione delle questioni di Tunisi e di Tangeri allo scopo di spianare la via ad ulteriori conversazioni.

Questa mia riserva tanto mi sono più imposto, in quanto ho voluto doverosamente conservare all'E. V. ogni libertà di decisione in così importante materia, potendo anche essere disegno del R. Governo di non ingombrarsi con legami che vadano oltre gli impegni assunti a Locarno e di orientare principalmente la sua politica verso l'Inghilterra, controbilanciata da rapporti con la Francia abbastanza intimi da mantenerci la porta aperta a qualsiasi combinazione continentale.

(l) T. Gab. 6821734/436, trasmesso il 26 giugno, ore 22,30, per. ore 6 del 27, non pubblicato: considerazioni sul nuovo ministero francese.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 747/779/462. Parigi, 7 Zuglio 1926, ore 11 (pe1·. ore 14,50).

Con riferimento miei telegrammi 713/422, 753/448, 759/452 e 772/458 (l) relativi Abissinia ed alle conversazwni avute con Briand e sopratutto con Berthelot il quale nel presente disordine rappresenta la continuazione della politica estera francese, devo informare V. E. che il nostro accordo con l'Inghilterra è considerato qui come destinato a stabilire i nostri futuri diritti sull'Etiopia. Accordo del 1906 pur prevedendo la costruzione di una ferrovia che collegasse l'Eritrea con la Somalia, non designava delle vere zone d'influenza mentre con l'esclusività riconosciutaci dall'Inghilterra per quanto riguarda le concessioni economiche nel territorio attraversato dalla linea stessa, viene effettivamente a rappresentare per l'Italia una ipoteca sulla maggior parte dell'Etiopia.

Governo francese non è alieno dall'aderire anche esso a riconoscerei per parte sua questa esclusività. Esso, anzi, è disposto a dare a questo riconoscimento una importanza anche maggiore, nel senso che rappresenterebbe il disinteressamento della Francia qualora per un disgregamento dello stato abissino, che non è da escludere, l'Italia ritenesse giunto il momento di porre la mano sul territorio stesso.

Per questa ragione nelle conversazioni che avranno luogo, Governo fran

cese probabilmente vorrà definire la propria zona d'influenza che si estenderebbe

in corrispondenza alla regione libica [sicj dalla sua ferrovia Gibuti.

V. E. nel suo telegramma 2.55/336 (2) mi ha fatto conoscere di non essere alieno di venire ad uno speciale negoziato con la Francia. Devo perciò pregarla di farmi conoscere se, qualora queste mie supposizioni rispondessero alla realtà, io possa consentire in questo ordine d'idee ovvero se debba lasciare impregiudicata la questione. Così pure, nelle note scambiate tra V. E. e ambasciata d'Inghilterra, mentre in quelle inglesi si parla della ferrovia collegante le nostre due colonie negli stessi termini dell'accordo 1906, e cioè di una ferrovia che passi ad ovest di Addis Abeba, tale precisione è omessa nella risposta italiana. Per cui mi occorre conoscere per mia norma se questa differenza di testi è stata fatta in previsione di un possibile accordo con Francia che permettesse al nostro tracciato di intersecare la linea Gibuti-Addis Abeba.

Questo negoziato avrebbe carattere assolutamente confidenziale.

(l) -T. 3887/713/422 del 19 giugno, T. Gab. 722/759/452, del giorno 2, T. Gab. 739/ 772/458, del giorno 5, non pubblicati, relativi all'atteggiamento francese circa l'accordo italainglese per l'Etiopia. (2) -Trasmesso a Parigi e Londra il 12 giugno, ore 22,30, non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 779/783. Parigi, 8 luglio 1926.

Telegramma di V. E. gab. n. 319/379 (1).

Come telegrafai a V. E. in data 21 giugno scorso ·Col n. 7210/42'8 (2), ho sem

pre tenuto presente la necessità di controbattere la campagna dei partiti demo

cratici internazionali diretta a .fare apparire l'Italia come un pericolo per la

pace. Campagna alla quale, però, occorre riconoscere danno talvolta anche facile

pretesto alcune intemperanze di certa nostra stampa e il linguaggio di persone

cui si attribuisce una certa autorità. Cito ad esempio, quanto le ha già dovuto.

riferire il commendator Pirelli, che Serruys è tornato alqua·nto impressionato

da alcuni propositi intesi a Roma. .

La campagna contro l'Italia dopo una relativa sosta, ha avuto una ripresa

d'intensità in seguito al congresso internazionale delle Leghe dei Diritti del

l'Uomo, tenuto a Bruxelles; congresso col quale si sono tenuti in contatto i

nostri fuorusciti. Anzi mi si assicura da buona fonte, che essi abbiano ricevuto

sussidi per continuare quell'azione malefica, che si andava estinguendo per

mancanza di mezzi.

Da parte mia non ho mancato di mettere in guardia i principali uomini politici i quali, anche occultamente dirigono la .politica della Francia, contro queste mene dimostrando loro come la politica di V. E., diretta sopratutto a consolidare la situazione economica dell'Italia, era per questo solo fatto interessata a mantenere la pace europea e che ormai lo stato fascista, col consenso di t_utto il popolo italiano, si era affermato con tale forza e vitalità che la Francia, prestando orecchio alla parte contraria, avrebbe messo la posta sopra una cattiva carta.

Dell'efficacia di questa mia opera, ho avuto conferma nella recente conversazione con Briand, il quale, su tale argomento, mi ha dichiarato che la politica di V. E. era stata oggetto di discussione cosi in consiglio dei ministri come dinnanzi alle commissioni degli affa.ri esteri della camera e del senato, venendo alla constatazione che attraverso atteggiamenti inspirati da necessità di politica interna, la politica estera di V. E. era però essenzialmente pacifica in generale e particolarmente amichevole nei riguardi della Francia.

Egli è certo che i partiti estremi, che V. E. non t>otrà mai sperare nè desiderare di avere dalla sua parte, riprendono coraggio e rinnovano gli attacchi quando credono che le condizioni possano favorire la loro azione a nostro danno.

Nel momento attuale, mentre non esitano a condurre il proprio paese alla rovina, come vuole l'E. V. che essi abbiano scrupoli a falsificare notizie ed a diffondere calunnie per colpire finanziariamente uno stato che osa da solo opporsi alla inconcepibile follia che, se prevalesse, attraverso apparenze demagogiche, ci assoggetterebbe al dominio di una inesorabile plutocrazia straniera?

21 ·--Documenti diplomatici • Serie VII -Vol. IV

Del resto, non è certamente da Parigi -nelle attuali condizioni -eh... parte l'offensiva finanziaria contro la lira. I partiti estremi locali vi partecipano con la propaganda tendenziosa, ed è mio compito -come dice giustamente

V. E. -di fronteggiarla con tutti i mezzi a mia disposizione. Ma i partiti stessi hanno carattere internazionale e sono ausiliari, coscienti ed incoscienti, di una offensiva che ha i suoi centri fuori della Francia, la quale rischia, anzi, di esserne la prima vittima.

Già col mio telegramma per corriere n. 767 ho manifestato la mia preoccupazione per questo attacco contro le valute italiana, francese e belga giacchè, per quanto diversa sia la situazione della nostra finanza e della nostva circolazione in confronto di quelle degli altri due stati, riuscirebbe difficile evitare la ripercussione di una eventuale catastrofe dei loro sistemi monetari.

Questo sàrebbe tanto più deplorevole, in quanto non è affatto detto -come si pretende da molti ----: che non sia possibile mantenere una moneta fondata principalmente sul credito. La storia finanziaria dell'Italia sta a dimostrare il contrario.

Un paese che non si lasci prendere dal panico, rigidamente amministrato e fiducioso nei suoi reggitori, può perfettamente avere una moneta sana basata sul credito dello stato e sul complesso delle sue risorse economiche.

Del resto, nessun paese si regge in altro modo; tant'è vero che la riserva aurea dell'Inghilterra è minima in proporzione del suo credito.

Certo, a raggiungere tale risultato gioverebbe molto che dalla bocca di V. E. -le cui parole sono raccolte dal mondo intero -uscissero dichiarazioni atte a impressionare l'opinione pubblica internazionale sul programma pacifico della politica italiana; le quali dichiarazioni sarebbero in armonia e completerebbero l'effetto prodotto dai provvedimenti economici recentemente deliberati.

In questo momento in cui la difesa del nostro credito urge su tutti gli altri problemi, l'azione dei suoi agenti all'estero ne sarebbe grandemente confortata ed agevolata.

(l) -Cfr. n. 358. (2) -Cfr. n. 342.
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IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. R. 1684/Al/901. Vienna, 8 luglio 1926.

Sono stato stamane a far visita al nuovo ministro dell'istruzione prof. Rintelen (1), già capitano provinciale della Stiria. Mi ha accolto con parole di am

• Rintelen è certo, dopo Seipel, uno dei personaggi più in vista del partito cristiano-sociale, per la sua intelligenza, la sua attività e la sua energia. E' una specie di principotto in Stiria, e certo l'idea di salire dal Capitanato Provinciale al Cancellierato deve attrarlo. Per parte nostra, senza attendere miracoli da questa sua eventuale ascensione, credo che essa ci sarebbe di vantaggio. Quali siano le sue idee circa i rapporti con l'Italia è noto, e sono noti i suoi progetti politici di qualche anno fa, dettati se non anche da grande simpatia per l'Italia da grande timore per la Jugoslavia. A proposito anzi di questo suo colore italianofilo mi è stato raccontato che in questi giorni vi è stato uno scambio di vedute tra Rintelen e i rappresentanti cristiano-sociali delle varie Province, per esaminare come avrebbe potuto risolversi la questione scolastica che ha dato luogo alle dimissioni di Schneider. Sembra che nello stesso partito si siano manifestate opposizioni a Rintelen dai rappresentanti del Tirolo del Salisburghese e dell'Alta Austria, opposizioni che si spiegherebbero con tale italia.nofilia attribuitagli, la quale lo renderebbe alquanto sospetto, oltre che alle due primeProv1nce, anche alla terza che confinando con la Cecoslovacchia ha più attivi scambi e interessi con essa e quindi ne subisce anche un po' le influenze politiche •.

mirazione per l'Italia, e anche di amicizia per me della quale mi rallegrerò se potrà valere a qualcosa per il mio Paese. Il signor Rintelen non ha, o non mostra avere, idee molto precise sulla situazione austriaca nell'avvenire prossimo: se egli rimarrà nel Gabinetto poco

o molto, se Ramek resterà o andrà via, se le elezioni saranno vicine o lontane. Mi si è però manifestato preoccupato della debolezza del Governo e della forza dei socialisti. Ha molto insistito sul pericolo che la potenza dei socialisti austriaci, la quale sorv€glia tutti i pubblici servizi, costituisce non soltanto per questo Stato ma anche per tutti quelli confinanti.

A questo proposito è caratteristico il suo accenno al danno che potrebbero farci questi socialisti, ove, ad esempio, avessimo una guerra con la Jugoslavia e la Germania ci mandasse aiuti di rifornimenti attraverso il territorio austriaco: i ferrovieri socialisti austriaci, d'accordo con quelli jugoslavi, ci impedirebbero di ricevere tali rifornimenti.

Sembrano ritornare così le prime note di un motivo che ho udito spesso in questi ultimi tempi, anche ampiamente sviluppato, sulla bocca di qualche altro personaggio austriaco: l'Italia finirà con l'intendersi con la Germania dinnanzi al pericolo slavo, l'Italia consentirà l'annessione dell'Austria in cambio della garanzia germanica della frontiera del Brennero, dopo di che l'Italia e la più grande Germania impediranno unite, come rappresentanti di due popoli europei di alta cultura e di comuni interessi, che la barbara Russia, attraverso la Cecoslovacchia, si congiunga con la Jugoslavia per riprendere una politica che mira all'Adriatico da una parte e ai balcani e Costantinopoli dall'altra. A costoro, pur tenendomi sulle generali e dichiarando che esprimevo idee personali, ho risposto che il pericolo germanico può essere per noi assai più grave di quello slavo; che anzi non so se ci potrà mai essere per noi un grave pericolo slavo, perchè vedo nel fantastico e quindi mobile spirito russo piuttosto la capacità di intrigare ed agitare che non quella di tracciarsi un solido' e preciso disegno di politica estera pratica e di seguirlo con logica e perseveranza; che se anche un pericolo slavo ci sarà per noi un giorno, quel giorno è ancora assai lontano. Permettere invece alla Germania di giungere fino a Tarvisio vorrebbe dire che l'Italia avrebbe fatto una guerra come la sua per sostituire al mosaico austro-ungarico una Germania compatta e per dar modo a questa di riprendere, non più per interposta persona bensì direttamente, la politica del « Drang nach Osten ».

Con il signor Rintelen la conversazione non è andata fortunatamente cosi

oltre: non si è affatto parlato di Germania, annessione ecc.; ma quel suo spunto

mi fa supporre che la sua italofilia sia fatta anche di germanofilia e slavofobia.

Cionostante, come ho già accennato in un mio precedente rapporto, credo sarebbe ventura per noi se il signor Rintelen potesse rafforzare la sua situazione ed ottenere di sostituire Ramek. Questa possibilità che egli divenga cancelliere mi è sembrata l'unica idea chiara, benchè non espressa, del suo colloquio di stamane. Ripeto che pronostici non se ne possono fare sino al ritorno di Seipel, per quanto Rintelcn mostri di non attribuire troppa importanza all'arrivo di monsignore. Devo però notare che in qualche circolo governativo, ignoro se con ragione o senza, non sembra si sia finora molto entusiasti del lavoro del nuovo ministro dell'istruzione. Gli si rimprovera di occuparsi, assai più che del regolamento della questione scolastica per il quale è stato chiamato al Governo, delle attuaH difficoltà della situazione bancaria causate dalla crisi della « Zentralbank der deutchen Sparkassen », argomento sul quale riferirò altra volta, nonchè degli interessi finanziari della Stiria in genere e del grande industriale stiriano Wutte in specie.

Occorre attendere.

(l) Su Rintelen cfr. quanto aveva scritto lo stesso Auriti il l• luglio 1926 con R. riservato n. 1690/859/A1, in margine al quale si trova l'annotazione di Mussolini: • Importante •.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. PER CORRIERE RR. 344. Roma, 9 luglio 1926, ore 21. Telegramma di V. E. n. 766 (1). Rispondo al suo recente dispaccio concernente la situazione franco-tedesca e i tentativi di riavvicinamento fra i du~ paesi. Che questi tentativi avvengano sul terreno economico e anche morale com'è avvenuto di recente colla costituzione del comitato franco-tedesco d'informazioni, si spiega, fra l'altro con queste due ragioni fondamentali e cioè l'insofferenza della Francia per essere diventata attraverso Locarno un paese garantito, quindi protetto in un certo senso anche dall'Italia, oltre che dall'Inghilterra e la rivolta contro il tracollo del franco opera della finanza anglo-sassone. Da tutto ciò deriva che molti francesi di sinistra e di destra vedano la Germania non più come ieri sotto l'aspetto « boche » ma sotto l'aspetto di una nazione meno esosa ed egoista di qualche alleato. È un po' di continentalismo che risorge. Ma questa ondata è destinata a frangersi contro la realtà in questi suoi specifici aspetti: l) L'Inghilterra tollera e può anche incoraggiare il flirt franco-tedesco, purchè non vada troppo oltre, cioè non inutilizzi Locarno. È evidente che Londra non può ammettere un'alleanza franco-tedesca; 2) La Germania accede al riavvicinamento con Parigi perchè le torna utile per il suo avvenire economico e per la sua preparazione occulta, ma di qui all'alleanza, c'è di mezzo tutta l'anima e la mentalità tedesca, rappresentata dalla Baviera e dai 23 milioni di germanici che hanno nel recente referendum mostrato il loro animus anti-Versailles e revanchista. Su quale base dovrebbe erigersi l'edificio dell'alleanza franco-tedesca? Sulla base di Locarno, no, perchè Locarno esclude un'alleanza del genere; sulla base di Versailles, meno ancora, perchè tale trattato non è accettato da nessun tedesco, dico nessuno, nemmeno dall'ambiguo Stresemann. Se la Francia è disposta a rivedere il trattato di Versaglia non solo sul Reno, ma soprattutto sulla Vistola, allora Berlino potrà accordarsi con Parigi, ma può la Francia mollare il trattato di Versaglia e abbandonare al loro incerto destino, i popoli dell'Europa Centrale? Che a otto anni di distanza dalla guerra, il signor Hoesch non sia più guardato nella società diplomatica parigina come un lebbroso, non deve stupire, ma non deve nemmeno

indurre a esagerate conclusioni -almeno per il momento. Locarno non lega soltanto noi, ma tutti. È un edifizio dal quale non si può spostare alcuna pietra,

senza che tutto crolli e nessuno vuole nell'attuale periodo storico assumersi tale responsabilità, anche se lo spirito è sfumato e sono rimaste soltanto le aride formule giuridiche. Nei confronti della Francia noi dobbiamo continuare in una politica di amicizia sincera e pacifica e per questo è necessario togliere fra i due paesi tutte le superfici di attrito onde rendere più facile il cammino verso possibili future intese più definite. Sarebbe quindi di massima utilità concludere almeno per Tunisi e Tangeri. Solo alla fine del suo dispaccio V. E. accenna all'Inghilterra. Ora V. E. comprende che l'Inghilterra è un fattore determinante del quale la politica italiana deve tenere massimo conto anche perchè le uniche realizzazioni concrete ci sono venute sino ora da Londra, mentre a Parigi da quattro anni on piétine sur place.

(l) Cfr. n. 359.

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IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 773/125. Addis Abeba, 9 luglio 1926, ore 20,05 (per. ore 18 del 10).

In conformità istruzioni di V. E. di cui al telegramma 314/105 (l) ho avuto ieri sera un lungo e concludente colloquio con ras Tafari il cui risultato ritengo pienamente soddisfacente. Dopo avere nuovamente esposto a ras Tafari le ragioni deHe mie lagnanze per diversi fatti e per il suo atteggiamento che poteva far supporre che egli si fosse lasciato trascinare da una corrente interessata a provocare un conflitto tra l'I.talia e l'Abissinia, gli ho opportunamente comunicato telegramma di gabinetto 314, rinnovandogli a nome di V. E. le più ampie assicurazioni sulla lealtà delle intenzioni del Governo nazionale. Ras Tafari è rimasto palesemente impressionato dalla mia comunicazione e dopo aver lungamente discusso .sui fatti e sulle •circostanze che crearono la lamentata situazione, mi ha incaricato di t.rasmettere a V. E. la più !formale assicurazione di essere egli completamente estraneo alla pubblicazione dei noti articoli riconoscendovi egli stesso ·carattere tendenzioso e menzognero. Egli mi ha pregato assicurare V. E. che tanto lui ·che il :suo Governo nutrono la rpiù intera fiducia nelle dichiarazioni di V. E. aggiungendo che sarà grato a V. E. personalmente .se vorrà dare maggior diffusione al rtelegramma da lui rivoltole (mio telegramma 110) (2) che rispecchia lealmente i suoi sentimenti presonali e quelli del suo Governo. Ras Tafari mi ha detto che farà per parte sua tutto il possibile per dissipare sospetto e la ostilità sorta in Abissinia riconfermando al suo popolo la perfetta armonia e fiducia esistenti fra i due governi. Ho creduto allora opportuno di notificare a ras Tafari la progettata visita ufficiale di S. A. R. il duca degli Abruzzi, ed egli, senza nascondere la sua soddisfazione, mi ha incaricato esprimere a V. E. la sua riconoscenza per tale atto ed il pieno ed entusiastico gradimento del suo governo per questa prova di amicizia e di considerazione che sarà palese conferma della cordialità dei rapporti esistenti

fra l'Italia e l'Abissinia. Sulle suddette dichiarazioni di ras Tafari in contrasto coll'atteggiamento da lui assunto in quest'ultimi giorni hanno specialmente influito imperatrice Fitaurari Apte Gorghis ed altri capi che prima di lui e più di lui erano convinti del pericolo a cui si esponeva FJtiop1a provocando ingiustificato conflitto con l'Italia.

(l) -Cfr. n. 355. (2) -Cfr. n. 338.
365

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, ALOISI

T. GAB. s. 354. Roma, 11 luglio 1926, ore 14. Telegramma di V. E. n. 275 gabinetto segreto (1). Date continue tergiversazioni Ahmed Zogu prego V. E. e senza attendere la risposta promessa ,per martedì di recarsi immediatamente da lui e leggergli dico leggergli seguente dispaccio: « date continue tergiversazioni del signor Ahmed Zogu -delle quali conosco perfettamente i moventi segreti -ritengo oramai lesivo della dignità italiana la combinazione del negoziato politico che ·io volevo sopratutto nell'interesse Albania e anche suo attuale regime. Tutto svolgimento negoziato per un patto amicizia da lui richiesto, e da lui fatto naufragare dimostra che H signor Ahmed Zogu per motivi segreti che però non mi sfuggono non ha agito con quella lealtà che mi r.itenevo in diritto di aspettarmi da lui. Naturalmente Governo italiano continuerà ad adempiere agli impegni assunti sul terreno economico 'e ne esigerà il rispetto scrupoloso da parte albanese. Governo fascista non cambierà suoi sensi di amicizia verso il popolo

albanese disinteressandosi delle sue vicende politiche interne». Appena fatta comunicazione telegrafi.

366

IL CAPO GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL COMMISSARIO DI P. S., RIZZO, A GARDONE

T. GAB. (P. R.) 244. Roma, 11 luglio 1926, ore 15. Secondo allarmanti notizie provenienti da Turchia, D'Annunzio avrebbe

lanciato proclama nel quale addita Anatolia agli italiani. Prego informarmi se notizia risponda a verità ed in caso affermativo telegrafarmi testo proclama.

367

IL MINISTRO A DURAZZO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 772/275. Durazzo, 11 luglio 1926, ore l (per. ore 2,30).

Oggi Ahmed Zogu è rivenuto su tutte le considerazioni svolte ieri insieme presentandomi un progetto d'accordo vuoto di qualsiasi contenuto politico e

contenente articolo simile a quello della convenzione pubblicata {l) ma redatto in maniera da non prendere alcun impegno. Ho risposto che preferivo di interpretare tale offerta come un rifiuto poichè altrimenti avrei dovuto considerarla, come credevo, una maniera di voler continuare in un infantile doppio giuoco che non avrei sopportato. Gli ho detto che era venuto H momento di decidersi ed a conferma gli ho letto pure il telegramma di V. E. gabinetto n .... [manca] (2). Ahmed Zogu naturalmente ha ritirato il documento ed ha ricominciato la discussione sul progetto d'a,ccordo da me presentato, non senza aver tentato prima di rinvia:r;e ogni accordo a settembre quando potrebbe incontrarsi con

V. E. Il risultato della discussione è stato quello di fissare i punti sui quali dovevasi basare l'accordo politico (che sono quelli contenuti nel secondo e terzo periodo del progetto da me presentato) e sui quali egli dovrà darmi risposta martedì prossimo. Dalla discussione, che è stata lunga e ~aboriosa, e durante la quale egli si è valso di tutti i cavilli possi!bili per trovare una via di sortita per non impegnarsi, ne ho ritratta l'impressione che egli sia ancora fortemente riluttante. Come ho accennato nel penultimo periodo del mio telegramma di gabinetto n. 265 (3), egli deve essere stato spinto da questo ministro d'Inghilterra a non compromettersi in ulteriori accordi con noi, salvaguardandosi eventualmente contro la dichiarazione di Parigi con appello alla Società delle Nazioni. Altrimenti la sua resistenza è inspiegabile.

(l) Cfr. n. 367.

368

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA (4)

T. GAB. RR. 359/404. Roma, ... (5)

S.uo telegramma 779/46~ (6).

Nostro accordo con l'Inghilterra e m realtà destinato a stabilire i nostri diritti suWEtiopia, ma allo stesso scopo, sebbene con maggiore indeterminatezza, era destinato l'accordo del 1906. Governo francese certamente non ignora che quest'ultimo accordo lo impegnava già fondamentalmente verso di noi e che lo scambio di note italo-inglese non è che un consolidamento ed una parziale chiarificazione del tripartito del 1906. Perciò, da una parte con le sue

• da qualche assicurazione e consiglio che ha potuto dargli il mio collega inglese (tel. n. 249) e soprattutto della fatale coincidenza della presenza di 60 navi inglesi in manovra nel basso Adriatico (telegr. n. 257) e di un incrociatore inglese arrivato ieri in visita a Durazzo •·

tergiversazioni a darci una risposta definitiva e dall'altra coll'amplificazione della portata dell'accordo itala-inglese, il Governo francese tende con ogni probabilità: l) a dare maggiore importanza al suo riconoscimento per presentarlo come una generosa concessione meritevole di corrispettivi ugualmente generosi da parte nostra; 2) a cercare di stabilire una certa connessione fra la questione abissina ed altre questioni mediterranee attualmente in trattazione ed a cercare di trascinarci ad una soluzione contemporanea di esse.

È evidente che noi non dobbiamo prestarci a questa manovra. Sarebbe stato necessario spingere il Governo fr~ncese a darci più presto un~ risposta precisa circa l'accordo itala-inglese. Ancora oggi H R. Governo non sa infatti se le obiezioni francesi siano quelle e soltanto quelle comunicate già da tempo dal Quai d'Orsay a codesta ambasciata d'Inghilterra e da quest'ultima a V. E. (vedi mio telespresso n. 226677 del 28 giugno scor!lo) (1). Sarebbe stato anche utile che V. E. avesse mantenuto maggiori contatti col suo collega britannico per giungere contemporaneamente con lui ad una soddisfacente conclusione delle conversazioni con codesto Governo.

Ad ogni modo un ulteriore ritardo non potrebbe che compromettere maggiormente la questione e perciò V. E. deve porre ogni sua cura nell'evitare di secondare le suddette verosimili tendenze del Governo francese.

Mi riferisco alle istruzioni date a V. E. fin dal 3 maggio scorso (vedi mio telespresso n. 217763/561) (l) di «dichiarare cioè che il Governo italiano non avrebbe avuto difficoltà ad entrare in conversazioni col Governo francese se questi desiderasse venire a chiarimenti ed intese circa gli interess'i economici itala-francesi in Etiopia, naturalmente restando tali intese -come quelle italabritanniche -contenute nei limiti dell'accordo di Londra del 1906 ».

Da tali istruzioni, che le confermo, ne consegue che V. E. potrà dire a codesto Governo che noi non abbiamo alcuna difficoltà ad addivenire, d'accordo anrhe col Governo britannico, ad una definizione della zona d'influenza francese e di quella nostra, sulle basi dell'accordo del 1906 e siamo disposti a riconoscere al Governo francese nella zona che sarà definita, la stessa esclusività di influenza economica che l'Inghilterra ci ha riconosciuto e che la Francia ci dovrà riconoscere nella nostra zona.

È però necessario non collegare la questione abissina con le altre circa le quali attualmente V. E. è in conversazioni con Briand, ed è poi assolutamente indispensabile avere precise assicurazioni che il Governo francese non solo impedirà ai suoi agenti di continuare tanto in Etiopia che in Europa la presente campagna di sobillazioni a nostro danno, ma che alla Società delle Nazioni non appoggerà nè direttamente nè indirettamente eventuali ingiustificati reclami abissini.

A questo proposito ella vorrà fare intendere costì la penosa impressione che produrrebbe una partecipazione di agenti francesi (ufficiale od ufficiosa) nella delegazione abissina a Ginevra quando si discutesse colà dell'accordo itala-inglese. Alludo specialmente ai noti signori Lagarde e Bellefonds.

Quanto alla divergenza da V. E. rilevata nello scambio di note itala-inglesi, circa eventuale tracciato nostra ferrovia, trattasi di semplice questione formale, che non è stata determinata per nostro conto da alcuna speciale intenzione.

In conclusione, raccomando a V. E. di condurre le conversazioni con codesto Governo con la maggiore rapidità per sventare le tendenze suaccennate del Governo francese, e resto in attesa di urgenti sue comunicazioni.

(l) -Allude probabilmente al progetto di convenzione contenente gli impegni ferroviari. scolastici, finanziari e militari che il governo di Roma avrebbe voluto stipulare insie"!Jle al trattato politico, ma che fu poi accantonato. Cfr. F. JACOMONI, op. cit., p. 244.. (2) -Si tratta verosimilmente del T. gab. 351/210, trasmesso il giorno 9, alle ore 22,30: istruzioni di premere su Zogu perchè addivenga all'accordo con l'Italia e si renda conto che c di fronte alle minacce da cui egli è contornato, una sola forza è bastata finora a sostenerlo; la coscienza che dietro al signor Ahmed Zogu stava la potenza dell'Italia. i!: tempo che eglisi convinca della grave ora che può essere riservata all'Albania se questa coscienza dovesse mutarsi, ed infatti il primo effetto della voce corsa di tensione fra i nostri due paesi è stato quello di scatenare contro di lui tutte quelle forze che il nome de111Italia teneva a freno •. (3) -T. Gab. 750/265 (nel registro il numero di protocollo particolare è 264, ma si tratta di un evidente errore poichè anche il telegramma precedente porta il numero 264), trasmesso 1'8, ore 2,25, per. ore 5,20: riluttanza di Ahmed Zogu a concludere il patto con l'Italia causata (4) -n telegramma venne trasmesso per corriere anche a Londra e Addis Abeba. (5) -II telegramma è privo di data. Si pone qui, tenendo presente che nel registro dei telegrammi è inserito accanto a quelli del 12 luglio. (6) -Cfr. n. 360.

(l) Non pubblicato.

369

IL MINISTRO A DURAZZO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 780/277. Durazzo, 12 luglio 1926, ore 20,40 (per. ore 24). Ho letto ad Ahmed Zogu dispaccio di cui al telegramma di V. E. numero 354/213 (1). Ne è rimasto profondamente impressionato. Ho aggiunto per mio conto che non si trattava di ultimatum, ma di una comunicazione che riassumeva una situazione da lui voluta per l'insincerità dimostrata nel negoòato in pari tempo protestai dicendo che con nessuno avevo mai parlato di ultimatum. Ho allora ribattuto la mia osservazione, allo scopo di evitare qualsiasi altro malinteso. Ahmed Zogu ha continuato volendomi dimostrare di non meritare i termini duri del dispaccio di V. E. e, malgrado l'attuale dis-senso politico teneva a riconfermarmi la sua volontà di non cambiare i suoi sentimenti verso l'ItaHa e vel'so V. E., ripetendo le solite dichiarazioni di amicizia e di lealtà di fronte alle quali ho taciuto e lasciato cadere il discorso. Egli allora mi ha richiesto se trattato segreto era ancora in vigore; ciò visihHmente lo interessa, date le preoccupazioni che egli mi ha mostrato avere per la condotta dubbia della Jugoslavia in questo momento. Ho risposto che nel dispaccio V. E. non vi era alcun accenno che mi permettesse di rispondere categoricamente alla domanda. Dietro sue nuove pressioni ho fatto rilevare, a titolo

personale, che accordo segreto, per avere valore pratico, doveva essere integrato da proclamazione pubblica. Egli mi ha incaricato allora di richiedere a

V. E. una risposta a tale quesito.

A titolo personale poi Ahmed bei Zogu avrebbe voluto ancora tentare convincermi della sua buona fede ed io ho potuto quindi usare un linguaggio ancora più duro per fargli constatare il suo doppio giuoco inutile per noi, ma dannoso per lui e l'Albania.

Il messaggio odierno lo ha scosso evidentemente; ma a mio subordinato parere occorre che la risposta aHa domanda che egli rivolge a V. E. sia altrettanto energica, visto che un accordo segreto è basato sulla fiducia reciproca delle due parti.

(l) Cfr. n. 365.

370

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, ALOISI

T. GAB. 363/217. Roma, 13 luglio 1926, ore 20,30.

Suoi telegrammi 277 (l) e 278 (2).

La .situazione che deriva dal mio telegramma 354 (3) è la seguente: nessuna delle posizioni raggiunte deve essere abbandonata. L'Italia si limita a non proseguire il negoziato politico. Tutti rimarranno al loro posto a continuare il loro lavoro e primo tra tutti V. E. Gli ufficiali istruttori ed i sottufficiali imbarcati sulle navi albanesi non dovranno essere ritirati e nessun accenno deve essere fatto da parte nostra ad ipotesi simile. V. E. continuerà, per quanto difficile ciò possa riuscire, tutte le trattative in corso per il rilievo topografico, per la Muzakia, per il porto, la ferrovia, i lavori edilizi e per tutti insomma i lavori previsti sia in esecuzione della convenzione Svea e sia in esecuzione di impegni successivi presi o promessi da codesto Governo. Se la nostra penetrazione deve subire un intralcio, questo deve se mai provenire dal Governo albanese e spetterà a noi di fare di tutto per superarlo. Escludo assolutamente che si possa quindi da parte nostra pensare a cedere ad altri le posizioni da noi tenute e dare comunque impressione di una rottura di relazioni.

In quanto al quesito se l'accordo segreto debba ancora considerarsi in vigore, penso che tale accordo per quanto politicamente pericoloso è in qualche modo uno strumento che può impedire al signor Ahmed Zogu di ritenersi impunemente libero di assumere vincoli in contrario. Invece, una volta annullato, non rimarrebbe di esso che il solo lato negativo cioè quello di servire come una prova contro di noi. Pertanto V. E. risponderà al quesito del signor Ahmed Zogu dicendosi incaricato di dichiarare che l'Italia, interrompendo il negoziato politico, non intende venir meno ad alcuno degli impegni presi precedentemente.

371

L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 787/805/475. Parigi, 13 luglio 1926, ore 23,45 (per. ore 5 del 14).

Telegrammi riservati di V. E. gabinetto nn. 360/403 (4) e 35,9/404 (5).

Con gli accenni fatti nella conversazione che rifer.ii per sommi capi con mio telegramma n. 779/462 (6), il Governo francese non aveva nessuna intenzione di crearci difficoltà in Etiopia nè di abbinare la questione dell'accordo italo-ingiese con le questioni di Tunisi e di Tangeri. Circa sue pretese su punti

comunicati dall'ambasciata britannica, come quelli sui quali Governo francese attendeva chiarimenti, non ha mai... (l) altro che l'induzione del signor Wigram, secondo segretario dell'ambasciata britannica, il quale, col suo zelo, ha creato impressione che non vi fosse accordo .tra me e l'ambasciatore d'Inghilterra nella collaborazione ad ottenere l'adesione della Francia per l'Abissinia. Berthelot, che ho veduto oggi, mi ha finalmente dichiarato che ,conformemente aU'assicurazione da me data.gli, che accordo non contestava nè ledeva gli interessi francesi, il Governo delLa repubblica non aveva nessuna obbiezione da fare all'accordo stesso e che quindi doveva considerarsi come chiusa la discussione su tale soggetto. Gli ho domandato se con questa dichiarazione era ben inteso che la Francia si sarebbe astenuta dal chiedere concessioni nella zona attraversata dalla nostra ferrovia, come noi intendiamo astenerci dal chiedere concessioni nella zona della ferrovia francese. Berthelot mi ha risposto che tale era il pensiero del suo Governo. Ho fatto presente a Berthelot opportunità che il signor Lagarde e altri francesi non rappresentassero Abissinia presso la Società delle Nazioni qualora essa volesse protestare contro l'accordo, tanto più che in tale eventualità contavamo sull'appoggio francese a Ginevra. Berthelot mi ha detto che Lagarde era oramai indipendente dai servizi francesi, ma rendendosi conto dell'effetto ,che un suo intervento avrebbe prodotto in Italia, cercherebbe di evitarlo. Berthelot mi ha rinnovate le assicurazioni dei sentimenti amichevoli della Francia per l'Italia, notando come non valesse la pena di turbare neppure lo.ntamente i reciproci rap,porti. I negoziati per

Tunisi e Tangeri comincieranno al prindpio della settimana prossima.

(l) -Cfr. n. 369. (2) -T. Gab. s. 781/278, trasmesso il 12, ore 21,10, per. ore 24, non pubblicato: richiesta di autorizzazione a ritirare gli ufficiali e sottufficiali italiani in servizio come istruttori nell'esercito albanese. (3) -Cfr. n. 365. (4) -Trasmesso il 12, ore 2, non pubblicato: disposizione dell'Italia a dare spiegazioni al Governo francese circa l'accordo italo-britannico per l'Abissinia. (5) -Cfr.n. 368. (6) -Cfr. n. 360.
372

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLl ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 818/780 (2). Londra, 14 luglio 1926 (per. il 18).

Faccio seguito al mio telegramma gab. segreto n. 718 ~3).

La recente rescissione del contratto in forza del quale il Governo greco aveva

affidato ad una missione britannica l'incarico di riorganizzare la marina ellenica,

ha dato occasione alla stampa italiana ed estera a considerazioni sui rapporti

anglo-greci e sulla politica mediterranea dell'Inghilterra, che occorre rettificare,

e sulle quali in ogni caso credo opportuno attirare l'attenzione di V. E. dato

l'interesse che la questione presenta per l'Italia quale grande potenza medi

terranea. Quando circa un anno fa venne concluso l'accordo anglo-greco ora denunziato, si manifestavano, specialmente da parte della stampa italiana, preoccupazioni e inquietudini per tale manifestazione di maggior intimità tra Grecia e Gran Bretagna e per il controllo che quest'ultima veniva ad assumere nei riguardi della marina greca. Si ritornò ad esprimere quella sorpresa, già mani

festata al momento dell'incidente italo-greco di Corfù, e cioè come mai l'Inghilterra preferisse l'amicizia greca a quella italiana.

Oggi al contrario, in seguito allo scioglimento del contratto, si crede vedere un raffreddamento nei rapporti fra Grecia ed Inghilterra e si manifesta quindi una certa soddisfazione per tale fatto in se stesso, e per il perduto controllo inglese sulla marina ellenica.

Tale maniera di considerare i rapporti anglo-greci e la situazione del Mediterraneo orientale riguardo all'Italia e all'Inghilterra, sembrami per altro errata.

L'impero britannico, come ho già avuto occasione di esprimere a V. E., ha nel Mediterraneo un solo, reale, grande interesse, la libertà di passaggio, e la sicurezza di poter in ogni evenienza comunicare per la via più breve con i suoi possessi di oltre mare, e di mantenere inoltre il contatto con il bacino del Mar Nero.

Per raggiungere tali finalità, l'Inghilterra, sopratutto dopo la scomparsa delle marine tedesca e austriaca, non ritiene esserle indispensabile l'aiuto di un'altra flotta, sia la grande italiana, sia la piccola greca.

Ritiene invece sufficiente il possesso di Gibilterra e l'internazionalizzazione di Tangeri per quanto riguarda il Mediterraneo occidentale: il possesso di Malta per il controllo del Mediterraneo centrale; «la disponibilità» dei porti della penisola ellenica, e specialmente quelli dell'Egeo, per quanto riguarda il Mediterraneo orientale e cioè per il controllo di Suez e dei Dardanelli.

L'amicizia della Grecia è quindi forzatamente un caposaldo della politica britannica, politica che può subire degli alti e bassi a seconda delle vicende della politica interna greca, e può manifestarsi e attuarsi sotto forme diverse, ma che non è suscettibile di cambiamenti sostanziali.

L'ammiragliato britannico non disconosce affatto il valore, in senso assoluto, di una collaborazione italiana nel Mediterraneo, e del contributo delle nostre forze navali; ma al tempo stesso, è indotto a stabilire una gradazione di utilità e a considerare come insostituibili i punti di appoggio che sono offerti alla grande flotta inglese dai capaci e sicuri porti della costa greca, geograficamente così vicini ai Dardanelli e a Suez. L'ammiragliato è indotto, anzi, ad escludere la collaborazione italiana, tutte le volte che l'Italia si presenta in contrasto con la Grecia, ed esso venga richiesto di scegliere tra Italia e Grecia.

La politica di amicizia anglo-greca, voluta dall'ammiragliato per ragioni di supremi interessi imperiali, è allo stesso tempo favorita dal mondo politico britannico e dalla generalità di questa opinione pubblica, che riscontrano in essa quella tradizionale linea politica inglese in favore della formazione e del consolidamento delle piccole nazionalità, con tutti i ricordi storici e sentimentali che ad essa si ricollegano.

Stando così le cose, risulta evidente che i rapporti italo-inglesi nei riguardi del Mediterraneo non potranno avviarsi a maggiore sviluppo e giungere in certe evenienze a reali intese, fino a che l'opinione pubblica italiana domandi all'Inghilterra di scegliere tra l'Italia e la Grecia, e fino a quando essa non sarà disposta a riconoscere la situazione mediterranea della Grecia, che l'Inghilterra invece riconosce ed assicura.

Gli uomini politici inglesi non sarebbero alieni dal riunire in unico fascio gli interessi mediterranei dell'Inghilterra, dell'Italia e della Grecia e a più riprese in questa opinione pubblica un movimento in tal senso è sembrato manifestarsi, ma esso è poi subito apparso non destinato a svilupparsi per la latente rivalità italo-greca. Si è quindi posto ogni cura per coltivare più specialmente le relazioni con la Grecia, ritenute, come ho detto sopra, di importanza preponderante per quanto riguarda il Mediterraneo orientale.

Occorre dunque da parte nostra tener presente che se in certe evenienze dovesse rendersi opportuna o necessaria un'intesa anglo-italiana per l'Oriente mediterraneo, essa non potrebbe prescindere da una intesa italo-greca.

Debbo aggiungere che in Inghilterra, nei circoli politici, non si è mai saputo spiegare la rivalità italo-greca, e costituiva anzi motivo di sorpresa il fatto che stampa ed opinione pubblica italiane si ostinassero a disconoscere l'esistenza della Grecia come paese mediterraneo che ha interessi da far valere. E mentre qui trovano eco le suscettibilità e la paura della piccola Grecia, non si è mai riuscito a comprendere come l'Italia, grande potenza, ricca di uomini e di energie in pieno sviluppo, potesse guardare con preoccupazione la concorrenza di un piccolo stato senza risorse, militarmente debole e dilaniato da così gravi lotte intestine.

Date tali disposizioni dell'opinione pubblica britannica, non potevano qui passare inosservati e non essere seguiti con interesse, i recenti segni di una maggior cordialità nei rapporti italo-greci. In assenza però di una stabilizzazione dei nostri rapporti con il Governo di Atene, l'Inghilterra, per le ragioni suddette sarà sempre spinta ad intervenire tutte le volte che se ne presentasse la necessità, per la protezione degli interessi del piccolo stato.

Credo mio dovere attirare in modo particolare tutta l'attenzione di V. E. su quanto esposto, in relazione alla incerta situazione della Turchia e all'eventualità dell'aprirsi di una crisi in Oriente.

La situazione dell'Italia nei riguardi del Mediterraneo orientale, tra una Francia con permanente tendenza a combattere le aspirazioni italiane, ed un'Inghilterra disposta a sostenere certi nostri interessi, ma impacciata dalla rivalità italo-greca, non appare essere troppo agevole. Ogni sforzo diretto a trarci da tale situazione, che è quasi di isolamento, non potrà che giovare all'Italia nelle sue aspirazioni nel Mediterraneo orientale.

(l) -Gruppo indecifrato. (2) -Spedito probabilmente per corriere. (3) -Cfr. n. 344.
373

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 811/5>11. Londra, 16 lugLio 1926, ore 21,55 (per. ore 5 del 17).

Decifri EUa stessa.

In conversazione avuta con Chamberlain ho cercato controllare informazione drca nuove domande del re di Spagna per Tangeri di cui al mio telegramma di gabinetto segreto n. 507 (1).

Da tale conversazione è risultato che le mie informazioni erano sostanzialmente fondate.

Chamber·lain pur non facendo alcun accenno aHa Società deHe Nazioni mi ha detto che re di Spagna gli aveva nuovamente parlato della questione di Tangeri e che aveva avanzato delle altre proposte. Segretario di stato mi ha confidato di avere in ultimo detto a S. M. che, tenuta ferma l'intangibilità principi della internazionalizzazione e della neutralizzazione (?) della zona di Tangeri, se Governo spagnolo avesse qualche proposta precisa da avanzare, il Foreign Office l'avrebbe esaminata benevolmente. Chamberlain aggiunse che Governo britannico non era alieno di dare qualche soddisfazione alla Spagna su Tangeri per ottenere che Spagna stessa modificando il suo noto atteggiamento nei riguardi della Società delle Nazioni, ·continuasse a prendere parte attiva nei lavori del Consiglio mediante le possibilità offerte dal progetto Cecil.

Come V. E. rileverà il re di Spagna, ·che ha lasciato stamane Londra, nei suoi quindici giorni di permanenza, con le sue insistenze e vive premure, approfittando della sensibilità di Chamberlain nei riguardi della Società delle Nazioni ha finito per ottenere qualche vantaggio (1).

(l) T. Gab. s. 790,/507, trasmesso il 14, per. ore 7 del 15, non pubblicato: desiderio della Spagna di porre la zona internazionale di Tangeri sotto il controllo della Società delle Nazioni.

374

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GA.B. 812/133. Addis Abeba, 16 luglio 1926, ore 13 (per. ore 11,15 del17).

Sono ora in grado assicurare formalmente V. E. che in seguito ad ulteriori colloqui con ras Tafari nei quali mi sono essenzialmente servito della autorità del nome e delle franche dichiarazioni di V. E., ogni malinteso ed ogni fermento provocato contro di noi in questa capitale dalle intenzioni attribuiteci dalla stampa specialmente francese, è completamente scomparso. E si affaccia anzi opportunità di riannodare con questo Governo relazioni più salde e proficue. Ha ammesso che tanto lui come il suo Governo sono stati profondamente impressionati ed ingannati non solo stampa europea, ma da indirizzi direttamente pervenutigli dall'Europa (Francia) affermanti la pretesa dell'Italia di avere mano libera per l'Abissinia. A conferma di questo suo ravveduto atteggiamento ras Tafari mi ha assicurato che darà maggior pubblicità alle reciproche dichiarazioni scambiate fra i due Governi ed affermanti la cordialità dei loro rapporti. Mi ha nuovamente rinnovato la sua viva soddisfazione per la prossima visita di

S. A. R. il duca degli Abruzzi.

(16 maggio): c Ho rilevato con viva sorpresa come codesto Ministero degli Affari Esteri lusin'gasi che Italia non si opporrebbe a che mandato della zona di Tangeri fosse affidato ,alla Spagna. Ciò significa che egli non si è reso affatto conto sia dei fondamentali motivi di carattere poJ.itico generale che hanno determinato il Governo italiano a rimanere assolutamente intransigente nel non riconoscere il nuovo Statuto di Tangeri, sia degli interessi e della nuova coscienza mediterranea dell'Italia, per cui l'unica soluzione accettabile della questione di Tangeri è quella di una effettiva internazionalizzazione in cui l'Italia sia efficacemente rappresentata in modo adeguato alla sua situazione ed ai suoi diritti di grande potenza Mediterranea •.

(l) Cfr. un precedente telegramma di Mussolini indirizzato a Madrid ma non spedito

375

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 822/136. Addis Abeba, 17 luglio 1926 (per. il 18).

Telegramma di V. E. n. 346/116 (1).

Nella situazione presente ormai ristabilita sarebbe inopportuno (dico inopportuno) rifiutare al Governo britannico il nostro consenso per il rifornimento armi richiesto da ras Tafari per il quale nel mio rapporto 145 (2) ho espresso parere ·contrario. Sarebbe rperò opportuno rfare osservare al Governo di Londra che armamenti suddetti dovrebbero nella forma essere accordati al Governo etiopico e non personalmente al ras che nelle eventualità future potrebbe rappresentare in Etiopia un partito in oprposizione allo stesso Governo etiopico.

376

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA

T. GAB. PER CORRIERE 381. Roma, 18 luglio 1926, ore 11.

Dai recenti telegrammi che ho avuto occasione di dirigerle sulla questione albanese V. E. avrà avuto la sensazione delle difficoltà che vengono frapposte da elementi vari ad una chiarificazione della situazione dell'Italia in quella regione, chiarificazione che, negli intendimenti del R. Governo, non può consistere se non nel riconoscimento di una prevalenza di interessi italiani su quella sponda dell'Adriatico.

Mi propongo ora di mettere V. E. al corrente dell'azione sinora svolta dal

R. Governo per additarle alcuni fra gli ostacoli maggiori incontrati, dato che molte circostanze dimostrano o inducono a credere che essi provengano da una azione in contrario di codesto Governo, o almeno dei suoi organi in Albania.

V. E. avrà presenti a questo riguardo i difficili momenti attraversati nel febbraio 1925 per la necessità di dover arginare l'azione che la legazione britannica a Tirana aveva svolto in senso tale da precludere la possibilità all'Italia ùi partecipare all'accaparramento delle zone petrolifere in Albania. Non vi ha dubbio che si deve alla buona volontà ed alle lunghe vedute di codesto Governo se una situazione nella quale l'Italia non era disposta a lasciar manomettere i suoi interessi potè passare da uno stato di tensione ad uno stato di collaborazione che ha dato e dovrà dare i suoi buoni frutti. Tuttavia nell'ambiente della legazione britannica a Tirana lo spirito di esclusivismo con cui si era cercato di riservare al proprio paese una politica di prevalenza in Albania non sembra abbia cessato dal trapelare in alcuni momenti salienti delle vicende albanesi svoltesi in quest'ultimo anno. Dal febbraio 1925 il R. Governo ha potuto realizzare un programma di penetrazione economica certamente notevole di cui V. E.

avrà potuto trovare ampi accenni nella stessa stampa britannica; l'istituzione di una banca di emissione che fa capo al gruppo Alberti e l'emissione di un prestito di 50 milioni oro per opere pubbliche in Albania garantito sopra alcune delle principali entrate finanziarie di quello stato sono i capisaldi di questo programma, ormai in pieno movimento.

Una volta messo su questa strada il signor Ahmed Zogu aveva compreso che tanto valeva integrare i rapporti già creati con un sistema politico che assicurasse un avvenire pacifico all'Albania ed aveva fatto richiesta in questo senso al R. Governo. Nell'esaminare tale proposta il R. Governo ha creduto naturalmente di doversi tenere nel quadro degli accordi vigenti, specialmente intervenuti coi suoi alleati nei riguardi dell'Albania, per non creare nulla che turbasse la posizione giuridica propria e degli altri e che non ne fosse anzi una solenne conferma nell'interesse di tutti. Il R. Governo dovette quindi rispondere all'iniziativa del signor Ahmed Zogu dichiarando che una proposta di negoziato politico non poteva, da parte italiana, scostarsi dai termini della dichiarazione della conferenza degli ambasciatori del 9 novembre 1921. Il R. Governo riteneva e ritiene che nessun'altra base di negoziato poteva e può corrispondere meglio di questa alla opportunità di non modificare per nulla lo stato delle relazioni fra gli alleati ed all'interesse generale di stabilizzare l'indipendenza albanese.

Il signor Ahmed Zogu cominciò col dichiararsi d'accordo nella sostanza di queste vedute; poi si abbandonò al solito sistema albanese delle incertezze e delle dilazioni tanto che il R. Governo lasciò cadere lungamente la trattativa; suceessivamente lo stesso Ahmed Zogu sollecitò una ripresa di contatti e si accostò nuovamente aH'idea di riconoscere la dichiarazione del '21; indi la abbandonò; poi dichiarò di voler conferire meco personalmente dopo di che, se richiesto da me formalmente, avrebbe ceduto sulla dichiarazione del '21; infine si ritirò nei meandri di una nuova fase dilatoria.

A questo punto il R. Governo dovette invitarlo a manifestare decisamente il suo pensiero; che se questo fosse stato contrario conveniva che il signor Ahmed Zogu lo dicesse apertamente e la trattativa non avrebbe avuto seguito, dato che l'Italia non aveva ragione alcuna di correre dietro all'Albania. Questa domanda di chiara risposta servì di pretesto al signor Ahmed Zogu per ricorrere ad alcuni dei ministri stranieri a Tirana, tra cui primo fra tutti il ministro britannico, quasi per chiedere di essere salvaguardato contro una prepotenza dell'Italia. Questo passo dette o11igine alla vi:sita a me del signor Graham (l) che mi portò la preghiera del signor Chamberlain di non dar luogo in questo momento ad una questione albanese. La assicurazione che io potei dare al signor Graham sulla chiarezza e sulla perfetta serenità della nostra azione politica in Albania trova conferma nella esposizione di tutto quanto precede, da cui una cosa sola si rileva; l'interesse con cui l'Italia cerca di mantenere le posizioni fissate a suo tempo con gli alleati.

Attraverso le tortuosità del signor Ahmed Zogu, si è per contro rilevato l'interesse di lui di non riconoscere tali posizioni e la sua convinzione di essere in ciò sostenuto dal Governo britannico.

1'8 e l'll luglio, non pubblicati.

Nel corso delle trattative non mancò infatti qualche informatore ad avvertirci che forse la resistenza del presidente della repubblica albanese a riconoscere la dichiarazione del '21 poteva derivare da impegni assunti in precedenza col Governo britannico. E quando il signor Ahmed Zogu venne fuori con l'inconsulta comunicazione che il Governo italiano gli aveva posto un ultimatum, sembra -secondo qualche informazione avuta dal R. Governo -che il rappresentante britannico a Tirana si sia con eccessiva diligenza adoperato a fare apparire più seria e più grave la situazione prospettata dal signor Ahmed Zogu e si sia affrettato a porgere a quest'ultimo tutte le argomentazioni per influenzarlo negativamente nei riguardi dell'Italia, e della validità della dichiarazione del '21.

Il signor Ahmed Zogu, subendo l'ascendente del rappresentante britannico, sarebbe stato tratto persino nell'illusione che la presenza -dovuta a fortuita coincidenza -di una forte flotta britannica nell'Adriatico fosse invece volutamente disposta dal Governo di Londra in relazione ad una ostentata tutela che la legazione inglese a Tirana avrebbe esercitato su l'Albania avverso le pretese dell'Italia.

Il Governo italiano ha stentato a prestar fede a simili notizie e tuttora, se è mosso dal desiderio di farne oggetto di conversazione col Governo britannico, lo fa con l'idea che ciò sarà una occasione propizia per ottenere le più franche spiegazioni con vantaggio per le reciproche buone relazioni, come suole avvenire sempre dopo un leale contatto. Ma che queste spiegazioni, allo stato delle opinioni diffuse nella prossima sponda Adriatica, siano necessarie non è contestastabile; esse divengono un imperioso dovere per il R. Governo il quale non è disposto a lasciar radicare nei popoli balcani l'idea -per quanto inverosimile -che una qualsiasi fantasticheria di un Governo locale possa provocare, all'infuori dell'Italia e quasi al di sopra dell'Italia, una manifestazione di solidarietà di una grande potenza verso quel Governo.

L'Italia attribuisce troppa chiarezza di vedute e troppa chiarezza di carattere al Governo britannico per poter credere che questi voglia assumersi il compito di tarpare il legittimo sviluppo dell'attività italiana nei limiti delle più evidenti leggi geografiche e delle più chiare stipulazioni internazionali; e ciò in un momento in cui la imminenza e la immediatezza della espansione demografica dell'Italia, che non è frutto di un capriccio di governanti, bensi di una irremovibile legge della natura, si impone a tutto il mondo fino al punto da farla ingiustamente ritenere un elemento capace di perturbarne la tranquillità.

Il popolo italiano è il più lontano di tutti dalle avventure inconsulte perchè le sue passioni sono saldamente rette da un Governo che vede dove esse possono condurre; ma è un popolo la cui volontà di vivere non può essere più ignorata nel consesso degli altri popoli.

Non è possibile che la competizione internazionale tenga ancora sotto la legge della reciproca astensione una zona che è di cinque secoli arretrata e che trovasi alle porte del paese più antico in civiltà e più giovane in espansione.

Se l'Albania si trovasse in una parte qualsiasi del globo, anche fuori del Mediterraneo, e l'Italia vi rivolgesse i suoi sguardi per farne un campo di fecondo lavoro per i suoi figli, potrebbe destare stupore che la Gran Bretagna, che ormai

:a:a -Documenti diplomatici • Serie VII . Vol. IV

si preoccupa di cercare un pacifico sbocco all'eccesso di popolazione italiana, commettesse l'incoerenza di contrastarglielo.

Ebbene, che dire poi quando questo campo si offre a sei ore di mare dalla sponda italiana dell'Adriatico? e che dire ancora quando, ai motivi di sviluppo economico si aggiungono quelle assolute ragioni di sicurezza che l'Inghilterra ha solennemente riconosciuto nella dichiarazione del 9 novembre 1921?

Il R. Governo non si dissimula però quanti pericoli sono sempre venuti dai Balcani alla pace europea e mondiale e non disconosce quindi con quanto interesse una potenza mondiale come la Gran Bretagna debba seguire gli avvenimenti che ivi si svolgono ed agire affinchè da essi non si levino pericolose scintille.

Ma il R. Governo si stupirebbe, appunto per questa ragione, se dovesse vedere il Governo britannico impegnarsi in un giuoco locale ed assumere una parte d'interessi che solo i popoli materialmente viventi nei Balcani o intorno ai Balcani sono costretti a condurre come affari di casa propria.

Il R. Governo non saprebbe immaginare, per esempio, la presenza in Adriatico di una numerosa forza navale britannica se essa dovesse significare verso uno qualsiasi degli stati che guardano al mare Adriatico una presa di posizione non giustificata dalla necessità di tutelare interessi britannici pari a quelli degli stati che nell'Adriatico hanno un elemento della loro esistenza. Il R. Governo, che ben si rende conto invece della necessità che la politica navale britannica deve perseguire nel Mediterraneo, come via di comunicazione fra i continenti, ha sempre accolto con letizia le visite delle forze inglesi in Adriatico come semplice manifestazione di cortesia fra i popoli perchè ha voluto sempre ritenere che il Governo britannico certamente apprezzasse la differente concezione che la sua flotta rappresenta nel Mediterraneo da quella che può rappresentare in Adriatico.

lo credo, personalmente, che nulla di men che legittimo il signor Chamberlain vorrà trovare in queste mie considerazioni, il cui carattere amichevole è consentito dalle personali prove di amicizia e di stima che reciprocamente ci siamo date. E perciò prego V. E. di volersi recare da lui e di volerlo intrattenere, con questo spirito di reciproca fiducia e di personale apprezzamento, sul contenuto del presente dispaccio, la cui portata fondamentale per l'Italia, non sfuggendo a V. E., dovrà piuttosto condurre V. E. a portare lealmente alla luce di una franca conversazione argomenti così difficili piuttosto che lasciar sviluppare intorno ad essi la rete degli equivoci e dei malintesi che generano rancori

e tensioni. Prego V. E. di riferirmi poi nel modo più testuale possibile il risultato del suo colloquio. V. E. è autorizzata a leggere testualmente il presente dispaccio al signor Chamberlain ed a rilasciargliene copia se richiesta (1).

(l) -Trasmesso il 9, ore 17, non pubblicato: richiesta di sollecite informazioni sul contegnodi ras Tafari e del Governo etiopico per trarne norma per la visita del Duca degli Abruzzi e per il consenso alla fornitura di materiale bellico all'Abissinia. · (2) -Non pubblicato.

(l) Cfr. i telegrammi gab. 3411219 e 353/255 trasmessi da Mussolini a Della Torretta

(l) Per la risposta di Chamberlain, cfr. il n. 383.

377

L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. P. 2786. Pm·igi, 19 luglio 1926.

Ringrazio V. E. per essersi compiaciuta di rispondere al mio telegramma per corriere n. 783 sulle relazioni della Francia ,con la Germania e ,con l'Italia (1). Ella, con la consueta lucidezza, ha enunciato le ragioni che rendono poco probabile che il flirt franco-tedesco si sviluppi in una alleanza. Convengo nella giustezza delle Sue considerazioni. Vado più in là. Forse vi è una invincibile idiosincrasia dei due popoli per un'alleanza. Invero io ho parlato di ravvicinamento e di tendenze sulle quali è mio dovere riferire, poichè, dopo tutto, noi non sappiamo quale reazione possa avere la pressione dell'America e del mondo anglo-sassone in generale, sul continente europeo, nè come sia per risolversi il fermento rivoluzionario che lo travaglia.

Questi sentimenti e tendenze della Francia nei riguardi della Germania sono poi mutevoli. Recentemente essi hanno subìto un arresto per l'attitudine del Governo tedesco verso la Commissione Militare di Berlino che lo richiamava all'adempimento di clausole del disarmo già concordate.

Ma si vedono a Parigi professori, uomini politici e giornalisti tedeschi ben ricevuti dai circoli corrispondenti, e Thyssen vi si è trattenuto parecchi giorni facendo molta propaganda sul tema di una più stretta unione dei due paesi.

Comunque, V. E. ben si appone ritenendo che da questi tentativi ad un'alleanza corre molta distanza, così per l'impedimento del trattato di Locarno che per le divergenze che tuttora sussistono fra le due Nazioni così sul Reno che sulle frontiere orientali della Germania; quantunque quivi la Polonia potrebbe concorrere ad eliminarle qualora non riuscisse a consolidarsi.

Aggiungo che in Francia operano forze occulte con tendenze internazionali, che lavorano intensamente a disgregare il paese spingendolo verso la Germania. Occorrerà che il popolo francese scrolli fortemente le ,spalle per liberarsene, mentre per ora esse rimangono dominanti e ne dirigono la politica. Non vi è legge o provvedimento di qualche importanza che possa oggi essere preso senza previa discussione e approvazione del Grande Oriente e della Lega dei Diritti dell'Uomo, intorno alla quale volteggiano come ausiliari comunisti, anarchici e socialisti.

V. E. osserva che nel precitato mio rapporto io abbia solo nella chiusa accennato all'Inghilterra, che è pure un fattore dominante, sopratutto per l'Italia, verso la quale essa ha praticato una politica più liberale ed accorta della Francia.

Non vorrei che Ella avesse l'impressione che io non riconosca il peso della Gran Bretagna in tutte le questioni dell'Europa e del mondo. Chè, anzi, io l'ho citata in ultimo per concludere le mie considerazioni nel senso che ci convenga attenerci alla tradizionale politica di amicizia con l'Inghilterra « controbilanciata da rapporti con la Francia sufficientemente amichevoli per tenerci la porta aperta a quasiasi combinazione continentale».

Tenere la porta aperta non significa passarla; ma è saggia precauzione di non chiuderla. Nel che sono anche in perfetta cotfsoJll9.n~a con l'E. V., che i rapporti con la Francia vuole quanto "iù possibile amichevoli.

E mi rendo perfettamente conto del fastidio che Ella deve risentire per le continue dilazioni che sono state poste finora all'inizio dei negoziati per Tunisi e Tangeri, la cui conclusione spianerebbe la via a relazioni più fiduciose e normali.

Egli è però vero che la Francia trovasi da parecchio tempo senza Governo. Le trattative con la Spagna per il Marocco e le crisi continue hanno paralizzato ùgni attività del Quai d'Orsay, dove non vi è più, all'infuori di Berthelot, sulle cui spalle cade il peso dell'intero Ministero, un funzionario capace di un'iniziativa o in grado di assumere una responsabilità. Briand, poi, ha passato questi ultimi tre mesi a formare Gabinetti e consumare Ministri delle Finanze.

Lo stesso accordo abissino è stato cagione di malintesi che hanno assunto ad un certo momento un aspetto quasi grave, per il disordine che regna nel Ministero degli Esteri francese. Ponsot effettivamente non ha mai potuto occuparsene, e Berthelot non ha avuto tempo di esaminarlo personalmente che negli ultimi tempi.

Nel primo periodo prevalse un mal celato malumore per non avere l'Inghilterra e l'Halia informato il Governo di Parigi delle trattative sull'accordo del 1906, di cui la Francia faceva parte. Ma i chiarimenti a più riprese dati da me e dal mio collega inglese, non sortirono effetto perchè nessuno al Quai d'Orsay si t>ra dato la ·pena di leggere attentamente le note scambiate fra Londra e Roma.

Infine, questa questione è risolta. Berthelot, autorizzato da Briand, ha dichiarato, così a me che a Lord Crewe, che i nostri chiarimenti erano considerati soddisfacenti e che la Francia non sollevava obiezioni all'accordo. Ho chiesto all'Ambasciatore Britannico se non riteneva necessario insistere per una risposta scritta. Egli ha espresso parere contrario e che convenisse considerare la questione come definitivamente chiusa.

Per Tunisi e Tangeri si era rimasti intesi con Briand e Berthelot che i negoziati incomincerebbero questa settimana. Ma, con la caduta del Ministero, avvenuta ieri, forse andremo incontro ad un nuovo .ritardo. Benchè mi siano stati dati ripetuti affidamenti che si sarebbe venuti a conclusioni soddisfacenti, non azzardo previsioni fino a quando non mi sarà dato di conoscere con precisione il modo di vedere francese a riguardo.

Berthelot, partigiano di una politica di ravvicinamento alla Germania, si è, in questi ultimissimi tempi, alquanto ricreduto ed ha convenuto con me che era meglio non imbarcare la politica francese su una via così incerta, e che convenisse meglio alla Francia di rimanere legata all'Inghilterra e all'Italia, i cui interessi erano in Europa identici e nelle parti divergenti facilmente conciliabili. Egli, se conserverà col nuovo Governo l'influenza preponderante che aveva nel Gabinetto Briand (e ciò è verosimile •Se a questo succederà un Gabinetto Herriot appoggiato da Blum) faciliterà pertanto la ·conclusione degli accordi sopra menzionati.

Ho avuto con lui parecchie conversazioni nelle quali sono sempre tornato sulla necessità di espansione per l'Italia verso territori dove riversare l'eccesso

della sua popolazione. Berthelot ha, a questo riguardo, ripreso il concetto già altra volta accennatomi da lui stesso, nonchè da Briand, e cioè che la Turchia fosse il campo di azione destinato all'Italia. Egli prese lo spunto dal regolamento delle zone d'influenza in Abissinia, sconsigliando d'imbarcarci in una avventura costosa e che richiederebbe grandi sforzi finanziari e militari senza adeguati compensi.

La Turchia, invece, egli disse, si avvia ad un rapido decadimento, sopratutto dopo l'espulsione degli elementi più attivi della popolazione, rappresentati dai greci e dagli armeni. L'Italia può riprendere l'opera incominciata da questi ultimi, assicurandosi un territorio che per fertilità, ricchezze di ogni genere e situazione geogvafica, rappresenterebbe uno sbocco definitivo allla magn:ifica rinascita della Nazione Italiana. La Francia vi è consenziente, e, sebbene, egli aggiunse, ciò non possa formare oggetto di un accordo scritto, Francia e Italia debbono avere in mente che questo debba essere, in un avvenire non molto lontano, l'assetto del Mediterraneo Orientale.

Intanto ,come primo passo, egli, Berthelot, mi avrebbe prossimamente intrattenuto circa le ferrovie dell'Anatolia e quella di Bagdad. Il gruppo Shroeder tendeva a sbarazzarsene restituendole alla Turchia mediante un'operazione che le avrebbe fatte ripassare in mani tedesche. Ciò era assolutamente da evitarsi. Non si poteva permettere, per ragioni di politica generale e per salvaguardare gli interessi futuri dell'Italia in quella regione, che la Germania riprendesse il predominio di una impresa di così grande importanza politica. Egli ne aveva tenuto parola col Governo inglese ed aveva in mente di proporci un accordo anglo-franco-italiano per la ferrovia di Bagdad. Mi avrebbe più tardi precisato il suo viano.

Egli è certo che Berthelot tende ad allontanare la pressione italiana dal confine francese e dal Mediterraneo Occidentale per addivenire ad un accordo Mediterraneo che fissi le sfere di influenza delle tre Nazioni in questo Mare.

A proposito di Turchia, ho letto il rapporto del nostro ambasciatore a Mosca, circa la possibilità che esista un accordo militare segreto fra Russia e Turchia. Chiederò a Berthelot quel che gli risulta al riguardo.

I discorsi sopra riferiti hanno poi per ora solo valore di tendenze, e rappresentano la politica di Berthelot, alla quale aderiva Briand. Ma la situazione in Francia è veramente grave ed oscura. Io non saprei escludere avvenimenti che prendessero carattere rivoluzionario.

Il verosimile fallimento dello Stato francese può avere ,conseguenze imprevedibili. Esso può risolversi in una pacifica resurrezione dell'economia francese che ha basi naturali granitiche, ma può anche portare ad un sollevamento delle classi espropriate e sacrificate dal mal governo. Tutto dipenderà dagli uomini che appariranno sulla scena. Ora, i pochi che emergono sembrano appartenere quasi tutti ai partiti più malefici e distruttori (1).

(l) Cfr. n. 363. ;· tel. cui Mussolini risponde non è quello indicato nel testo da Romano Avezzana (cfr. n. 361), bensì il t. gab. per corriere 746/766 (cfr. n. 359).

(l) Annotazione marginale di pugno di Mussolini: • Importante. Vedi mio telegrammaprecedente. M. >. Il telegramma cui allude Mussolini è evidentemente quello pubblicatoal n. 363.

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IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 835/164. Bucarest, 20 lugLio 1926, ore 20 (per. ore 4,45 del 21). Di sua iniziativa, questo ministro degli affari esteri mi ha parlato alcuni giorni fa del progetto di patto d'amicizia italo-romeno, ricevuto da Roma dandomene visione. Nel parlare, pur dicend~mi che in attesa del parere del presiden~e del consiglio, esprimeva soltanto sue impressioni personali, non mi celava suo disappunto per carattere piuttosto platonico del patto proposto. Generale Averesco, che vidi a lungo stamane, osservò che progetto attuale segna un grande passo indietro su quello che era stato proposto alcuni mesi fa da precedente Governo, e che, secondo Averesco, era stato da V. E. già approvato, almeno in massima, come base dei negoziati. Averesco trae da ciò conseguenza che in questo frattempo siano sopravvenuti motivi tali da indurci a convertire in patto d'amicizia piuttosto generico accordo politico che era stato impostato come vero e proprio trattato di alleanza. Senza disconoscere valore morale che potrebbe avere per Romania anche questo semplice patto d'amicizia e senza escludere che, dato suo grande des!.derio di concludere con noi un accordo politico pur.ché sia, egli potrebbe anche trattare su queste nuove basi, Averesco mi ha pregato di metterlo possibilmente in grado di rendersi conto delle ragioni di questo nostro mutamento. Anche per potersi difendere da accuse di avere ottenuto, pur essendo tanto amico dell'Italia, assai meno di quello che Governo precedente sembrava sulla via di ottenere. Ho risposto che su questo argomento non ero stato incaricato nè autorizzato a trattare: e che avrei quindi riferito a V. E. impressioni e desiderio da lui espressomi. Averesco, che, per considerazioni di politica interna, non dimostra riporre

molta fiducia in ·codesto ministro di Romania, mi espresse il desiderio che risposta gli pervenga per tramite di questa legazione.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO

T. GAB. PER CORRIERE 392. Roma, 23 luglio 1926, ore 18. Rispondo ai suoi ultimi importanti telegrammi concernenti i rapporti politici tra Italia e Romania (1). Non contesto affermazione generale Avere.scu circa platonismo schema accordo politico italo-romeno. Osservo che dopo Ginevra e Locarno tutti i patti politici che si sono stipulati tra i diversi paesi di Europa sono necessariamente platonici, almeno quelli registrati alla Società delle Nazioni perchè sulla esi

stenza o meno di altri patti segreti e sulla loro importanza non si può naturalmente dire nulla. Ammessa dunque questa specie di platonismo universale le

cui ragioni sono ovvie, sono disposto ad ammettere che il patto itala-romeno in discussione è anth'esso molto platonico e che, anzi, si è venuto sempre più platonizzando dur'l:Jte il negoziato. Non sarà a questo punto inopportuno ricordare che nella prima démarche del ministro Lahovary ci veniva proposta una alleanza vera e propria politica e militare. Fu relativamente facile convincersi che questo era un terreno scottante sul quale non si poteva procedere molto lontano e fu abbandonato per posizioni retrostanti più moderate e possibili. Ma anche su questo meno <.>ccidentato terreno non fu possibile condurre a buon fine la negoziazione n•algrado la buona volontà del Governo italiano, di cui io ho dato anche personalmente prova all'epoca delle trattative Manoilescu. La causa di ciò va ritrovata nell'atteggiamento della Romania verso la Francia, atteggiamento non ciliaro, nnn perfettamente leale, atteggiamento che diede un forte impulso al nostro platonismo. Un giorno ad esempio fu contestato al ministro Lahovary la presenza di un ufficiale dello stato maggiore rumeno in una riunione di altri ufficiali della Piccola Intesa svoltasi a Praga sotto la direzione di un generale francese allo scopo di unificare il servizio crittografico dei tre eserciti, riunione, quindi, di cui ognuno può valutare la delicata importanza e la evidente signifì.cazione. Più tardi fu ripetutamente chiesto al signor Lahovary quanto gli constasse drca un negoziato in corso per un patto di intesa tra Bucarest e Parigi simile o quasi al nostro almeno nella parte pubblicabile in quantochè dallo svolgimento di queste trattative dipendeva la nostra linea di condotta. Ministro Lahovary evitò di rispondere sempre a tale richiesta e si astenne da ogni comunicazione anche quando da fonte ineccepibile il Governo italiano veniva a sapere che il patto franco-romeno era stato firmato a Parigi. È evidente che Governo romeno conduceva simultaneamente il negoziato a Parigi e a Roma, ma è altrettanto evidente che con ,questa duplice negoziazione era il Governo stesso romeno che spingeva sul piano del platonismo il Governo italiano. Bisogna subito aggiungere che Governo italiano riconosce perfettamente al Governo romeno il diritto di cercare simultaneo appoggio a Roma e a Parigi, ma il Governo romeno non deve però stupirsi se questa sua condotta non incontra le mie simpatie. Si può chiedere molto ad uno solo, ma quando si giuoca a partita doppia si può andare incontro a situazioni non previste. Atteggiamento Governo romeno di fronte Governo francese ha dunque nociuto alla serietà e solidità del negoziato. Negoziato sul quale sin dall'inizio pesava a renderne particolarmente difficile lo svolgimento la questione della Bessarabia. Ho avuto impressione che Governo romeno si ripromettesse di condurci attraverso l'accordo politico alla ratifica -più o meno immediata od implicita -· del trattato sulla Bessarabia. Si gioca sull'equivoco e dall"equivoco bisogna uscire perchè un accordo qualsiasi inficiato da una reciproca restrizione mentale, non solo non è vitale, ma non è serio ed esporrebbe i due Governi a critiche severe e giustificate. Sta di fatto che con la clausola concernente i trattati, il Governo romeno vi include anche quello concernente la Bessarabia, mentre il Governo italiano lo esclude per il fatto della mancata ratifica da parte nostra. Bisogna avere il coraggio o di enumerare i trattati di pace, escludendo quello per la Bessarabia o di dichiarare, non volendo enumerare i trattati di pace o i trattati tout court, che l'Italia si riserva la sua libertà d'azione per quanto concerne la Bessarabia, poichè tale questione investe

in pieno i nostri rapporti colla Russia, rapporti che per molte ragioni evidenti, non intendo turbare o compromett{!re. Se si vuole condurre a termine accordo bisogna agire con assoluta schiettezza e bisogna che Governo romeno accetti palese accantonamento questione Bessarabia tenendo conto interessi italo-russi anche perchè -in fondo -ratifica formale Italia non crea e non modifica uno stato di fatto che già esiste -cioè il possesso territoriale d{!lla Bessarabia da parte della Romania -ma perfeziona semplicementé un trattato. Quando si pa1li chiaro sulla questione della Bessarabia e malgrado l'accordo già firmato tra Francia e Romania, il Governo italiano è pronto ad accettare ogni discussione su proposte tendenti a deplatonizzare l'accordo in questione, cioè a renderlo più corposo. Spetta al Governo romeno che primo si assunse iniziativa negoziato di manifestare le sue opinioni in proposito. Se tutto volgerà a buon fine sarò lieto di incontrarmi con Averescu per firmare accordo che dovrebbe essere accompagnato almeno da qualche impegno per il trattato di commercio. Si potrebbe quindi organizzare lo scambio delle visite di un principe italiano e dei reali di Romania. Credo di avere offerto a V. E. gli elementi di fatto necessari per parlare efficacemente al generale Averescu.

(l) Cfr., fra gli altri, n. 378.

380

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A MOSCA, MANZONI

T. GAB. 395/192. Roma, 24 luglio 1926, ore 21.

Teleg.ramma di V. E. n. 152 (1).

Quanto per incarico di Cicerin le è stato detto da capo ufficio stampa commissario affari esteri è un ,cumulo di notizie inesatte e tendenziose. Nessun passo è stato mai fatto dall'Italia a Bucarest per una alleanza milita,re con garanzia statu quo territoriale. Vi è stata invece iniziativa ~omena in tal senso che è stata da noi respinta e si è semplicemente ,ridotta ad un negoziato tuttora in corso .per un patto d'a~icizia assolutamente platonico. A maggior chiarimento dello stato delle trattative le trasmetto con prossimo corriere testo delle ultime comunicazioni da me fatte in proposito al R. ministro in Bucarest (2). Autorizzala intanto a smentire ogni contraria versione e la informo per SIUa nomna che un trattato di alleanza militare è stato invece fi.rmato recentemente tra Francia e Romania.

381

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA

T. GAB. 402/282. Roma, 27 luglio 1926, ore 15.

Mi risulta che ministro inglese a Tirana ha suggerito ad Ahmed Zogu di rompere lo stato di fatto finanziario creato con enormi sacrifici daU'ItaHa per

rivolgersi direttamente alla Lega delle Nazioni. La prego di prevenire Chamberlain che sono dopo molte prove indotto a ritenere atteggiamento ministro inglese a Tirana come nettamente ostile all'Italia (1).

(l) -T. gab. 820/152, trasmesso il 17, ore 22, per. ore 10,50 del 18, non pubblicato: affermazione del capo ufficio stampa del commissario esteri di aver notizia di una iniziativa italiana a Bucarest per un trattato militare a garanzia dello statu quo romeno e quindi della Bessarabia. (2) -Cfr. n. 379.
382

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO

T. 2751/132. Roma, 31 luglio 1926, or:e 19.

Il segretario Società delle Nazioni mi ha comunicato la traduzione della nota in data del 19 giugno u. s. con la quale ras Tafari ha inviato alla Società deHe Nazioni copia delle note italiana e britannica insieme con una nota di protesta firmata da ras Tafari e diretta agli stati membri della Società delle Nazioni.

Qualora S. V. non potesse ·costì procurarsi testo di tale nota ne telegraferei riassunto.

Nell'attesa di ulteriori istruzioni che mi riservo darle dopo aver preso opportuni accordi col Governo britannico credo opportuno che V. S. faccia presente ras Tafari quanto penosamente il R. Governo sia stato impressionato dalla protesta presentata a Ginevra malgrado le più ampie assicurazioni da V. S. date a codesto Governo circa nostre intenzioni nei riguardi dell'Abissinia e circa il contenuto e lo scopo delle note.

L'invio della protesta alla Società delle Nazioni, dopo le assicurazioni da noi date a ras Tafari, mostra come questi sia stato corrivo, dopo presa visione delle note, e persistente dopo le assicurazioni ricevute nel volere attribuire all'accordo italo-britannko una portata ben diversa da quella che esso effettivamente ha. La contemporaneità poi della protesta (19 giugno) con la lettera diretta a V. S. in pari data da ras Tafari (suo telegramma n. 110) (2) non depone a favore della sincerità delle dichiarazioni di amicizia fatte da ras Tafari in tale lettera e perciò anche delle sue successive dichiarazioni ed assicurazioni a V. S.

Non posso poi non rilevare come nella nota diretta ai membri della Società

delle Nazioni vi sia un accenno che si presta ad una interpretazione offensiva

pel nostro paese, e cioè l'allusione fatta alla conoscenza degli stranieri da parte

degli abissini e alla bravura dei loro soldati.

Su tale punto V. S. vorrà chiedere esplicite spiegazioni a ras Tafari. Evi

dentemente in questo stato di cose, non vedo come si possa pensare alla visita

di S. A. R. il duca degli Abruzzi, di cui sospendo quindi annuncio ufficiale.

Prego V. S. di telegrafarmi con la massima sollecitudine risultato suoi

colloqui.

(l) -Analogo telegramma in pari data fu spedito al ministro a Durazzo, Aloisi. (2) -Cfr. n. 338.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE S. 890/839. Londra, 2 agosto 1926 (per. il 5). Telegramma di V. E. n. 381 (1). Ho avuto con Chamberlain conversazione prescrittami da V. E. circa Albania. Ho premesso che la situazione creatasi in Albania per l'atteggiamento tenuto costantemente dalla legazione britannica a Durazzo aveva fatto sorgere dei dubbi al R. Governo che richiedevano una franca, leale, esauriente spiegazione. Facevo perciò appello ai suoi sentimenti di amicizia affinchè la conversazione di carattere assai delicato che stava per iniziarsi, conducesse al necessario e desiderabile chiarimento. Gli ho anzi ricordato quanto a più riprese ci eravamo detto, essere cioè obbligo fra amici di parlare chiaramente e tempestivamente ad evitare così che malintesi, facili in un primo momento a dissipare, diano invece luogo al formarsi di una situazione delicata, più ardua in seguito a risolversi. Inspirandomi poi fedelmente al telegramma cui mi riferisco del quale ho dato lettura dei punti essenziali, mi sono dilungato a ricordare quale interesse vitale rappresenti l'Albania per noi, le passate vicende, i sacrifici fatti, la sensibilità italiana per quanto concerne l'Adriatico, la necessità e la volontà dell'Italia di tutelare i suoi interessi in quella regione, e di mantenere alto ed intatto il nostro prestigio nell'altra sponda, anche nei confronti con i paesi balcanici. Ho fatto inoltre ·accenno alla collaborazione itala-britannica che aveva dato così buoni frutti, generali e particolari, richiamandomi alle ripetute prove di amicizia date da V. E. al Governo britannico, ed a lui Chamberlain personalmente, sopratutto nei recenti difficili momenti passati dall'Inghilterra in Egitto e nella questione del prestito bulgaro, ricordandogli che in quest'ultima occasione, sulla di lui richiesta trasmessa per mio mezzo a V. E., il R. Governo aveva prontamente acceduto al desiderio del Governo britannico. Ho concluso apparire assolutam·ente incomprensibile che in Albania, ove tra l'altro l'Inghilterra non ha nessun interesse particolare da salvaguardare mentre l'Italia ha interessi vitali da difendere e da far valere, Italia ed Inghilterra venivano a trovarsi almeno in apparenza, e forse senza volontà del Governo britannico, in una situazione di contrasto. Sebbene il Governo italiano si rifiutasse di credere alla esistenza di un programma britannico di opposizione all'Italia in Albania pure allo stato delle cose dovevo fare appello alla sua franchezza e lealtà perchè mi desse esplicite e precise dichiarazioni atte a dissipare ogni possibile dubbio. Il signor Chamberlain dopo avermi ascoltato con la massima attenzione, e senza mai interrompermi, ha incominciato, nel rispondermi, col ringraziarmi della franchezza con la quale lo avevo intrattenuto, e di avergli offerto la oppor

tunità di rispondére con uguale franchezza, e di giungere così, con reciproche dichiarazioni, all'invocato chiarimento, e alla eliminazione di ogni dubbio ca

pace di creare o mantenere una situazione di disagio per quanto concerne l'Albania.

Ha continuato dichiarando che se io avessi potuto avere visione di tutta la corrispondenza intervenuta fra il Foreign Office e la legazione a Durazzo, mi sarebbe risultato in modo esauriente l'assoluta lealtà e le amichevoli intenzioni del Governo britannico verso quello italiano. L'Inghilterra, egli ha detto testualmente, ha nei riguardi dell'Albania un solo grande interesse: il mantenimento della pace. Il di lui vivo desiderio era quello di avere a che fare il meno possibile con il Governo di Tirana, non solo perchè non ha interessi speciali da proteggere, ma anche per tenersi estraneo a quel centro di intrighi. Egli si sentiva infastidito dai continui appelli a lui rivolti da Ahmed bey Zogu pel tramite della legazione britannica.

Proseguendo nelle sue dichiarazioni non mi ha nascosto che non era soddisfatto dell'opera del rappresentante britannico a Durazzo il quale, col farsi tramite di questi appelli si lasciava coinvolgere negli interessi locali. A più riprese egli aveva ordinato di far sapere ad Ahmed bey Zogu di non più indirizzarsi al Governo britannico ma, se aveva da lamentarsi dell'atteggiamento italiano, di rivolgersi direttamente a Roma.

Chamberlain ha aggiunto che dati i rapporti fortunatamente esistenti fra Italia ed Inghilterra se egli avesse avuto qualche desiderio da soddisfare in Albania, in contrasto con gli interessi italiani, si sarebbe rivolto direttamente a Roma; ma la sua rettitudine e lealtà gli avrebbero impedito di intrigare a Tirana.

Pur non volendo fare nessun apprezzamento sull'atteggiamento e sui metodi della legazione italiana a Durazzo, egli mi ripeteva, per quanto lo riguardava, di non essere soddisfatto del suo ministro, e lo aveva quindi invitato a venire a Londra per fornire spiegazioni. Anzi, in vista della situazione creatasi, ed ora da me espostagli, aveva in animo, una volta il ministro venuto a Londra, di dargli una differente destinazione. A tal proposito però mi avvertiva che tale sua decisione doveva restare assolutamente segreta, perchè, ove fosse comunque trapelata, egli si sarebbe visto, per ovvie ragioni, obbligato a soprassedere indefinitamente alla propria decisione. (Su questo punto attiro nel modo più serio l'attenzione di V. E. avendomi Chamberlain persino pregato di non includere tale informazione nel mio rapporto ufficiale).

Quanto ai fatti specifici da me espostigli, per quanto egli non fosse preparato a entrare in dettagli, tuttavia poteva dichiararmi in modo assolutamente esplicito che egli non aveva nè chiesto nè ottenuto alcun impegno nei riguardi del non riconoscimento da parte albanese della dichiarazione della conferenza degli ambasciatori del 1921. Quanto alla visita della flotta britannica in Adriatico era appena il caso di assicurarmi che si trattava di un programma già da tempo prestabilito e quindi di una fortuita coincidenza.

Per dimostrarmi anzi come egli si rendeva conto della sensibilità italiana nei riguardi dell'Adriatico, mi ha detto di avere testè rifiutato un cortese invito ricevuto da un suo amico personale di passare parte delle sue vacanze in un yacht privato in crociera nell'Adriatico, e ciò per evitare ogni falsa interpretazione e ogni possibilità di intrighi da parte dei paesi dell'altra sponda.

Quanto al preteso consiglio dato ad Ahmed bey Zogu di rompere con l'Italia lo stato di fatto finanziario e di rivolgersi alla Società delle Nazioni (1), Chamberlain ha smentito recisamente di aver mai dato un tale suggerimento; aggiungendo che avanti ai continui appelli di Ahmed bey Zogu, il ministro britannico aveva fatto rilevare al presidente albanese che l'Inghilterra non aveva nulla a che vedere con lo stato delle cose, e che in definitiva se l'Albania si ,riteneva da esso pregiudicata, le rimaneva libera la via, come a qualunque altro membro della Società delle Nazioni, di rivolgersi, se lo avesse creduto, all'istituto di Ginevra.

Chamberlain confidava che dopo le sue dichiarazioni tanto di ordine generale che di ordine particolare (che fra l'altro costituiscono una implicita sconfessione dell'operato della legazione britannica in Albania), nessun dubbio restasse in noi circa i suoi reali intendimenti nei riguardi dell'Albania, e che avremmo considerato tali spiegazioni come il chiarimento da noi desiderato.

Da parte mia l'ho ringraziato per le dichiarazioni fattemi assicurando che le avrei testualmente riferite a V. E.

\::onversazione si è svolta nella più grande cordialità col manifesto desiderio di Chamberlain di non ·solo cancellare qualsiasi sospetto da parte nostra circa le sue intenzioni men che amichevoli, ma di mostrare altresì che egli aveva una chiara comprensione degli interessi italiani in Albania.

Dal colloquio ho tratto impressione che essendo sua costante preoccupazione il mantenimento della pace, esiste in lui il dubbio che l'Albania possa far sorgere una situazione di contrasto fra Roma e Belgrado, ed a questo proposito devo sottolineare un suo accenno all'interesse generale della integrità dell'Albania, al quale ho subito replicato soffermandomi sulle intenzioni pacifiche del Governo di V. E.

Devo aggiungere che Chamberlain non ha cercato di scusare l'attitudine tenuta dal ministro britannico a Durazzo, ma nel fondo del suo pensiero vi è che da parte nostra non si sia tenuto abbastanza conto degli intrighi locali, della doppiezza di Ahmed bey Zogu e del solito gioco di mettere gli uni contro gli altri, e che uno degli elementi di tale gioco era di far credere che l'Albania poteva contare sull'appoggio di Londra.

Sebbene la conversazione sia stata assai lunga, ed io abbia avuto cura di mettere nel necessario rilievo i singoli punti su cui l'E. V. aveva richiamato la mia attenzione, tuttavia ad evitare che qualcuno di essi non restasse sufficientemente impresso nel pensiero di Chamberla1n, ho creduto opportuno di lasciare al signor Chamberlain che me lo aveva richiesto, una copia del telegramma per corriere gab. n. 381 anche perchè resti precisa traccia al Foreign Office dell'impostazione della questione albanese secondo essa è data dal Governo italiano.

Confido di avere così eseguito, nella maniera più corrispondente al pensiero

di V. E., le istruz,ioni impartitemi circa ,questione albanese (2).

(l) Cfr. n. 376.

(l) -Cfr. n. 381. (2) -Sui rapporti itala-inglesi nei confronti dell'Albania, cfr. un dispaccio in traduzione italiana, del 18 agosto 1926 (con ogni probabilità Chamberlain a Graham), in margine al quale Mussolini annotò: c Importante •. Fra l'altro il dispaccio diceva che • il SignorMussolini può rimanere sicuro che nulla è più lontano dalle intenzioni del Governo di s. M. che prendere una parte impropria nella politica interna di alcuno Stato Balcanico o frapporsi ai legittimi interessi di altre Nazioni in quella regione d'Europa •.
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VITTORIO EMANUELE III AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) 420. S. Anna di Valdieri, 3 agosto 1926, ore 13,30

(per. ore 15).

Nelle collezioni dei telegrammi che ella ha la cortesia di farmi avere quotidianamente, ho letto il telegramma n. 172 partito da Buca~est il 29 luglio (1). In esso è detto tra l'altro, che il generale Averescu non solleva obiezioni alla proposta di scambio delle visite di un principe reale. A questo proposito desidero e tengo a ricordarle quanto ebbi a dirle a Roma ora è alcun tempo, come per questo scambio di visite non sia da pensare a mio figlio Umberto.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 886/847/497. Parigi, 3 agosto 1926, ore 16,30 (per. ore 20).

Ho chiesto a Briand se avvento di Poincaré alla pres1denza del consiglio avrebbe modificato le sue disposizioni a venire ad un accordo con l'Italia per Tangeri e Tunisi. Briand mi ha risposto che aveva accettato di entrare nel gabinetto a condizione di aver completamente mani libere nella polittca estera del:la Francia e che egli era più che mai deciso di eliminare tutti i punti di frizione esistenti con l'Italia. Non appena, egli ha aggiunto, sa.rà preparato il terreno delle conversazioni con Ponsot, avremo uno scambio di vedute dirette fra di noi per venire ad una conclusione. Barthou che ho pure presentito sulle disposizioni di Poincaré riferendomi al suo atteggiamento nell'ultimo ministero da lui presieduto nei riguardi di Tunisi, mi ha detto che situazione era diversa e che anzi forse oggi Poincaré avrebbe tenuto a fare un gesto amichevole verso di noi. Del resto, ha concluso Barthou, vi sono nell'attuale gabinetto ben quattro antichi presidenti di consiglio di ministri (alludeva oltre che a se stesso a Briand, Leygues ed Herriot) fermamente decisi a praticare una politica di amicizia, e di riavvicinamento con l'Italia.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, A VITTORIO EMANUELE III

T. GAB. (P. R.) 266. Roma, 4 agosto 1926.

Ho l'onore di assicurare V. M. che, nel caso di una visita di un principe reale alla corte rumena che mi riserverei sottoporre alla sua alta approvazione non ho mai pensato potesse trattarsi di S. A. R. il principe ereditario.

(l) T. Gab. 872/172, trasmesso il 29 luglio, ore 19, per ore 2 del 30, non pubblicato: trattative con Averescu per il patto italo-romeno.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLE FINANZE, VOLPI (ACS, Carte Volpi)

Roma, 8 agosto 1926.

Le note che seguono sono il risultato non tanto di meditazioni e studi sul problema che tutti ci angustia da parecchi mesi, quanto di intuizioni che, per quanto mi riguarda, sono quasi sempre infalUbili. Occorre dunque che Ella legga colla necessaria attenzione l'esposizione dei miei punti di vista. Procederò, per facilità di lettura, a paragrafi.

La Lira e il Regime. -Bisogna, anzitutto, porre a caposaldo di ogni considerazione questa verità, a mio avviso, in:discutibile: la sorte del regime è legata alla sorte della lira. Questa è ormai convinzione diffusa nelle file del Partito, ma è sopratutto la speranza convinta di tutti gli oppositori, silenziosi nell'ombra all'interno, non silenziosi all'estero. Sulla base delle informazioni politiche e giornalistiche potrei ampiamente documentare queste mie affermazioni: taluni oppositori sono arrivati fino a stabilire nel 1927 l'epoca nella quale «il regime fascista si spezzerà le reni». ELla comprende che attorno alla lira cozzano le due concezioni politiche e sociali opposte e che quindi tutto il mondo delle sinistre è ansioso di poter mostrare che i regimi di forza non riescono a salvare le valute deprezzate, nè a superare la crisi sociale del dopoguerra. Se la lira precipita non solo resterà praticamente annullata la mole superba di opere legislative ed economiche compiute dal regime, ma tutte le tendenze fasciste nel mondo declineranno e saliranno di nuovo le concezioni democratiche-liberali-internazionaliste. È necessario dunque considerare la battaglia della lira come assolutamente decisiva. E aggiungere che il regime -per la sua costituzione totalitaria -a mio avviso logica e ineluttabile -non può scaricare questo peso su altre spalle di affini, o procedere a collaborazioni clamorose -tipo Francia -perchè attorno a noi non c'è che la polvere di tutto H vecchio mondo poHtico non-fascista. Siamo soli, dinanzi alle nostre terribili responsabilità, soli e da soli dobbiamo giungere in porto.

I cambi durante il regime fascista. -Ho preso in esame la vicenda dei cambi sulla sterlina durante gli anni 1922-23-24-25 e sono giunto a delle constatazioni interessanti. Nel 1922 si ha un minimo consolante di 81,01 nel mese di aprile. Nei mesi di luglio, agosto e seUembre si nota un peggioramento che porta la sterlina a 100 circa, effetto delle crisi politiche, dello sciope,ro 1egalitario, dell'agitazione fascista. Nell'ottobre la sterlina oscilla fra un minimo di 102 e un massimo di 115. Ma la finanza accoglie bene la Marcia su Roma tanto è vero che nel novembre la sterlina riprese fra 108 e 93 per ridursi nel di,cembre a 93 massimo, minimo 90. Or dunque: il regime fascista aveva nel dicembre 1922 la sterlina a 90. I casi, o le ipotesi, erano tre: il regime poteva ancora migliorare questa quotazione, il regime poteva fissarla oppure peggiorada. È questo terzo caso che si è verificato. Ragione per cui 'io aff:ermo, colla schiettezza veridica dei veramente forti, che qui il regime è stato battuto. Una

situazione buona nel dicembre '22 è, oggi, dopo quattro anni di lavoro durissimo, cattiva. Prima di passare ad esaminare le cause bisogna avere il coraggio di fare questa constatazione, senza ricorrere ad eufemismi ridicoli. Siamo peggio: ecco la verità. Nel 19·23 la sterlina peggiora di circa dieci punti. La media di quotazione mensile si aggira sui 100 punti. Da notare che nel .gennaio fallisce la conferenza di Parigi e cade la p.roposta di Bonar Law; che nel successivo febbraio Poincaré occupa la Ruhr, determinando una grave tensione politicoeconomica. Nei mesi di marzo e aprile la sterlina quota 93 ckca. Sale a un massimo di 108 e 107 nei mesi di luglio e agosto; e nei mes:i di settembre e ottobre, quando l'Italia mandò l'Armata a Corfù e il generale Giardino a Fiume, la sterlina discese:

nel mese di settembre a 98,23

ottobre a 98,68

novembre a 100,20

dicembre a 100,09

L'anno 1924 va particolarmente considerato perchè si ebbe un raccolto di grano scarsi•ssimo e ci fu nel secondo semestre una grave ·crisi politica che parve mettere in giuoco l'esistenze stessa del regime. Ebbene le quotazioni della sterlina massime sono nei mesi di:

Massimo Minimo

luglio 102,12 100,44 agosto 102,02 100,84 settembre 102,05 101,41 ottobre 104,52 101,89 novembre 107,34 104,62 dicembre 113,22 106,64

Il peggioramento è dunque di almeno punti dieci nel 1924. Più grave diventa la situazione nel primo semes·tre del 1925 quando la sterlina balza da un massimo di 117,53 nel gennaio a un massimo di 144,92 nel luglio, per poi gradualmente discendere nei mesi successivi a 133, 127, 123, 123, 120. Il primo semestre del 1926 trova stabilizzata la sterlina fra 120-122 sino al maggio quando -per avvenimenti sui quali è inutile indagare -la sterlina sale, nei mesi successivi, sino a 155, per r:idiscendere, nel momento in cui scrivo, a 145. Vero è che la lira ha dovuto seguire -·con moto ritardato, se pure proporzionale -le ·altre due valute latine nella loro discesa; ma non è senza singolarità il fatto che mentre la lira è stata solidale nello scendere, non è più egualmente e proporzionalmente solidale nel risalire. Questo fa una certa impressione negli ambienti profani e anche tecnici. È evidente che se il franco ha guadagnato 90 punti in una settimana, la lira doveva guadagnarne almeno

20. Ne consegue che la simpatia della lira col :franco è puramente negativa: vale cioè per il peggio, non per il meglio. È evidente che se il franco riuscisse a scavalcare la lira, !asciandosela alle spalle, l'impressione in Italia sarebbe penosa e potrebbe avere gravi riper.cussioni fra i risparmiatori.

Fatti e conseguenze. -L'esame dei cambi mi porta a questa curiosa conclusione: quando il bilancio dello Stato era in deficit; la circolazione eguale

o superiore alla odierna; i debiti interalleati non sistemati; il regime ancora all'inizio e combattuto -il cambio era buono o comunque discreto. Adesso che il bilancio è in avanzo, che la circolazione è piuttosto diminuita, che il debito estero è stato sistemato con una notevole, forte decurtazione, che il Paese è tranqui:llo e lavora come non mai, il ·Cambio è peggiorato. Si potrebbe dire che non va,leva la pena... Non solo, ma anche le misure adottate dal governo -ivi compresa la fa·cile quinta sinfonia delle 9 ore di lavoro non hanno giovato affatto. Noi abbiamo adottato da tempo il programma che gli esperti consigliavano al Governo francese, ma sembra inutilmente. Riversare le cause del fenomeno sulla bilancia commerciale defidiaria è semplicistico, anche perchè è mia convinzione che la bHancia dei pagamenti non sia deficitaria o lo sia in misura non pericolosa. Comunque anche su questo campo si è portata l'attenzione del Governo. Consolarsi dicendo che senza queste misure saremmo chBssà dove, non è serio; tanto è vero che nel 1923 (con bilancia commerciale deficitaria, bilancio statale idem, debiti non sistemati, ecc.) andavamo meglio. Bisogna convincersi che siamo davanti a un fenomeno di sfiducia del mondo finanziario internazionale nei confronti deila finanza italiana sfiducia che spiega e provoca la speculazione al ribasso. Ora finchè la sfiducia non si riverbera all'interno la situazione non presenta pericoli imminenti; ma il giorno in cui la sfiducia valicasse le frontiere -e a lungo andare questo è inevitabile -si diffondesse nel paese e spingesse i risparmiatori al ritiro dei depositi (.che sommano a 51 mmardi) nessuna forza di regime potrebbe evitare il cro1lo.

Stabilizzazione, ecc. -Mi domando: quale può essere la causa della sfiducia e del pessimismo nei confronti della Lira, dato che i: debiti esteri furono sistemati, che la circolazione è diminuita, che il bilancio è in pareggio, ecc.? Rispondo: a mio avviso e procedendo per eliminazione, per i seguenti motivi: a) diamo l'1mpressione di non avere un programma; b) la convinzione che il fondo Morgan è esau:r>ito; c) la circolazione fiduciaria di cui un buon terzo non ha garanzie di sorta. È cioè papier peint.

Abbiamo noi un programma? No. Dire che vogliamo stabllJzzare la lira non significa un bel nulla. È il livello della stabilizzazione che conta ed è il modus procedendi che conta. C'è una stabilizzazione all'indietro e una stabilizzazione in avanti. Anche qui si tratta di scendere o salire perchè star fermi sopra un piano sempre più inclinato, indefinitiv.amente non si può. C'è insomma una stabilizzazione a tappe successivamente peggiorative e una stabilizzazione a tappe successivamente migHorative. La preferenza non è dubbia. Bisogna adottare risolutamente la seconda maniera, di stabilizzazione, anche perchè la pr.ima conduce all'abisso. La stabilizzazione di tappa in tappa sempre più peggioraHva, come è quella che noi subiamo da quattro anni, conduce a una tappa dalla quale per cause prevedibili o imprevedibili, la valuta brucia le tappe successive e precipita nel fondo colla velocità fantastica della luce. È questo il nostro programma? Se si, facciamo girare i tonchi e le rotative, e il risultato finale è sicuro. Ma se il nostro programma è, come deve essere, diverso -allora la parola d'ordine del governo fascista per l'interno e sopratutto per l'estero non può essere che questa: stabilizzazione della lira,

ma a un decente livello, cbme merita un paese che ha il bilancio in avanzo, sistemati i debiti esteri, ecc. e che ha fra parentesi, nelle sole ferrovie dello stato un patrimonio di 14 miliardi lire oro. Non difendere la lira soltanto per ritarda~ne la caduta, ma difendere la lira per rialzarla. Nè si dica, come affermò l'on. Roc.co nell'ultimo C::::onsiglio dei ministri, che questo è impossibile. È impossibile, assurdo, dannoso (forse) tendere o anche semplicemente sperare in una rivalutazione del 100 per 100, ma una rivalutazione che torni ad onore del regime fascista si può e si deve ottenere. Due paesi, pur diversi nella loro costituzione economica, come la Cecoslovacchia e la Jugoslavia, ci mostrano l'esempio di una notevole rivalutazione della loro moneta. Solo dopo un sufficiente periodo di stabiUzzazione con :una lira rivalutata si potrà .studiare la possibilità di una trasformazione totale, che oggi è impossibile ed effettuata forzosamente condurrebbe, a breve scadenza, ai mali antichi come taluni .paesi, per un verso o per l'altro, ci dimostrano.

La battaglia della lira e le perdite della medesima. -Quando si dice che Ja battaglia della l•ira è costata soltanto 37 milioni di lire, si dice il vero ma non tutto il vero. A questo proposito io chiedo dei lumi. Se da una disponibilità di circa 150 milioni di dollari, come avevamo fra il '25 e il '26, siamo oggi discesi a 106 milioni, dei quali solo 89 veramente disponibili, ciò dimostra che durante la battaglia della lira abbiamo perduto 50 mHioni di dollari, che abbiamo venduti per comperare Lire. L'insieme delle differenze fra compere e vendite ha gravato sul Tesoro per 37 milioni di lire soltanto, ma i dollari non ci sono più e la gente lo sa. Io domando, alla contadinesca, senza tante girate di frasi: quanti sono i dollari attualmente e veramente in possesso del Tesoro itaLiano? Attendo una risposta precisa a questa mia precisa doman:da. Comunque io credo che -volendo dtmostrare coram populo la verità delle nostre affermazioni sulla sempre reale consistenza del prestito Morgan -la mia idea, che verbalmente le esposi, va attentamente considerata. 0-restituire il prestito a Morgan o passarlo alla Banca d'Italia come ha fatto De Monzie colla Banca di Francia alla quale ha passato i 30 milioni di dollari rimasti. Il De Monzie secondo il rapporto Gaida a pagina 18 -lo avrebbe fatto per consentire un aumento di circolazione; e si capisce date le condizioni boccheggianti nelle quali si trovava il Tesoro francese. Noi lo faremmo •invece per aumentare le riserve dell'attuale cir.colazione o per ridurla. Io la prego di studiare attentamente quanto le ho esposto ch·ca la utilizzazione dei dollari residui del

Prestito Morgan. Banca d'Italia, circolazione ed eventuale nuovo prestito. -Perno di manovra per la rivalutaz'i:one della lira, col riJSanamento quantitativo e qualitativo della circolazione, deve essere la rinnovata ed unica Banca di Emissione. I tempi devono essere i seguenti: a) AUiffiento del capitale della Banca d'ItaLia da 180 a 250 milioni, e cioè 50 milioni in più della Banca Commerciale. In Italia -data la atmosfera più 0 meno giustificata di sospetto che avvolge il binomio Toeplitz-Goldschmit questa differenza è necessaria. Ho avuto in proposito una conversazione giorni fa con Stringher (il quale era anche ansioso della sua sorte ed io l'ho rassicurato) e risulta che l'aumento è facile ad effettuarsi. Lo Stringher in un modo 0 nell'altro dispone già di 300 milioni; resterebbero da sottoscrivere

23 --Documenti diplomatici · Serie VII · Vol. IV

altri 270 che sarebbero facilmente assorbiti da enti parastatali e Casse di RiiSparmio. b) Presidente della Banca: Stringher. Direttore generale Daroma, con un vice direttore ad hoc, da scegliersi.

c) Diminuzione e risanamento della circolazione ed az1one per realizzare un'unica forma di circolazione fiducia,ria. Caillaux voleva rearlizzare una immediata deflazione di 4 miliardi.

d) Commercio dei Cambi affidato alla Banca d'Italia e abolizione graduale di tutte le restrizioni in materia, restr,izioni la cui utilità è semplicemente negativa.

e) Negoziazione, a tempo opportuno, di un prestito non inferiore ai 250-300 milioni di dollari per garantire la lira decentemente 11ivalutata e procedere quindi alla riforma definitiva. Questo prestito dovrebbe essere :tatto dalla Banca d'Italia con sua garanzia e con quella di tutte le forze produttive industriaU ed agrarie ,italiane. Ricordo che dopo l'annullamento a sotto zero del marco, la nuova moneta tedesca, il Rentenmark, sorse colla garanzia ipotecaria delle industrie e dell'agricoltura del Reich, e diede poi, l'avvio all'attuale Goldmark.

f) Separare nettamente la gestione de1lo stato da quella della Banca d'Italia e dare a questa la più grande autonomia.

Debito Pubblico. -Dopo avere sistema,to il debito aU'este11o, bisogna affrontare decisamente la sistemazione di quello interno. L'on. De Stefani poteva risparmiare di dirlo pubblicamente, ma obbieHivamente pa>rlando è chiaro che la diminuzione di un miliardo e mezzo di debito pubblico su 91 miliardi è cosa appena sensib1le e apprezzabile soltanto come sintomo direttivo della finanza italiana. Le segnalo l'operazione testè compiuta dal Belgio e che trovo così descritta da un competente sul giornale n lavoro di Genova:

«Lo Stato cede la rete, il materiale e l'esercizio delle ferrovie ad una società nazionale con 11 miliardi di capitale azionario, dieci dei quali in azioni privilegiate di Fr. 500 l'una, sono offerti ai portatori di buoni a breve scadenza e di titoli di rendita e di prestito. Ad essi il Tesoro offre la garanzia di un dividendo fisso del 6 per cento (oltre l'eventuale super-dividendo degli utili industriaU) e la garanzia del cambio sulla base della stel'lina a 175, sia per il dividendo che per il capitale investito.

« Sotto l'aspetto finanziario, oggi predominante, è un serio tentativo di consolidamento del debito fluttuante a breve scadenza (sette miliardi) che deve spianare il terreno alla riforma monetaria già decisa in principio. Ma è, di più, il primo passo deciso verso l'industrializzaz,ione dei servizi pubblici i quali, pur restando proprie,tà dello Stato (e su questo punto in Belgio più che altrove l'individualismo economico può dirsi definitivamente tramontato), tendono ad essere sottratti al dispotismo incompetente della burocrazia ed ai capricci del Parlamento e dei Governi. La proprietà dello Stato è stata garantita coll'attribuire, nelle assemblee sociali, al miliardo in azioni ordinarie, rimaste nel portafogli del Tesoro, il quintuplo di voti dei dieci miliardi, in azioni privilegiate, offerte ai portatori di buoni e di titoli pubblici. L'indipendenza della Società da qualsiasi capriccio di parlamenti e di governi è assicurata dalle norme per la formazione del Consiglio di amministrazione: i consiglieri sono nominati dal Governo, in parte Hberamente, in parte su designazione della cassa di ammortamento, dell'industria e del commercio e del personale ferroviario. Ma la nomina ha valore per sei anni, ed il Governo non può sostituire nemmeno i membri nominati di sua inJziativa, se non dietro richiesta della maggioranza, sottoposta, come tale, al diritto comune; essa sfugge alla contabilità dello Stato ed al controllo della Corte dei Conti, ed ha quindi la possibilità di organizzaTsi colla massima ltbertà di iniziativa ed elasticità commerciale. Il solo controllo affidato al Governo concerne le tariffe ed i contratti di alienazione o aggiudicazione.

«In una parola è il primo passo verso l'o;r.ganizzazione dei servizi pubblici in " regie autonome ", come la Svizzera ha già fatto da tempo per le sue ferrovie con i risultati ormai noti. In Belgio alle feTrovie seguiranno, forse fra non molto, i telefoni e i telegrafi, e, in un domani più o meno lontano, le miniere, che la democrazia operaia è decisa a strappare alla industria privata».

Questo si sta facendo nel Belgio. Io credo che qualche cosa di simile si possa studiare ed attuare in Italia.

Tutela del risparmio. -Contemporaneamente bisogna mettere in cantiere una legge che, oltre a quanto sarà stabilito dal Codice di Commercio, giovi a tutelare il risparmio ita-liano. Si potrebbe, forse, straloiare dal nuovo Codice di Commercio tutta la materia al riguardo. Comunque è chiaro che qualche cosa si deve fare. In un anno 30 fallimenti di banche sono un avvertimento che non può essere trascurato.

Scritture dei bilanci. -BisogiJ'.a renderle sempre più intelligibili. Fare il vero e proprio bilancio che è quello di Cassa: entrate e uscite, in modo che tutti gli italiani e gli stranieri ci possano vedere chiaro.

Conclusione. -Mentre Francia e Belgio agiscono energicamente e con risultati -sinora -notevoli, il Governo italiano non può 1imi·tarsi a prendere delle misure semplicemente restrittive. È venuto il momento di a•gire fascisticamente: cioè con grande audacia ed ampiezza di visione. E sopratutto non c'è un minuto di tempo da perdere. Se necessario, io sono di~osto a convocare in anticipo il Consiglio dei Ministri. Ogni giorno che passa mi .pTeoccupa, come tempo inutilmente e forse irreparabilmente perduto. Qu"esto meravigliooo popolo italiano che da quattro anni lavora come un eroe e soffre come un santo non merita di sogg.iacere alla iugulazione aurea degli anglo-sassoni. Bisogna impedir·e a qualunque costo che ciò avvenga, non solo per il regime, ma sop•ratutto per la nazione.

Ella mi farà conoscere le sue opinioni sul contenuto di questa lettera. Desidero che la sua risposta a questa lettera sia scritta, salvo approfondimenti ulteriovi a voce.

P. S. -Riapro la lettera per aggiungere qualche cosa. Come appare da una nota del Corriere della Sera, oltre alla ·corona ceka e al dinaro serbo, ci sono altre valute scandinave che subiscono un graduale processo di rivalutazione (danese, svedes·e) e la peseta spagnuola. Dunque: la rivalutazione non è esclusa a priori -come si è detto -dalle possibilità umane.

CoRFÙ. -Nell'agosto del 1923 noi non avevamo sistemato il debito estero, non avevamo il bilancio in avanzo, non avevamo una circolazione ridotta, non avevamo il controllo di tutte le forze, produttive della nazione, non avevamo il regime assiso, come oggi, su basi iniirangibili. E la sterLina quotava 105,97, il dollaro 23,12.

Viene il settembre durante il quale io mando un gene11ale a Fiume, spazzando via la burletta ridicola dello stato sedicente indipendente; e una squadra a Corfù con relativa occupazione dell'isola. Malgrado il 'terribile handicap di un bombardamento superfluo, che costò 18 vittime fra cui tre donne e tre bambini, e che sollevò, specie fra .gli anglo-sassoni, una emozione enorme, rimasi nell'isola fino a quando non :turano versa·ti 50 milioni di lire e ottenute tutte le altre r~parazioni, tenendo in iscacco tutto il mondo societario di Ginevra.

Se vi fu mai momento in cui, essendo messa in reale pericolo la pace europea da pa•rte de1l'Hali!a, la sterlina doveva salire alle stelle, fu quel settembre 1923, anche perchè non av·evamo sistemati i debiti esteri, non

pareggiato il bilancio, non ecc., non ecc. Ebbene -cosa increddimostrano queste cifre: agosto settembre ibile ma vera! la lira miglio105,97 102,96 rò il suo corso 23,22 22,65 come

Traggo le conclusioni: oggi la svalutazione della lira esce dal campo economico: è oramai un problema di psicologia, quindi di volontà e di fede. Ma bisogna parlare chiarissimo sul « nostro » programma (1).

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IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 903/141. Addis Abeba, 8 agosto 1926, ore 12 (per. ore 10 del 9).

Ho ricevuto ieri telegramma di gabinetto 2751/132 (2) e ieri sera stessa ho avuto un primo colloquio con ras Tafari, nel quale gli ho comunicato il vivo risentimento di V. E. per il contenuto e per la forma della nota da lui inviata alla Società delle Nazioni in relazione all'accordo itala-inglese, rinfacciandogli assai vivacemente la duplicità della sua condotta avendo egli alla stessa data trasmesso per mezzo mio a V. E. le più formai.i assicurazioni di fiducia e di amicizia. Ras Tafari si è dimostrato assai imbarazzato nel rispondermi e si è riservato di farlo più esplicitamente dopo avere ricevuto risposta dalla Società delle Nazioni (annunziatami col telegramma 132) senza essersi

(. la circolazione è in diminuzione ed a me pare basti -il Paese si allarga e non possiamofrenarne le necessità oltre misura •) e il successivo lO luglio (i problemi del corso della lira

• non possono essere risolti rapidamente per sola opera di Governo ed un risultato efficace non può essere ottenuto se non per gradi, con disciplina, ordine e metodo, ed anche attraverso inevitabili. alternate vicende •) (ACS, Carte Volpi).

rammentato che egli contava sul mio appoggio per trovare una soluzione soddisfacente riconoscen'do che dopo le assicurazioni avute da Londra e da Roma situazione era completamente mutata. Non conoscendo funzionamento Società delle Nazioni, prego V. E. telegrafarmi quale soluzione soddisfacente potrebbe avere incidente lamentato. Prego V. E. ugualmente inviarmi telegraficamente testo nota etiopica. Confermo intanto (non per aUenuare responsabilità ras Tafari ma per esatta conoscenza dei fatti) che il ricorso alla Società de1le Nazi<mi venne consigliato da questo ministro di Francia e da quello del Belgio e dal noto signor Lagarde, e che la nota venne redatta dal consigliere francese presso il Governo abissino, signor De Bellefonds, previa intesa ·con questo ministro di Francia.

(l) Volpi rispondeva il 15 agosto, facendo comprendere di essere contrario ad una rivalutazione cosi drastica come quella voluta da Mussolini, rimettendosi tuttavia a quanto avrebbe deciso lo stesso Mussolini. Cfr. anche quanto .aveva scritto Volpi a Mussolini il 13 febbraio 1926

(2) Cfr. n. 382. Il tel. non è di gabinetto.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL CONSOLE A MELBOURNE, GROSSARDI

D. 2289. Roma, 10 agosto 1926.

Trasmetto a V. S. per opportuna conoscenza l'unita relazione (l) inviata

alla Segreteria Generale dei Fasci all'Estero e da quest'ultima a .questo Ministero

dal Delegato interinale dei fasci d'Australia, signor E. Del Pin.

In detta relazione sono contenute affermazioni che evidentemente traggono

la loro origine da pettegolezzi di nessun conto, ma siccome è fatto cenno anche

a circostanze specifiche e cioè alla posizione personale del vice console di Sidney

e all'agente consolare di Townsville, così V. S. vorrà ragguagliare questo Mini

stero sul reale stato di cose.

Per quanto riguarda il problema dell'organizzazione dei fasci, V. S. tenga presente che il Governo intende promuoverne la costituzione e favorirne lo sviluppo in seno alle nostre Colonie, ma esige nello stesso tempo che gli elementi che dei fasci fanno parte siano persone insospettate e insospettabili, la cui azione, nell'ambito della vita privata e sociale, sia veramente il modello e l'esempio di quella che deve essere l'azione degli Italiani all'estero, non cioè elemento di discordia o di divisione, bensì di coesione di tutte le lodevoli iniziative e volontà esistenti nella Colonia medesima.

Resta naturalmente inteso che i Fasci sono un'organizzazione di privati cittadini che debbono trovare, quando ne sono degni, appoggio ed assistenza nel

R. Rappresentante del Governo ma senza per questo interferire minimamente in quelle che sono gli attributi e conseguentemente le responsabilità delle Autorità Consolari.

Sarà utile a tal riguardo che V. S. trasmetta un rapporto sull'attività dei Fasci nell'Australia ed un giudizio spassionato e possibilmente esauriente degli uomini che sono a capo del movimento.

R. -Rappresentante interpreta ed applica le istruzioni ricevute dal Ministero •.

In margine a questa lettera due annotazioni di pugno di Grandi: • molte sciocchezze. I consolati Ii fascistizza il Governo >; • N. IB. il Comandante De Pinedo è assolutamente d'avviso contrario. Ha elogiato vivamente· il R. Console e lo ha proposto per una onorifica distinzione •·

(l) -Non pubblicata. Essa venne trasmessa al Grandi da Guido Sollazzo, vice segretario generale dei Fasci all'Estero e nelle Colonie, con lettera del 20 luglio 1926, nella quale si diceva che • la partè della relazione riguardante le relazioni tra i fascisti di Melbourne e quel R. Console si presta a considerazioni melançoniche circa il modo col quale qualche raro nostro
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 876. Londra, 10 agosto 1926 (per. il14).

Telegramma di V. E. n. 2764 (1).

Da conversazioni avute in passato al Foreign ORì.ce mi è sempre più andato risultando che dal momento in cui Governo francese si è persuaso che il Governo britannico manteneva fermo il principio della internazionalizzazione e neutralizzazi.one di Tangeri, il Quai d'Orsay ha cominciato a mostrare, almeno qui, di non portare più speci:ale interesse a Tangeri stessa.

In recente conversazione avuta con Tyrrel, durante la quale ho cercato di promuovere indagini nel senso desiderato da V. E. col telegramma a cui mi riferisco, sottosegretario di stato mi ha detto che anche dal punto di vista commerciale Tangeri cominciava ad interessare assai poco la Frrancia, potendo essa utilizzare con vantaggio altri porti marocchini che trovansi sotto il suo protettorato a.l di fuori della zona internazionale.

Ciò stante, per quanto non sia stato possibile accertarlo, è probabile che il Governo iirancese si sia dichiarato disposto a favorire i desideri della Spagna di assumere nell'amministrazione della città internazionale una situazione prevalente, con o senza compensi.

Per quanto riguarda il Governo britannico, ho già avuto occasione di riferire a V. E. quanto mi aveva detto lo stesso signor Chamberlain, che cioè egli si era dichiarato disposto ad esaminare bene\'olmente del·le proposte che avrebbe fatto il Govermo spagnuolo per ottenere una situazione preponderante a Tangeri, sempre beninteso sulla base della internazionalizzazione e neutralizzazione.

Da quanto precede, risulta che la questione di Tangeri potrebbe entra·re in una nuova fase, ed è lecito (a chi, come me, non sia in possesso di tutte le informazioni e gli elementi di giudizio per quanto riguarda specialmente eventuali intese italo-spagnuole), domandaz;si se un nostro temporeggiamento per l'adesione aiio statuto di Tangeri non possa rendere la situazione meno agevole al conseguimento delle aspirazioni dell'Italia in quella zona mediterranea.

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IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 928/149. Addis Abeba, 14 agosto 1926, ore 18 (per. ore 24).

Credo opportuno di lasciare il Governo etiopico assolutamente libero di insistere nella sua protesta presso Società delle Nazioni o di ritirarla pur

agendo a questo scopo. Una nostra azione diretta per indurlo a ritirare la sua protesta sarebbe ·certamente interpretata come un timore da parte nostra di sottoporci al verdetto della Società delle Nazioni.

(l) Trasmesso l'l agosto, ore 18, a Londra, Parigi e Madrid, non pubblicato: notizie di fonte belga circa alcune clausole segrete dell'accordo franco-spagnolo per Tangeri in virtù delle quali la Francia si disinteresserebbe delle future manovre spagnole per incorporare Tangeri nella sua zona.

392

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA

T. GAB. 433/314. Roma, 18 agosto 1926, ore 2. Avendone occasione prego V. E. intrattenere ministro esteri Chamberlain sul riavvidnamento franco-tedesco. Che .questo riavvicinamento si tenti è ormai chiaro da mille sintomi. Prevedere fin dove può spingersi è difficile allo stato degli atti. Piuttosto può essere opportuno segnalare codesto ministro cause fenomeno. A mio avviso sono due, una di ordine economico e una di ordine politico. Riavvicinamento franco-tedesco è nell'ordine economico il risultato della pressione anglo-sassone; una specie di rivolta contro le nazioni creditrici che riducono il grande sacrificio della guerra combattuta in comune per scopi in comune a una mercantile e spietata partita di dare ed avere. Sintomi popolari di questa protesta sono state le manifestazioni anti-americane di Parigi e sintomi politic·i sono stati non soltanto la lettera Clemenceau, ma movimento pa.rlamentare e ministeriale che ha indotto Poincaré a rinviare a novembre a·pprovazione accordi Mellon-Bellanger. Anche l'accordo patrocinato dal Comité des Forges rientra in questa situazione. Quanto alle cause ordine politico questo riavvicinamento franco-tedesco che in taluni circoli francesi di sinistra viene approvato con ostentazione, esse sono da ricercarsi nel trattato di Locarno che ha creato una Francia protetta dall'Inghilterra e dall'Italia, situazione che ferisce amor proprio francese tanto a destra quanto a sinistra. È evidente che una intesa diretta ParigiBerlino annullerebbe praticamente la costruzione di Locarno. Personalmente non credo che si addiverrà a una intesa politica vera e propria con relativo trattato perchè la Francia non si abbasserà sino a considerarsi una specie di appendice rimorchiata dalla Germania, nè la Germania può nella politica di riavvicinamento spingersi al di là della linea che enorme maggioranza popolo tedesco può accettare, e cioè accordo sì, ma non rinuncia, ma non accettazione del fatto compiuto, specialmente fra Germania e Polonia. Comunque fenomeno non interessa soltanto Governo italiano, ma sopratutto impero e politica inglese

ed amerei conoscere impressioni nonchè direttive codesti circoli responsabili al riguardo.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A SOFIA, RINELLA

T. 2958/148. Roma, 18 agosto 1926, ore 15.

Questo ministro di Bulgaria ha ricevuto istruzioni telegrafiche di chiedere il mio parere circa opportunità o meno che Governo bulgaro nel concretare risposta alla nota collettiva presentatagli da rappresentanti diplomatici di Romania, Jugoslavia e Grecia (1), domandasse che Società delle Nazioni fosse investita della questione ed ordinasse una speciale inchiesta per precisare responsabilità Governo stesso e sue possibilità porre fine ad uno stato di cose che sfugge al suo controllo.

Ho fatto rispondere al rappresentante bulgaro dal segretario generale di questo ministero che a mio avviso il Governo di Sofia avrebbe potuto, rispondendo punto per punto agli argomenti che ritenesse del caso alla nota in questione, proporre, a proV'a della sua buona fede e del sincero desiderio di evitare ogni malinteso avvenire, di sottoporre tutta la questione ad una inchiesta della Società delle Nazioni.

Quanto sopra per opportuna notizia della S. V. ed eventuale norma di linguaggio con codesto Governo (2).

394

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 958/544. BLe;d, 21 agosto 1926, ore 16 (per. ore 20,10).

Decifri ella stessa.

Mio telegramma n. 539 (3·).

S. M. il re Alessandro ha inviato da me stasera il signor Nincich per farmi la seguente comunicazione: il ministro S.H.S. a Sofia ha telegrafato a Belgrado di avere avuto sicura notizia che il rappresentante italiano a Sofia avrebbe apertamente consigliato al Governo bulgaro di sollevare la questione delle bande macedoni e delle minoranze bulgare in Macedonia dinanzi alla Società delle Nazioni. Il signor Nincich ha aggiunto che la cosa gli era sembrata talmente inverosimile che aveva chiesto a Sofia la ripetizione del telegramma.

Ha concluso dicendomi: « se quanto riferisce il ministro S.H.S. a Sofia fosse esatto il passo del rappresentante italiano in quella capitale sarebbe da considerarsi poco amichevole e contrario alle disposizioni del patto di amicizia italajugoslavo».

In relazione al secondo capoverso del telegramma di V. E. 29•58/187 (4) r.1i sono limitato a rispondere al Nincich che non ero a conoscenza del passo fatto dal mio collega a Sofia. Ad ogni modo non ritenevo esatta la notizia nei termini in cui era stata telegrafata al Governo di Belgrado. Nincich mi ha pregato però di telegrafare lo stesso quanto precede V. E.

Poichè dal telegramma di V. E. predetto sembrami apparire chiaro che l'avviso di V. E. al ministro bulgaro a Roma avrebbe dovuto avere carattere assolutamente riservato, sarebbe interessante conoscere come la cosa sia stata subito portata a conoscenza del ministro S.H.S. a Sofia, per quanto in termini ben diversi.

luzionarie macedoni. ~2ì Il telegramma venne comunicato anche ad Atene, Belgrado, Bucarest e, per corriere,

a Pang1 e Londra.

(l) La nota, presentata 1'11 agosto, chiedeva lo scioglimento delle organizzazioni rivo

(3) -Non pubblicato. (4) -È la trasmissione a Belgrado del te!. a Sofia del 18 agosto (cfr. n. 393).
395

APPUNTO DEL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CHIARAMONTE BORDONARO, PER IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

Roma, 26 agosto 1926.

Secondo informa S. E. Attolico, Sir Eric Drummond ha avuto ultimamente

un colloquio col Ministro di Bulgaria a Berna, Signor Mikoff, a proposito di

un appello della Bulgaria alla S. d. N. in relazione al passo collettivo dei Governi

di Belgrado, Bucarest ed Atene.

In tale occasione, il signor Drummond ha manifestato l'avviso che non convenga alla Bulgaria, per varie ragioni d'indole pratica, far luogo a tale appello, ma ha suggerito che, piuttosto, se le Grandi Potenze fossero state d'accordo, gli Addetti Militari a Sofia e Belgrado avrebbero potuto collettivamente procedere ad inchieste locali in caso di nuovi disordini alle frontiere bulgare, rimanendo tale iniziativa sotto gli auspici esclusivi delle Grandi Potenze, con esclusione di ogni ingerenza della S. d. N.

Il sig. Mikoff ha dichiarato che tale soluzione sarebbe stata ben vista a Sofia, che, ad ogni modo il Governo bulgaro avrebbe fino all'ultimo tentato la via dei «negoziati diretti~. non ricorrendo alla S. d. N. che in caso di minaccia d'invasione. Sir Eric Drummond concluse che la prossima riunione dell'Assemblea della S. d. N. avrebbe fornito occasione per tali negoziati.

È possibile, quindi, che la Delegazione Italiana abbia a trovarsi in presenza di tali negoziati e venga interessata in proposito dalle parti in causa.

Sembra all'Ufficio che, in tal caso, essa abbia possibilità e convenienza, ad incoraggiarli «genericamente~. come, presumibilmente, non potranno non fare, almeno palesemente, le Delegazioni inglese e francese, e ciò senza assumere una posizione di eventuale contrasto fra le tesi dei Governi di Belgrado e di Sofia, nella delicata situazione nella quale il R. Governo viene a trovarsi, per ovvie ragioni, fra i contendenti.

È da rupporre che gli jugoslavi faranno difficoltà ad accettare, qualora venisse proposta, la soluzione escogitata dal Segretario Generale della S. d. N. circa l'inchiesta degli Addetti Militari. Nè, a remissivo parere dell'Ufficio, a noi converrebbe incoraggiarla per non assumere le responsabilità che Sir Eric Drummond ha voluto allontanare dalla S. d. N. e per non venirci a trovare, terzi fra francesi e inglesi, in una questione spinosissima e che, per il momento, non sembra offrire alcuna probabilità di venire, seriamente e senza scosse, attutita, in posizione difficile fra le pressioni che non mancherebbero di venirci da Belgrado e da Sofia, e da Belgrado con particolare efficacia sulla base del 2° paragrafo dell'art. 2 del Patto di amicizia (1).

(l) Annotazione marginale di pugno di Mussolini: • Sta bene. M.•. Il testo del Patto, in Trattati e convenzioni ecc., XXXI (1924), pp. 48-49.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA

T. GAB. 455. Roma, 27 .agosto 1926, ore 10,30.

Pregola richiamare subito attenzione di codesto Governo sul pericolo di un'intesa diretta fra Francia e Spagna per la soluzione della questione di Tangeri, intesa che secondo quanto ha accennato Berthelot a Romano Avezzana verrebbe poi comunicata ad Inghilterra ed Halia (1). Questo pericolo dovrebbe ma.ggiormente indurre Governo britannico ad insistere perchè riunione proposta dalla Spagna abbia luogo prima che ci si trovi dinnanzi ad un fatto compiuto.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ALDROVANDI, A LONDRA, DELLA TORRETTA, A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, E AL MINISTRO AL CAIRO, PATERNO' (2).

T. RR. 3087. Roma, 27 agosto 1926, ore 18.

D'accordo con ministero colonie, ho dato istruzioni al governatore dell'Eritrea di recarsi nell'Yemen per fare una visita di cortesia a quell'Imam lahia e cercare possibilmente di stringere con lui qualche accordo di natura economica. Ritengo superfluo di illustrare dettagliatamente a V. E. le ragioni che hanno determinata tale decisione. Il territorio dell'Yemen prospiciente alla colonia eritrea interessa in sommo grado la vita economica e politica della colonia stessa, di guisa che una nostra accorta e preveggente politica coloniale non può nè deve prescindere dalla opportunità di instaurare e sviluppare amichevoli rapporti con uno stato di cui il mar·e ci rende confinanti. È intenzione del R. Governo di perseguire nell'Yemen una tale linea poUtica i cui scopi naturalmente hanno carattere assolutamente pacifico. Nella gara d'influenza che attualmente si svolge neH'Yemen, dove si trovano emissari britannici, egiziani, francesi e dove tentano di penetrare anche i tedeschi, l'Italia che, ripeto, è la maggiore interessata, non può restare assente, ma deve assolutamente salvaguardare e sviluppare i propri interessi. Alcuni giornali, specialmente egiziani e dietro evidente ispirazione inglese, hanno già da tempo destato l'allarme circa pretese intenzioni espansionistiche dell'Italia, e in alcuni ambienti politici che subiscono le stesse influenze britanniche si cerca di ostacolare in tutti i modi la nostra pacifica azione. La missione egiziana inviata all'Y·emen è molto probabilmente anch'essa partita per desiderio della residenza britannica al Cairo, e su questo punto attendo più precise informazioni da quel R. minis-tro.

Aggiungo che anche quest'ambasciata d'Inghilterra ha chiesto a questo ministero notizie circa il viaggio del governatore dell'Eritrea facendo presente che l'interesse britannico deriva dalla contiguità dell'Yemen col protettorato di Aden.

Le è stato risposto che il viaggio di S. E. Gasparini doveva considerarsi come una visita di ·cortesia determinata dalla nostra convenienza di mantenere buoni rapporti coll'Yemen di cui anche noi ci dobbiamo considerare confinanti.

Nella probabile eventualità che si persista a deformare le nostre intenzioni e a non tener il debito conto delle nostre necessità politiche ed economiche d'ordine coloniale, ho creduto opportuno di portare quanto precede a conoscenza di V. E. per sua informazione esclusivamente personale.

Le comunico inoltre il seguente telegramma in data 25 agosto corrente del governatore dell'Eritrea e mi riservo di tenerla successivamente informata:

« Tre giorni trascorsi tra ricevimenti, riviste, visite con cui Imam e principali consiglieri hanno voluto maggiormente dar rilievo importanza mia missione e amicizia ·che lega due paesi. Oltre offerta automobile S. M., particolare solennità ha assunto presentazione aeroplano donato da S. E. capo del Governo, svoltasi presenza tutta cittadinanza con riuscito volo. Nelle riviste passate mio onore, ho rilevato organizzazione disciplina veramente notevole di queste truppe. Vado constatando sempre più lavorio che si va svolgendo su Imam Iahia e suoi consiglieri per evitare si addivenga conclusione formale di un accordo qualunque sia. Oltre nota missione egiziana e altri missionari inglesi, . è giunto inviato Governo Gibuti. Pervengono Imam Iahia numerose lettere da Aden Inghilterra e Germania, di cui Imam stesso mi ha fatto cenno.

Domani inizio conversazioni sostanziali con Imam, ma non posso ancora fare previsioni dato che qui devo manovrare fra intrighi lungaggini di una certa orientale misoneistica ».

(l) -Cfr. n. 399. (2) -Il telegramma venne trasmesso a Berlino. Londra e Parigi per corriere con n. gab. rr. 456.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, PETRUCCI

T. GAB. 451 (1). Roma, 27 agosto 1926, ore 18,45.

Giornali eommentano ampiamente smentita agenzia Havas a proposito notizie stampa circa firma trattato segreto alleanza greco-jugoslava in occasione conclusione recenti accordi fra i due paesi (2). Fornisce sopratutto materia a tali commenti il fatto che smentita provenga da agenzia francese mentre nulla del genere è stato fatto dalle agenzie di Belgrado e di Atene.

(Per Atene). Pre~ola telegrafarmi che cosa le risultasse eventualmente in proposito.

(Per Belgrado). Sarebbe indubbiamente spiacevole che, qualora nessuna manifestazione intervenisse da parte jugoslava che valesse a chiarire la questione, si radicasse nell'opinione pubblica italiana il dubbio che il Governo

S.H.S. abbia potuto assumere gravi impegni internazionali tenendone particolarmente il R. Governo completamente all'oscuro prescindendo dallo spirito del patto di amicizia. Ministro Bodrero informato.

Quanto .sopra per opportuna sua norma di prudente linguaggio.

(l) -La copia inviata ad Atene reca il n. 451/256. quella per Belgrado reca il n. 451/360. (2) -Per esempio, cfr. Corrie~ della Sera, 27 agosto 1926, • Un trattato segret•o fra Grecia e Jugoslavia •.
399

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA (l)

T. 3089. Roma, 28 agosto 1926, o1·e 4.

Suo telegramma 915/543 (2).

Mi sembra molto pericolosa la proposta francese di trattare soltanto tra Francia e Spagna la questione di Tanger·i e sottoporre poi a cose fatte il risultato dell'accordo all'Inghi1lterra e all'Italia. A prescindere dalle ben maggiori difficoltà che, ove tale procedura fosse adottata, potremmo incontrare per far modificare quei punti dell'accordo che non risultassero conformi ai nostri interessi, a V. E. è noto che quanto maggiormente ci interessa è di far accettare e stabilire chiaramente che l'Italia deve essere chiamata a decidere su tutte le questioni mediterranee, e che a questo titolo deve intervenire nella questione di Tangeri, anche indipendentemente dalla sua qualità di firmataria dell'atto di Algesiras. È bene che V. E. sappia per sua personale norma che questa è stata una delle principali ragioni che ci hanno persuasi a considerare benevolmente le domande spagnole perchè esse potrebbero darci modo di far sancire questo principio, e di riaprire in certo senso la questione marocchina cercando di far valere alcuni nostri interessi anche al di fuori di Tangeri. Tutto ciò rischierebbe di rimanere frustrato ove si adottasse la procedura proposta dalla Francia e noi potremmo trovarci costretti ad accettare un eventuale accordo franco-spagnuolo, da cui l'una e l'altra potenza ottenessero dei vantaggi senza assicurarcene alcuno per noi. Occorre pertanto che V. E., senza naturalmente fare allusione a questo particolare punto di vista sotto cui dobbiamo considerare per parte nostra una eventuale soluzione della questione, faccia efficacemente comprendere a codesto Governo che il metodo proposto di trattative a due è stato in realtà ispirato dalla stessa gretta mentalità che determinò la nostra esclusione dalla conferenza di Parigi del 1923. E che, se il Governo francese si ostinerà in tale atteggiamento, esso si urterà molto probabilmente nelle stesse difficoltà che ha sollevato la mancata nostra adesione allo statuto, e che non sarebbero ora sorte (nè si sarebbe data occasione alle attuali domande spagn_uole) se la Francia avesse accettato la partecipazione dell'Italia alla conferenza suddetta. Rilevo con rincrescimento che l'esperienza non ha insegnato nulla a codesti governanti, e che essi non hanno ancora compreso che l'Italia non rinunzierà mai a fare energicamente ed assiduamente valere i diritti che le conferisce la sua qualità di grande potenza mediterranea, e di cui dopo la guerra ha acquistato una sicura e perfetta coscienza. Ella potrà anche dire costì che, come ebbi anche ad assicurare invano nel 1923, l'Italia nell'esame di questi problemi porterà una serena comprensione degli interessi altrui e non soltanto una egoistica e ristretta visione dei propri e che in tali condizioni la Francia non ha nulla da temere per effetto della partecipazione dell'Italia, ma piuttosto dalla sua esclusione ove persistesse a ripetere l'errore del 1923.

Faccio notare che Inghilterra e Spagna chiedono oggi nostra partecipazione e che l'ostinazione della Francia nell'escluderla non corrispondé certo a quelle amichevoli disposizioni di cui si continua costi a tenerle parola senza alcuna pratica dimostrazione.

Mentre incarico i RR. ambasciatori in Londra e Madrid di esprimersi in senso analogo con quei Governi, attendo comunicazione telegrafica urgente dell'esito dei colloqui che V. E. vorrà immediatamente avere costì sull'argomento.

Prego regolarsi in conformità.

(l) -Il telegramma fu trasmesso anche a Londra. Madrid e Tangeri. (2) -Non pubblicato.
400

L'AGENTE DIPLOMATICO A TANGERI, VANNUTELLI REY, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5408/58. Tangeri, 29 agosto 1926, ore 0,15 (per. ore 5). Telegramma di V. E. n. 3089/90 (1). Ipotesi di cui al mio telegramma n. 53 sembra verificarsi nella proposta francese la quale, oltre a escluderci dai negoziati circa soddisfazione aspirazioni spagnole su Tangeri, mira a turbare le nostre buone relazioni avvenire con la Spagna per la politica di resistenza cui saremmo costretti se fossimo esclusi e di cui essa sopratutto risentirebbe qui maggiori conseguenze. La mossa francese appare così per noi doppiamente pericolosa e temo che a essa sia già acquisita la' connivenza britannica dal momento che signor Har.ris ne ha fatto oggetto di una sua nuova corrispondenza da Tangeri secondo il solito trucco consistente nel pubblicare come proveniente Tangeri le notizie ·Che il Times ottiene dal Foreign Office. L'atteggiamento di questo ambiente .spagnolo conferma per altro la mia convinzione che questa volta la Spagna sia ,facilmente suscettibile di lasciarsi ·persuadere ad evitare un nuovo patto a tre che equi

varrebbe alla continuazione del suo vassallaggio franco-inglese mentre il nostro intervento nei negoziati rafforzerebbe sensibilissimamente la sua posizione.

401

APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

Roma, 31 agosto 1926.

Non v'è dubbio che il fatto della ratifica del trattato della Bessarabia da parte dell'Italia provocherà una crisi nei rapporti italo-russi, rapporti che hanno sopratutto valore dal punto di vista della economia italiana e del suo bisogno di materie prime.

L'ampiezza e il carattere di questa crisi non possono essere determinati. L'Italia non teme questa crisi dal punto di vista politico nemmeno se arrivasse a conseguenze estreme come sarebbe il ritiro dell'Ambasciatore.

La questione si pone soltanto dal punto di vista economico.

Occorre quindi che la Romania ci salvaguardi nei limiti del possibile da even

tuali rappresaglie economiche della Russia quantunque allo stato degli atti l'in

teresse economico sia prevalente in Russia la quale ha coll'Italia la Bilancia fa

vorevole.

La ratifica da parte dell'Italia del trattato della Bessarabia, ratifica che ha una grande importanza per la Romania deve avere una duplice partita: Una di ordine politico che dovrebbe consistere in un patto italo-bulgaroromeno o anche in un patto bulgaro-romeno concluso sotto l'egida dell'Italia.

Una di ordine economico e cioè in un impegno scritto da parte della Roma

nia di aiutare l'Italia se sorgessero difficoltà di ordine economico colla Russia

in conseguenza della ratifica.

Una di ordine morale e cioè nell'impegno da parte del governo romeno di

introdurre l'insegnamento della lingua italiana nelle scuole secondarie romene.

Tutto ciò potrebbe essere fatto mediante scambio di lettere (1).

(l) Cfr. n. 399.

402

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. 461/500. Roma, l settembre 1926, ore l.

Rispondo suo rapporto 27 agosto. Credo anch'io che non convenga per il momento insistere sulle questioni di Tunisi. Non bisogna avere aria di mendicare concessioni mediocri.

403

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, DELLA TORRETTA, A MADRID, PAULUCCI DE' CALBOLI, A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, E ALL'AGENTE DIPLOMATICO A TANGERI, VANNUTELLI REY

T. GAB. 460. Roma, l settembre 1926, ore 5.

(Per Londra, Madrid e Tangeri). R. ambasciatore Parigi telegrafa: (ripro

durre telegramma di collezione 5438) (2). Ho risposto.

(Per Parigi). Suo telegramma 932/:J53.

(Per tutti). Non ho difficoltà aderire ad una conversazione a quattro, come

proposta da V. E., salvo a giudicare ulteriormente la linea di condotta che ci convenga tenere secondo gli sviluppi della situazione. Ma deve trattarsi di una conversazione «comune» e non di conversazioni «parallele», poichè in questo secondo caso si verrebbe in sostanza ad accettare praticamente la proposta francese. Raccomando a V. E. di insistere energicamente presso Briand dimostran

dogli tutti gli inconvenienti che deriverebbero per la Francia dalla ripetizione dell'errore del 1923 e sopratutto facendogli rilevare la grave ripercussione che si verificherebbe nell'opinione pubblica italiana qualora risultasse chiaro che la Francia ancora una volta si rifiuta per le meschine vedute dei suoi governanti, di dare all'Italia una soddisfazione che le è assolutamente dovuta per la sua situazione mediterranea di diritto e di fatto. Dica a Briand a mio nome personale che questa è un'occasione che gli si offre per darci senza alcun sacrificio degli interessi francesi quella pratica dimostrazione dei suoi amichevoli intendimenti che attendiamo ancora da tempo invano.

(Per Londra). Richiamandomi anche al mio telegramma Gabinetto 455 (l) informo V. E. che questo incaricato d'affari britannico mi ha comunicato oggi risposta che suo Governo darà al Governo spagnolo. In t,ale risposta si dice avere Governo britannico saputo che Governo francese, pur non potendo accettare in principio domande spagnuole, è disposto ad avere conversazioni con Spagna ed Inghilterra per discutere condizioni alle quali potrebbe essere ottenuta adesione grandi potenze che non hanno ancora accettato statuto Tangeri, e che nel corso di tali conversazioni Spagna potrebbe far valere suoi desiderata tenendo conto impegni esistenti. Governo britannico è ugualmente pronto a tale esame per cercare soluzione soddisfacente o per lo meno accettabile da tutte le parti in causa. Esclude però sede Ginevra. In sostanza risposta inglese non fa alcun cenno della partecipazione italiana. È quindi indispensabile che V. E. veda immediatamente e personalmente Chamberlain per sviluppargli gli argomenti contenuti nel mio telegramma 3089 (2) e dimostrargli che Governo britannico, pur avendo constatato per il primo le gravi conseguenze derivate dall'errore commesso nel 1923 coll'esclusione dell'Italia, e pur avendo cercato di ripararvi offrendoci recentemente i suoi buoni uffici per rendere possibile la nostra adesione allo statuto, rischia ora di ricadere nello stesso errore, seguendo la Francia nella ostinata politica tendente alla nostra esclusione per metterei di nuovo di fronte ad un fatto compiuto. V. E. vorrà informare Chamberlain del suggerimento dato da Romano a Berthelot aggiungendo che da parte mia l'ho approvato purchè si tratti di conversazione «comune» e non di conversazioni «parallele». Nell'interesse stesso della questione e data la convergenza degli interessi politici dell'Italia e dell'Inghilterra, Chamberlain non dovrebbe esitare ad agire personalmente presso il Governo francese per indurlo ad accettare tale suggerimento, senza di che noi saremmo costretti ancora una volta a tenerci da parte, come abbiamo fatto per lo statuto e a r,ifiutare la nostra adesione a quelle deJiberazioni cui si giungesse senza la nostra partecipazione. V. E. vorrà attirare tutta la più seria attenzione di Chamberlain su questo punto dimostrandogli il pericolo di fare ancora una volta fallire un tentativo di stabilizzazione della situazione nel Mediterraneo Occidentale a causa dell'ostinazione francese e dell'arrendevolezza britannica verso la Francia. Non saremmo certamente noi a portare la responsabilità del prolungarsi della crisi della questione di Tangeri.

(Per Madrid). V. E. vorrà richiamare su quanto precede la più seria attenzione di codesto Governo e, servendosi degli argomenti contenuti nel mio tele

gramma 3089, ribadire efficacemente il nostro punto di vista sulla assoluta necessità che ogni deliberazione sulla qm~stione di Tangeri sia presa con l'effettiva partecipazione dell'Italia.

V. E. aggiungerà che ho approvato il suggerimento dato da Romano a Berthelot purchè si tratti di conversazione «comune» e non di conversazioni « parallele». Ma che ove nemmeno tale suggerimento fosse accolto il R. Governo si Vlerrebbe a trovare nell'incresciosa situazione in cui fu messo nel 1923 e per quanto desideroso di dare alla Spagna una prova della sua vera e cordiale amicizia si troverebbe praticamente impossibilitato a farlo.

L'Italia, ove fosse accolta la proposta francese di conversazioni a due, non solo non avrebbe modo di far valere il suo amichevole appoggio alla Spagna ma non potrebbe neanche accettare quelle deliberazioni che fossero state prese tra Francia, Spagna e Inghilterra senza la partecipazione italiana. In tali condizioni è evidente l'interesse spagnuolo di insistere efficacemente presso Parigi e Londra per la conversazione a quattro da noi giustamente richiesta.

(l) -L'ultimo rigo è stato aggiunto sul dattùoscritto di pugno di Mussolini. Il testo delle due lettere, in B. MussoLINI, Opera Omnia cit., XXII, pp. 406-407. (2) -T. 5438/932/553, trasmesso il 31 agosto, ore 0,05 (per. ore 4): propo.sta di una conversazione per Tangeri; ferma dichiarazione di Romano Avezzana a Berthelot dell'intenzione dell'Italia di parteciparvi. (l) -Cfr. n. 396. (2) -Cfr. n. 399.
404

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, PETRUCCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1004/564. Belgrado, l settembre 1926, ore 20,30 (per. ore 7 del 2).

Mio telegramma n. 555 (1).

Signor Antich capo della sezione politica che è giunto... (2) Grecia, e secondo delegato nelle trattative jugoslavo-greche, in un lungo colloquio avuto con me questa mattina mi ha manifestato tutto il suo dolore e sua meraviglia per il rumore fatto dalla stampa italiana intorno alla noti~ia data dall'Humanité di un preteso trattato segreto greco-jugoslavo. Egli mi ha detto non si rendeva conto delle ragioni che avevano indotto stampa italiana, compresa quella più vicina ai circoli governativi, a prendere in considerazione una notizia tendenziosa lanciata da un giornale comunista con lo scopo di gettare c'attiva luce sull'opera di pace del Governo S. H. S. Avendogli io osservato che la fretta con cui agenzia Havas aveva smentito notizia aveva in qualche modo giustificato apprensione della stampa italiana, egli mi ha assicurato con·fidenzialmente che ministro di Francia ad Atene è stato tenuto costantemente all'oscuro dell'andamento delle trattative e che quindi egli non ha in alcun modo patrocinato o tanto meno diretto le trattative stesse. Mi ha fatto la storia della politica serba in quest'ultimo ventennio per dimostrarmi come una sola volta Governo serbo avesse stretto un trattato offensivo con altri stati confinanti e cioè nel 1912 contro la ':Durchia. Ha poi aggiunto che accordo con Grecia ha carattere difensivo in quanto i due stati si garantiscono reciprocamente aiutarsi nel caso di aggressione non giustificata da parte di una terza potenza tendente a rompere lo statu quo risultante dai trattati di pace. Ha terminato dicendo che non poteva mostrarmi testo trattato stesso perchè ancora non approvato dai parlamenti dei rispettivi paesi, ma che non appena ciò avvenuto esso sarà regi

strato alla Società delle Nazioni e reso pubblico. È mia im_pressione che dichiarazioni Antich, che è stata animata [sic] trattative con la Grecia, siano veritiere.

(l) -Non pubblicato. (2) -Gruppi indecifrati.
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IL SEGRETARIO GENERALE DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO, GIANNINI, A PADRE TACCHI VENTURI

L. Roma, 2 settembre 1926.

Mentre la S. Sede considera cessati gli onori liturgici in Oriente, consente di dare al rappresentante francese un segno di particolare distinzione, giustificandolo con la grati!udine per servizi prestati dalla Francia ai cattolici delle nazioni occidentali. V. P. sa precisamente ·che tali benemerenze sono ormai di carattere storico, e che nei tempi più recenti le benemerenze dell'Italia non sono minori di quelle della Francia. Resta pertanto il fatto che le popolazioni dell'Oriente considereranno gli onori resi alla Francia come singolari, ciò che ne accresce il rilievo, con effetti puramente politici, a solo danno delle altre nazioni cattoliche.

Perchè il provvedimento adottato per la Francia non può essere adottato in misura del tutto eguale anche per l'Italia? Ci sarà il giorno degli onori riservato all'Italia, come quello riservato alla Francia.

Tale misura equitativa, che non può non essere accolta dalla S. Sede nel Suo alto spirito di giustizia, servirebbe, d'altra parte, a non urtare l'opinione pubblica italiana e non danneggiare il prestigio italiano in Oriente.

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IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1011/166. Addis Abeba, 2 settembre 1926, ore 11 (per. ore 0,20 del 3).

Mio telegramma gabinetto n. 163 (1).

Governo etiopico è fermamente deciso persistere nella sua protesta presso Società delle Nazioni tanto più che esso ha avuto assicurazioni che la tesi abissina trionferà indubbiamente specialmente nei riguardi della richiesta italiana.

In questo caso la nostra influenza e le nostre aspirazioni subirebbero grave • colpo. Sono costretto intanto, malgrado le dichiarazioni di ras Tafari, ad insistere sulla assoluta inopportunità, nella situazione presente, della vi'sita di S. A. R. duca degli Abruzzi, che sarebbe unicamente interpretata dagli abissini e dagli europei come un atto di debolezza del Governo; confido perciò che essa sia definitivamente rimandata ad epoca indeterminata e mi sarebbe utile e grato potere comunicare a ras Tafari simili atti di cortesia si compiono soltanto tra i Governi fra i quali esista una sincera cordialità e fiducia di rapporti (2).

o

24 ·-Dowmenti diplomatici o Serie VII Vol. IV

(l) -T. Gab. 989Vl63, trasmesso 11 28 agosto, ore 10, per. ore 2 del 29, non pubblicatoin quanto contiene quanto ripetuto nel presente telegramma. (2) -Mussolini rispondeva a questo telegramma: • Visita S. A. R. duca degli Abruzzi rimandata ad epoca indeterminata • (t. gab. 473, del 5 settembre, trasmesso anche a Londra, a Parigi, e a Attolico a Ginevra).
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1013/945/564. Parigi, 3 settembre 1926, ore 21 (per. ore 24).

Finora non posso riferire sull'effetto qui prodotto dal nostro accordo colla Spagna (l) perchè, così il Governo che la stampa hanno mantenuto al riguardo una grande riserva. Ho voluto perciò attingere prima informazioni indirette ma sicure, nei circoli politici e governativi. Governo francese ritiene accordo diretto contro Francia, sia per articolo che pattuisce la neutralità, sia perchè si sospetta vi sia già accordo segreto o che altri accordi possano scaturire dal trattato, sempre più contrario agli interessi francesi. La Francia preten"de, non già di essere una nazione di 38 milioni, contenuti nei suoi limiti metropolitani, ma un impero di circa 90 milioni con un territorio che si estende dall'Africa equatoriale: per cui deve mantenere libere le comunicazioni tra le due parti del suo dominio e poter fare liberamente passare dall'una all'altra le sue truppe bianche o di colore. Guarda quindi con apprensione alla possibilità che il suo esercito sia tagliato in due da un'attitudine ostile dell'Italia, appoggiata dal ... [manca] Mediterranee. Faccio presente queste considerazioni a V. E. perchè data la difficoltà, sempre maggiore di addivenire ad una intesa sincera con la Francia, conviene, nella questione di Tangeri (a mio parere subordinato) soprattutto non disgustare la Spagna, per trarre i maggiori frutti dalla politica inaugurata verso la stessa.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, MANZONI

T. GAB. PRECEDENZA ASSOLUTA S. P. 480. Roma, 7 settembre 1926, ore 14.

Decifri da sè.

Ritengo opportuno prospettare a V. E. situazione rapporti fra Italia e Romania in relazione con questione Bessarabia. Anzitutto informo V. E. che patto politico italo-romeno può dirsi già firmato in quanto è stato parafato ad Acqui e sarà ufficialmente firmato prossimamente a Roma. Importanza politica di questo patto è evidente e si riassume in questa proposizione. È un altro passo che Italia compie nel bacino danubiano per affermarvi non solo la sua esistenza ma la sua forza e il suo prestigio. Aggiungo che patto è integrato da altri elementi di or· dine economico in relazione noto prestito duecento milioni di lire. Spinosa questione Bessarabia è rimasta in sospeso e Averescu pur vivamente dolendosene non ha insistito. Ma nel frattempo io sono venuto nella determinazione di ratificare trattato Bessarabia qualora ottenga una conveniente contropartita da parte romena. Ragioni che mi inducono a prendere questa decisione sono molteplici e le riassumo schematicamente. Anzitutto una questione di lealtà internazionale.

Quando il rappresentante Italia ha firmato un accordo bisogna fare colla successiva ratifica onore a questa firma. Si può ritardare ma non evitare. In secondo luogo se Averescu torna in Romania coll'impegno della mia ratifica egli ottiene un successo grandissimo e la sua posizione politica e personale ne uscirà rafforzatissima. Questo ci conviene perchè Averescu è veramente un amico sincero dell'Italia. Nei nostri confronti colla Russia esistono assicurazioni verbali ma non impegni formali di sorta. Il ritardo nella ratifica era una prova di amicizia verso la Russia prova che non è stata ricambiata. In questi ultimi tempi atteggiamento Russia è stato negativo nei confronti Italia e col negare registrazione Cice e coll'intensificare propaganda ostile regime fascista. Polizia ha scoperto che nella sede milanese della rappresentanza commerciale russa funziona una sezione del soccorso rosso. Governo russo non ha quindi tenuto fede ai patti. È meglio quindi avere dei riguardi per un governo amico come il rumeno e non per un governo ostile quale è il russo. Ratifica italiana mentre costituisce un atto di lealtà internazionale perchè o si ritira la firma o si ratifica la firma stessa, non cambia nulla allo stato di fatto della Bessarabia. Può darsi che annuncio ratifica italiana determini una crisi nei rapporti italo-russi. Desidero conoscere quale portata e conseguenze potrà avere questa crisi. Intanto V. E. avrà da questo mio telegramma gli elementi per orientarsi.

(l) Il testo del trattato di amicizia, di conciliazione e di regolamento giudiziario, firmato a Madrid il 7 agosto 1926, in Trattati e convenzioni ecc., XXXVI (1926), pp. 474-480.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 1031/632. Londm, 7 settembre 1926, ore 21,40 (per. ore l dell'B). Decifri Ella stessa. Tyrrel mi ha fatto pregare di recarmi da lui. Egli mi ha detto che Chamberlain lo aveva incaricato di manifestarmi suo rammarico per atteggiamento assunto dal R. ministro a Durazzo in seguito cambiamento del rappresentante

britannico in Albania. Secondo informazioni pervenute al Foreign Office risulterebbe che quel

R. ministro in varie circostanze avrebbe lasciato 1ntendere negli ambienti locali che hl cambiamento de~ ministro britannico era avvenuto in seguito a richiesta del Governo italiano e che ciò significava il cambiamento della politica britannica in Albania. Tyrrel ha aggiunto che Chamberlain era assai dolente della cosa anche perchè in seguito alle franche e leali spiegazioni date nella conversazione avuta meco (mio telegramma del 2 agosto n. 381) (l) si attendeva che ogni equivoco fosse eliminato e cancellata ogni idea di contrasto italobritannico in Albania.

Secondo Chambe'I'lain il R. ministro a Durazzo veniva ora a rendere assai delic:ata e difficile la situazione del nuovo ministro d'Inghilterra che pur aveva intenzioni di tener atteggiamento amichevole nei riguardi dell'Itralia.

Chamberlain desiderava che il R. Governo fosse informato di quanto

precede perchè venisse posto un termine a questo stato di cose e che atteggiamento della R. legazione a Durazzo fosse conforme alle relazioni di cordialità e reciproca fiducia esistenti fra i due paesi.

Non ho mancato di replicare che le informazioni pervenute al Foreign Office erano certamente il risultato dei soliti intrighi locali, ma Tyrrel mi ha risposto che aveva già ampiamente sfrondato quanto era stato riferito al Foreign Office, e che quanto mi aveva detto gli risultava pienamente fondato.

Ho assicurato Tyrrel che avrei riferito questo colloquio a V. E.

Tengo a rileva:re che, nonostante il mio interlocutore apparisse assai spiacevolmente impressionato, tuttavia colloquio si è svolto in termini assolutamente amichevoli e cordiali, sembrando Tyrrel animato dal solo scopo di eliminare quanto potesse nuocere allo spirito di collaborazione esistente fra i due paesi.

(l) Sic, ma si tratta del t. gab. per corriere s. 890/839, cfr. n. 383.

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IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 1036/192. Atene, 8 settembre 1926, ore 3 (per. ore 7,50). Mi sono presentato oggi a questo ministro affari esteri signor Argiropulos il quale ha palesemente tenuto a dare impronta di marcata cordialità al lungo colloquio insistendo specialmente sulle seguenti precise dichiarazioni che mi ha pregato di portare a conoscenza di V. E.: l) Nessun Governo greco potrebbe formulare un qualsiasi programma logico di politica estera che non si basasse fondamentalmente sul princtpo delle amichevoli relaz.ioni coll'Italia; 2) Tale concetto è considerato così indiscutibilmente importante dal signor Condilis e dal suo Governo che questo desidera non solo evitare ogni motivo di possibile screzio col nostro paese, ma cercherà con ogni sforzo di contribuire alla sempre più intima cordialità delle nostre reciproche relazioni. A spianare la via pel conseguimento di questo obiettivo son valse assai efficacemente l'azione qui spiegata secondo le direttive dell'E. V. dal compianto ministro Brambilla e dal suo solerte collaboratore commendator De Facendis; 3) Come prova di sincerità e buon volere in tal senso, il signor Argiropulos ha dichiarato confermarmi ufficialmente proposta fatta ieri a De Facendis (e di cui al mio telegramma n. 190) (l) circa accordo provvisorio da sostituire ad attuale modus vivendi commerciale; 4) La Grecia deve avere per imprescindibile obi-ettivo mantenimento pace specialmente nei Balcani e le sarebbe stato impossibile non addivenire ad una sistemazione della questione di Salonicco con la Jugoslavia; 5) Egli credeva suo dovere rinnovare spontaneamente nel modo più esplicito la dichiarazione che non esiste al:l.'infuori dell'accordo Ruffos-Gavrilovich (il cui testo integrale verrà depositato alla Società delle Nazioni sempre che. dopo esame in corso dei dettagli di. esso

ne sia decisa l'approvazione) alcun accordo o clausola segreta di nessuna specie colla Jugoslavia. Questo ministro degli affari esteri mi è sembrato veramente

sincero nelle sue anzidette dichiarazioni specialmente perchè era visibilmente soddisfatto di notare, da quanto gli ho detto in base alle istruzioni impartitemi al momento della mia partenza, le buone disposizioni di V. E. e del Governo italiano nei riguardi della Grecia. Passando poi a parlare confidenzialmente della situazione interna, il signor Argiropulos mi ha fatto comprendere di non potere comliderare il Governo attuale come espressione di un assetto definitivo in Grecia ed ha anzi aggiunto che gli uomini del presente gabinetto siano da considerarsi come • condannati a morte» (sic) ministerialmente parlando, nelle prossime elezioni. Data situazione tuttora alquanto incerta e mentre mi riservo riferire in merito non appena avrò potuto meglio osservarne gli elementi, non insisterò, salvo ordini contrari dell'E. V., per immediata presentazione delle mie credenziali fino a quando l'ammiraglio Conduriotis, che trovasì attualmente in villeggiatura a Idra, non abbia fatto ritorno alla capitale. Circa accordo commerciale provvisorio di cui al punto terzo del presente telegramma, attendo cortese risposta della E. V. al mio telegramma n. 190 incrociatosi con quello n. 3206/267 (l) che mi è giunto dopo il mio odierno colloquio col ministro degli affari esteri.

(l) T. Gab. 1023/190, trasmesso il 6, ore 23, per. ore 3,20 del 7, non pubblicato.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1038/1. Ginevra, 8 settembre 1926, ore 23,40 (per. ore 2 del 9).

Non appena ricevuto tuo telegramma di Gabinetto n. 469 (2), mi sono subito recato da Nincich al quale ho fatto le dovute comunicazioni. Gli ho parlato con linguaggio poco societario, ma fermo e preciso e tale da non ammettere equivoci. Nincich si è dichiarato oltremodo dolente delle manifestazioni di Spalato che mi ha detto di ignorare completamente e che naturalmente ha deplorato con molta vivacità e con parole di vivo rammarico. Ha ammesso tutta la gravità della partecipazione di reparti militari ed ufficiali alto grado, negando fin da ora che presenza medesimi potesse rivestire carattere rappresentanza ufficiale e tanto meno di S. M. il re. Nincich si è dichiarato certo che re Alessandro sarà grandemente indignato dell'avvenuto. Egli telegraferà oggi stesso a Bled per ragguagliare sovrano del nostro passo e per disporre immediata inchiesta cui seguiranno severe sanzioni a carico responsabili. Gli ho risposto che prendevo intanto atto delle sue parole e che tu ti riservavi di decidere alla prova dei fatti.

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L'AMBASCIATORE A MOSCA, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T.GAB.P.U.S. 1013/193. Mosca, 8 settembre 1926, ore 21,10 (per. ore 5 del 9).

Decifri Ella stessa. Crisi sarà gravissima (3): direi mortale: questione Bessarabia è infatti sola questione politica viva fra Italia e Russia in questo momento, e se nessun impegno

ci lega coi Soviet vi sono tuttavia loro ripetute dichiarazioni a noi nel senso che ratifica sarà considerata atto ostile e vi è nostro atteggiamento di oltre di un anno (?) che non comporta mutamento senza palese giustificazione. Ciò che mi preoccupa è che non sarà crisi col bolscevismo ma vera e propria crisi col popolo russo perchè tutto i,l popolo russo sia rosso che bianco sente ugualmente per Bessarabia e mai dimenticherebbe nè... [manca] l'Italia a dare colpo finale nè il confronto col Giappone nonostante Giappone abbia tanti attriti con Russia bolscevica,, ma Russia resta ed è un tale importante fattore di equilibrio politico ed economico per noi contro minacce centrali europee o intrighi balcanici o pressioni economiche [che] bisogna molto ponderare prima di renderei ostile popolo russo distruggendo lavoro del passato (1). È stata Romania a togliere valore trattato di Parigi con conferenza Vienna: Averescu non è responsabile errori Bratianu. Tuttavia Italia può renderle enormemente amichevole servizio e darle enorme appoggio impegnandosi garantil'lla contro ogni aggressione. Simile impegno rafforzerebbe attuale statu quo territoriale Bessarabia senza fondate obiezioni Soviet che si sono sempre dichiarati per soluzione pacifica. Circa contegno Soviet con l'Italia V. E. ha tutte le ragioni di lagnarsi: a me pare però convenga

trattare la cosa separatamente per fare valere quelle giuste esigenze cui ci dà diritto la nostra costante lealtà con essa e gli interessi non rispettati (2).

(l) -Non pubblicato. (2) -Recte 479, trasmesso il 7, ore 17, non pubblicato: istruzioni di protestare pressoNinCié per delle manifestazioni avvenute a Spalato in favore dell'annessione alla Jugoslaviadi Fiume, di Zara, e dell'Istria. (3) -Risponde al telegramma pubblicato al n. 408.
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IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1047/170. Addis Abeba, 9 settembre 1926, ore 19 (per. ore 1,40 dellO).

Una persona di fiducia di ras Tafari e che ritengo seria ha affermato che questo ultimo ha ricevuto dal Generale I... [manca] assicurazioni in merito all'accordo italo-inglese che non corrispondono semplicemente e perfettamente alle dichiarazioni fatte dal si,gnor Chamberlain alla Oamera dei Comuni (3) e nella sua risposta alla Società delle Nazioni. Secondo tali assicurazioni ras Tafari si ritiene sicuro che il Governo inglese sia disposto a rinunziare presso la Società delle Nazioni all'accordo concluso con Italia. Ciò spiega in parte come il risentimento del Governo etiopico per l'accordo italo-inglese si sia specialmente rivolto contro di noi. Già nei telegrammi precedenti ho riferito lucidamente atteggiamento di questa legazione inglese che mi sembra ambiguo e non interamente leale e non posso fare a meno oggi di confermare questa mia impressione (4).

(l) -Cfr. anche quanto comunicava a Mussolini lo stesso Manzoni con t. gab. 1116/199. del 17 settembre: • I rapporti politici italo-russi hanno questa caratteristica che difettano di sostanza e devono essere condotti colla previsione della loro grande effettiva importanza nei riguardi e per i momenti di grave crisi europea. Negli intervalli bisogna alimentarli con legami nel campo economico. Questa è la ragione della importanza speciale delle normali relazioni economiche italo-russe. Patto di amicizia offerto dall'Ambasciata di Russia può portare all'Italia soltanto limitati vantaggi morali e soltanto se conterrà esplicita clfausola arbitrato, giacchè in tali condizioni Italia farebbe da ponte tra Russia ed Europa. Ma nostre esigenze attuali sono economiche più che politiche ». Per il patto di amicizia offerto dalla ambasciata russa a Roma, cfr. più avanti n. 417. (2) -Nota marginale di pugno di Mussolini: • Importante. M. ». (3) -Le dichiarazioni alla Camera dei Comuni furono fatte il 2 agosto. (4) -Cfr. anche il t. gab. r. 1048/6111, in pari data, con cui Lanza di Scalea raccomandava a Mussolini di dar istruzioni a Grandi e Scialoja a Ginevra di controbattere le mano.vre etiopiche e francesi alla Società delle Nazioni.
414

IL MINISTRO DELLE COLONIE, LANZA DI SCALEA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. Roma, 10 settembre 1926.

Sono stato desolatissimo di non aver avuto la singolare fortuna di comunicarti personaLmente la buona novella dell'accordo stipulato da S. E. Gasparini con l'Imam Iahia (1). Ma un impegno già preso con i bravi ed attivi fascisti di Sorrento mi ha tolto il desiderato piacere di parteciparti verbalmente il successo delle trattative da te sapientemente ed energicamente patrocinate.

Questo accordo rappre~nta la prima parola imperiale della nostra politica coloniale, segna cautamente la decisiva volontà fascista di non imprigionare nei limiti del territorio, le risorse dei nostri domini coloniali.

Ritengo che questo avvenimento ci dia il diritto di considerare il Mar Rosso come una zona di nostra influenza e non come una sola via-transito per le nostre colonie, e che esso schiuda nuovi orizzonti alla nostra attività politica ed economica nel mondo arabo e musulmano.

Ma di ciò ti parlerò a voce quando avrò l'onore di conferire con te in proposito.

Intanto ti accludo un secondo telegramma ricevuto dal Gasparini (2) che conferma l'importanza dell'accordo. Riterrei per tanto opportuno, ove tu lo creda, di ·Chiamare il Gasparini a Roma .per poter sentire il suo pensiero sulle direttive da prendere dopo l'accordo e sugli impegni che egli ha assunto.

Ti prego di voler leggere un importante verbale del convegno dell'Asmara in occasione della missione del Mallardi. In detto verbale è sinteticamente e rea.listicamente prospettata la situazione della Colonia nei rapporti con l'Impero Etiopico. Domenica sarò a Castellammare per la prima pietra delle Terme Italiane. Lunedì parto alla volta di Caltanissetta per la mostra agricola.

415

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, A GINEVRA

T. GAB. 505. Roma, 11 settembre 1926, ore 19,45.

Ti prego di conferire immediatamente con Briand e rappresentargli che odierno attentato ha scatenato in tutta Italia una formidabile agitazione contro la Francia (3). Il fatto che l'attentatore abbia lungamente dimorato in Francia e sia venuto direttamente dalla F.rancia spiega attuale impressionante agitazione animi. Dirai a Briand che solo mia autorità può contenere indignazione masse fasciste ma aggiungerai che se Briand tiene veramente amicizia Governo e popolo italiano bisogna che le tolleranze colpevoli aUe quali io ho accennato nel mio discorso dalla ringhiera di palazzo Chigi abbiano realmente fine. La pace di due grandi popoli non può non deve essere messa a repentaglio da un pugno di miserabili ricattatori e criminali. Gradirò poi tue notizie ( 4).

(l) -Testo del trattato, del 2 settembre, in Trattati e Convenzioni ecc., XXXVI (1926), pp. 503-505. (2) -Non pubblicato. (3) -L'll settembre Mussolini subì un attentato ad opera dell'anarchico Gino Lucetti. (4) -Cfr. n. 419.
416

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T.GAB. s. 1074/644. Londra, 11 settemb1·e 1926, ore 23,30 (per. ore 5 del12).

Decifri ella stesso.

Mio telegramma n. 63·9 (1).

Tyrrel mi ha rimesso promemoria circa Arabia del quale spedirò copia col prossimo corriere. Ne riassumo intanto punti essenziali.

l) Premesso che Inghilterra non può disinteressarsi del conflitto fra ldris dell'Assir ed Imam Yahia dello Yemen e constatato che Italia rivendica essa pure un interesse negli avvenimenti di quei paesi, Foreign Office prospetta opportunità di una franca spiegazione fra i due Governi sui rispettivi interessi negli affari dell'Arabia.

2) Governo britannico avrebbe preferito rimanere estraneo al conflitto Idris-Imam, ma ciò non è stato possibile a cagione delle sue speciali relazioni con le due parti contendenti. Infatti da un lato i suoi rapporti con l'Imam non sono soddisfacenti avendo quest'ultimo occupato porzione del territorio appartenente al protettorato di Aden; dall'altro Inghilterra ha firmato nel gennaio 1917 accordo Idris in forza del quale Governo britannico ha garantito protezione isole Farsan e costa dell'Assir contro qualsiasi azione ostile mentre Idris si è impegnato ad escludere interferenze di qualsiasi potenza straniera nel proprio territorio. In compenso di tale impegno Governo britannico ha promesso a ldris necessario aiuto di armi e munizioni.

3) Accennato alla iniziativa inglese del mag.gio 1925 ed allo accordo intervenuto coi Governi italiano, francese e belga circa embar.go importazione armi nei territori di Idris e dell'Imam, memorandum rileva che accordo non ha avuto pratica attuazione perchè mentre Governo britannico applicava embargo nei riguardi Idris, Imam poteva ottenere armi che Idris affermava essere fornite da Italia. Idris veniva quindi a trovarsi in condizioni d'inferiorità mancandogli i mezzi per difendersi contro pericolo occupazione isole Farsan da parte Imam. Per questa ragione e per impegni derivanti da accordo 1917 con Idris nonchè in considerazione dell'attuale situazione di Ibn Saud, Governo britannico ritiene ormai dovere autorizzare fornitura armi e munizioni tanto a Idris che a lbn Saud.

4) Tale essendo posizione del Governo britannico e data tendenza italiana in favore Imam, Foreign Office prospetta pericolo che dal conflitto tra Idris e Imam possa nascere urto fra gli interessi italiani e britannici con possibili ripercussioni politiche nelle relazioni fra i due paesi.

5) Governo britannico spera che S. E. Mussolini rendendosi conto di tali « pericoli potenziali » sia convinto della utilità di sventarli mediante una completa e franca intesa fra i due Governi.

6) Sicurezza delle comunicazioni imperiali con India ed Oriente è principio fondamentale della secolare politica inglese. Governo britannico confida che Governo italiano apprezzerà importanza che Inghilterra attribuisce a questione delle

isole Farsan e si renderà conto che unica ragione che l'ha indotta oggi a spiegare la sua posizione con lo spirito più amichevole è desiderio di prevenire eventuale sviluppo di una situazione imbarazzante e delicata.

(l) Cfr. p. 346, nota l.

417

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, MANZONI

T. GAB. RR. 515/240. Roma, 12 settembre 1926, ore 22.

Ho avuto un interessante e importante colloquio con l'ambasciatore russo concernente i rapporti itala-russo-rumeni in vista dell'imminente arrivo di Averescu. Avendomi il Kergentzeff domandato se poteva avere preventiva conoscenza delle clausole del trattato italo-rumeno, gli ho risposto che questo era assolutamente impossibile e che molto probabilmente appena firmato, trattato stesso sarebbe stato reso di pubblica ragione. Ho aggiunto che nelle negoziazioni intervenute non era stato -sinora -questione della Bessarabia e che in ogni caso Averescu non aveva insistito. Il trattato era, in fondo, non diverso da altri precedenti di amicizia e collaborazione firmati dall'Italia.

Quanto all'atteggiamento definitivo dell'Italia a proposito della Bessarabia, io ho detto quanto segue: «È stato per un sentimento di sincera amicizia colla Russia, se sino a questo momento l'Italia non ha perfezionato -colla ratifica formale -la firma già apposta in calce alla decisione di Parigi che assegnava la Bessarabia alla Romania. Ma se si desidera che questo atteggiamento dell'Italia non si modifichi, occorre che all'amicizia concreta dell'Italia corrisponda da parte russa un'altrettanta concreta amicizia. Ora in questi ultimi tempi, ci sono degli episodi che fanno dubitare delle vere intenzioni russe nei confronti dell'Italia». Ho citato-a richiesta -la mancata registrazione della Cice; la scoperta di una cellula del Soccorso Rosso presso la sede commerciale dei Soviety a Milano.

Quanto alla Cice, il K. mi ha detto: « Non credevo che la mancata registrazione di una ditta privata italiana, potesse essere interpretata dal Governo italiano come un atto di inimicizia. Le ragioni che hanno indotto commissariato C. E. a negare tale registrazione sono di natura morale. La Cice ha tentato di corrompere a base di dollari alcuni funzionari dei Soviets. Tuttavia, ha concluso K., se Ja mancata registrazione deve pesare sui rapporti italo-russi, Mosca è disposta a

discutere ancora e a modificare il suo atteggiamento». Ne ho preso atto.

Più grave è stato il dialogo circa la «Cellula rossa». Dapprima il K. ha tentato di mettere in dubbio l'autenticità della cosa, ma quando gli ho mostrato la documentazione e cioè le lettere in russo, provenienti da Mosca, egli si è visibil;nente turbato. Ha detto che non poteva impedirsi ai comunisti di mandare o ricevere denaro da Mosca, ha soggiunto che trattavasi probabilmente non di funzionari russi, ma di addetti italiani e che comunque avrebbe ordinato una ispezione. Gli ho risposto che il fatto veramente grave era costituito dal domicilio della cellula pr·esso una rappresentanza che godeva dell'immunità diplomatica e che ciò era in contrasto non solo colle comuni norme del diritto internazionale, ma anche con lo spirito e la lettera del nostro trattato di commercio. Dopo altri tentativi di giustificazione, K. mi ha chiesto dei ragguagli sul fatto e mi ha promesso che avrebbe provveduto previa indagine.

Dopo di che tornando alla questione scottante ho dichiarato che la posizione dell'Italia concernente la Bessarabia non poteva durare all'infinito, poichè si imponeva di scegliere o la denunzia della firma o la ratifica della medesima. Che, tuttavia, se la Russia ci teneva a che l'Italia continuasse nell'atteggiamento astensivo, doveva esserci una contro-partita.

Il K. mi ha risposto che la contro-partita poteva essere un trattato di amicizia. Gli ho ribattutto che questo non bastava più, che in ogni caso bisognava parlare di arbitrato e di neutralità. Circa l'arbitrato K. ha fatto le sue riserve pur non respingendolo a priori, quanto alla neutralità il Governo russo era favorevole, anche perchè c'era il precedente del trattato di neutralità tra la Russia e la Turchia.

K. ha dichiarato inoltre che le negoziazioni per questo patto avrebbero dovuto concludersi ·colla più grande sollecitudine. Ho risposto che ritenevo la cosa possibile, quando si fosse realizzato l'accordo nelle linee fondamentali.

Ci siamo lasciati coll'impegno di conversare ancora sull'argomento, durante

o dopo la visita di Avérescu.

418

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, DELLA TORRETTA, A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, E AL DELEGATO ALLA SOCIETA' DELLE NAZIONI, SCIALOJA

T. GAB. 524. Roma, 14 settembre 1926, ore 16.

(Per tutti). Il R. ministro ad Addis Abeba comunica quanto segue:

(Come nel telegramma di gab. n. 1801 di collez.) (1).

(Per Parigi e Londra). Ho comunicato quanto precede a S. E. Scialoja, aggiungendo :

(Per tutti). Mentre richiamo attenzione R. ambasciatore Parigi sull'ultima parte del presente teleg.ramma per le rimostranze da fare a.l Governo francese, ed impartisco pure istruzioni al R. ambasciatore a Londra nel senso di far presente al Governo britannico la necessità di dare alla sua delegazione a Ginevra istruzioni di mantenersi in stretto contatto con V. E. per ].'azione comune da esplicare costì contro l'attività degli abissini e gli intrighi specialmente dei loro patrocinatori francesi, raccomando vivamente all'E. V. di volere attentamente sorvegliare quanto si prepara costì ai nostri danni nei riguardi dell'accordo italo-britannico. Le informazioni che giungono da Addis Abeba circa la fiducia di Ras Tafari nel successo della sua tesi non possono non destare preoccupazioni, e certamente gli abissini non mancheranno di sfruttare costì il malanimo di quegli elementi che cercano ogni occasione per mettere in cattiva luce la politica del R. Governo e danneggiare gli interessi italiani, ingrossando

una questione che dovrebbe rimanere nei chiari limiti delle risposte del R. Governo e del Governo britannico alla protesta abissina. V. E. vorrà pertanto tenendosi anche in stretto contatto con la delegazione britannica, fare tutto il possibile per sventare a tempo opportuno le manovre che si organizzano costì in modo da non lasciarsi sorprendere da improvvise manifestazioni all'assemblea.

(Per Parigi e Londra). Prego regolarsi in conformità.

(l) Tr<asmesso il 2, ore 19, per. ore 3 del 13, non pubblicato: fiducia di ras Tafari in un successo della tesi etiopica a Ginevra per consolidare la sua posizione interna. Notizia di fonte francese di una proposta italiana di espellere l'Etiopia dalla Società delle Nazioni.

419

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 1084/13. Ginevra, 14 settembre 1926, ore 1,30 (per. ore 4,30). Telegramma di V. E. gab. 505 (1). Briand mi ha ricevuto immediatamente ore 9 stamane. Gli ho parlato con molta franchezza e seguendo linee tua istruzione non ho taciuto che rapporti italafrancesi minacciano entrare crisi grave ed acuta. Gli ho detto tuo personale rammarico e Governo e popolo italiano per vedere compromessa pace ed amicizia due grandi popoli da un pugno di miserabili ricattatori la cui attività criminale è apertan1ente tollerata dal Governo francese ed incoraggiata da elementi e gruppi responsabili della politica in Francia. Briand che mi ha ascoltato attentamente ha con vivacità rigettato qualsiasi responsabilità del Governo e del popolo francese sopra il criminale attentato di avantieri dolendosi delle espressioni usate dalla stampa italiana all'indirizzo del suo paese. Gli ho risposto che effettivamente l'esasperazione nella coscienza italiana era grande e che devesi esclusivamente alla tua autorità di duce dell'Italia se l'indignazione massa fascista è stata fino a questo momento contenuta. La responsabilità indiretta del Governo francese deriva essenzialmente dal fatto che esso non intervenne affinchè cessasse una volta per sempre questa infame campagna che doveva avere come fatale conseguenza il criminale attentato di ieri. Avendomi Briand detto che la legislazione francese non consente suo malgrado la possibilità di intervenire ho replicato dandogli come esempio la condotta della Svizzera ove la legislazione in questa materia è ben più libertaria che in Francia e ciò nonostante il Governo svizzero ha trovato la maniera più volte di intervenire efficacemente riuscendo troncare l'attività antifascista di elementi e gruppi di italiani rifugiati. Ho illustrato a Briand l'attività dell'organizzazione antifascista in Francia, degli elementi che ne sono a capo e delle finalità che si ripromettono dalla loro azione criminale e nefasta influenza di giornali come Il Corriere degli Italiani. Briand che in tutto il colloquio ha ripetutamente affermato la sua volontà di cercare un rimedio per venire incontro alle legittime nostre richieste, mi ha dichiarato infine che appena ritornerà a Parigi si impegna di studiare col ministro dell'interno quei provvedimenti che valgano una buona volta a modificare l'attuale

stato delle cose. Sopra possibili misure da prendere Briand darà una risposta al nostro ambasciatore a Parigi.

(l) Cfr. n. 415.

420

L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1098/988/583. Parigi, 14 settembre 1926, ore 21,30 (per. ore 4 deL 15).

In una conversazione lunghissima avuta questa mattina con Poincaré, gli ho esposto i motivi per i quali chiedevo al Governo francese di dimostrare coi fatti di non tollerare più oltre che sul suo territorio, con la propaganda della stampa francese ed italiana e con la protezione incondizionata ai fuorusciti di ogni specie, si creassero delle condizioni propizie a stati di animo o complotti tali da porre in pericolo la vita del capo del Governo italiano e il regime che l'Italia liberamente si era scelto.

Gli ho espresso il mio desiderio che misure speciali fossero prese senza indugio, tali da separare nettamente davanti all'opinione pubblica italiana la responsabilità del Governo francese da qualsiasi cospirazione o atto dannoso al paese.

Ho fornito a Poincaré la lista dei giornali italiani specialmente incriminati, fra cui principale il Corriere degLi Italiani e di tutte le persone più sospette, ricordando come già io avessi segnalato al ministro dell'interno e alla prefettura di polizia alcuni numeri del Corriere degLi Italiani in cui erano stati pubblicati evidenti eccitamenti all'azione criminosa degli anarchici individualisti.

Mi sono riferito pure alla conversazione avuta circa 10 giorni fa con Barthou, che avevo appunto pregato di sottomettere a lui, Poincaré, l'articolo del RappeL riportato dall'Ere Nouvelle diretto a denunziare la persona di V. E. come un pericolo di guerra. Mentre mi erano note le disposizioni della legge che pochi mezzi di repressione concede a Governo francese, lo pregavo di considerare la cosa sotto un punto di vista strettamente politico, poichè il risentimento dell'opinione pubblica italiana era giunto a tal punto da obbligare V. E. a prendere nelle sue mani, col discorso pronunciato da palazzo Chigi, l'iniziativa di chiedere ai Governi esteri una maggiore sorveglianza degli elementi ostili al Governo nazionale, per tranquillizzare la popolazione. Poincaré mi ha detto che si era reso talmente conto dei motivi di carattere interno che avevano indotto V. E. a fare

h: note allusioni, che queste non gli avevano impedito di inviarle, a titolo personale, le sue felicitazioni per lo scampato pericolo, mentre Briand, quale ministro degli affari esteri, vi aveva anche aggiunto la deplorazione dell'attentato, ma che in ogni modo egli sperava che V. E. non si sarebbe meravigliato se quelle allusioni dirette a rassicurare l'opinione pubblica italiana, avessero per effetto di eccitare quella francese, con relativa reazione della stampa, che considerava come ingiusto addebito fatto Francia di essere responsabile del fatto criminoso.

Le leggi e la tradizione liberale del paese lasciavano poca libertà al Governo di prendere provvedimenti eccezionali, tanto per reprimere la stampa francese, che per sopprimere quella italiana.

A dimostrazione di ciò Poincaré mi ha citato il caso del giornale dei separatisti corsi sovvenzionati dall'Italia, dei giornali in Alsazia e Lorena sovvenzionati dalla Germania che il Governo era impotente a sopprimere.

Era pure tradizione della Francia di non perseguitare gli emigranti politici, finchè si conformassero alle leggi dello stato e su qu-esto punto l'opinione pubblica rimaneva intransigente considerandolo come un punto di onore.

Infine dopo molto discutere, Poincaré mi ha detto che egli non chiedeva di meglio che poter fare quel gesto amichevole da me considerato indisp-ensabile, nelle presenti circostanze, per la cordialità dei rapporti tra i due paesi, e p-erò mi ha assicurato di esaminare personalmente gli incartamenti dei giornali e delle p·ersone di cui sopra, promettendomi di fare quanto era in suo potere per darci soddisfazione, dopo avere preso contatto col ministro affari esteri che è qui atteso fra breve, e dopo aver sentito il consiglio dei ministri, senza del quale nessun provvedimento poteva essere preso. Col passo fatto presso Berthelot e con quello di stamane presso Poincarè spero di avere arrestato una eventuale reazione del Governo francese al discorso di V. E. data la pressione dell'opinione pubblica in questo momento eccitata anche dall'incidente colla Turchia.

421

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASOIATORI A LONDRA, DELLA TORRETTA, A MADRID, PAULUCCI DE' CALBOLI, AL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA, E ALL'AGENTE DIPLOMATICO A TANGERI, VANNUTELLI REY

T. GAB. 527 (1). Roma, 15 settembre 1926, ore 4.

(Per tutti). R. ambasciatore Parigi telegrafa: « (come nel telegramma di Gab. n. 1086 di collezione)» (2). (Per Londra, Tangeri e Ginevra). Ho comunicato quanto precede al R. am

basciatore in Madrid aggiungendo:

(Per tutti). Prego V. E. chiedere immediatamente a codesto Governo se è esatto che nella sua risposta esso si sia assunto l'incarico di persuadere R. Governo a non insistere per intervento italiano nelle conversazioni. Se ciò fosse vero, dovrei dedurre che Governo spagnuolo non si è reso conto della situazione dell'Italia e della necessità per il R. Governo di sostenere strenuamente il suo punto di vista. Dovrei dedurre anche che le esplicite dichiarazioni di cui ho incaricato V. E. coi miei telegrammi gab. 460 (3) e 498 (4) non sono state costì comprese nella loro vera portata. Sarehbe perciò necessario che l'E. V. le ripetesse ancora una volta perchè non ne derivino illusioni o malintesi su quello che sarà l'atteggiamento del R. Governo di fronte a deliberazioni prese all'infuori dell'Italia.

(l) -Il telegramma fu inviato a Londra. Tangeri e Ginevra per corriere. (2) -T. Gab. 1086/986/582, trasmesso il 13, ore 22,45, per. ore 2 del 14, non pubblicato: affermazione di Berthelot che la Spagna ha accettato le conversazioni con Francia ed l[nghilterra sulla questione di Tangeri incaricandosi di fare i passi necessari perchè l'Italia si astenga dall'insistere per intervenire alle convel'sazioni. (3) -Cfr. n. 403. (4) -Trasmesso 1'11, ore 3, non pubblicato: interesse della Spàgna ad insistere per la partecipazione dell'Italia alle conversazioni su Tangeri in quanto l'Italia è decisa a non dare la sua adesione a deliberazioni prese senza il suo concorso.
422

IL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 1106/40. Ginevra, 15 settembre 1926, ore 21 (per. ore 21,50).

Avendo Stresemann chiesto un colloquio ed essendosi poi egli trovato nell'impossibilità di vedermi, ho conferito con Schubert da lui incaricato. Dopo aver trattato delle varie candidature per l'elezione del nuovo constglio Schubert mi pregò appoggiare domanda tedesca per l'abolizione della commissione di controllo militare in Germania. Parlammo poi della proposta convenzione di arbitrato su cui S. E. Grandi avrà riferito a V. E. Schubert si è mostrato disposto a stipula.re anche subito tale convenzione. Ove V. E. ritenesse ciò opportuno, sarebbe necessario disponesse immediatamente spedizione qui memoriale relativo e specialmente testi delle recenti analoghe convenzioni con altri stati. Schubert si è mostrato in genere propenso stabilire .più intimi rapporti con l'Italia e con la Francia.

423

L'AMBASCIATORE A MADRID, PAULUCCI DE' CALBOLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1105 (1). Madrid, 15 settembre 1926, ore 18 (per. ore 22).

Ho letto stamane al presidente messaggio di cui al suo telegramma 510/ 251 (2).

Presidente che ha ascoltato attentamente lettura, interrompendola di quando in quando con segni di calorosa approvazione, mi ha detto che V. E. con le parole «che hanno saputo leggere nel suo animo» gli ha dato una nuova prova di quella stima e simpatia di cui si sente tanto fiero. Il marchese De Estella mi ha chiesto copia della comunicazione cui intende rispondere personalmente per esternare a V. E. sua gratitudine. Presidente mi ha aggiunto che profittava della venuta a Madrid per dirmi con quanta gioia aveva appreso che «il nostro Duce» era stato incolume nell'ultimo attentato: «Se fosse stato vittima» concluse il mio interlocutore «quale terribile contraccolpo avrebbe avuto simile evento anche sopra di noi. Sarei ancora io qui? ». Presidente mi annunziò confidenzialmente sua partenza fra pochi giorni per San Sebastiano a conferire con

S. M. e tenere consiglio dei ministri. Ai primi d'ottobre prossimo sarebbe andato a Barcellona dove sperava che io gli avrei fatto... [manca] gli onori della nostra divisione navale.

(l) -Manca il numero di protocollo particolare. (2) -Trasmesso il 12, ore 14,30, non pubblicato: istruzioni di esprimere a Primo De Rivera le congratulazioni di Mussolini per il felice superamento della crisi interna spagnola.
424

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 1197/974. Londra, 15 settemb.re 1926 (per. il 23).

Col telegramma 433/314 (l) l'E. V. mi dava istruzioni di intrattenere

Chamberlain, presentandosene l'occasione, sul riavvicinamento franco-tedesco

e mi chiedeva di riferire sulle impressioni e direttive di questi circoli respon

sabili, al riguardo.

Come all'E. V. è noto, non appena il parlamento britannico ha preso le sue vacanze, Chamber1ain si è recato in campagna e non ha fatto più ritorno a Londra. Ora si trova a Ginevra e quando saranno finiti i lavori del consiglio e dell'assemblea della Società delle Nazioni egli si imbarcherà a Genova per una crociera nel Mediterraneo. Non solo quindi non si è presentata l'occasione di avere una conversazione col segretario di stato, ma tal-e occasione non si presenterà per un ce,rto tempo ancora.

Comunque credo utile sottoporre all'E. V. qualche considerazione sull'importantissimo argom-ento.

Già da tempo ed a più riprese ho avuto occasione nella mia corrispondenza di intrattenere V. E. del delinearsi del riavvicinamento franco-tedesco, e di acc-ennare alle preoccupazioni che cominciavano a manifestarsi in certi circoli inglesi per tale riavvicinamento che, iniziatosi per ineluttabili motivi di ordine economico, si teme possa avere ulteriori sviluppi di carattere politico. Di tale eventualità non manca di preoccuparsi lo stesso Governo britannico, il quale, secondo mi è stato dato rilevare e riferire a V. E., intende ad essa far fronte rendendo sempre più intima la sua collaborazione con il Gabinetto di Parigi e ciò anche nell'intento di giungere alla soluzione, o quanto meno al sicuro avviamento ad una soluzione, dei più importanti probleini di interesse britannico, mentre i rapporti franco-germanici non sono ancora arrivati a tale punto di sviluppo da indurre la Francia ad un atteggiamento di maggiore indipendenza e resistenza. A tale proposito mi riferisco in modo particolare al mio telegramma del 23 giugno (gabinetto) n. 718 (2).

Devo aggiungere ora, secondo mi è stato riferito, senza naturalmente che io abbia potuto avere conferma dell'informazione, che dopo un esame fra Parigi e Londra della situazione europea e delle questioni pendenti, si 'Sarebbe proceduto, fra Chamberlain e Briand, ad uno scambio di lettere con l'intento di consacrare le direttive della politica generale dei due Governi nelle più importanti questioni che .presentano per essi uno speciale interesse. Tale scambio di lettere, che costituirebbe quel « passo decisivo » cui accennavo nel mio telegramma sopra citato, avrebbe dovuto aver luogo all'occasione della visita del presidente della repubblica a re Giorgio, visita poi rimandata per la sopravvenuta lunga crisi parlamentare francese terminata, dopo varie alternative, coll'avvento di Poincaré al potere.

Ma, esista o pur no, tale scambio di lettere, è fuori di dubbio che i Governi inglese e francese già agiscono in quotidiano contatto e secondo comuni direttive. In questa frequenza di rapporti, e identità di direttive, il Governo britannico crede trovare la migliore salvaguardia contro il pericolo di un riavvicinamento franco-germanico di carattere politico; senza contare che Chamberlain è profondamente convinto che sia per le idee politiche del signor Briand, sia per i rapporti personali fra di loro esistenti, inspirati a profonda fiducia, è andata ormai creandosi una situazione di stabilità la quale costituisce una preziosa tutela degli interessi britannici, e al tempo stesso della pace generale.

È dato poi rilevare che il Foreign Office è ritornato gradatamente ad una antica concezione politica inglese, e che cioè il mantenimento dell'equilibrio europeo e della pace generale debba fondarsi sopra una Francia e una Germania entrambe forti e non nemiche, e su una Inghilterra intimamente legata a entrambe e che sappia assumere una funzione di elemento moderatore e quasi di arbitro.

Il patto di Locarno non è altro, in fondo, che la consacrazione di questo concetto politico.

Date tali premesse è chiaro che i dirigenti della politica inglese, pur sorvegliando i rapporti franco-tedeschi, e pur preoccupandosi dei suoi futuri eventuali sviluppi ritengono tuttavia che un assai lungo cammino debba ancora essere percorso, prima che la intimità di tali rapporti possa costituire un reale pericolo, o addirittura una minaccia per l'Inghilterra. Non è pe,rciò da aspettarsi, almeno per il momento, che Chamberlain in conversazioni ufficiali si mostri disposto ad ammettere che tale pericolo già esista, ed è tanto meno da aspettars, che egli si decida a spiegare una qualunque azione apparente che tenda a fronteggiarlo. Chamberlain anzi continua tuttavia a lavorare indefessamente per la completa pacificazione non solo fra Inghilterra e Germania, ma anche fra la Francia e la Germania. Questo è il contenuto di quella politica che va sotto il nome di «spirito di Locarno ».

Occorre inoltre tener presente che il Foreign Office ha creduto di poter prevedere e garantire un periodo di tranquillità di almeno dieci anni e che su tale previsione si basa l'opera di assestamento e di ricostruzione che il Governo britannico ha intrapresa sopratutto nel cam~o economico e finanziario e di cui i segni più tangibili sono rappresentati dalle grandi economie attuate in tutti i rami dell'amministrazione, ma più specialmente nei bilanci militari. Durante questi dieci anni quindi tutti gli sforzi della Gran Bretagna saranno rivolti alla pacificazione anche se per quanto riguardi i rapporti franco-tedeschi le cose dovessero ancora spingersi abbastanza lontano.

Del resto il giorno in cui il Gabinetto di Londra dichiarò alla Francia che il patto di garanzia non poteva andar oltre la frontiera del Reno, e che l'Inghilterra quindi non intendeva prendere alcun impegno nei riguardi della frontiera orientale della Germania (Polonia e Cecoslovacchia) qui si comprendeva a pieno che l'atteggiamento britannico veniva a scuotere la costruzione francese di difesa contro la Germania, e che quindi l'Inghilterra doveva essere preparata all'inevitabile riavvicinamento franco-tedesco.

Pur con le riserve di cui sopra, è innegabile però che un riavvicinamento franco-tedesco portato alle estreme conseguenze costituirebbe un grave pericolo comune anglo-italiano e aggiungerebbe un nuovo importante elemento a quella coincidenza di interessi che già esiste fra i due paesi in altri campi.

Perchè si ,fac·cia luogo a utili conversazioni in proposito con questo Governo, occorre però che la situazione maturi, e prenda eventualmente un maggiore sviluppo. Di ciò mi hanno convinto ,anche gli assaggi che, in maniera assai cauta, ho avuto occasione di fare presso questo sottosegretario di stato permanente al Foreign Office, signor Tyrrell.

(l) -Cfr. n. 392. (2) -Cfr. n. 344.
425

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, PETRUCCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER POSTA 5887/1219. Belgrado, 15 settembre 1926.

Il giornale Ree, organo democratico indipendente di questa capitale, sul suo editoriale del 9 corrente commentando la politica italiana nella penisola balcanica e specialmente verso la Romania la interpreta come un tentativo premeditato di accerchiamento dello stato S. H. S. mediante una catena di alleanze con i vari stati confinanti.

Trasmetto qui unito l'articolo in questione (1).

426

IL SEGRETARIO GENERALE DEI FASCI ALL'ESTERO, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (ACS, Segreteria particolare del Duce, Carteggio riservato)

L. Roma, 15 settembre 1926.

Non meno di trenta volte io sono stato avvertito dai nostri camerati d'America che in Francia e negli Stati Uniti (i due campi dell'antifascismo sono in stretto ·collegamento) si trama per ucci:derVi. Ho sempre informato la PubbHca Sicurezza con il bel risultato ·che deploriamo.

Se questa volta deve bastare davvero, poichè non ho fiducia e tutto il popolo italiano non ha fiducia nella polizia italiana incarognita nel pensiero fisso e costante degli aumenti di paga e delle trasferte e delle promozioni, mi permetto di farVi considerare l'opportunità di mettere in esecuzione quanto segue:

l) A guardare la Vostra persona devono essere i fascisti e non gli agenti investigativi, quindi istituzione immediata di un piccolo corpo specializzato di fascisti fedeli entusiasti, ser,i, equilibrati e coraggiosi agli ordini diretti di un fascista sicuro, intelligente ed abile ed alle dipendenze dirette non dei questori, ma del Capo della Pubblica Sicurezza.

2) Istituzione di una guardia di Fascisti in tutto il confine. Una legione in borghese agli ordini di un Console che munito di cifrario possa comunicare con i nostri Consoli in Francia e in Germania.

25 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. IV

3) Invio di n. 30 Consoli Fascisti in Francia e di almeno 70 addetti ai

consolati, fascisti anch'essi sicuri e fedeli che sappiano tenere il collegamento

con la guardia fascista della frontiera. Gli agenti investigativi non servono a

questa bisogna e non dimostrano affatto di possedere in questa missione l'entu

siasmo e la fede dei fascisti.

4) Invio di 20 Consoli Fascisti in Germania, Belgio e Lussemburgo e di

almeno 30 addetti Consolari fascisti scelti, come i precedenti tra i fascisti più

intelligenti e fedeli delle Provincie.

5) Ordine a tutti i nostri Consoli di appoggiare una buona volta l'azione

dei nostri Delegati che costituendo Fasci creano punti di osservazione a noi

molto utili.

Questo è il programma minimo per la salvezza del Paese che riposa sulla

Vostra esistenza. E non ci si dica che mancano i fondi, perchè la Vostra scom

parsa anche temporanea ci porterebbe alla rovina ed è perciò inutile tesaurizzare.

La congiura per strapparVi all'Italia ha le sue fila molto lontano e molto

vicino. Non possiamo restare indifesi dinanzi alla congiura del mondo ebraico

massonico.

Mi permetto altresì di farVi considerare l'opportunità di dar vita definitiva

all'iUesa fra i F&scismi delle varie Nazioni per non rinunciare alla solidarietà

delle forze che possono essere attive a nostro favore nei loro Paesi, magari per

agire soltanto sull'opinione pubblica o per metterei in guardia.

Queste sono le mie proposte che Vi prego di esaminare. Tenete presente

Signor Presidente che la congiura contro il regime si stringe. Domandate come

stanno in carcere i Vostri attentatori. Zaniboni e Capello dividono perfino il

piacere della tavola, ricevono lettere, fiori e complimenti. È rinata tra i fuoru

sciti una baldanza che impressiona. Essi non temono la Polizia e noi fascisti

odiamo questo corpo mineralizzato che non ha nè coraggio nè anima.

Senza Consoli fascisti all'estero (Francia, Germania, Stati Uniti), senza una

guardia seria al confine violato venti volte al giorno dai congiunti e dagli amici

degli arrestati e dei fuorusciti, senza una guardia a Voi esercitata da cuori fedeli

ed occhi intelligentemente vigili, andremo incontro ad incognite spaventose.

Voi Signor Presidente non avete più il diritto di disprezzare i pericoli che Vi

sovrastano. Intanto i Fascisti preparano le liste di proscrizione e che Dio li

inspiri perchè hanno sacrosantamente ragione.

(l) Nota marginale di pugno di Grandi: • E' quello che precisamente si vuole fare. Grandi •·

427

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA (l)

T. PER CORRIERE S. 3316. Roma, 16 settembre 1926, ore 18.

Questo incaricato d'affari d'Inghilterra ha chiesto di conoscere pensiero

H. Governo circa le questioni relative alla schiavitù in Abissinia e specie sui tre punti sollevati dal Governo britannico nella riunione del 3 agosto scorso a Londra, cioè:

l) Invio in Etiopia di un residente della Società delle Nazioni con l'incarico di studiare con il Governo abissino i mezzi per la soppressione della schiavitù. 2) Invito al Governo abissino di mettersi in rapporto colla Società delle Nazioni per concretare i mezzi più opportuni allo scopo suddetto.

3) Sussidiare l'opera del dottor Martin per la liberazione degli schiavi.

L'incaricato d'affari ha soggiunto che il Governo britannico desiderava ad ogni modo che si fosse preparati a discutere della questione a Ginevra per non incorrere in rimostranze od accuse da parte dell'opinione pubblica, la quale avrebbe potuto interpretare il disinteressamento dei Governi europei dalla questione della schiavitù come motivato dalle loro contingenti convenienze politiche.

È stato risposto al rappresentante britannico che il R. Governo approvava pienamente e condivideva le considerazioni esposte da V. E. a Londra nella riunione del 3 agosto. Che escludevamo in via pregiudiziale ed assoluta l'opportunità e la possibilità di inviare in Etiopia un commissario residente della Società delle Nazi.oni, ma che non riscontravamo invece in via di massima alcun inconveniente a che il Governo abissino fosse invitato a mettersi d'accordo con la Società delle Nazioni per studiare mezzi più adatti per la repressione della schiavitù, purchè tali mezzi non contrastassero in alcun modo con i diritti sovrani del Governo etiopico, ciò che sarebbe invece avvenuto con la proposta n. l. Che non vedevamo neppure inconvenienti a sussidiare e sviluppare le opere private esistenti in Abissinia per la liberazione degli schiavi, ma che a questo proposito dovevamo fare ogni riserva circa l'opera del dottor Martin, mentre ritenevamo meritevole di considerazione e di suss.idi l'opera della «Spartaca » diretta da monsignor Barlassina.

Quanto all'opportunità di sollevare la questione nella presente sessione di Ginevra, sembrava al R. Governo che bisognava tenere in massimo conto la delicata situazione politica creatasi in Abissinia in seguito all'accordo italo-inglese. Che perciò ritenevamo per parte nostra opportuno di subordina~e ogni decisione circa la discussione della questione della schiavitù agli sviluppi che fosse per prendere l'eventuale discussione circa il predetto accordo.

Il R. Governo sarebbe quindi disposto a dare istruzioni alla sua delegazione a Ginevra nel senso di regolarsi, circa la forma e la sostanza della discussione sulla questione della schiavitù, secondo le circostanze derivanti dall'azione della delegazione abissina, anche perchè potrebbe darsi che, di fronte ad un contegno decisamente ostile. di questa ultima si presentasse la convenienza di affrontare in pieno e senza riguardi la questione della schiavitù e degli obblighi assunti dall'Abissinia al momento della sua entrata nella Società delle Nazioni.

Prego pertanto V. E. di voler intrattenere su quanto precede il Foreign Office affinchè esso si persuada che in questi momenti la questione del.la schiavitù in Abissinia non può essere trattata da un punto di vista esclusivamente tecnico, poichè essa può avere dei riflessi politici e delle serie conseguenze sui rapporti tanto dell'Italia che dell'Inghilterra con l'Abissinia. Bisogna anche rilevare che il contegno della Francia può anche in questa questione nuocerei moltissimo, dando al Governc etiopico la sensazione di poter contare soltanto sulla amicizia fr;:;.ncese.

L'E. V. potrà insistere sull'opportunità che le delegazioni italiana e britannica a Ginevra si mantengano in stretto contatto circa tale questione e che ricevano istruzioni analoghe, con la raccomandazione di non perdere di vista il delicato aspetto politico dell'attuale situazione.

(l) n telegramma fu inviato, per conoscenza, anche a Lanza di Scalea, a Scialoja, a Romano Avezzana e a Colli di Felizzano.

428

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, A VITTORIO EMANUELE III, A SAN ROSSORE

T. GAB. (P. R.) 309. Roma, 16 settembre 1926, ore 18,30.

Oggi ho firmato col generale Averescu trattato amicizia itala-romeno cui testo sarà reso pubblica ragione domani. Unitamente trattato saranno rese pubblica ragione due lettere colle quali si rinvia ratifica Bessarabia (1). Ciò permette Italia di giocare ancora la carta russa. Sarà pubblicato anche un protocollo aggiunto ordine economico. Con una nota verbale Romania impegnasi negoziare primamente coll'Italia trattato di commercio quando sarà entrata in vigore nuova legge doganale romena. Nel complesso trattato deve essere considerato come un passo notevole della penetrazione italiana nel bacino danubiano. Vi sono molte possibilità economiche fra i due paesi. Averescu è un sincero amico dell'Italia. Nell'interno all'infuori della polemica giornalistica nulla di speciale. Situazione triestina chiaritasi col ritorno alla calma generale. Rapporti di tutti i prefetti segnalano che introduzione pane unico è stata ovunque bene accolta.

429

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. 534/533. Roma, 16 settembre 1926, ore 20,30.

Rispondo suo telegramma riferente colloquio ·COn Poincaré (2). Sono lieto che Poincaré si sia reso conto della reale portata delle mie parole pronunciate davanti ad una impressionante esasperazione di popolo ma esse volevano richiamare anche pubblicamente i Governi amici a preoccuparsi del fenomeno dei fuorusciti e loro complici. Bisogna spiegare ancora una volta a~ signor Poincaré che tutti i fuorusciti del mondo non riusciranno a nulla nella loro azione contro il regime fascista e che quindi io non mi preoccupo minimamente della loro attività da questo punto di vista interno. Me ne preoccupo invece per il riflesso che questa attività può esercitare nei rapporti fra i popoli in genere e fra i popoli francese ed italiano in particolare della cui amicizia io sono stato e sono convinto sostenitore. Vale la pena di compromettere le relazioni fra due popoli per poche dozzine di individui i quali non sono nè martiri, nè apostoli, nè disinteressati e volontariamente esuli dall'Italia con regolare passaporto rilasciato -come nel caso Donati -dal ministro dell'interno? Basta porsi questa domanda per

avere una risposta. La Svizzera ad esempio è molto meno tollerante nei confronti di questi ospiti. Io non chiedo leggi speciali o misure straordinarie. Ritengo che bastino semplici misure di polizia amministrativa senza eccessivo clamore. Aggiungo che la polemica di parte francese ha suscitato una triste impressione nella opinione pubblica italiana. Non è possibile come mi si chiede di far cessare campagna giornali fascisti italiani quando i fogli di sinistra francesi continuano a stampare apologie dell'attentato ed il Temps avalla pubblicandole le menzogne di un Donati. Pubblicazione Temps è estremamente grave perchè non si può parlare dell'attentato Zaniboni come di una montatura poliziesca. Ciò è una gratuita offesa alla magistratura italiana davanti alla quale Zaniboni stesso ha confessato il suo delitto. Ho visto su taluni giornali francesi prospettata opportunità di un mio 1ncontro con Briand o Poincaré. Se realmente Briand e Poincaré hanno questa intenzione di vedermi nulla in contrario da parte mia purchè incontro non sia soltanto un'altra occasione per scambiarsi delle frasi convenzionali. Attendo risposta (1).

(l) -Cfr. p. 310, nota l. Il testo del trattato, in Trattati e convenzioni ecc., XXXVI (1926), pp. 536-39. (2) -Cfr. n. 420.
430

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ALDROVANDI, A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, A LONDRA, DELLA TORRETTA, A MADRID, PAULUCCI DE' CALBOLI, A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, A WASHINGTON, DE MARTINO, AL MINISTRO A VIENNA, AURITI, E AL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA

T. GAB. 537. Roma, 16 settembre 1926, ore 20,30. (Per tutti). Bisogna smussare in codesti circoli la firma del trattato d'amicizia fra Italia e Romania. Bisogna sviluppare questi punti. Trattato è un'altra prova della politica di sincera pace che segue il Governo fascista. Trattato aumenta l'influenza politica e il prestigio morale in tutto il ricco e vasto bacino danubiano. Trattato apre via ad una feconda collaborazione economica fra i due paesi.

(Per Washington). Domani telegraferò a V. E. istruzioni molto importanti per quanto concerne azione in difesa lira.

431

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI

T. GAB. R. 546/290. Roma, 17 settembre 1926, ore 20,30. Per sua opportuna notizia comunico a V. E. che nel colloquio che S. E. Grandi ha avuto a Ginevra con Stresemann questi gli ha chiesto formalmente

se poteva prendere l'iniziativa di proposta concreta di un trattato di arbitrato fra l'Italia e la Germania.

In relazione a tale colloquio ho fatto comunicare (1) a Stresemann che la sua proposta sarà da me accolta ed esaminata molto favorevolmente perchè penso che contribuirà a migliorare i rapporti politici ed economici fra i due paesi.

S. E. Scialoja riferendomi in seguito suo colloquio con Schubert mi telegrafava in data 15 corrente (2) che Stresemann sarebbe stato disposto stipulare anche subito la convenzione e che se io lo avessi ritenuto opportuno sarebbe stato necessario disporre immediato invio relativo memoriale e testi recenti analoghe convenzioni con altri stati. Ho risposto a Scialoja:

« Confermando mia favorevole accoglienza proposta germanica per trattato di arbitrato non ritengo opportuno trattative siano affrettate e stipulazione avvenga Ginevra. Prego V. E. dire a Stresemann che R. ambasciatore a Berlino riceverà istruzioni iniziare conversazioni in proposito appena egli sarà tornato a Berlino » (3).

Trasmetto per corriere a V. E. relazione su colloquio Grandi-Stresemann e mi riservo inviarle istruzioni.

(l) Cfr. n. 434.

432

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1120/656. Londra, 17 settembre 1926, ore 21 (per. ore 24).

Mi è stato dato rilevare che il tono ed il prolungamento polemiche fra stampa italiana e stampa francese per questione fuorusciti comincia preoccupare Foreign Office per le ripercussioni che polemica stessa potrebbe esercitare sui rapporti politici fra Italia e Francia.

433

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI. ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. 554/540. Roma, 18 settembre 1926, ore 22.

Ho avuto oggi un colloquio con Besnard conclusosi con un comunicato che

V. E. vedrà stampato sui giornali (4). Conversazione è stata naturalmente molto cordiale ma nel complesso non soddisfacente perchè Besnard mi ha girato attorno al famoso diritto di asilo. Tuttavia ha soggiunto che Poincaré pur essendo disposto a prendere misure non poteva farlo sotto la pressione stampa italiana. Besnard mi ha detto moltissime volte che Poincaré si era doluto del fatto che

V. E. non si fosse recato da lui a rammaricarsi per g1i incidenti di Livorno (5). Ora io penso che V. E. non (dico non) debba recarsi espressamente da Poincaré per questo motivo, ma in occasione di altre conversazioni V. E. potrà cogliere occasione per rinnovare a Poincaré il rammarico che Bordonaro ha espresso già

(2} Cfr. n. 422. (3} Cfr. n. 436. (4} Cfr. Corriere della Sera, 19 settembre 1926, sotto il titolo • Italia e Francia con

cordi per eliminare ogni turbamento •.

a Roger. Insomma non ci deve essere nè la parvenza di un passo o meno ancora quella di scuse. Occorre anche evitare che una Havas qualsiasi faccia un comunicato più o meno ambiguo (l) che costringesse Governo italiano a rispondere sulla questione. Comunicato odierno di Roma è conclusivo. Io faccio sospendere la polemica giornalistica nell'attesa di vedere quello che farà il Governo francese.

(l) Con t. gab. 530 del 15 settembre. ore 20, non pubblicato.

(5) Dimostrazioni studentesche contro la sede del consolato francese per protesta contro l'attentato a Mussolini del Lucetti.

434

L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1137/109/596. Parigi, 18 settembre 1926, ore 23 (per ore 4,40 del 19).

Telegramma di V. E. gabinetto 534/533 (2).

Poincaré che ho visto oggi mi ha detto che aveva riportato al consiglio dei ministri la conversazione avuta con me nella quale, come ho già informato, senza presentare alcuna domanda del Governo, per non esporlo ad un eventuale rifiuto, avevo fatto rilevare la gravità dello stato d'animo formatosi in Italia dove l'opinione pubblica attribuiva alla tolleranza verso la stampa francese di sinistra e la stampa italiana antifascista i rovinosi effetti di perpetuare una pericolosa tensione tra i due popoli e di favorire indirettamente propositi criminosi come quello dell'attentato commesso contro V. E. Nel corso della conversazione gli avevo fatto presente l'opportunità che il Governo francese prendesse l'iniziativa di misure eccezionali, le quali per quanto riguardava la stampa antifascista gli erano rese possibili dalle leggi sulla stampa del 1881 e del 1895: mentre legge di polizia ed il diritto di espulsione gli davano armi sufficienti per eliminare quegli individui che per la loro arroganza più evidentemente "siano atti a turbare gli amichevoli rapporti fra i due popoli e con ciò paralizzare attività dei gruppi anarchici e comunisti. Presidente del consiglio, sentito consiglio dei ministri, mi ha comunicato che il Governo francese non poteva venir meno alle tradizioni di ospitalità che esso aveva sempre praticato verso emigrati politici. Quanto alle leggi sulla stampa del 1881 e del 1895 il Governo della repubblica non aveva mai ritenuto opportuno di servirsene a carico italiani anche quando essi avevano attaccato il Governo francese. Che la repubblica ripugnava togliere la libertà di opinione anche perchè una legge soppressa può sempre rinascere all'indomani con un nuovo nome. Inoltre le leggi dell'SI e del '95 avevano avuto per scopo di interdire eccezionalmente giornali pubblicati all'estero o pubblicati in lingua straniera quando minacciavano l'ordine pubblico o la difesa nazionale. Con queste riserve il Governo francese avrebbe continuato ad esercitare sulle mene degli anarchici e dei comunisti francesi ed italiani e dei fuorusciti la più attenta sorveglianza procedendo contro di essi quando ne fosse il caso ed usando del suo diritto di espuLsione. Poincaré ha motivato la decisione del Governo anche con considerazioni parlamentari. Il Governo, egli ha detto, deve prevedere la irruenza dell'opposizione e del fortissimo gruppo socialista e deve essere in grado

arrestare le eventuali intemperanze contro qualsiasi governo amico. Non ho mancato di assicurare Poincaré che con questa decisione, tolta l'ultima parte delle sue dichiarazioni, la questione restava insoluta, io non potevo nascondere la mia delusione che H Governo francese non avesse saputo trovare un mezzo per venire incontro alle amichevoli disposizioni di eliminare le cause di malintesi esistenti fra le due nazioni.

Gli ho espresso il mio timore che il loro antagonismo anzichè avere carattere passeggero poteva prendere radice ostacolando un'opera di riavvicinamento che era superiore per gli interes.si dei due paesi di non compromettere, per cui si imponeva una qualche manifestazione amichevole atta ad attenuare il grave disagio dell'ora. Gli ho suggerito come mia idea personale che un incontro fra lui Poincaré o Briand con V. E. •che desse occasione a franca spiegazione potrebbe servire a scopo pacificatore esprimendo l'avviso che l'idea di questo· incontro fosse accolta così dal Governo francese che da V. E., esso dovrebbe aver luogo sollecitamente per tagliare corso alle polemiche che tuttora si trascinavano nelle due stampe. Poincaré mi ha risposto che da parte sua egli gradiva il suggerimento e mi ha autorizzato a parlarne a Briand il quale giunto questa mattina da Ginevra è ripartito pm-la campagna, onde ritornerà lunedì. Poincaré pensa che questione incontro potrebbe eventualmente combinarsi facendo ritorno Briand a Ginevra in modo che di lì egli potesse recarsi ad un posto vicino alla frontiera per esempio Stresa dove sarebbe da lei raggiunto. Debbo prevenire V. E. che da questo convegno difficilmente uscirebbero misure repressione del Governo francese il quale specialmente finchè vi saranno nel gabinetto uomini come Herriot, Sarraut e Painlevé non muterà attitudine. Nondimeno vista la tensione degli spiriti, mi sembra che tal convegno sia desiderabile come il mezzo migliore :per ritornare ad una relativa normalità di rapporti. Naturalmente quanto precede è subordinato alla conversazione che avrò con Briand appena possibile.

(l) Cfr. infatti G. SALVEMINI, Mussolini diplomatico, Bari, 1952, pp. 179-180.

(2) Cfr. n. 429.

435

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. 564/544. Roma, 19 settembre 19216, ore 15.

Ricevo suo telegramma riferente secondo colloquio con Poincaré (1). Nel telegramma da me diretto a V. E. in data 16 (2) io dicevo testualmente a V. E. quanto segue: Svizzera ad esempio è molto meno tollerante nei confronti di questi ospiti. Io non chiedo leggi speciali o misure straordinarie. Ritengo che bastino semplici misure di polizia amministrativa senza eccessivo clamore. Dubito che

V. E. non abbia ricevuto in tempo utile questo mio telegramma poichè altrimenti non avrebbe V. E. insistito nel chiedere misure eccezionali. Allo stato degli atti e dopo mio colloquio con Besnard (3) io prendo atto delle dichiarazioni di Poincaré secondo le quali «Governo francese sorveglierà attentamente fuoru

sciti e provvederà al caso alla loro espulsione». Non (dico non) credo che questo impegno avrà mai una seria applicazione comunque nell'attesa io ho dato ordine stampa fascista sospendere polemica e stampa fascista sia pure a malincuore ha come sempre obbedito. È però necessario che stampa francese faccia altrettanto. Quanto al rammarico sugli incidenti di Livorno esso deve avere ancora di più carattere incidentale durante una qualsiasi terza conversazione. Attendo resoconto colloquio V. E. con Briand ma dato che stampa italiana tace dopo comunicato mio colloquio con Besnard l'incontro di V. E. con Briand non è di assoluta urgenza anche perchè sono convinto che Briand non andrà al di là di quanto ha dichiararto Poincaré. Resta questione mio incontro con Briand ma anche questo non è più urgente dal momento che come V. E. mi assicura gabinetto non muterà suo atteggiamento. Mio incontro con Briand quando non avesse in programma altre più importanti questioni, come Tangeri e Tunisi, si risolverebbe in una conversazione inconcludente a solo scopo di distensione degli spiriti. Ma per questa distensione, almeno per quanto riguarda Italia, è sufficiente comunicato mio colloquio con Besnard. Non parlare quindi di incontro e in ogni caso prospettarlo come eventualità piuttosto lontana.

(l) -Cfr. n. 434. (2) -Cfr. n. 429. (3) -Cfr. n. 433.
436

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI

T. GAB. R. 568/295. Roma, 20 settembre 1926, ore 11,45.

Mio telegramma gab. ris. n. 546/290 (1).

Appena Stresemann sarà di ritorno a Berlino V. E., riferendosi ai colloqui da lui avuti a Ginevra con Grandi e Scialoja, vorrà confermargli che sono disposto a negoziare subito trattato di arbitrato fra Italia e Germania. V. E. vorrà riferirmi se proposta Stresemann mira ad un trattato di arbitrato tipo Locarno

o ad un trattato di arbitrato più vasrto sul tipo di quelli che l'Italia ha conchiuso con la Svizzera e recentemente con la Spagna (2) e si riserverà di chiedermi istruzioni. Credo che in un primo tempo sarà opportuno limitarsi ad un trattato di arbitrato ma non sarei alieno dal parlare sin da ora della possibilità di stringere qualche più stretto legame di carattere politico ed economico anche in vista dei presunti accordi che si annunciano tra Francia e Germania.

437

L'AMBASCIATORE A MADRID, PAULUCCI DE' CALBOLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1155/272. S. Sebastiano, 20 settembre 1926, ore 15 (per. ore 24).

Mi riferisco al telegramma di Viola 271 (3). Questo ministro degli affari esteri ha dichiarato che la Spagna non ha mai perduto di vista la speciale posizione dell'Italia nella questione di Tangeri

33ì

e il suo legittimo interesse a intervenire in qualsiasi deliberazione per la sistemazione della città. Non solo essa si rende pienamente conto di ciò, ma inoltre (ha aggiunto il ministro) la Spagna ha tutto l'interesse ad assicurarsi la presenza e l'appoggio dell'Italia, che già le ha dato in questa occasione chiara prova della sua leale amicizia. La Spagna aveva insistito vivamente perchè le conversazioni avvenissero a quattro, ma dovette accettare la proposta francese della conversazione a tre, perchè, trattandosi di pOJ"re (egli confidava) in discussione lo Statuto di Tangeri, non aveva potuto in definitiva disconoscere la necessità e la convenienza che tale discussione nmanesse limitata fra le potenze che avevano creato lo statuto stesso. Il ministro ha scelto gli stessi argomenti espostimi dal presidente del Consiglio e da me riferiti con telegramma in data del 15 corrente (1). Egli ha tenuto a chiarire che il passaggio della nota spagnuola J:i1ferita da Berthelot al nostro ambasciatore a Parigi doveva essere intesa solo nel senso che la Spagna aderiva alla conversazione a tre, purchè questa avesse carattere preliminare e servisse a sgomberare il terreno per rendere possibile il successivo intervento dell'Italia nelle definitive deliberazioni per Tangeri; a queste condizioni la Spagna confidava di potere ottenere che l'Italia rinunziasse a intervenire nella prima fase. Il ministro ha detto a Viola che non solo egli non avrebbe mai potuto pensare di fare sicuro assegnamento sulla remissione dell'Italia, ma che ciò era tanto più inverosimile dopo le precise dichiarazioni da me fatte a più riprese a nome del R. Governo. Da ultimo, rispondendo a espressa domanda di Viola, egli ha assicurato che la Spagna non avrebbe accettato nessuna soluzione del problema di Tangeri che avesse potuto sorgere dalla conversazione a tre, anche se vanta1ggiosa per essa. Ha aggiunto che, del resto, credeva di poter scartare a priori tale eventualità.

(l) -Cfr. n. 431. (2) -Il testo del trattato di conciliazione e di arbitrato fra l'Italia e la Germania, firmato a Roma il 29 dicembre 1926, in Trattati e convenzioni ecc., XXXVI (1926), pp. 703-709. (3) -T. Gab. 1144/271, trasmesso il 19, per. ore 18,20, non pubblicato: avvenuta comunicazione al ministro degli esteri spagnolo delle dichiarazioni ordinate dal Mussolini (cfr. n. 421).
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IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 1729/463. Sofia, 21 settembre 1926.

Un problema che, più di quanto non si creda, interessa gli spiriti maggiormente elevati in Bulgaria, è il problema della Chiesa, problema non esclusivamente religioso ma anche politico (come accennai nel mio rapporto n. 1621/438 del 4 corrente) (2) poichè le Nazioni che si sono qui maggiormente affermate politicamente ed economicamente, si valgono dei loro elementi cattolici per influire verso Roma. Non v'è dubbio infatti ·Che un eventuale passaggio della Chiesa Bulgara sotto l'egida della Chiesa Romana segnerebbe un aumento di influenza per le nazioni cattoliche latine. È per questo che la R. Legazione segue la questione con ogni attenzione, per non rimanere estranea al movimento e !asciarlo troppo in dominio del numeroso, forte ed abile elemento religioso francese.

L'Arcivescovo ortodosso Stephan, pur con le cautele dovute al posto che ricopre, mostra da qualche tempo tendenze, se non addirittura decisive, per lo meno simpatizzanti, verso l'idea di una futura unione con la Chiesa cattolica.

Il) T. Gab. 1108is.n. del 15 settembre, ore 21,15, per. 'Ore 1,15 del 16, non pubblicato.

I discorsi qui acclusi (1), da lui tenuti recentemente alla Conferenza di Berna, e che hanno qui avuto larghissimo eco, hanno toccato la questione, presentandola sotto l'aspetto della opportunità di ·unire le differenti Chiese in nome della morale cristiana e della necessità di controbattere «la miseria morale e materiale della vita dell'umanità che in molti Paesi ha preso proporzioni disastrose». È tuttavia evidente che il fondo del suo pensiero -che rispecchia quello di parte della Chiesa bulgara nei suoi elementi più colti e moderati-è più vasto e più lontano.

Per le ragioni suesposte ho creduto di accennare a questo problema, pur esprimendo il mio personale parere che, nonostante l'azione del clero francese -cui non è estraneo, con la nota tradizionale riservatezza, il Vaticano a mezzo del Visitatore Apostolico in Bulgaria. Monsignor Roncalli (2) -il passaggio della Bulgaria alla Chiesa Romana non sia un fatto verificabile a scadenza relativamente vicina, e sopratutto che esso non possa avvenire « isolatamente » dalle altre chiese ortodosse. È noto infatti come la Chiesa bulgara, pur avendo ormai un carattere prettamente na;donale dovuto alle tradizioni della sua formazione e delle lotte sostenute nel passato, è tuttavia strettamente legata alla civiltà e al pensiero slavo nelle sue molteplici manifestazioni, culturali, politiche e intellettuali. Si aggiungano gli interessi materiali del Clero e lo stato d'animo della popolazione, che considererebbe 11 passaggio alla Chiesa Romana come una rinuncia di indipendenza. Poichè infatti giova mettere in luce come la differenza tra le due Chiese risieda non già in una diversità di dogma, che potrebbe forse essere facilmente superata, ma in un antagonismo di persone, di tradizioni e di predominio, il che, per la stessa natura umana, costituisce una difficoltà ben più grave che non quella di una diversità di concezione teologica e filosofica.

(2) Non pubblicato.

439

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. GAB. s. 596/164. Roma, 24 settembre 1926, ore 2.

S. E. Grandi ha telegrafato da Ginevra (3) quanto segue:

«Ho conferito con Walko, ministro esteri Ungheria. Egli mi ha confermato trattative in corso fra Governo Budapest e Belgrado per intesa politica che

« Monsignor Roncalli, che è persona dotata di nobilissime qualità d'intelletto e di cuore, continua ad esplicare il suo mandato con molto tatto e misura. Ma la mentalità alquantoristretta di questo clero ortodosso non ha risparmiato neppure ad un uomo cosi misurato e fine quale è Monsignor Roncalli, attacchi e critiche di cui si è fatto eco principaleil giornale Tzerkoven Vestnik, organo del S. Sinodo...

... In tutte le sue manifestazioni Monsignor Roncalli non solo ha addimostrato il massimo ossequio per le leggi e le istituzioni di questo Paese, ma anche ha dato prova del più granderispetto per la Chiesa bulgara...

... Il governo bulgaro si va sempre più convincendo dell'onestà degli intendimenti di Monsignor Roncalli, il quale potè, fra l'altro, ottenere da S. Santità una elargizione di più di 500 mila leva a favore dei profughi macedoni. Tale somma fu distribuita senza alcuna prevenzione confessionale e le lodi, che, in tal occasione, accompagnarono l'opera di soccorso compiuta da Monsignor Roncalli, furono unanimi...

... Da parte sua Monsignor Roncalli, col quale ebbi anche ieri un lungo e cordiale rapporto, sopporta con serenità e bonomia le piccole amarezze che gli vengono dall'ufficio che ricopre e serba intatta la fede nel suo lavoro •.

dovrebbe segnare ripresa attività politica internazionale dell'Ungheria. A sua richiesta e giusta istruzioni di cui telegramma di V. E. ho detto che Italia non aveva nulla in contrario per questo avvicinamento e che si metteva fin d'ora a disposizione dell'Ungheria per contribuire alla buona riuscita dell'accordo. Walko mi ha dichiarato che Governo ungherese avrebbe tenuto diligentemente al corrente delle trattative Governo italiano. Richiamandomi alle mie conversazioni col conte Bethlen del marzo u. s. (1), ho confermato a Walko propositi di V. E. per lo studio di un piano di realizzazioni concrete nei rapporti dell'Italia con l'Ungheria, e gli ho espresso altresì il rammarico perchè la progettata visita del conte Bethlen in Italia non potè effettuarsi causa viaggio V. E. in Tripolitania nell'aprile u. s. lasciando intendere utilità di un incontro fra il capo del Governo italiano e conte Bethlen. Walko che durante conversazione si è addimostrato oltremodo deferente e cortese, non mi ha fatto tuttavia impressione essere sincero».

Riferendosi dichiarazioni Walko V. S. si tenga il più possibile in contatto con codesto Governo onde essere informato sulla portata e natura dell'accordo, tenendo altresì presente che Italia ha grande interesse che intesa con Jugoslavia, ove non sia possibile impedirla, avvenga sotto egida Governo italiano.

(l) -Ncn pubblicati. (2) -Su mons. RoncaJli, cfr. quanto scriveva l'incaricato d'affari a Sofia, con rapporto1061/311 del 19 giugno 1926:

(3) Il telegramma originale di Grandi pubblicato nel testo non è stato rinvenuto.

440

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. GAB. S. 597. Roma, 24 settembre 1926, or:e 21.

Avendo giornali Roma pubblicato notizia secondo la quale ministro finanze bulgaro avrebbe in intervista concessa Ginevra corrispondente giornale Politika Belgrado auspicato prossima alleanza serbo-bulgara (2) ho chiamato Radeff, per domandargli chiarimenti in proposito. Radeff non ha attribuito alcuna importanza pubblicazione smentendone contenuto e dichiarando essere impossibile stato dei fatti un ravvicinamento effettivo colla Serbia. Ho approfittato dell'occasione per ritornare sopra progetto accordo fra Bulgaria e Rumenia sotto egida Italia, progetto di cui S. E. Grandi ebbe già ad intrattenere a Ginevra minisko Bouroff, il quale si mostrò in massima favorevole. È chiaro che intesa oltrechè giovare Bulgaria e Rumenia momento attuale avrebbe importanza non trascurabile per la politica dell'Italia nei Balcani. È tuttavia necessario procedere cor1 molta cautela e limitarsi preparare per ora opportunamente terreno scopo non insospettire soverchiamente circoli Belgrado già allarmati per costante appoggio dell'Italia a Sofia. Circa viaggio Bouroff Roma esso sarebbe oltremo opportuno e desiderabile e non ho mancato farlo intendere Radeff.

<2) Vedi la notizia sul Corriere della Sera, 23 settembre 1926.

(l) Cfr. n. 274.

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L'AMBASCIATORE A MOSCA, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 1211/206. Mosca, 25 settembre 1926, ore 0,50 (per. ore 6,25). Non ho veduto ancora nessuno dopo firma patto italo-romeno. Per ora credo preieribile attendere. Testo patto è giunto qui coi giornali italiani di ieri sera. Lettura avrebbe aggravato impressione sfavorevole. A,genzia telegrafica Tass e giornali pubblicano i commenti stampa romena contrarii trattato creando impressione che è accolto da generale sfavore nella stessa Romania ma essi non ne parlano più e redazione Pravda non ha finora commentato patto. Nelle sfere bolsceviche si mostra malcontento e diffidenza pel patto. Non si vuole o non si arriva comprendere sua vera portata: si ostenta convinzione che è un atto non amichevole, che lega l'Italia alla Romania e costituisce incentivo alle intenzioni ostili Romania Polonia contro Russia. Si afferma sapere positivamente che Romania Polonia preparano guerra per prossima primavera contro Russia; non si vede come Italia potrà slegarsi dal parteggiare per Romania e indirettamente per Polonia contro Russia. Si afferma che Russia ha sempre fatto possibile per assicurarsi e contracambiare amicizia Italia trattandola persino meglio Germania e che quindi patto Roma è non amichevole sorpresa. Si domandano spiegazioni ed assicurazioni per avvenire. Tutto ciò è artificio. Occorre far realizzare ai sovietti che la loro condotta verso di noi è stata trop,po trascurata: nostra amicizia doveva essere meglio corrisposta. Nostre buone relazioni con Romania Polonia potranno servire non incitare ma allontanare velleità conflitto: avventura bellicosa è forse più da parte Russia perchè crisi economica e partito può indurre a folle decisione diversiva. Sta ai Soviet a venirci incontro con migliori intenzioni.

Conterei visitare Cicerin o Litvinoff settimana prossima dopo ricevuto testo patto ed eventualmente esprimermi come precede salvo istruzioni contrarie.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, A VITTORIO EMANUELE III, A SAN ROSSORE

T. GAB. (P. R.) 349. Roma, 30 settembre 192'6, ore 23. Colloquio odierno con Chamberlain è stato molto interessante più ancora di quanto non appaia dalle formule necessariamente un po' generiche del comunicato (1). Tutte le questioni che sono attualmente sul tappeto sono state esaminate dallo Yemen all'Albania, da Tangeri al riavvicinamento franco-tedesco. Lo scambio molto franco e dettagliato dei punti di vista mi ha persuaso non solo dell'esistenza ma della profonda utilità dell'intesa italo-britannica. È probabile che stampa francese e inglese di sinistra inscenino una campagna di svalutazione,

ma la verità è che convegno odierno è stato efficace e ha fortificato le relazioni fra i due stati.

(l) Vedilo sul Corriere del!a Sera, l ottobre 1926.

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APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, CIRCA IL COLLOQUIO AVUTO CON IL SEGRETARIO DI STATO AGLI ESTERI INGLESE, CHAMBERLAIN, A LIVORNO IL 30 SETTEMBRE 1926.

La conversazione ha avuto sempre un tono di confidenziale cordialità. Ritengo che sia totalmente scomparso dall'animo di Chamberlain quel raffreddamento che in conseguenza degli incidenti di Albania, era stato notato dai nostri Rappresentanti a Ginevra.

Il Chamberlain è ---nel suo intimo -piuttosto un simpatizzante per il Fascismo. Non è da considerare come un particolare insignificante di cronaca il fatto che la Signora Chamberlain volle il mio distintivo fascista imitata dal figlio, dall'ospite, proprietario dello yacht.

Tutti, eccetto il Ministro, mi salutarono alla romana, nel momento della mia partenza.

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COLLOQUIO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, CON IL SEGRETARIO DI STATO AGLI ESTERI INGLESE, CHAMBERLAIN, A LIVORNO IL 30 SETTEMBRE 1926 (1).

THOIRY

CHAMBERLAIN testualmente mi ha detto: La politica di riavvicinamento franco-tedesco è guardata con simpatia dal Foreign Office. La Gran Bretagna desidera accrescere gli elementi di stabilizzazione politica e quindi economica dell'Europa, ed un'intesa franco-tedesca è essenziale a questo scopo. Io stesso ho incoraggiato Briand, avvertendolo però che l'intesa non doveva farsi a mie spese, ad esempio nelle «riparazioni». Tutto ciò rimane nel quadro di Locarno.

l) Riavvicinamento franco-tedesco. Tener presente il telegramma diretto da S. E. Mussolini al R. Ambasciatore a Londra N. 433/314 [Cfr. n. 392] e la risposta del R. Ambasc~atore a Londra N. 1197/974 [Cfr. n. 424].

2) Mandati Coloniali alta Germania. Poichè in Germania si continua a prospettare tale eventualità, cercare di riafl'ermare la tesi che all'Italia spetta la precedenza sulla Germania in caso di revisione dell'attribuzione dei mandati coloniali.

3) Albania. Converrebbe riafl'ermare le intenzioni pacifiche della politica italiana ed insistere nello scagionare il nostro Ministro Alo.jsi dalle accuse fattegli di indiscrezioni nei riguardi del richiamo del Ministro britannico.

4) Tangeri. COJlverrebbe insistere sull'assoluta necessità che l'Italia sia chiamata a partecipare alle deliberazioni che verranno prese sia sulla domanda spagnuola, sia circa ognialtra modifica alla situazione attuale. La questione principale che interessa l'Italia è di non essere considerata alla sU:epua degli altri firmatari dell'Atto di Algesiras. L'Italia vuole che le sia riconosciuto il diritto di intervenire come Grande Potenza Mediterranea. Ammette che maggiori interessate siano Inghilterra, Spagna e Francia, ma il posto dell'Italia nella questione è immediatamente dopo queste tre Potenze. Sarebbe bene togliere fin d'ora a Chamberlain o~ni illusione circa l'arrendevolezza dell'Italia nel caso che delle deliberazioni fossero prese all'mfuori di essa, giacchè, anche se tali deliberazioni non fossero contrarie agli interessi particolari e specifici dell'Italia a Tangeri, noi non le accetteremmo intendendo assolutamente aver soddisfazione sulla questione di principio.

5) Abissinia. Sembra che basterebbe confermare le reciproche intenzioni dell'Italia e dell'Inghilterra di procedere in pieno e leale accordo. 6) Turchia. Sembrerebbe opportuno attirare l'attenzione di Chamberlain sull'incerta situazione politica attuale in Turchia, che può prolungarsi ancora per molto tempo ma anche

E evidente che Thoiry non è che un preambolo per intese che si limitano solo a mitigare talune clausole del trattato di Versailles, come ad esempio quella che riguarda il plebiscito della Saar. Fatto oggi, il 99 % voterà per la Germania, nel 1935 voterà per la Germania il 100 %. Un'intesa politica non deve considerarsi impossibile, ma non è da ritenersi immediata. Troppi secoli di lotta, di guerre e di rancori hanno separato i due popoli, per supporre che essi possano in breve tempo tutto dimenticare. Il Cartello dell'acciaio non è visto di mal occhio dall'Inghilterra. Gli industriali inglesi vi hanno partecipato, perchè non vi è nessuno fra di loro così potente da imporre una uniforme linea di condotta a tutti gli altri. Nel complesso gli eventuali accordi di Thoiry saranno veduti con favore dall'Inghilterra.

Ho RISPOSTO -Il riavvicinamento franco-tedesco non incontra ostilità in Italia e per le ragioni di ordine generale esposte da V. E. (stabilizzazione politica, ripresa economica generale) ed anche per i rapporti che intercedono fra Italia e Francia e fra Italia e Germania. Evidentemente, un'alleanza franco-tedesca, non solo inutilizzerebbe Locarno, ma creerebbe una situazione continentale nuova, non scevra di preoccupazioni. Quanto ai rapporti fra Italia e Francia, essi sono ufficialmente normali ed i periodi di tensione che di quando in quando li turbano non devono essere considerati o temuti al di là della loro vera portata. Litigi, spesso; rottura no. D'altra parte, mentre il Governo Italiano ha potuto risolvere in questi ultimi quattro anni tutte le questioni che erano rimaste sospese coll'Inghilterra, non altrettanto è accaduto per la Francia. La questione degli Italiani di Tunisia si trascina da quattro anni. Non solo, ma la Francia si è trovata f'ul nostro cammino a Tangeri ed a Addis Abeba. Sembra che la riluttanza della Francia a concludere qualche cosa coll'Italia, dipenda dalla sfiducia del Quai d'Orsay nella solidità del Regime Fascista, il che è semplicemente assurdo e ridicolo, specie dopo quattro anni. Bisogna che il Governo Francese si decida a togliere gli ostacoli che impediscono una completa chiarificazione dei rapporti franco italiani e troverà in me -che conosco anche personalmente Briand le migliori disposizioni.

CHAMBERLAIN -È penoso che considerazioni di politica interna possano interferire nelle relazioni internazionali. Per ciò che concerne l'Abissinia, la questione è praticamente risolta. Il ricorso ginevrino di Ras Tafari è caduto. L'opposizione francese è dovuta forse al fatto che noi avevamo tenuti nascosti i nostri negoziati

complicarsi e dar luogo a movimenti caotici ed improvvisi. Occorrerebbe premettere in modo chiaro e franco che l'Italia anche verso la Turchia intende perseguire una politica di pace, e che malgrado tutte le fandonie che si raccontano in Europa ed in Oriente circa i propositiaggre~sivi del. nostro Governo contro la Turchia, noi intendiamo evitare qualsiasi turbamento nella situazione del Mediterraneo Orientale. Ma appunto perchè bisogna prevedere che dei turbamenti si potrebbero verificare, non da noi provocati, è utile che Italia ed Inghilterra si tengano fin d'ora in contatto e scambino idee per concertare in simile eventualità un'azione diretta a salvaguardare i loro reciproci interessi.

E' superfluo ricordare che l'Italia ha già delle ipoteche internazionali sulla Turchia, alle quali annette sempre un grande valore quantunque non siano state realizzate. Tali ipoteche in ogni caso però dovrebbero essere estese, conseguentemente allo sviluppo della situazione politica, e riprendere quell'ampiezza che ebbero nei primi accordi cogli Alleati (San Giovanni di Mariana) circa Smirne.

7) Yemen (Mar Rosso). Converrebbe to.ccare questo argomento solo se Chamberlain ne prendesse l'iniziativa, e, pur affermando gli interessi che l'Italia ha nello Yemen (considerandolo confinante colla Colonia Eritrea perchè posto dirimpetto ai nostri possedimenti)chiarire che desideriamo tenere il maggior conto possibile degli interessi britannici, e che a questo scopo converrebbe venire ad un amichevole scambio di vedute fra tecnici •.

ed all'azione svolta ad Addis Abeba da un residente francese, consigliere aulico di Ras Tafari. Più volte ho pregato Briand di «prestare la sua personale attenzione sui rapporti fra la Francia e l'Italia » che desidero cordiali per tante ovvie considerazioni.

Ho soGGIUNTO -I rapporti itala-tedeschi sono attualmente in una fase di riavvicinamento. Il Signor Stresemann ha preso la iniziativa di proporre all'Italia la conclusione di un patto di arbitrato, tipo Gauss. Ho accolto con favore la iniziativa di questo patto (l) che non può, naturalmente, esorbitare dai confini di quello di Locarno, e che potrà essere rapidamente firmato. Credo che ne foste già informato, comunque Ve lo comunico, per darvi un'altra prova della schietta lealtà della politica del Governo Italiano.

CHAMBERLAIN -Il Foreign Office vedrà con simpatia la conclusione di questo Patto.

ALBANIA E BALCANI

MussoLINI -Mi preme liquidare l'incidente sorto a Durazzo a proposito del richiamo del Ministro inglese. Intanto sta di fatto che non ho mai inviato al Signor Zogu ultimatum di sorta. La politica italiana nei confronti dell'Albania ha questa premessa: rispetto dell'integrità territoriale e della indipendenza politica dell'Albania. L'Italia rivendica soltanto una specie di priorità di interessi economici. Ora il Signor Zogu ha fatto spargere la voce che il mio ultimatum era stato ritirato dietro pressioni del Governo Inglese. Di qui le rimostranze del Ministro Italiano.

CHAMBERLAIN -Sono persuaso che il Signor Zogu ha fatto un doppio giuoco ma ritengo che il Vostro Ministro non avrebbe dovuto quasi vantarsi di aver ottenuto la testa del Ministro inglese. Voi vedete in quale difficile posizione mi avete messo. D'altra parte l'Inghilterra non ha in Albania che interessi di ordine economico, legati alle convenzioni itala-inglesi per i petroli e per tutto il resto, presentandosene l'occasione, desidero di parlare con Roma senza passare con Durazzo.

MussoLINI -Il Ministro Italiano Alojsi smentisce nella maniera più categorica di aver menato vanto e ritiene che trattasi del seguito della manovra di Zogu tendente a creare un dissenso itala-inglese in Albania. Per tutto il res.to della Penisola Balcanica, l'Italia persegue una politica di accordi pacifici. Così ha fatto colla Romania, il cui accordo non è piaciuto a Mosca; e sempre in questa linea vanno inclusi i contatti con l'Ungheria e colla Bulgaria di cui vedrò fra pochi giorni il Ministro degli esteri. Quanto alla Grecia, si è effettuato un riavvicinamento che potrà o meno perfezionarsi a seconda degli sviluppi che avrà la crisi politica interna di quel paese. Resta la Turchia, ma data la tendenza predominante nei circoli dirigenti turchi, l'attuazione di una completa politica di amicizia, incontra parecchie difficoltà. La Turchia attraversa una grave crisi economico-finanziaria e la fine di Kemal potrebbe aggravare la crisi. Non rimane quindi che attendere.

CHAMBERLAIN -Risulta anche al Foreign Office che la Turchia è tormentata da una grave crisi. Che l'Italia sia sospettata da Angora me lo dimostra quanto Vi dirò. Prima che l'accordo di Mossul. fosse definito l'Ambasciatore Turco a Londra mi domandò se ritenevo che l'Italia si sarebbe trovata impegnata in Abissinia e se era vero che l'Italia avesse stretto un'alleanza militare con la Grecia. Smentii l'una e l'altra asserzione e pregai l'Ambasciatore Turco di non incaricarmi di difendere la politica italiana, perchè io non ero il Ministro degli Affari Esteri dell'Italia. Il problema della Turchia è problema di attesa. Non un minuto prima, non un minuto dopo.

Qui mi sovviene di un quesito che io posi a Lord Fisher dell'Ammiragliato, agli esordi della mia carriera politica, nel Ministero della Marina, e della risposta che ne ebbi e che mi ha servito come direzione in molte vicende successive della mia politica. Quanto all'apparato militare russo, lo ritengo inefficiente. L'esercito rosso non si batte fuori dei confini della Russia.

MAROCCO-TANGERI

CHAMBERLAIN -Durante la sua visita a Londra, il Re di Spagna mi domandò la incorporazione di Tangeri nella zona spagnuola. Gli risposi che era impossibile e che questo stgnificava chiedermi la luna. Ora, il punto di vista del Foreign Office è il seguente: Le trattative per una modificazione deilo statuto tahgerino devono svolgersi prima fra le due potenze maggiormente interessate: Francia e Spagna. In un secondo tempo, quando Francia e Spagna abbiano raggiunto l'accordo, anche per quanto concerne le richieste italiane, dovrebbe aver luogo una conversazione a quattro. L'interesse morale e di prestigio dell'Italia è evidente ed è perfettamente riconosciuto dal Foreign Office.

MussoLINI -È opportuno che io precisi a V. E. l'atteggiamento assunto dall'Italia nei confronti delle richieste spagnuole. Il Governo Italiano non ha incoraggiato minimamente la Spagna nella richiesta di una conferenza, improvvisamente convocata a Ginevra, perchè sentiva che il piano spagnuolo non era ponderato. Quanto al resto, il Governo Italiano mantiene il suo punto di vista e cioè che non aderirà a nessun nuovo statuto, alla cui definitiva elaborazione non abbia partecipato l'Italia e che non tenga conto degli interessi materiali e morali dell'Italia.

YEMEN

MussoLINI -Fedele alla politica di lealtà nei Vostri riguardi vi abbiamo dato notizia della conclusione dell'accordo con l'Imam e Vi abbiamo anche trasmesso un sunto dell'accordo stesso. Esso è essenzialmente pacifico e non lede interessi altrui, mentre ofllre possibilità di traffid all'Italia ed alla Colonia Eritrea. Del resto io accetto il Vostro suggerimento di un incontro italo-inglese nel quale sia studiata tutta la situazione della Penisola Arabica. Il Governatore dell'Eritrea è a Roma e può aspettare la venuta di un rappresentante inglese (1).

26 -Documenti diplomatici • Serie VII · Vol. IV

CHAMBERLAIN -Voi intendete che tutto quanto accade sulla via delle Indie ci interessa in particolar modo. Inoltre bisognava evitare che sotto i «pavillons » dell'Asir da una parte e dello Yemen dall'altra si determinasse un conflitto fra l'Inghilterra e l'Italia. Evitata questa eventualità, l'Inghilterra non ha nulla da ..:>bbiettare all'accordo compiuto coll'Imam e si può quindi prendere in esame di comune accordo la situazione generale arabica (1).

(l) Questo riassunto fu redatto da Mussolini (cfr. n. 445). Cfr. anche il seguente appuntoanonimo. ·redatto dal ministero, relativo agli c argomenti che dovrebbero formare oggetto di conversazione fra S. E. Mussolini e Sir A. Chamberlain:

(l) Cfr. nn. 431 c 436.

(l) Le conversazioni italo-inglesi ebbero luogo a Roma nel gennaio-febbraio 1927 e si conclusero il 7 febbraio.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ALDROVANDI, A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, A MADRID, PAULUCCI DE' CALBOLI, A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, ROSSO

T. GAB. s. 620. Roma, l ottobre 1926, ore 20,15.

(Per tutti). A complemento del comunicato ufficiale diramato ieri dall'agenzia Stefani sul mio incontro con Chamberlain (2) informo V. E. per sua riservata notizia e norma di linguaggio che sono rimasto molto soddisfatto dei colloqui avuti col ministro degli affari esteri britannico. La conversazione si è svolta con un'impronta di cordialità e di franchezza che ha dato maggiore rilievo alla importanza della perfetta identità di vedute tra Chamberlain e me, sia nell'esame della situazione internazionale in genere, sia in quello delle questioni che più particolarmente interessano Italia e Inghilterra. Si è parlato del riavvicinamento franco-germanico, dei nostri rapporti con la Francia e con la Germania, di Tangeri, dell'Albania, dei Balcani, della Turchia, del nostro recente accordo con lo Yemen.

Per quanto il convegno abbia avuto il carattere di uno scambio generale di vedute senza nessun particolare risultato concreto, considero che esso sia stato utile ed efficace ed abbia fortificato le relazioni tra l'Italia e l'Inghilterra.

(Per Londra soltanto). Trasmetto per corriere il riassunto che ho redatto personalmente sui vari punti del colloquio (3) e la prego di sottoporlo a Chamberlain per la sua approvazione. Tale riassunto non è naturalmente destinato alla pubblicità.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, BADOGLIO

L. RR. Roma, 2 ottobre 1926.

Il rapporto del nostro Addetto Militare di Belgrado, mi o:ffire l'occasione per prospettarle taluni elementi della situazione italo-S.H.S.:

l) Il rapporto esprime la realtà della situazione. I S.H.S. non solo non ci amano, ma ci detestano e quel che è più grave ci disprezzano. In questo stato d'animo giocano tanto gli irriducibili residui asburgici, come le manovre francesi. Comunque, questo è il fatto.

2) Il faticoso riavvicinamento serbo-croato si fa moralmente a spese dell'Italia. Cioè, i serbi sono costretti (ma lo fanno volentieri!) a sposare i rancori e le follie dell'irredentismo croato.

3) La situazione è andata peggiorando in questi ultimi tempi per le seguenti ragioni: a) il rifiuto da parte italiana di aderire a un patto a tre -Parigi, Roma, Belgrado; b) il rifiuto da parte italiana di discutere il rafforzamento del patto del '24, prima che fossero ratificate le convenzioni di Nettuno; c) il nostro riavvicinamento colla Romania, la nostra tensione colla Francia; d) l'appoggio aperto dato dall'Italia all'emissione del prestito bulgaro; e) alcuni incidenti di frontiera e talune misure prese contro elementi allogeni della Venezia Giulia;

f) l'allontanamento di Antonievich che era un sincero amico dell'Italia e che -per questo -è stato relegato a Madrid e l'arrivo di Balugich -un infranciosato e intedescato -perfidissimo NEMICO dell'Italia, del regime fascista e di me personalmente, tanto che io mi rifiuterò di riceverlo;

g) la condotta un po' scervellata di Bodrero, il quale confida a Balugich che Nincich è un limone spremuto e Balugich si affretta naturalmente di riferirlo a Nincich recandosi appositamente a Ginevra!!!

4) Può darsi che l'approvazione degli accordi di Nettuno e il successivo negoziato politico, migliorino la situazione, ma se questo patto rimarrà patto semplicemente di Governi, non sposterà la situazione profonda dei rapporti fra i popoli, che è quello che è: cattiva.

MoRALE

La morale, caro Maresciallo, è questa. Bisogna preparare -senza perdere un minuto di tempo -le 20 Divisioni mobilitabili di cui al nostro programma. Bisogna dare ai nostri Ufficiali una mentalità offensiva ed aggressiva. Frustarli nel loro amor proprio, facendo conoscere le infamie calunniose dei S.H.S.

Per fortuna l'Italia d'oggi è capace di infliggere agli S.H.S. una di quelle lezioni che bastano a correggere le storture mentali e politiche di qualunque popolo.

Ma ancora una volta: non c'è un minuto di tempo da perdere!

(l) -Sulla questione dello Yemen Tyrrel aveva già espresso concetti analoghi a Della Torretta, cfr. T. Gab. s. 1050/639, dello stesso Della Torretta, trasmesso il 9 settembre, ore 22,J)5, per. ,ore 2,55 del 10. (2) -Cfr. p. 341, nota l. (3) -Cfr. n. 444.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1284/473. Berlino, 2 ottobre 1926, ore 9,40 (l) (per. ore 5 del 3).

Mio telegramma 472 (2).

Dalla mia conversazione con Gaus sono stato indotto a fare l€ seguenti considerazioni... [manca] più avanti di quello che siano i trattati di arbitrato di Locarno. Infatti possiamo rappresentare che non abbiamo la convenienza a fare in ritardo esattamente quello che altri hanno fatto a Locarno. In questo senso Gaus ci è già venuto incontro con la scelta che ci ha lasciato del tono del pream::,olo col quale possiamo marcare un atteggiamento di indubbio valore morale e politico. 2) Gaus citando ipotesi di Fromageot e formulando per proprio conto quella di una « guerra di tariffe » oppure del « corridoio polacco » come materia di arbitrato, ha indicato non una restrizione del campo del trattato arbitrato, ma una estensione di esso. Si tratta in tale ipotesi di questioni che non hanno alcuna base su diritti veri e propri in contestazione ma nel caso addirittura del corridoio contrastanti anzi a diritto ftirmulato in trattato. Orbene Gaus di fronte ad una mia ovvia obbiezione manteneva la sua ipotesi di una questione (egli ha detto in francese « différend ») tra Germania e Polonia anche indipendentemente dalle disposizioni del trattato di Versailles basandolo su « necessità vitali» di uno dei due paesi. Io mi domando se nella mente germanica le disposizioni di cui nella parte seconda dei trattati di arbitrato di Locarno e che si riferiscono a questioni da sottomettere alla Corte di conciliazione, non comprendano anche una simile questione « vitale » da sollevare beninteso a tempo opportuno. Tendenza simile potrebbe interessare per l'Anschluss ad esempio e per l'Alto Adige. Ed allora potrebbe avere una spiegazione questa iniziativa germanica di cui le origini mi sono oscure e che avrebbe dovuto stringersi a tamburo battente a Ginevra in presenza della tensione italo-francese di quel giorno. Gaus ha marcato nel colloquio odierno che il Governo germanico non è mosso che dal pensiero che sia efficacemente duratura pacificazione europea. Ma Governi germanici sono transitori, le contingenze attuali possono mutare e Gaus personalmente mi ha fatto l'effetto di persona assai tortuosa.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL CONSIGLIERE DI STATO, BARONE (Ed. in BIGGINI, p. 93) (3)

Roma, 4 ottobre 1926. Festa nazionale d'i San Francesco d'Assisi.

Con riferimento ai colloqui che ho avuto con lei, le confermo la mia convinzione circa l'utilità di vedere finalmente eliminata ogni ragione di dissidio

fra l'Italia e la Santa Sede, la incarico di mettersi in relazione con rappresentanti di questa al fine di conoscere in base a quali condizioni sia Essa disposta 'ad addivenire ad una amichevole, generale, definitiva sistemazione dei su<>i rapporti collo Stato italiano.

Questo incarico che Le do non ha carattere ufficiale, nè ufficioso, ma strettamente confidenziale, essendo diretto a preparare le basi per gli accordi ufficiali.

Mi auguro che questa preparazione sia tale da facilitare il lavoro successivo.

(l) -Sic, ma deve trattarsi delle 21,40. (2) -T. Gab. 1278/472, trasmesso il 2, ore 21,40 per. ore 2 del 3: conversazione con Gaus sul tipo di trattato da stipulare. (3) -Successivamente la lettera è stata pubblicata in F. PACELLI, Diario della conciliazione, Città del Vaticano, 1959, p. 207. Sulla preparazione della lettera, cfr. ibid., pp. 9-11. Sulle trattative con la Santa Sede, cfr. l'ulteriore documentazione ed. in BIGGINI, op. cit., pp.' 78-79, 80-92, 93-95, 96-108; e in PACELLI, op. cit., -oltre al diario fino al febbraio 1927 (pp. 3-57) pp. 207-269. Cfr. anche M. MrssrROLI, Date a Cesare, Roma, 1929, pp. 429-459.
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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BOSCARELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1295/1073/646. Parigi, 4 ottobre 1926, ore 21 (per. ore 1 del 5).

Miei telegrammi 1041/621 (l) e 1053/632 (2).

Giornali francesi, avendo messo in rilievo visita fatta da Nincich a Poincaré ed a Briand per dedurne firma trattato tra Francia e Jugoslavia, ho cercato vedere personalmente ministro affari esteri jugoslavo per ottenere da lui dirette informazioni. Ho avuto ieri lunga conversazione con Nincich. Egli mi ha dichiarato che il trattato non è stato firmato e che non lo sarà per ora, sebbene il suo testo sia da tempo preparato. Circa suo contenuto, Nincich mi ha detto che esso è quasi identico a quello concluso con la Romania. Persona generalmente bene informata mi dice che Francia avrebbe cercato senza riuscirvi di far includere nel trattato delle clausole speciali per stabilire un'intesa militare fra i due paesi. Non ho elementi per controllare l'esattezza di tale notizia. Devo però render noto a V. E. che così dal tono amichevole delle parole di Nincich, (il quale a più riprese ha tenuto a dichiararmi essere egli un sincero amico del nostro paese ed un partigiano convinto dell'intesa itala-jugoslava), come da voci che circolano in questi ambienti diplomatici e giornalistici vicini al Quai d'Orsay (dove si guarda colla più vigile attenzione e preoccupazione alla politica dell'Italia nei Balcani) sarei indotto a ritenere che la Francia avrebbe desiderato firmare subito il trattato colla Jugoslavia, ma che Nincich non abbia consentito. Nincich parte stamane per Bled.

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IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. R. 1306/177. Sofia, 5 ottobre 1926, ore 22 (per. ore 10 del 6).

Visita Buroff a V. E. sarà molto utile per chiarire reale situazione politica itala--bulgara presso questa opinione pubblica e questi circoli politici ed eco

nomici tuttora disorientati per le troppe affrettate affermazioni e conclusioni cui, sia in Inghilterra e in Francia che in Jugoslavia e nella stessa Bulgaria, si è voluto arrivare nei riguardi del «nuovo corso» della politica bulgara determinatasi a Ginevra per ispirazione della Francia d'accordo con Jugoslavia e con finalità contrarie a Italia. Situazione dell'Italia in Bulgaria è buona nel senso che tanto il Governo che gli elementi intellettuali e intera popolazione mostrano verso di noi sentimenti simpatia. Ma essa è buona soltanto potenzialmente onde errerebbe chi ritenesse che nostra situazione sia oggi anche da lungi da paragonarsi a quella delle altre grandi potenze Francia, Inghilterra e Germania solidamente stabilite in Bulgaria sia dal punto di vista del prestigio politico ed intellettuale che da quello economico. Discussioni tuttora in corso sorte dai colloqui di Ginevra hanno reso la nostra situazione ancora più delicata per impressione suscitata d'improvviso nella pubblica opinione della esistenza di secondi fini da parte dell'Italia e quindi di un pericoloso retroscena nell'apparente buona situazione italo-jugoslava. Per i buoni uffici della Francia vi sarebbe modo di liberarsi mediante inizio di una politica di conciliazione jugoslava bulgara facente seguito a quella già avviata tra Jugoslavia ed Ungheria. Tutto ciò dovrebbe a mio I'ispettoso parere essere messo in chiaro con Buroff il quale di ritorno a Sofia dovrebbe ristabilire verità e guidare pubblica opinione verso un esatto orientamento di idee onde evitare all'Italia di essere sospettata di macchinazioni nei Balcani con dannosa ripercussione per la nostra incipiente attività nel camoo economico culturale. Tl nresente telegramma continua.

(l) -T. Gab. 1222/1041/621, trasmesso il 25 settembre, ore 21,35, per. ore 3 del 26: colloqui con l'incaricato d'affari di Romania e col miaistro di Jugoslavia sull'accordo franco-jugoslavo. (2) -T. Gab. 1251/1053/632, trasmesso il 29 settembre, ore 20,30, per. ore 22: non imminenza della firma del trattato franco-jugoslavo, sue clausole militari.
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IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1296/178. Sofia, 6 ottobre 1926, ore 3,30 (per. ore 6,30). Presente telegramma fa seguito a queHo col numero precedente (1). Su reale portata colloquio Ginevra non si hanno ancora qui sicuri elementi di giudizio. Quello che può affermarsi (anche in base all'impcressione da me dportata da dichiarazioni fattemi al riguardo da Moloff), è che idea di un avvicinamento bulgaro-jugoslavo, malgrado l'~ntervento di potenti influenze straniere, incontrerebbe così recise generali avversioni da parté popolo bulgaro e specialmente dagli elementi macedoni da rendere estremamente difficile trovare Governo fornito autorità influenza necessarie per portare idea stessa a compimento. Del che va tenuto debito conto nel seguire la nuova politica bulgara a tendenza conciliativa verso Jugoslavia (dato che in realtà tale politica sia per sorgere dai colloqui di Ginevra) e nel considerare se essa possa conciliarsi con gli interessi e gli scopi della nostra politica transbalcanica e nel vicino Oriente. Su questo argomento e su eventuale azione da parte di questa lega

zione, mi permetto pregare V. E. di impartirmi istruzioni necessarie per mia norma di linguaggio e di condotta; circa argomenti di carattere pratico

da trattarsi con Buroff (e qui rispondo al telegramma di V. E. 185 adesso perven:utomi) (l) IJl!On vedo ·che raccomandargli pronta conclusione trattato di commercio indispensabile per il nostro commercio oggi assai ostacolato da tariffe doganali elevatissime. Come dicevo innanzi, nostra situazione in Bulgaria è piuttosto potenziale che praticamente attiva, onde mancanza di iniziative concrete da tutelare. Questione re Boris che sarebbe avvenimento destderabile date alte qualità di cuore e di mente del sovrano e in vista sicuro favorevole risultato a vantaggio nostre relazioni con Bulgaria esce da competenza specialmente dopo recenti telegrammi di V. E. a S. E. Grandi a Ginevra. Altra questione che rientra nel quadro della politica generale balcanica del

R. Governo e più specialmente della politica italo jugoslava è questione... [manca] che effettuandosi per nostro palese intervento produrrebbe per noi indubbi effetti di utilità. Fine del telegramma.

(l) Cfr. n. 450.

452

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, MANZONI

T. GAB. 642/266. Roma, 7 ottob'!'e 1926, ore 19.

Questo ambasciatore dei Soviet mi ha trasmesso ieri una nota di energica protesta per il trattato da noi recentemente firmato con la Romania e scambio di note circa Bessarabia. Nota è redatta in termini non amichevoli. Ho ricevuto poco dopo ambasciatore cui avevo precedentemente .fissato udienza e gli ho espresso tutta la mia penosa meraviglia per un tale atto inaspettato da parte del suo Governo invitandolo a ritirare la nota, cosa che egli si è rifiutato di fare dicendo di avere obbedito a precise istruzioni da Mosca. Gli ho detto che siccome il tenore di tale nota era in contraddizione con quanto V. E. mi aveva riferito col telegramma n. 2181/187 gabinetto segreto (2) lo pregavo di chiedere chiarimenti al suo Governo e gli ho dichiarato che qualora la protesta fosse stata mantenuta ciò avrebbe creato certamente grave incidente nelle nostre relazioni. La protesta di Mosca e sopratutto il suo tono sono tanto più ingiustificati ed inammissibili in quanto per un atto di deferenza verso H Governo dei Soviet e non senza grandi resistenze abbiamo stipulato trattato con Romania senza menzionare Bessarabia. L'ostilità quasi unanime con la quale trattato è stato per questa esclusione accolto in Romania dovrebbe essere la miglior prova delle difficoltà che abbiamo affrontato.

Comunque se Governo di Mosca vuol mettersi su un terreno di ostilità ne pr-enderò atto per tutte le possibili conseguenze, la prima delle quali potrebbe essere appunto la ratifica della Bessarabia.

(l) -T. Gab. 630/185, trasmesso il 4, ore 21, a firma Bordonaro: richiesta di eventuali argomenti da trattare nel colloquio Mussolini-Buroff. (2) -Con il t. gab. s. 1293/218/187, trasmesso il 4, ore 17,54, per. ore 20,45, Manzoni riferiva: • Patto italo-romeno non ha turbato relazioni Italia Soviet. Cicerin si rende conto crescente influenza Italia nei Balcani, nell'Europa centrale ed orientale e annette molta importanza mantenimento buone relazioni con l'Italia •·
453

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AI MINISTRI AD ATENE, ARLOTTA, A BELGRADO, BODRERO, A BUCAREST, DURAZZO, E A SOFIA, PIACENTINI

T. GAB. 646. Roma, 8 ottob1·e 1926, ore 4. (Per Belgrado, Atene e Bucarest). Ho telegrafato a Sofia quanto segue: (Solo per Sofia). Suoi telegrammi Gabinetto n. 177 e 178 (1). (Per tutti). Per utile e riservata notizia di V. S. riassumo qui appresso i punti principali del colloquio che ho avuto il 6 corrente col ministro degli esteri di Bulgaria: l) Egli mi ha detto anzitutto essere venuto in Italia per ringraziarmi dell'atteggiamento costantemente amichevole da noi tenuto verso la Bulgaria. Gli ho rist>osto che praticavo l'amicizia a fatti concreti e non a vane parole; in circost.mze capitali per la Bulgaria, e per ultimo in occasione della nota collettiva, l'atteggiamento italiano era stato infatti, come Buroff riconosceva, decisivo nell'interesse bulgaro.

2) Buroff mi ha poi dichiarato essere pura utopia le voci, messe in giro da fuorusciti bulgari al soldo di Belgrado e di Praga, circa progetti di unione

o federazione bulgaro-jugoslava, che popolo bulgaro non p<>trebbe in alcun modo desiderare tanto più che ciò porterebbe allo abbandono dell'attuale sua dinastia. L'idea del resto sarebbe stata riconosciuta assurda dallo stesso Nincich. Bulgaria desidera stabilire i migliori rapporti coi suoi vicini ma intendeva farlo soltanto da pari a pari in piena ed assoluta indipendenza. Buroff mi ha infine categoricamente smentito notizia colloquio a tre di Ginevra con Briand e Nincich.

3) Quanto alle relazioni della Bulgaria coi paesi vicini, Buroff mi ha detto

che la nota collettiva non ha certo contribuito a migliorarle dato che i bulgari

vi hanno sentito una specie di accerchiamento. Ha aggiunto che, all'infuori della

Turchia colla quale rapporti di buon vicinato non hanno occasione di alterazione,

relazioni bulgare colla Jugoslavia, colla Grecia, colla Romania sono influenzate

dalla violenta opera di snazionalizzazione dell'elemento bulgaro in Macedonia ed

in Dobrugia, ove fra altro sarebbero stati recentemente fucilati ben 37 capi

famiglia bulgari innocenti.

4) Buroff ha tenuto a dichiararmi che il Governo di Liapceff è solido e

che situazione interna bulgara è completamente calma.

5) Egli mi ha infine chiesto quali erano i sentimenti di Averescu nei con

fronti della Bulgaria. Gli ho detto che Averescu mi era sembrato molto ben di

sposto e desideroso di stabilire colla Bulgaria rapporti di buon vicinato non

escluso un patto vero e proprio in tal senso.

In sostanza dall'insieme della conversazione ho tratto l'impressione che Buroff sia proclive ad un serio riavvicinamento colla Rumenia qualora questa dal canto suo lo facilitasse nella maniera del possibile andando incontro ai desideri bulgari.

(Per Bucarest). Per quanto concerne questo ultimo punto gradirò che V. E. mi tenga ad ogni buon fine al corrente di quanto prudenti e riservati sondaggi le facessero presentandosene favorevole occasione risultare circa disposizioni di codesto Governo.

(l) Cfr. nn. 450 e 451.

454

L'AMBASCIATORE A MOSCA, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1327/222. Mosca, 8 ottobre 1926, ore 1,20 (per. ore 7 del 9).

Cicerin mi ha chiamato per dirmi che codesto ambasciatore russo gli ha telegrafato che avendo presentato a V. E. nota di protesta eventualità ratifica trattato di Parigi prevista lettera annessa patto itala-romeno, V. E. aveva risposto non poterla accettare (l) proponendo che io le aveva, dopo il colloquio con Cicerin, semplicemente telegrafato che il patto «non aveva oscurato rapporti ItaliaSoviet » (2). Ha ammesso non mi aveva parlato d'una protesta ·contro nuova situazione di eventuale ratifica creata dalla lettera in contrasto con precedente situazione di non ratifica perehè la «assoluzione si dà dopo il peccato», ma ha ricordato di avermi detto che la lettera legittimava dubbio e chiarimenti ed ha ricordato avermi sempre detto che Soviet considererebbero ratifica atto ostile.

Ho risposto che effettivamente io avevo telegrafato semplicemente riassunto riservandomi riferire particolari col mio rapporto che .giungerà 13 corrente: che la mia impressione fu ed è anche oggi dopo le parole del commissario quella telegrafata, perchè nulla può legittimare una protesta: che nel colloquio del 3 corrente, Cicerin non parlò di proteste accennando solamente ad apprensioni ed a non chiarezza della lettera come ho riferito nel mio rapporto; ho osservato che ciò comporta e fa supporre indagini o chiarimenti e non protesta: mi rendevo conto V. E. non accettasse protesta ma credevo avrebbe spiegato o chiarito lettera se richiesto.

Cicerin mi ha pregato chiarire il malinteso.

Ho detto che lo farei e volèntieri lo faccio nel senso di sottoporre a V. E. oppurtumtà non !asciarlo sviluppare. La protesta non è accettabile ma a mio remissivo parere potrebbero essere dati chiarimenti. Serviranno anzi a mettere in luce importanza che gli atteggiamenti Soviet verso l'Italia possono avere nella questione ratifica trattato di Parigi. Però versione mio telegramma e del mio rapporto rimangono confermate esattamente, lo comprovano anche: l) circostanza che dovetti io portare discorso sul patto perchè il commissario ne taceva; 2) nessun accenno Cicerin fece alla protesta; 3) quando commissario ebbe data la sua risposta ed io replicai prendendo atto con piacere della non esistenza di lagnanze egli non replicò, ciò che mi giustifica anche di aver poi scritto escludendo lagnanze (3).

f2) Cfr. p. 351. nota 2.
(l) -Cfr. n. 452. (3) -Nota marginale di pugno di Mussolini: • Importante e confuso. M.•.
455

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 6234/649. Belgrado, 10 ottobre 1926, ore 9,15 (per. ore 13,50).

In questi circoli politici e giornalistici si è diffusa l'impressione che la Francia stia svolgendo opera intesa alla -costituzione di una «Locarno balcanica » che servirebbe ai fini della sua influenza politica in questa parte dell'Europa, in contrasto con l'azione dell'Italia. A tal fine, essendo compromesso trattato greco-jugoslavo per effetto degli avvenimenti ultimi in Grecia, il Quai d'Orsay si adoprerebbe per un completo accordo tra gli slavi nei Balcani, incoraggiando la Bulgaria ad un riavvicinamento con lo stato jugoslavo, che dovrebbe avvenire sotto la sua egida, eliminando la Società delle Nazioni. A tale proposito mi sembra opportuno rilevare ·che la visita dei ministro degli esteri Buroff a Roma è stata tenuta da questa stampa, anche ufficiosamente, in ostentato silenzio. Soltanto il Ree nel suo editoriale odierno la riguarda con sospetto e pretende riconoscervi una nuova intenzione dell'Italia di isolare lo stato jugoslavo (1).

456

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. 654/426. Roma, 11 ottob1·e 1926, ore 15.

Decifri da sè.

Informo V. S. che Balougdjitch ministro a Roma è un fiero e perfido nemico dell'Italia e del regime che sottopone alle sue fantasie calunniose. Faccio questa affermazione con pienissima dico pienissima cognizione di causa. Alla prima occasione propizia faccia intendere al Nincich che la presenza a Roma di Balougd~itch è un primo grave ostacolo alle relazioni amichevoli fra i due paesi.

457

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1350/493. Berlino, 11 ottobre 1926, Ol]"e 2,30 (per. ore 21).

Mi risulta che Chamberlain ha fatto fare a Stresemann una comunicazione particolareggiata sul convegno di Livorno con speciale riguardo al fatto che esso non considera per niente antitetico al colloquio di Thoiry. Stresemann molto apprezzando atto Chamberlain mostrava rincrescimento che consimile comunicazione non gli fosse pervenuta da parte italiana.

r. -per corriere 661, spedito il giorno 14, ore 19).
(l) -Il telegramma fu ritrasmesso da Mussolini a Parigi, Londra, Atene e Sofia (T. Gab.
458

APPUNTO DEL CAPO SEZIONE NELLA DIREZIONE GENERALE EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, PER IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

Roma, 14 ottobre 1926.

In data 8 settembre venivano inviate istruzioni ai R.R. Ambasciatori a Londra a Parigi ed a Madrid perchè informassero se a quei Governi fosse stata inviata una nota analoga a quella che l'Ambasciata dell'U.R.S.S. inviò al R. Governo relativamente alla questione di Tangeri -e perchè, in caso affermativo, sondassero il pensiero dei detti Governi per conoscere il tenore della risposta che essi vi avrebbero dato. Il R. Ambasciatore a Londra riferi che il Foreign Office, avendo ricevuto una nota dell'Ambasciata dell'U.R.S.S. analoga a quella inviata al R. Governo, aveva risposto senza entrare in merito limitandosi ad una accusa di ricevuta pura e semplice.

Il R. Incaricato d'Affari a Parigi riferisce ora che il Governo Francese, che ha pure ricevuto detta nota, non vi ha dato nessuna risposta.

Al Signor Platone Kergenzeff, che in data 27 settembre, in un colloquio con S. E. Grandi, pregava il Governo Italiano di non associarsi alla risposta probabilmente negativa delle altre Potenze alla richiesta russa di partecipare ad una eventuale Conferenza Marocchina-potrebbe essere verbalmente risposto che il R. Governo potrebbe o non rispondere affatto alla nota o rispondere con semplice accusa di ricevuta, come il Governo dell'U.R.S.S. meglio preferisce (1).

459

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, ROSSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. R. 1381/717. Londra, 14 ottobre 1926, ore 21,10 (per. ore 1,30 deL 15).

Telegramma di V. E. n. 656/402 (2).

Nel sottoporre a Chamberlain per la sua approvazione riassunto del colloquio di Livorno (telegramma di V. E. n. 620/384 [3] telespresso 241154) gli ho chiesto di dirmi quanto da parte inglese fosse stato comunicato a Stresemann al riguardo.

Segretario di Stato mi ha detto che, mentre in occasione del suo passaggio per Parigi aveva riferito in modo abbastanza particolareggiato a Briand gli argomenti discussi con V. E. che concernevano anche la Francia (Thoiry, Tangeri, relazioni italo~francesi), egli si era limitato ad informare Stresemann del carattere generale delle conversazioni di Livorno per mettere in evidenza come esse non potessero affatto essere interpretate come contro partita di quelle di Thoiry.

Chamberlain mi ha data visione delle istruzioni da lui inviate in pro

posito a Lord d'.A:bernon. In esse non ho rilevato il minimo accenno nè diretto

nè indiretto a nessuno degli argomenti discussi con V. E., salvo alla questione

del riavvicinamento franco tedesco.

Chai:nberlain si è limitato a far sapere a Stresemann che nel colloquio di Livorno l'incontro di Thoiry era stato considerato come naturale sviluppo della politica di riavvicinamento e di collaborazione di cui erano state gettate le basi a Locarno e che, come tale, non poteva quindi non essere veduto con simpatia dagli altri firmatari di Locarno. Chamberlain ha informato Stresemann che aveva constatato con soddisfazione come V. E. si fosse mostrato animato dagli stessi sentimenti. Nessuna menzione -ripeto -ad alcuno dei soggetti specifici della discussione.

(l) -Nota marginale di pugno di Grandi: • Va bene. Grandi». (2) -Trasmesso il 13, ore 2: richiesta di informazioni circa il tenore delle comunicazioni sull'incontro di Livorno fatte da Chamberlain a Stresemann. (3) -Cfr. n. 445.
460

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLE COMUNICAZIONI, CIANO

L. RISERVATA ALLA PERSONA 3088. Roma, 15 ottobre 1926.

Ti rimetto un mio questionario che ti prego di considerare riservato esclusivamente alla tua persona.

Ti prego di esaminare la possibilità di attuarne le conclusioni.

Attendo perciò una tua risposta con cortese urgenza (1).

ALLEGATO

SERVIZI CON LA CORSICA

Quali 80no gli attuali servizi marittimi fra l'Italia e la Corsica?

La compagnia Libera Triestina aveva istituito un servizio celere fra Bastia e Livorno, col piroscafo • Quinto •, con viaggi due volte la settimana. Perchè è stato soppresso tale servizio? Non si potrebbe riattivarlo? Occorre dedicare la massima attenzione ai nostri rapporti marittimi con la

Corsica t preparare un programma graduale di intensificazione di contatti fra la costa toscana e quella corsa.

461

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, ROSSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE S. 1412/1071. Londra, 15 ottobre 1926 (per. il 22).

Come già accennato nel mio telegramma n. 717 (2) di ieri, .segl"etario di stato mi ha detto che in occasione del suo passaggio a Parigi aveva riferito in modo

La lettera reca la seguente nota marginale di pugno di Mussolini: « Approvo M. perAmedeo Giannini •.

abbastanza particolareggiato a Briand le sue conversazioni di Livorno con V. E. Chamberlain mi ha ieri riepilogato come segue le sue comunicazioni a Briand:

A proposito di Tangeri sir Austen aveva constatato essere ormai unanime l'accordo sulla procedura da seguire, e cioè conversazioni preliminari fra Francia e Spagna in un primo tempo, e in un secondo tempo discussioni a quattro, vale a dire con intervento dell'Italia e dell'Inghilterra. Aveva aggiunto che anche V. E. mostrava poco favore per la riunione di una grande conferenza di tutti gli stati firmatari di Alg·esiras.

Circa l'Albania, Chamberlain aveva informato Briand della « importante » dichiarazione fattagli da V. E. nel senso che la politica italiana si fonda sul rispetto della integrità territoriale e della indipendenza politica dell'Albania.

Quanto a Thoiry aveva detto a Briand di aver constatato con piacere come

V. E. vedesse con simpatia le possibilità di riavvicinamento franco-tedesco. Gli aveva in pari tempo fatto presente che, circa i piani finanziari abbozzati a Thoiry fra Briand e Stresemann, egli (Chamberlain) non avrebbe potuto pronunziarsi se non quando fossero stati esaminati dagli esperti britannici. Gli aveva intanto rinnovato il consiglio di non imbarcarsi troppo a fondo in progetti con la Germania prima di avere consultato o di essersi accordato con gli altri interessati, particolarmente con l'Italia e l'Inghilterra (mio telegramma n. 719).

Chamberlain aveva infine intrattenuto Briand delle idee da lui scambiate con V. E. a Livorno circa le relazioni itala-francesi. Aveva detto a B.riand della simpatia colla quale V. E. si era espresso nei di lui riguardi personali, aggiungendo che però V. E. si era rammaricata del fatto che troppo spesso il Quai d'Orsay agiva in senso non perfettamente amichevole verso l'Italia. Briand gli aveva dichiarato a sua volta che nutriva per V. E. la maggiove stima e la più sincera simpatia. Disgraziatamente però-aveva aggiunto Briand-certe manifestazioni della stampa italiana e certi discorsi pubblici che si pronunciavano in Italia producevano un effetto dannoso per le buone relazioni tra i due paesi, in quanto non potevano non ferire e non irritare i sentimenti e le suscettibilità francesi. Briand aveva assicurato sir Austen che da parte sua si era sempre adoperato per attutire le ripercussioni in Francia di tali manifestazioni italiane e che ancora recentemente da Ginevra egli era efficacemente intervenuto pel tramite del Quai d'Orsay onde calmare la vivace polemica sorta dopo l'odioso attentato contro la persona di V. E.

Per conto suo, sir Austen mi ha espresso il suo rammarico che la genuina reciproca simpatia personale che egli aveva constatato esistere tra V. E. e Briand non trovasse completa corrispondenza nelle relazioni tra i .due ministeri degli affari esteri.

Sir Austen si è soffermato a lungo su questo argomento; mostrando in modo evidente l'interessamento che egli porta alle buone relazioni italo-francesi. Ha concluso dicendomi che era lieto tutte le volte che si presentava per lui l'occasione di «mettere una buona parola».

(l) Sulla questione corsa, cfr. anche una lettera diretta, in data Milano, 16 ottobre 1926, a un non identificato «Egregio e caro Diretto.re » da Luigi Venturini, a nome della società Tyrrhenia (editrice dell'omonimo bollettino mensile e della rassegna trimestrale Archivio Storico di Corsica): « l'on. Giuseppe Micheli di Parma, popolare di destra, !Simpatizzante per il fascismo, e ardente ' corsista ', \si offre di impiantare una società italiana per lo sfruttamento dei prodotti corsi (latticini e lana), a patto che il progetto abbia l'approvazio.ne di Mussolini •.

(2) Cfr. n. 459.

462

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, ROSSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 1417/1073. Londra, 15 ottobre 1926 (per. il 22).

Il noto industriale italiano, conte Elia, che ritengo personalmente conosciuto da V. E. e che trovasi attualmente a Londra per affari, mi ha messo al corrente di sue conversazioni private con persone che avvicinano questi ambienti ufficiali e che di loro iniziativa l'avrebbero intrattenuto della politica inglese nel mar Rosso.

Secondo quanto conte Elia mi ha riferito, due personalità che sono in contatto con l'ammiragliato ed il Colonia! Office si sono espresse in sua presenza in termini che facevano palese la preoccupazione britannica per l'intensificarsi dell'attività italiana nello Yemen (1). Dette persone avrebbero affermato che il programma della politica navale inglese contemplava il possesso britannico di tutte le isole del mar Rosso appartenenti a stati arabi, e che l'Inghilterra doveva in special modo agire d'urgenza per insediarsi nell'arcipelago di Farsan.

L'impressione che il conte Elia ha riportato dalle conversazioni summenzionate è che l'Inghilterra si prepari ad agire per creare un fatto compiuto.

Considerate alla luce delle comunicazioni recentemente intervenute fra i due Governi circa i rispettivi interessi nel mar Rosso (2) non sembrerebbe doversi attribuire soverchia importanza alle opinioni e vedute espresse privatamente da persone non responsabili.

Ho tuttavia creduto doveroso segnalare quanto mi ha riferito il conte Elia, mentre assicuro V. E. che seguo con vigile attenzione qualsiasi manifestazione relativa al delicato argomento (3).

463

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI

T. GAB. 669/327. Roma, 16 ottobre 1926, ore 3.

Apprendo con vivo compiacimento propositi signor Stresemann circa eventuale sua visita Roma. Converrebbe anzi incoraggiarlo a metterli in esecuzione a data più prossima della ventura primavera. Prego V. E. adoperarsi opportunamente in questo senso (4).

(l) -Per il trattato con lo Yemen, cfr. p. 319, nota l. (2) -Il governo inglese aveva consegnato a Della Tol"l'etta un memorandum 1'8 settembre 1926. Mussolini diede incarico a Della Torretta di rispondere al memorandum con tel. 3524/276, trasmesso l'l ottobre 1926, ore 24. (3) -Nota marginale di Mussolini: • Interessante. M.•. (4) -Questo telegramma risponde al T. Gab. 1351/495, trasmesso 1'11, ore 14,30, per. ore 21, con il quale Aldrovandi riferiva il proposito di Stresemann di recarsi a Roma nella primavera del 1927. Cfr. anche STRESEMANN, op.cit., III, pp. 37-38 sotto la data 1 novembre 1926: proposito di Stresemann di recarsi eventualmente in Italia a Natale. Questo proposito fu ripetuto all'ambasciatore Aldrovandi nel corso di un colloquio avuto il 6 novembre (ibid., pp. 46-48). Aldrovandi riferì a Mussolini il proposito di Stresemann, con t. gab. 1523/575, trasmesso il 7 novembre, ore 2, per. ore 6; e successivamente, il 24 novembre, ne fu fatto cenno all'ambasciatore inglese a Berlino, Sir Ronald Lindsay (op. cit., pp. 60-61). ·
464

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. s. 3691/327. Roma, 16 ottobre 1926, ore 21.

Mi è stata segnalata ignobile campagna stampa greca contro fabbrica Breda scopo evidente svalutazione e discredito nostra industria mercato greco e tentativo annullare forniture. Basse menzogne propalate accondiscendente almeno tollerante Governo Atene. Si rechi subito Governo dichiarare che campagna giornalistica diretta gettare discredito sopra fabbrica Breda che anche recentemente ha battuto ovunque concorrenti francesi, inglesi e belgi per riconosciuta perfezione suoi impianti e suoi prodotti deve essere considerata da me come atto non amichevole circoli responsabili Atene. Breda fornisce regolarmente esercito italiano e esercita una delle migliori fabbriche d'armi dello stato. Agisca energicamente e mi telegrafi (1).

465

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) 563/599. Washington, 16 ottobre 1926, ore 12

(per. ore 20,15).

Dipartimento di stato mi ha detto che professore Salvemini si imbarcherà in Inghilterra per New York il 13 marzo. Nel darmi tale comunicazione ha aggiunto che non è stato possibile negare visto a Salvemini perchè, non essendo egli nè anarclìico, nè comunista, non rientra categoria persone inammissibili. Dipartimento di stato mi ha detto inoltre a titolo amichevole... (2) legislazione che permettono a stranieri pnv1 cittadinanza d'origine entrare Stati Uniti quando non abbiano potuto per qualsiasi ragione procurarsi passaporto. Questa disposizione è... [manca] tra l'altro ai casi dei cosidetti rifugiati politici. In seguito a tale comunicazione mi sono recato al dipavtimento di stato ad esprimere mio rincrescimento per la concessione del visto. Alto funzionario col quale ho conferito mi ha ripetuto argomentazioni già espostemi da segre,tario Kellog (vedi mio telegramma 447 dell'll luglio

u. s.) (3) e cioè: l) impossibilità giuridica negare visto a Salvemini; 2) non convenienza di provocare un «caso Salvemini » che sarebbe sfruttato nella campagna elettorale e poi nel congresso da politicanti scandalisti; sono noti vantaggi che Salvemini trarrebbe da opposizione a sua entrata che richiamerebbe sulla sua persona attenzione pubblica. Mio interlocutore mi ha aggiunto, a prova buona volontà e amichevoli disposizioni dipartimento di stato, che esso aveva condotto

il) La minuta del telegramma è di pugno di Mussol!ni.

indagini in Europa per raccogliere elementi dai quali risultasse che Salvemini potesse essere considerato anarchico o comunista e che risultato indagini era stato negativo. Per quanto io mi renda conto della validità di tali ragioni ne ho contestato reale importanza, richiamando attenzione dipartimento di stato su incidente che presenza Salvemini potrà provocare in comunità italo-americane nelle quali persona di V. E. e Governo nazionale sono oggetto più alta ammirazione.

(2) -Gruppo indecifrato. (3) -T. Gab. (p. r.) 395/447, trasmesso il 12 luglio. ore 13, per. m·e 23.50 in cui De Martino riferiva i passi fatti per impedire le progettate conferenze negli Stati Uniti di • quel rinnegato in mala fede e na.~.·Ugiano :.:.
466

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, ROSSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 1394/726. Londra, 18 ottobre 1926, ore 19,45 (per. ore 23,45).

Telegramma V. E. 620/384 (l) e mio telegramma 717 (2).

Con lettera personale in data odierna Chamberlain mi comunica quanto segue: «Ho letto ora la traduzione del resoconto della mia conversazione col signor Mussolini che avete avuto cortesia di sottomettermi. Naturalmente esso non è che un breve riassunto di una lunga conversazione e quindi buona parte di quanto entrambi abbiamo detto è stata necessariamente omessa.

Però esso è, a mia memoria, sostanzialmente e completamente esatto. Dovrei forse aggiungere che non ho espresso alcuna opinione circa i termini accordo italiano col Imam che naturalmente allora non avevo ancora letto essendo venuto a Livorno direttamente dalle mie vacanze ».

Trasmetto testo per corriere.

467

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. S. 684. Roma, 21 ottobre 1926, ore 16.

Scambio ratifiche trattato amicizia italo-spagnuolo che avrebbe dovuto essere accompagnato da calorose manifestazioni sia ufficiali che giornalistiche ha avuto luogo invece, per desiderio del Governo spagnuolo, in forma più riservata, e giornali spagnuoli specialmente vi hanno dato poco rilievo. R. ambasciatore Madrid segnala essere sua impressione che conversazioni iniziate Parigi circa Tangeri abbiano avuto indiretta influen2la sull'atteggiamento del Governo spagnuolo in questa occasione.

Prego V. E. indagare o,pportunamente e riferirmi su questo punto come anche sull'andamento delle conversazioni franco-spagnuole per Tangeri che raccomando seguire con la massima attenzione.

(l) -Cfr. n. 445. (2) -Cfr. n. 459.
468

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. GAB. PER CORRIERE S. 685. [Roma, 22 oUobre 1926] (1).

Mi interessa conoscere, anche in relazione ultima parte suo telegramma

n. 177 (2), quale imp.ressione abbiano ·COstà prodotto dichiarazioni fatte da Buroff ai rappresentanti della stampa dopo sua recente visita a Roma (3) e se V. S. abbia avuto occasione di constatare quale effetto visita stessa abbia potuto avere sopra i propositi di codesto ministro degli esteri.

Per quanto concerne eventualità di nuove direttive della politica bulgara in senso conciliativo nei riguardi della Jugoslavia, di eui al suo telegramma n. 178 (4), dubbi manifestati da V. S. sembrano trovare conferma nelle dichiarazioni pubbliche fatte da Buroff per patto balcanico, che sono nell'ordine di idee che egli ebbe a manifestarmi a Roma e che le ho comunicato. Ad ogni modo è ovvio che dal canto nostro non potremmo che sinceramente augurarci un migliore assetto delle relazioni bulgaro-jugoslave tale da eliminare pericoli e turbamenti nella situazione generale dei Balcani, che per quanto è prevedibile si risolverebbero a detrimE-nto degli interessi che vi abbiamo e di quelli sopratutto che tendiamo a sviJupparvi, e che comunque ci porrebbero in difficile situazione date le nostre relazioni con Belgrado e con Sofia e renderebbero ardua la nostra azione. La linea politica seguita dal Governo nazionale, e concretata colla stipulazione del patto di amicizia colla Jugoslavia, che è indubbiamente nei Balcani il nodo centrale deìla situazione e nel tempo stesso lo stato col quale abbiamo maggiori e vitali interessi in diretto contatto, è stata costantement·e quella non solo di non favorire ma anzi di cercar di appianare per quanto possibile ragioni di contrasto e di preoccupazione fra gli stati balcanici. Il Governo bulgaro ha avuto, del resto, più di ogni altro numerose e non dubbie prove, in circostanze anche recenti di capitale importanza per la Bulgaria, di tale leale, precisa e decisiva azione dell'Italta, che ha tratto modo ed efficacia dalle sue speciali relazioni con Belgrado per esercitare un'opera moderatrice che mentre è stata specialmente utile agli interessi bulgari, ha giovato ad un pacifico e proficuo assetto dei rapporti balcanici. Questi elementi della nostra posizione nei riguardi della Bulgaria, ed in genere degli stati balcanici, se equamente considerati (e V. S. vorrà opportunamente adoperarsi per farli apprezzare) dovrebbero essere ampiamente sufficienti a far giustizia una volta per sempre dei sospetti cui ella mi accenna di nostre assurde macchinazioni e di nostri oscuri disegni che non si vede neppure ove potrebbero tendere con vantaggio degli scopi che ci interessano. Se anzi dal canto nostro ci siamo astenuti finora dall'esercitare a Belgrado ed a Sofia influenze e pressioni per forzare situazioni che non apparissero mature o penetrate nella coscienza degli interessati, ciò è stato sopratutto perchè ritenevamo che non fosse il caso che l'Italia si facesse fautrice di incerte e momentanee combinazioni (e su questo

bre 1926.

27 ---Documenti diplomatici • Serie VII -Vol. IV

punto richiamo sua attenzione sul mio telegramma per corriere n. 661) (l) che apparissero eccedere il campo dei comuni e diretti interessi dei due stati. Ma qualora invece le circostanze fossero tali eh~ a parere di V. S. dessero affidamento costà di poter utilmente condurre ad uno stabile e proficuo consolidamento delle relazioni fra Bulgaria e Jugoslavia, il Governo nazionale sarebbe disposto a portarvi tutto quell'efficace e risolutivo contributo che nella favorevole situazione nella quale si trova fra le due parti è in grado di mettere in opera.

L'azione di V. S., uniformandosi a quanto sopra è detto, dovrà pertanto essere diretta, pur colla necessaria riservatezza e cautela, a seguire costà colla maggioTP attenzione qualsiasi opportunità che si offra di far penetrare la convinzione che qualsiasi accordo nel campo balcanico non potrebbe prescindere dal preminente appoggio dell'Italia, che è il solo che possa dare a simili accordi garam:ie di stabilità e di sincerità e mantenerli nel campo degli interessi degli stati balcanici, che sono anche coll'Italia effettivi e comuni.

Tale è il compito che V. S. avrà costà da svolgere, secondo le ·circostanze particolari permetteranno e consiglieranno, tenendomi il più possibile al corrente della sua azione.

(l) -Il telegramma non reca l'indicaz.ione del giorno di partenza. Si mette questa data tenendo conto del numero di protocollo. (2) -Cfr. n. 450.

(3) Le dichiarazioni furono fatte a Roma il 7 ottobre. Cfr. Corriere della Sera, 8 otto

(4) Cfr. n. 451.

469

IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 1414/252. Bucarest, 22 ottobre 1926, ore 22,15 (per. ore 4 del 23).

Prego V. E. considerare opportunità che S.A.R. Duca di Spoleto sia autorizzato esprimere, in sua conversazione privata con re Ferdinando e forse anche con questo ministro degli affari esteri, desiderio di S. M. il re di avere fra non molto tempo come ospiti a Roma sovrani di Romania. Non si dovrebbe trattare di un vero e proprio invito, ma solo di un accenno cortese alla gradita eventuaHtà di una visita dei sovrani romeni alla corte d'ltaHa. Ho l'impressione che Averesco già si attendeva qualche cosa di simile nel suo viaggio a Roma o, per meglio dire, in occasione della sua udienza a San Rossore.

470

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, ROSSO (2)

T. GAB. 692. Roma, 24 ottobre 1926, ore 3.

Suo telegramma gabinetto 1071.

Prego trovare al più presto opportuna occasione per chiarire a Chamberlain

c-hl~ ragioni per cui sono poco favorevole riunione conferenza di tutti gli stati

firnatari dell'atto di Algesinis sono essenzialmente determinate dalla tesi che il

R. Governo ha sempre sostenuto e continuerà a sostenere malgrado che in buona

-o mala fede si persista purtroppo a non comprenderla. L'Italia ritiene di aver

diritto a partecipare ad ogni decisione circa Tangeri non soltanto come firmataria dell'atto di Algesiras, ma come grande potenza mediterranea alla stessa stregua della Francia, dell'Inghilterra e della Spagna, giacchè la questione di Tangeri è una questione mediterranea che deve essere in primo luogo decisa dalle grandi potenze mediterranee.

Si esprima con Chamberlain in questo senso con forma cortese ed amichevole ma esplicita.

(l) -Cfr. p. 354, nota. (2) -Il tel. fu trasmesso anche a Parigi.
471

L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 1482/1177. Parigi, 27 ottobre 1926 (per. il 31). Ho ripreso ieri i contatti con Briand, e, come al solito ho dovuto intrattenerlo dell'attività dei nostri fuorusciti e della campagna che negli ambienti e nella stampa di sinistra continua instancabile contro la E. V. ed il regime fascista. Gli ho detto che questo argomento mi diveniva sempre più penoso, visto gli scarsi risultati delle mie rimostranze, ma che non potevo fare a meno di ritornarvi per essere tale questione fondamentale. Tutte le buone intenzioni da cui erano animati così il Governo italiano che il Governo francese per raggiungere un accordo franco-italiano, indispensabile per il consolidamento della pace in Europa, s'infrangevano regolarmente contro la persistenza dei gruppi democratici, che formavano anche in parte la maggioranza del Gabinetto, a considerare come parte del loro programma l'abbattimento del regime fascista che l'Italia si era dato e voleva mantenere. La forza di questi partiti e di questa propaganda era misurata dalla impossibilità confessata dal Governo francese di reprimerla e di darci qualche tangibile soddisfazione. Ho richiamato la sua attenzione sul recente libro di Dominique, considerando intollerabile che fosse posto in vendita con una manchette così offensiva per il capo di un Governo amico; sul periodico Escoria di Tolosa; sulle enormità che quel sindaco socialista non si perita di sciorinare nei suoi discorsi; sulla costituente di Nérac e lo scambio di telegrammi tra i suoi membri e Maurice Sarraut. Ho infine espresso il mio rincrescimento per la speciale tolleranza che si usa verso il Corriere degli Italiani, i suoi redattori ed in generale per quel gruppo composto di persone poco raccomandabili, che sono riuscite a rendersi interessanti ed a farsi proteggere, solo a cagione dei loro virulenti attacchi contro il Governo italiano e la persona di V. E. Briand mi ha risposto che l'impressione che si aveva in Italia sui sentimenti della nazione francese verso la E. V. ed il regime fascista era errata. Se si fosse potllto fare un plebiscito sul nome di V. E. non v'era dubbio che avrebbe riportato la maggioranza. Non solo presso le classi dirigenti fra le quali avrebbe raccolto l'unanimità, ma anche fra le 'Classi operaie e nelle campagne era altamente apprezzata l'opera da lei compiuta in pro della prosperità e della grandezza dell'Italia. Gli oppositori si raccoglievano fra i socialisti, i comunisti e la parte più accesa dei radicali; ma costoro erano anche nemici del Governo, H quale non

aveva presa sui loro organi costituiti principalmente dal Quotidien, dalla Oeuvre, dall'Humanité e da qualche foglio minore. Quanto alla repressione dei fuorusciti

italiani e delle loro pubblicazioni, Sarraut aveva già fatto un lavoro non privo d'interesse, ma per quanto egli (Briand) avesse più volte affrontato l'opinione pubbHca e fosse disposto tuttora a farlo, egli trovava delle limitazioni in certi principi di libertà radicata nel paese. Prendeva nota tuttavia dei fatti sui quali avevo attirata la sua attenzione per parlarne a Sarraut e Chiarppe e vedere di stringere anche maggiormente i freni.

Te::1eva poi a ripetermi che V. E. aveva per sè la maggioranza della Francia, tanto che egli si sentiva di assumere la responsabilità di un'accoglienza cordiale da p;J.rtf' della popolazione parigina qualora si fosse decisa un giorno a venire a Parigi.

L'ostilità di una minoranza sarebbe stata sommersa nella folla simpatizzante.

Con questo discorso probabilmente Briand voleva invitarmi a prospettare l'opportunità di un incontro con l'E. V. Ma io l'ho lasciato cadere conformemente a quanto ella giustamente faceva osservare nell'udienza che mi accordò recentemente a Roma, e cioè che non valesse la pena di prendere in considerazione un convegno se da esso non dovesse scaturire qualche risultato concreto.

Gli risposi invece, riconducendo la conversazione sul terreno delle relazioni fra i due paesi, che la pretesa della democrazia francese di voler intervenire negli affari inierni dell'Italia, e la troppo larga ospitalità data a tutte le forme di opposizione rifugiate sul territorio della repubblica che ne era la conseguenza, erano un fatto reale che pesava sui reciproci rapporti.

Egli, Briand, conosceva troppo bene i miei sentimenti ed il mio modo di pensare, conforme a quello di V. E., per dubitare che queste osservazioni avessero altro scopo che di poter addivenire ad un sincero riavvicinamento tra Francia ed Italb. Da parte mia avevo sempre ritenuto, e ritenevo tuttora, che il mantenimento della pace in Europa sulla base dei trattati esistenti non potesse essere garantito senza un'intesa fra le due nazioni. Esso era fondamentale anche prendendo in considerazione la politica francese di riavvicinamento alla Germania. Il Trattato di Locarno che aveva definito la questione dell'Europa occidentale, era stato possibile in seguito all'accordo intervenuto fra Francia ed Inghilterra (consenziente l'Italia) di considerare come comuni le frontiere della Francia stabilite dal trattato di Versailles. Ma restavano aperte tutte le altre questioni relative all'Europa centrale ed agli stessi Balcani.

Un'attitudine pacifica della Germania a loro riguardo non poteva attenersi senza presentarle una situazione di forza che non poteva essere data che da un accordo franco-italiano.

Ma com'era ciò possibile se una così larga frazione dei partiti che sorreggevano il Governo francese sti proponeva apertamente di abbattere il regime vigente in Italia? Non v'era dunque modo di persuadere questi settari, oltre che della futilità de~ loro sforzi, del delitto che commettevano contro quella pace di cui si dichiarano apostoli?

Briand mi rispose che egli condivideva il mio modo di pensare sulla necessità di un'intesa con l'Italia. Senza di essa non poteva considerarsi stabile la pace dell'Europa. Anche recentemente parlando con sir Austen Chamberlain, aveva ripetuto questo concetto che la pace europea comportava un accordo delle quattro grandi potenze, Inghilterra, Italia, Germania e Francia e che per tale risultato dovf'va addivenirsi ad intesa leale tra Francia ed Italia. Egli si dilungò molto su

questo r.rgomento dicendo che vi era modo di intendersi sulle questioni che ci dividevano. Ma ad un mio accenno sulla stabilizzazione àeUe Convenzioni tunisine, rispose evasivamente, sicchè la nostra conversazione rimase nel vago e non assunse mai un carattere preciso. Ma non per questo essa fu priva di interesse, ciò che risulta anche dall'importanza che la stampa, ispirata dal Quai d'Orsay, ha attribuito alla mia visita (1). Dallo scambio di cordiali ma ferme dichiarazioni da parte mia e di amichevoli proponimenti da parte di Briand, potrebbe vinascere la speranza di intendersi sopra basi realiste.

Si sta riformando una certa atmosfera politica favorevole a questi progetti. Ma ciò è già avvenuto altra volta, infrangendosi sempre la loro realizzazione contro il settarismo della democrazia e la tiepidezza dell'amministrazione degli esteri ad adottarli.

Nel momento attuale vi è un elemento favorevole per noi, nella piega che hanno preso i negoziati con la Germania. Ne ho parlato con Berthelot e con Briand. Entrambi hanno dichiarato di voler persistere nella politica di Thoiry, ma entrambi ne hanno attenuato l'importanza così come contenuto, che come imminenza di attuazione.

Berthelot mi ha detto che le trattative avrebbero preso parecchi anni e che la Germania si faceva delle illusioni se credeva di raggiungere tutti i suoi fini accordando la sua buona volontà all'emissione delle obbligazioni ferroviarie in America. Ciò gli pareva ingenuo e mi ha fatto comprendere che per raggiungere un accordo occorreva tener presente anche la situazione orientale dell'Europa.

Briand poi ha tenuto con insistenza ad allontanare i sospetti che un intimo riavvicinamento franco-tedesco aveva fatto nascere in Inghilterra ed in Italia.

Molti hanno creduto, egli ha soggiunto, che la Francia e la Germania tendevano quasi a formare una sola nazione. Lungi da me questo pensiero, che sarebbe inoltre inattuabile. Ciò che voglio ed ho parzialmente realizzato, è l'attenuazione di quelle condizioni nell'occupazione renana che irritavano il nazionalismo tedesco ed erano causa di continui incidenti, nonchè concludere accordi di carattere economico commerciale indispensabili alla prosperità di due nazioni confinanti.

È in questo periodo di arresto del flirt franco-tedesco che potrebbe inserirsi forse un nostro negoziato con la Francia se V. E. ne vede la convenienza, e se l'antitesi di principii che esiste fra i due regimi fosse vinta dalla visione di superiori interessi.

472

IL DIRETTORE GENERALE DELLA BANCA D'ITALIA, STRINGHER, AL MINISTRO DELLE FINANZE, VOLPI (ACS, Carte Volpi)

Roma, 31 ottobre 1926.

Reputo opportuno di portare a conoscenza dell'E. V. -riassumendo il contenuto di alcune 'lettere, pervenutemi dal mio Rappresentante a Londra. In Inghilterra non mancano coloro che mostrano sfiducia nel futuro andamento della nostra valuta: quegli ambienti finanziari, quando non sono

p. 215.

addirittura pessimisti sull'avvenire della lira (come, del resto, su quello del frooco francese), sono riservati e dubbiosi, anche perché non sì rendono conto dei limiti, ai quali la rivalutazione della lira possa mirare, e, sulle basi di quanto ebbe a dichiarare il Governatore della Banca d'Inghilterra, nel senso che «la stabilizzazione di una valuta qualsiasi, su basi auree, è sempre possibile, purché la valutazione sia tenuta suffi.cientemente bassa e quindi conviene stabilizzare a un livello di deprezzamento maggiore, anziché minore, di quello a cui si reputa di raggiungere l'equiUbrio della bilancia dei pagamenti», temono che il processo di riva·l·utazione giunga a degli eccessi, i quali potrebbero determinare uno squilibrio della nostra bilancia dei pagamenti e quindi una reazione. Con il principio della rivalutazione si tende, poi, a eliminare quello della stabilità del cambio, che si risguarda come l'elemento essenziale per la normalizzazione degli scambi e dei traffici, e si rileva, in fine, che è assai arduo per l'Italia, la quale ha scars·e riserve di capitale accumulato, di affrontare un processo di deflazione forzata, a simiglianza di quanto fu praticato in Inghilterra, fornita di mezzi incomparabilmente maggiori dei nostri, ma pure con conseguenze economiche grav-i e profonde. Si è quindi d'avviso che la stabilizzazione avrebbe, già di per sé stessa, costituito un notevole sforzo, non scevro di sacrifici sensibili.

In complesso la «City», per quanto riconosca che le misure adottate sono inspirate alle migliovi tradizioni di una sana finanza, sembra non concordare in tutto con la politica monetaria da noi decisa, considerando il rischio al quale si esporrebbe il nostro Governo, nel caso che, per una ragione qualsiasi, non fosse ad esso possibile di riuscire nell'intento prefissosi.

A proposito dell'articolo di fondo pubblicato dal Times del 19 corrente, articolo che è stato riportato e largamente commentato nella stampa italiana, e che il Dr. Nathan ritiene debba attribuirsi all'editore finanziario, è stato osservato che non è coerente da parte della stampa inglese, di criticare e, in certo modo, opporsi al principio della rivalutazione moneta.ria, adottato dal nostro Governo, in quanto, con la rivalutazione si elìmina automaticamente il pericolo della concorrenza italiana a talune industrie ed esportazioni inglesi, dovute al deprezzamento della valuta e, per questa ragione, l'economia inglese dovrebbe avere di che rallegrarsi.

Per conseguenza si ritiene che le osservazioni del Times siano inspirate dai principi dogmatici costantemente enunciati dal suo editore finanziario, a meno che non rispecchino il timore di una ulteriore svalutazione, ove i tenta-tivi di rivalutare dovessero fallire, che riuscirebbe dannosa alla industria e ai com

merci britannici.

11 mio Rappresentante mi riferisce che è corsa voce che il movimento di ripresa della nostra valuta sarebbe stato piuttosto favorito che ostacolato dagli ambienti industriali inglesi e più ancora da quelli tedeschi e francesi, ove il programma di rivalutazione della lira sarebbe, particolarmente, ben visto. Pur non avendo alcun indice per confermare o negare siffatta asserzione, per quanto concerne l'Inghilterra il Dr. Nathan dubita molto che vi sia stata un'azione in tal senso e, comunque, egli afferma che gli ambienti finanziari inglesi, più serii, sono rimasti assolutamente perplessi di fronte al precipitoso

movimento di rivalutazione.

In definitiva, nei riguardi del nostro Paese, l'Inghilterra preferirebbe la stahHizzazione, indipendentemente da quelle che possono essere le conseguenze immediate della svalutazione del cambio sui rapporti commerciali diretti e indiretti alla rivalutazione, dalla quale si temono nuov,e incertezze e nuove scosse nocive alla normalizzazione dei mercati europei.

In ogni caso ora si segue l'azione del nostro Governo con curiosità, ma con profondo scetticismo.

.....

(l) Cfr. E. Dr NoLFO, Mussolini e !a politica estera italiana (1919-1933), Padova, 19!ì0,

473

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, A FORLI'

T. GAB. (P. R.) 422. Roma, l novembre 1926, ore 13,45.

Seguito mio telegramma n. 421/2 (l) trascrivo qui di seguito lettera inviata da Padre Tacchi Venturi:

«Il Santo Padre appresa appena la raccapricciante notizia dell'odierno attentato, mi ha mandato significando che come prima potessi mi rendessi interprete presso di V. E. della sua profonda esecrazione pel nefando delitto e della gioia immensa che prova nell'animo per saperla salva ed incolume interamente per ispeciale protezione di Gesù Cristo. Il quale (me lo lasci dire) non ha voluto permettere ,che oggi, quando per la prima volta celebravasi nell'orbe cattolico la festa della sua eterna regalità, patisse danno alcuno la vita preziosa di Colui che non ha temuto nè teme le sette malvage nemiche di Dio e della Chiesa e vuole rispettata ed amata la Religione.

L'Ecc.mo Cardinale Segretario di Stato mi prega che con i rallegramenti del Sommo Pontefice Le faccia pervenire i suoi personali sinceri e vivissimi.

Gradisca infine, Eccellenza, quelle espressioni di gaudio e di voti pel futuro, non iscritte, ma intimamente sentite, che con profonda riverenza Le porge il suo devotissimo e affezionatissimo Pietro Tacchi Venturi».

474

L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1512/1198/737. Parigi, 4 novembre 1926, ore 22,45 (per. ore 8 del 5).

Così nel Governo come nei circoli politioi i fatti di Ventimiglia Tripoli e Bengasi (2) hanno cagionato profonda impressione, non tanto :per la loro gravità quanto per la luce che gettano (seguendo a breve scadenza altri simili incidenti) sullo stato dell'opinione pubblica italiana nei riguardi della Francia. Nel recente consiglio dei ministri di ieri è stato considerato, temendo che possano verificarsi ad ogni istante altre manifestazioni di carattere anche più offensivo che la Francia, per ragioni di prestigio, non potrebbe ignorare [sic]. È stato espresso anche il rincrescimento che il risentimento esagerato dell'opinione pubblica

italiana per la campagna dei giornali di sinistra e per l'asilo dato ai fuorusciti ritardi il movimento che si andava accentuando per coordinare le basi di un accordo generale fra i due paesi. Alcuni uomini politici mi hanno confermato come anche negli ambienti a noi favorevoli si sia impensieriti del fatto che ormai i consolati francesi in Italia debbano essere custoditi daUa forza pubblica. Vi si dice che il fascismo, avendo soggiogato ogni opposizione all'interno, confonde l'opposizione dei fuorusciti italiani in Francia con la Francia stessa, facendo scivolare una questione di politica interna sul pedcoloso terreno internazionale... (1). Ho spiegato immediata azione per richlama,re attenzione pubblico sul fondamento della nostra irritazione. Ma affinchè V. E. abbia in mano tutti gli elementi di giudizio, .informo V. E. che l'eccitazione per i pretesi attacchi Governo italiano è più grande che non appaia dai giornali che obbedendo al Quai d'Orsay mantengono un linguaggio relativamente moderato. Il senatore Crespi, qui d.i. passa,ggio, che ha avuto una conversazione concitata con De MonZJie portavoce dei gruppi parlamentari di sinistra, ha potuto constatarlo, come pure ha dovuto rendersi anche conto della poca probabilità d'ottenere dal Governo francese atti di repressione seria sulle manifestazioni anti fasciste così francesi come dei fuorusciti. V. E. sa che non sono facili nè ad... (l) nè a far concessioni. Ma la si,tuazione mi sembra molto seria e per non renderla più grave sa.rebbe vivamente desiderabile una tregua, sia pure sulle posizioni prese.

(l) -Trasmesso in pari data. con cui Grandi annunciava la lettera recapitata al ministero la sera precedente dallo stesso padre Tacchi Venturi. (2) -Cfr. G. SALVEMINI, op. cit., pp. 180 sgg.. A. GAROSCI, Storia dei fuorusciti, Bari, 1953, pp. 23-24.
475

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, TALIANI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE STRETTAMENTE CONFIDENZIALE 15'8~/1224.

Costantinopoli, 4 novembre 1926 (per. il 14).

Per uno studio retrospettivo delle relazioni italo-turche in rapporto alla

soluzione del problema di Mossul è interessante conoscere che il Governo turco

nell'aprile scorso si preoccupò effettivamente di un attacco italiano in forze sulle

coste anatoliche, e che febbrilmente prese tutte le misure atte a respingerlo.

Lo scopo principale di esso non fu dunque quello che molti loro attribuiscono:

di giustificare dinanzi all'opinione pubblica turca la cessione di Mossul.

Che così fosse si deduceva anche allora dall'atteggiamento del Governo e

più ancora da numerosi dati segnalati senza indugio dal R. ambasciatore. Ma

mancava sino ad oggi la ·conferma e questa ho tratto da una conversazione confi

denziale con questo ambasciatore di Russia.

Mi ha detto il signor Suritz che in quei giorni di eccitazione, appena annunciata la mobilitazione di alcune unità turche egli si recò dal ministro degli affari esteri per dimostrargli quanto fosse pericoloso prendere così gravi misure su voci di ipotetici movimenti italiani che egli personalmente, basandosi su serie ragioni politiche, giudicava impossibili. Tevfik Russdi Bey dopo lunga discussione dichiarò dividere personalmente il suo avviso, ma fece comprendere a Suritz che altri

del Governo ritenevano assai probabile, basandosi su numerosi precisi dati di fatto (segnalati da Roma?), che Italia avrebbe approfittato della prima occasione, che si fosse presentata in quei giorni, per attacé'are Turchia. Donde la necessità assoluta di prendere ogni precauzione, di trovarsi pronti per ogni eventualità.

Sin qui l'ambasciatore di Russia. Ma mettendo le sue confidenze in rapporto con informazioni fornitemi da altri colleghi e da un personaggio turco che ebbe nella primavera scorsa amichevole consuetudine con Ismet Pascià, posso arguire con fondamento che furono il presidente della repubblica e il presidente del consiglio, personalmente, a volere quella disgraziata mobilitazione parziale che, per gli oneri finanziari che trasse seco, grava ancora sul paese esausto.

Era convincimento del Gazi e del suo più fido consigliere che l'attacco dell'Italia non avrebbe seguito, ma prevenuto quello eventuale inglese provocato da una rottura delle trattative per Mossul. Mustafa Kemal giungeva sino a presdndere da un accordo itala-britannico per una azione comune: giungeva a pensare che, divenute torbide le acque, l'Italia spinta dal suo prepotente bisogno di espansione, dall'idea della guerra vibrante nei giovanissimi, avrebbe attaccato sicura di trascinar seco nel conflitto Gran Bretagna e Grecia.

Gli avvenimenti dettero torto alle previsioni del Gazi. Ma egli rimase nella sua convinzione, e, in essa si decise a risolvere rapidamente, con sacrificio grave di interessi e di amor proprio, la questione di Mossul.

Dalla strana situazione venne a trarre utile inatteso o calcolato la Gran Bretagna soltanto.

(l) Gruppo indecifrato.

476

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, LANZA DI SCALEA

TELESPR. 245097/559. Roma, 5 novembre 1926. Questo Ministero ha ricevuto in comunicazione il telegramma del Governatore della Tripolitania n. 603 del 27 ottobre scorso, col quale S. E. De Bono chiede di conoscere come è visto dal Governo Nazionale il movimento sionista per paterne aver norma nella sua azione politica in generale e in particolare circa la richiesta pubblicazione di un settimanale sionista a Tripoli. Circa quest'ultima questione, mi richiamo al telespresso di questo Ministero

n. 2,34709 del 21 agosto scorso. Qualora il Governatore della Tripolitania non abbia difficoltà di carattere locale, nulla osterebbe da parte mia ad accogliere la domanda dei giovani sionisti tripolini.

Per quanto riguarda la questione generale, informo V. E. che il Governo Nazionale non vede alcuna ragione nè alcun speciale interesse italiano a svolgere una politica decisamente filo-sionista ed a favorire marcatamente questo movimento religioso-politico·. Poichè però .specialmente nelle nostre colonie Mediterranee si trovano numerosi ed influenti elementi ebraici, i quali oltre ad aiutare nella maggior parte dei casi le istituzioni italiane e l'opera di espansione nostra, hanno in generale dimostrato finora un lodevole lealismo verso il Governo Nazionale e saldi sentimenti di italianità, noi non possiamo nè dobbiamo trascurare tali elementi, e tanto meno opporci alle loro aspirazioni quando esse non contrastano con gli interessi Italiani. D'altra parte il sionismo è un movimento dal quale non possiamo restare assenti nè rinunziare ad esercitare su di esso quel vigile controllo che è richiesto dalla necessità di tutelare e sviluppare i nostri interessi. Dobbiamo quindi cercare il più possibile di avere nelle sue fila degli elementi di sicura italianità per non far che un tale movimento assuma un carattere particolarista a favore di altre Potenze che hanno interessi contrastanti coi nostri nel Mediterraneo. E perciò, senza favorirlo apertamente, non dobbiamo ostacolarlo quando non vi siano speciali ragioni in contrario, ed anzi dobbiamo cercare che nel movimento sionista siano fortemente rappresentati gli interessi italiani (1).

477

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. 732/656. Roma, 7 novembre 1926, ore 20.

Ho avuto stasera una lunga conversazione con questo ambasciatore di

Francia, il quale mi ha esposto le sue preoccupazioni, non tanto per gli incidenti

verificatisi in questi ultimi giorni in varie città d'Italia e nelle colonie ma sopra

tutto per la situazione che si era andata determinando e che era indizio di un

pericoloso stato d'animo in parecchi ambienti italiani. Gli ho risposto: l) che la

stampa italiana teneva un contegno tranquillo; 2) che gli autori delle violenze

erano già stati in parte e sarebbero tutti puniti; 3) che con apposita circolare

ai prefetti avrei insistito sulla necessità di far sì che la stampa italiana si man

tenga nell'attuale linea di condotta e di prendere disposizioni perchè non acca

dessero più in nessun modo delle dimostrazioni; 4) che mi riservavo fare in sede

opportuna una dichiarazione rasserenatrice.

Ho pregato Besnard di trasmettere queste mie dichiarazioni a Parigi e di

richiamare l'attenzione del suo Governo e dell'opinione pubblica francese sulla

odierna mozione del gran consiglio concernente le dimostrazioni presso i con

solati esteri.

V. E. vorrà anche da parte sua intrattenere codesto Governo nel senso di quanto precede adoperandosi in modo opportuno per chiarire ogni possibile malinteso circa l'atteggiamento del R. Governo di fronte ai recenti incidenti.

478

L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1529/1207/744. Parigi, 7 novembre 1926, ore 18,30 (per. ore 23,50).

La situazione tende tutt'altro che a chiarirsi. Secondo informazioni che trasmetto con riserva, ma che sono verosimili, si persisterebbe nel proposito di dare all'affare Garibaldi (2) la ampiezza e pubblicità per farne risultare la prova

-o il presunto che contrariamente alle lagnanze italiane, fosse la stessa polizia italiana responsabile della creazione falso complotto in Francia. Si proporrebbe di dare corpo al proprio risentimento provocato da tale azione. Vi sarebbe indotto anche dalla complicità di Ricciotti Garibaldi nel complotto... [manca] del quale il Governo italiano informato prev•iamente avrebbe dato comunicazione alla Spagna tacendone nomi allo scopo di intorbidare rapporti franco-spagnuoli. Cosa ancora più grave Governo francese avrebbe prove che il partito fascista francese sarebbe stato sovvenzionato dal fascismo italiano. Queste prove consisterebbero in un chèque di provenienza italiana che Valois avrebbe riscosso presso Banca Adam. Offensiva contro regime fascista sarebbe politica e finanziaria. Governo francese seguendo esempio dell'InjÙlilterra quando intervenne per denunziare azione della Francia procinto inaugurare movimento, si preparerebbe indirizzare al Governo italiano una protesta ai fatti sopra accennati alla quale sarebbe data la maggiore pubblicità essendo già prestabilita la mobilitazione di tutti gli organi della stampa francese ed inglese ed americana per circondarla di tutte le notizie sensazionali relative all'azione subdola dell'Italia ed alla minaccia che il regime fascista, specialmente in seguito alle ultime disposizioni decise verso gli stranieri, rappresenti per il mondo civile. Al tempo stesso si inizierebbe una offensiva finanziaria contro il credito italiano che si estenderebbe Germania, Inghilterra, e America ritenendosi che il lato finanziario sia il più vulnerabile e quello che meglio potrebbe indebolire lira italiana fascismo. Vedrò domani Briand per cercare di appurare il fondamento di questa notizia e prevenirne le conseguenze. Ma troppi segni vi sono che ormai Governo francese spinto dalle sinistre radicali, oggi benaccette, dall'impotenza dei partiti con noi simpatizzanti a schierarsi dalla nostra parte, abbia deciso di muoversi contro cregime italiano, per fare assegnamento sulla effi·cacia del suo... (l) piano. È bene pecrciò che il R. Governo si prepari ad affrontare... [manca] l) col dare la maggiore pubblicità con tutti i mezzi non escluso quello dell'autorevole voce di V. E., specialmente Inghilterra e America, alla vera versione dei fatti in guisa che le eventuali pubblicazioni della nota francese cadano in terreno già preparato; versione nella quale dovrebbe con cura evitarsi ogni frase che suonasse attacchi od offese al Governo francese; 2) nello stesso tempo modificare i provvedimenti presi contro gli stranieri contumaci, tale provvedimento non potendo che favorire le forze che pretendono intervenire negli affari interni dell'Italia; 3) prendere le disposizioni necessarie affinchè non abbiano assolutamente a verificarsi nuovi incidenti contro chicchessia. Dopo avere fatto risultare che l'Italia ha adempiuto ai suoi obblighi internazionali per quanto riguarda i gallofobi e dopo avere ridotto alle vere proporzioni il suo preteso intervento negli affari interni della Francia, non dubito che se noi ci chiuderemo in una attitudine ferma e silenziosa per lasciar passare l'attacco, ne riusciremo vincitori, mentre qualsiasi altra tattica non potrebbe che impegnarci sul terreno sul quale vogliono condurci i nostri nemici.
(l) -Peraltro il di Scalea dava istruzioni il 6 novembre al governatore della Tripolitaniain senso sfavorevole a concedere il richiesto permesso di pubblicare il giornale sionista. (2) -Cfr. p, 367, nota 2. (1) -Gruppo indecifrato.
479

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, PAULUCCI DE' CALBOLI

T. GAB. 737/318. Roma, 8 novembre 1926, ore 4.

A seguito telegramma di ieri n. 447 (1).

V. E. trovi modo dire o far sapere Primo de Rivera come io sia rimasto

-P.ispiaciuto e indispettito per balorda campagna fatta da stampa :lirancese questi giorni a proposito arresti di Nizza e che ho protestato presso Governo francese non essendo disposto si continui propalazione sciocche menzogne che hanno fra l'altro anche evidente finalità di creare dissapori ed equivoci fra opinione pubblica italiana e :~pagnuola che bisogna assolutamente evitare.

480

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ALDROVANDI, A LONDRA, DELLA TORRETTA, A MADRID, PAULUCCI DE' CALBOLI, A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, A WASHINGTON, DE MARTINO, E AI MINISTRI A BERNA, PIGNATTI, A BUCAREST, DURAZZO, A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, A PRAGA, PREZIOSI, E A VIENNA, AURITI

T. GAB. 738. Roma, 8 novembre 1926, ore 19,50.

(Solo per Parigi). Ho telegrafato Londra, Berlino, Washington, Madrid, Vienna, Praga, Budapest, Bucarest, Berna, quanto segue:

(Per tutti). Appare secondo notizie di nostra fonte che Governo francese sospinto e schiavo elementi sinistra voglia inscenare grande campagna contro Italia traendo pretesto complotto Perpignano e arresto Ricciotti. Già un comunicato Stefani ha messo cose a posto per quanto riguarda relazioni ispettore P. S. Lapolla col Ricciotti (2). Quanto poi a responsabilità italiane complotto catalano, la cosa è di una assurdità stupida ·ed evidente che lo stesso Governo spagnuolo riconosce. Poichè campagna francese si propone anche danneggiare regime attraverso la finanza provocando una caduta della lira, bisogna reagire al primo sintomo colla massima energia. Bisogna mobilitare uomini, circoli, ambienti amici dell'Italia e far sapere quello che è la pura controllabile verità e cioè che regime fascista è incrollabile e che manovra francese se avverrà è un atto inqualificabile che troverà tutta Italia unita e compatta a sventarla. Voglio essere minutamente e telegraficamente informato.

complottare contro la vita di Mussolini.

(l) Di piccola registrazione, inviato il 7, ore 3 alle ambasciate a Mosca, Parigi, Berlino, Londra e Madrid ed alle legazioni a Belgrado, Praga, Vienna, Budapest, Berna e Atene: trasmissione di un comunicato Stefani relativo al viaggio in Francia dell'ispettore Lapolla e ai suoi contatti con Ricciotti Garibaldi per assumere informazioni su Scivoli, sospettato di

(2) Cfr. Corriere della Sera, 7 novembre 1926. Cfr. anche nota precedente.

481

L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1542/1214/718. Parigi, 9 novembre 1926, ore 22,40 (per. ore 6 dellO). La pubblicità data all'affare Garibaldi attesta che connessione che si è voluta creare fra pretese manovr,e italiane ed il complotto Catalano, ha avuto luogo con il consenso del Quai d'Orsay, che ha creduto di avere in mano un'arma per castigare il fascismo dei rinnovati inClidenti gallofobi. Questa decisione presa in un momento di eccitazione, come prevedevo, ritorcesi contro il Governo francese, a meno che esso non avesse per proposito di creare una situazione con l'Italia di estrema gravità. Il mio intervento presso Briand ha avuto luogo quando, sfumati i bollori, il Governo stesso ha cominciato a misurare le conseguenze cui poteva condurre l'aver ceduto alla tentazione di servirsi delle risultanze fornite dalla polizia sui complotti sopra accennati. Sebbene Briand l'abbia negato, ritengo che l'eventualità della nota a noi diretta, resa di pubblica ragione, sia stata ventilata. Occorre dire che Briand ha fatto da parte sua opera pacificatrice, che merita di essere aiutata da parte nostra, per superare il momento e ricondurre tutti a ragiona·re serenamente. Nel mio colloquio ho chiesto a Briand dove mirava il Governo. Tutto al più poteva essere trasparito di un... (l) discreto... (l) per porre in chiaro tutti questi dubbi che avevano potuto nascere sui nostri pretesi macchiavellismi. Eìd ho aggiunto: sono sicuro che al momento attuale voi siete ben imbarazzati ad uscire dalla via in cui vi siete messi. Briand è stato come al solito cordiale ed ha rifatta la storia di tutte le occasioni nelle quali egli è intervenuto per creare una atmosfera amichevole fra le due nazioni. Il popolo francese non sa spiegarsi perchè sia il solo ad ess·ere preso di mira dal Governo italiano e ciò aveva prodotto giusto senso di scoraggiamento in tutti i nostri amici, che sono numerosi. Da parte mia gli ho ripetuto i motivi che erano alla base di questo risentimento dell'Italia, e che egli non aveva che a leggere anche in questi giorni la stampa francese per troV'are la spiegazione. Tuttavia ciò che urgeva adesso era di porre un termine alla gaz:zar~a sull'affare Garibaldi e complotto catalano. Su questo, benchè della connessione italiana Briand affermava vi fossero documenti... (l) attribuiva non al Governo ma alla polizia italiana, ho dichiarato che dov·evo assolutamente escluderlo. Infine Briand ha riconosciuto che, per ragioni politiche, conveniva mettere tutto a tacere. Mi ha assicurato che avrebbe dato ordine alla polizia di non far più comunicazioni ai giornali, e che avrebbe insistito al consiglio dei ministri perchè fosse adottata la linea di condotta fra noi concordata e di cui

ho dato comunicazione con telegramma di ieri sera. Spero che essa sarà adottata e seguita; nel quale caso, come mi permettevo di suggerire in altro

mio telegramma, malgrado che la stampa di sinist·ra non cesserà certo dail'abbaiarci alle calcagne, è consigliabile una tregua, Giacchè sussiste tuttora una atmosfera d'incertezza e di sospetto, favorevole al disegno della demomassoneria, che è di farci entrare in aperto dissidio con la Francia e sollevarci contro le falangi democratiche e pacifiste del mondo intero,

(l) Gruppo indecifrato.

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L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1549/662 (?). Washington, 10 novembre 1926, ore 17 (per. ore 2,45).

Telegramma di V. E. gab. 738/524 (1).

Col mio telegramma n. 660 del 6 corrente (2) avevo segnalato cor11ispondenza tendenziosa da Parigi atta ad impressionare sfavorevolmente opinione pubblica e circoli finanziari. Avant'ieri mi sono recato New York e sono tornato stanotte. New York costituisce terreno più pericoloso. Ho trovato ambiente finanziario Wall Street alquanto impressionato non solo dalle copiose fantastiche notizie parigine del cosidetto colpo di mano di Garibaldi ma anche da infondatezza congetture circa situazione interna italiana in relazione legislazione repressiva. Mi è stata fatta menzione provvedimento circa stranieri e circa passaporti.

Sulla base suddetto telegramma di V. E. 524 giunto ieri mattina ho energicamente controbattuto recandomi personalmente Wall Street. In collaborazione col console generale e coll'addetto commerciale ho disposto contro azione valendomi opera di organizzazioni itala-americane. Nel partire New York mi sono assicurato che R. console e addetto commerciale metteranno in opera tutti i mezzi di cui dispongono.

Sino da ieri ho diramato stringente circolare telegrafica a tutti i consoli. Domani vedrò segretario di stato e signor Mellon.

Riterrei necessario che corrispondenti da Roma della United Press e di giornali americani siano persuasi a telegrafare notizie e considerazioni opportunamente adattate alla mentalità americana circa situazione interna e leggi repressive. Già cor•rispondenza New York Times di ieri mattina produsse buon effetto ed ebbi cura metterlo in rilievo. È anche urgente mettermi in grado telegrafare ai consoli chiare istruzioni circa passaporti e assicurare ampiamente circa traffico turisti americani.

Ho fiducia che questa burrasca sarà rapidamente superata. Come risulta dalla mia passata corrispondenza prestigio del Governo nazionale, ammirazione e simpatia per la persona di V. E., la fiducia nell'avvenire economico sono altissimi in questo paese. L'inasprita campagna di provenienza europea non riuscirà a distruggere queste basi.

Prego vivamente chiedere ripetizione in caso di incertezza di cifra.

Il) Cfr. n. 480.

(2) Non pubblicato.

483

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA

T. GAB. 742/438. Roma, 11 novembre 1926, ore 7,45.

Per reagire contro tensione borse che è di origine londinese, bisogna far sapere alla City quanto segue:

l) che dopo colloquio Briand-Romano Avezzana (1), la situazione francoitaliana è perfettamente chiarita ed atmosfera rasserenata e che vi sono aumentate probabilità di un incontro e conseguente accordo;

2) che situazione interna italiana è assolutamente calma. Da cinque giorni non viene segnalato il benchè minimo incidente; 3) che misure adottate dal parlamento sono state accolte col più grande favore dal popolo italiano;

4) che danni alluvione a Bari (2) ed altrove sono relativamente modesti;

5) che grande operazione consolidamento debito fluttuante garantisce dominio circolazione (3).

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1555/1215/749. Parigi, 11 novembre 1926, ore 15 (per. ore 20).

Sauerwein mi ha fatto sapere che veniva in Italia perchè V. E., per mezzo di Ugo Ojetti, gli aveva espresso desiderio di vederlo. Sauerwein invece mi aveva già fatto precedentemente conoscere per mezzo del corrispondente Corriere della Sera, che avrebbe molto volentieri intervistato V. E., protestando i suoi sentimenti favorevoli all'amicizia franco-italiana; espressi H parere che questo passo fosse prematuro, essendo molto equivoca in quel momento attitudine del Governo francese; ma anche (benchè atmosfera tenda a rischiararsi, senza essere completamente al buon tempo, in cui fautori dello scandalo non si sono ancora dati per vinti) mi permetto suggerire a V. E. la maggiore cautela nelle dichiarazioni che vorrà fare a Sauerwein, tenendo presente anche egli dopo tutto fa parte delle falangi demo-pacifiste.

Impazienza di avere dichiarazioni di V. E. è rivelata dalle continue domande che io ricevo da giornalisti in contatto col Quai d'Orsay sui motivi che hanno indotto V. E. a rimandare l'annunziato discorso sulla politica estera. Tali dichiarazioni, che si riferirebbero necessariamente ai recenti avvenimenti, se debbono aver luogo non potrebbero essere fatte che in termini .molto guardinghi e quando risultassero realmente definiti o posti a tacere tutti gli incidenti in corso. Il prestìgio del paese e la vittoria che noi riporteremo certamente sopra nostri avversari, anche francesi, dipendono molto da una riserva non minacciosa, ma che resti sempre alquanto enigmatica.

(2J Avvenuta nella notte fra il 5 e il 6 no.vembre.
(l) -Cfr. n. 481. (3) -Il telegramma venne inviato anche a tutte le ambasciate e legazioni all'estero.
485

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA

T. GAB. 752/444. Roma, 12 novembre 1926, ore 21.

Dichiarazioni Chamberlain su Trattato italo-jemenita hanno prodotto la migliore impressione sul Governo e opinione pubblica italiana. Trovi modo manifestare mia cordiale soddisfazione a Chamberlain. Richiamo attenzione V. E. ~u necessità reagire contro ondata disfattismo anti-italiano influendo sugli ambienti politici e giornalistici nonchè finanziari. Verità cose è quella da me prospettata nel telegramma n. 742 (1). Situaz,ione interna italiana è ottima sotto ogni aspetto.

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L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, VIOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1591/362/2,27. Madrid, 13 novembre 1926, ore 24 (per. ore 6,20 del 14).

Telegrammi di V. E. n. 447/314, 737/318 gab. (2).

Tutti i giornali hanno riprodotto comunicato « Stefani » circa missione Lapolla. Debbo dire però che, grazie alla censura, ben poco era apparso in questa stampa della campagna inscenata contro di noi dalla stampa francese sul complotto catalano e arresto Garibaldi. Ad ogni modo ho desidemto avere in proposito con Prtmo de Rivera un colloquio che si è svolto molto cordialmente stamane ed è durato quasi un'ora. Gli ho detto come V. E. avesse già opportunamente provveduto nei rigua~rdi della Francia, ma come le promesse di evitare che malignità francesi potessero creare qui un'atmosfera di equivoco e di diffidenza ... [manca]. Il presidente mi ha assicurato che campagna francese non ha avuto nè può avere presa sulla opinione pubblica spagnola già abituata per sua propri•a esperienza -egli ha osservato confidenzialmente -«a giudicare le manovre francesi per quello che valgono». Quanto alla insinuazione della responsabilità italiana nel complotto, Primo de Rivera disse che ne aveva riso come di una cattive11La che rasentava l'ingenuità e aggiunse essere sicuro che nessuno nella Spa~gna, nemmeno fra i suoi nemici, era disposto a prestarvi fede. Egli mi disse di aver già fatto pervenire a V. E. chiare assicurazioni su questo punto. Ho avvertito però il presidente che avevamo fondate ragioni di ri<tenere che la campagna francese contro Italia non si arresterà qui, ma anzi si svolgerà secondo un piano organizzato, al quale ho lasciato intendere non sarebbero estranei i fattori governativi, con lo scopo di danneggiare n regime, attraverso caduta della lira.

Primo de Rivera mi ha autorizzato e pregato di assicurare V. E. che farà quanto sta in lui per frustrare tale tentativo per quanto riguarda la Spagna.

Mi 11ipetè che la prosperità e il successo del regime fascista sono condizioni

essenziali per la vita del suo Governo. Aggiunse che il Governo fascista potrebbe

quasi certamente continuare a prosperare anche se egli cadesse in Spagna, ma

che se, per dannata ipotesi, cadesse il Governo fascista, egli non si sentiva di

garantire della... (tre gruppi errati) turbolenza.

Il presidente poi si fece portare e mi sottopose tutti gli estratti dei giornali

censurati e soppressi nelLe ultime settimane in relazione al complotto Garibaldi

e con riguaroo all'ItaLia e V. E. Debbo dire che il lavoro della censura è stato

in questi giomi enorme e di una scrupolosità che non permette richiedere di

più. Presidente ha tenuto a r1chiamare la mia [attenzione] sopra articolo di due

colonne dell'odierno giornale A. B. C., relativo ai recenti discorsi di V. E. sop

presso interamente soltanto perchè di intonazione poco riguardosa, benchè non

contenesse sostan2lialmente nulla di offensivo. Primo de Rivera mi ha detto:

se si fosse trattato di me avrei lasciato passare, ma non ho creduto di pren

dermi questa responsabilità, trattandosi di Mussolini.

Ho ringraziato il presidente e gli ho detto che V. E. gli sarebbe stata grata

di sorvegliare anche più dgorosamente la stampa nell'accennata eventualità

di più aspro sviluppo della campagna francese contro di noi. Egli mi ha pro

messo che sarebbero dati sin da ora gli o11dini opportuni non soltanto negli

ambienti ufficiali, ma anche in tutti quelli dove il suo ascendente può comunque

avere effetto.

(l) -Cfr. n. 483. (2) -Cfr. n. 479 e nota allo stesso.
487

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, AURITI

T. GAB. PER CORRIERE 761. Roma, 14 novembre 1926, ore 18.

Questo ministro d'Austria in conformità di istruzioni ricevute personalmente dal canceHiere è venuto a dire che:

«Une grande effervescence s'est fa·ite sentir surtout au Tirol à cause de certa1nes mesures dans l'Alto Adige qui paraissent si les journaux disent la vérité se diriger presque exclusivement contre la population parlante allemand. Le Gouvernement fédéral croit pouvoir supposer que ces mesures sont causées par un excès de zèle d'o11ganes inférieurs et d'organisations fascistes locales et que ces mesures n'auront pas trouvé l'approbation du Gouvernement centval. Vu que la conservation de l'amitié existente entre les deux Etats sans entraves est valuée par dessus tout, le Gouvernement fédéral saluerait le plus chaleureusement possible si le Gouvernement italien était à meme de donner des ordres qui rendraient possible au Gouvernement fédéral de tranquiHiser au plus tòt l'opinion pu'blique du Tirol».

È stato risposto al signor Egger che « l'Italia non può ammettere nessuna osservazione da parte di un governo estero sui provved1menti che intende adottare e ha adottato in Alto Adige come in qualsiasi altra parte del regno».

Quanto precede per notizia e norma di linguaggio.

28 -Doctlmenti diplomatici -Serie VII -Vol. IV

488

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, E ALL'AGENTE DIPLOMATICO A TANGERI, VANNUTELLI REY

T. GAB. s. 770. Roma, 17 novembTe 1926, oTe 24.

(Per Tangeri). Chamberlain mi ha fatto personalmente pregare di considerare la situazione delicatissima attuale della questione di Tangeri e le conseguenze che ne potrebbero derivare nei riguardi dell'apertura di un nostro ufficio postale che darebbe verosimilmente luogo ad una vertenza col Governo sceriffiano ad una tensione internazionale incresciosa con conseguenti ripercussioni sulla stampa. Pur affermando nostro incontestabile diritto alla creazione dell'ufficio postale ho creduto opportuno sopra tutto per ragioni di politica generale di cui debbo tenere il massimo conto nel momento attuale di non opporre un rifiuto alla preghiera di Chamberlain e perciò prego V. S. voler sospendere ogni provvedimento circa apertura ufficio postale prendendo però opportune misure perchè non si abbia in codesti ambienti la sensazione di un nostro cambiamento di progetti dovuto a pressioni esterne. Prego telegrafarmi sue proposte circa il miglior modo di provvedere nei riguardi dei locali già presi in affitto e circa la convenienza che cavaliere Migliorini si trattenga ancora costà sotto qualche p:·etesto o parta subito.

(Per Londra). Ho telegrafato alla R. agenzia diplomatica a Tangeri: « ripro

durre telegramma soprascritto ,_

Prego intrattenere personalmente Chamberlain di quanto precede mettendo

in valore mia decisione dovuta principalmente al desiderio di non creare diffi

coltà nell'ora presente alla politica di amichevole e fiduciosa collaborazione che

seguiamo col Governo britannico, ma facendogli opportunamente notare che la

sospensione del provvedimento in questione è naturalmente subordinata alle

decisioni ulteriori che verranno prese nella questione di Tangeri circa le quali

conto sul suo più efficace appoggio all'opera del R. Governo diretta a salvaguar

dare gli interessi generali e locali dell'Italia.

489

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA

T. GAB. 772. Roma, 18 novembTe 1926, ore 2. Mi viene segnalato che università inglesi concedono frequentemente lauree ad honorem a studiosi tedeschi francesi ed americani ma mentre nessuna da anni è stata concessa ad italiani vi sarebbe questo anno possibilità che fosse proposto noto Salvemini. V. E. si renderà conto della necessità di evitare un simile fatto

che si presterebbe a·speculazione politica, e dell'opportunità di prevenire eventuali manovre mettendo costì in valore altri studiosi italiani. Intenderei appoggiare a tale scopo Ettore Romagnoli. Prego prendere subito contatto con Pietro Rebora professore di letteratura italiana all'università di Manchester concretando e telegrafandomi quanto convenga fare per assicurare riuscita.

490

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, A TUTTE LE AMBASCIATE E LEGAZIONI ALL'ESTERO

T. GAB. 776. Roma, 20 novembre 1926, ore 21.

Far mettere in rilievo che oggi Senato ha votato alla unanimità assoluta, cioè colla partecipazione della opposizione, un saluto al capo del Governo ed ha quindi votato ad enorme maggioranza la legge per la difesa dello stato. La calma in Italia è assolutamente perfetta e la tensione politica completamente cessata.

491

L'AMBASCIATORE A MOSCA, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) 667/278. Mosca, 20 novembre 1926, ore 17,10

(per. ore 3,10 del 21).

Telegramma di V. E. n. 460 Gab. 311 (1).

Intero testo è molto lungo ed in parte concerne soltanto Romania. Riassumo e trascrivo tre principali punti concernenti l'Italia.

Dopo aver ricordato che gli italiani hanno creato maschera Pulcinella la quale « è un misto birbanteria e di insolente bricconeria attacca liti » articolista scrive « con veste scientifica è andata Romania comitiva nella quale Arlecchino è stato con successo personificato da duca di Spoleto cugino re d'Italia, Pantalone Colombina da diplomatico di importanza, ma tutti sono stati oltrepassati da Pulcinella rappresentato da maresciallo Badoglio capo di stato maggiore generale italiano che con faccia seria dice cose grottesche». Articolo riproduce quindi frase Badoglio Bucarest Kiscinew e dopo frase: « fratelli romeni non temete nulla, sono con voi » scrive: « Effettivamente Romania è un paese dove possono per le loro... (2) apprezzare maresciallo italiano. Fratellanza arm~ Italia Romania è stata esperimentata durante guerra imperiale. Italia e Romania si sono ugualmente fatte condannare al primo premio per incapacità militare che hanno diviso fraternamente. Maresciallo Badoglio non dimostrò sue capacità militari: per contro ora pienamente dimostra suo talento attore comico. È un Pulcinella eccezionale ». Articolo continua dileggiando viaggio regina di Romania in America e conclude: « terno Diaz-Regina di Romania-miliardi americani et Genera,le italiano invincibile non cambieranno affatto situazione » (3).

(l) -T. Gab. (p. r.) 460/311, trasmesso il 19, ore 2, a firma Paulucci Barone; richiesta del testo di un articolo di giornale ingiurioso nei confronti dei componenti della missione italiana in Romania. (2) -Gruppo indecifrato . (3) -Nota marginale di pugno di Mussolini: • Importante. M.•.
492

L'AMBASCIATORE A MOSCA, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. R. 4531/1450. Mosca, 20 novembre 1926. Il mio collega Ambasciatore del Giappone in una confidenziale conversazione di alcuni giorni fa mi domandò se era esatta la sua impressione che i rapporti Italo-Russi andavano raffreddandosi. Vi è stata, e dura ancora un'ondata di raffreddamento, gli risposi, a ripercussione della firma del Patto ltalo Romeno; ma non è il caso di parlare di raffreddamento. I rapporti ltalo Russi sono molto attentamente seguiti dai miei Colleghi. Ciò testimonia della loro importanza, malgrado la relativa potenzialità economica loro. È il fatto politico che gioca in questo campo più dell'economico. Maraviglia di veder l'accordo tra i due estremi del Fascismo e del Comunismo: meraviglia il veder che non v'è disaccordo: il problema ha un lato sibillino che non resta chiaro e che fa lavorare di indagini, di deduzione e di esame. Tra i Colleghi che più seguono le relazioni Italo Russe v'è l'Ambasciatore di Germania, di cui è conosciuta la persuasione dell'interesse Germanico di accaparrarsi, per ragione politica e per ragione economica, l'amicizia della Russia, secondo la linea tradizionale politica del Bismarck; e di cui è pure nota l'operosità efficace ed abile per l'attuazione di questa sua politica. Io ebbi un primo senso di un possibile prossimo raffreddamento nell'atmosfera politica ltalo Russa quando, nella Sala del Kremlino, udii il Commissario aggiunto Litvinoff, nella sua relazione dello scorso 24 aprile sulla politica estera, parlare delle relazioni ltalo Russe (mio rapporto n. 1988/706 del 12 maggio 1926) (l) con parole che possono riassumersi cosiì.: «Queste relazioni sono buone; speriamo ·che si manterranno tali anche nell'avvenire». Perchè annunziare una incertezza nel prossimo futuro? Non ho mai chiesto al Litvinov un chiarimento, per non mostrare che un dubbio, anche un'ombra di dubbio potesse in me esistere. Attribuii la frase a un fatto subbiettivo piuttosto che obiettivo: all'incidente cioè del giornale Torinese n Regno che ha rappresentato pel Litvinoff una duplice offesa patita, che egli ha fortemente sentita e che non dimentica: l'accusa cioè di avere fatto atto di propaganda durante l'ultimo suo congedo in Italia violando l'impegno assunto; la mancata soddisfazione chiesta, col rifiuto del Governo Italiano di smentire, esso, in via ufficiale, l'asserzione del Regno. Ma se questo è il fatto subbiettivo quello obiettivo è un altro; ed oggi, dopo indagine, dopo molta rifless10ne, non posso materiarlo che nel non gradimento, nella diffidenza e nella sfiducia proveniente; a torto e non a ragione; ma questo è il fatto; dagli avvicinamenti Italo Inglesi di Rapallo, di Locarno, di Livorno. Siccome non si ha nulla di materiato in proposito da precisare, siccome non si tratta che di sensazione, non si osa parlarne; ma l'effetto pratico esiste e va

rivelandosi. Io devo anzi precisare a V. E. che nel colloquio del 5 ottobre scorso scappò al Commissario Cicerin una frase di « dipendenza dell'Italia dal Signor

Chamberlain » di cui io rilevai subito la non correttezza sotto ogni punto di vista. Questa nascosta sensazione esistente nell'animo dei dirigenti e dei circoll politici Sovietici, sensazione, ripeto, fatta di dubbio soltanto e non materiata da alcun fatto, io so esistere anche nel mondo giornalistico soviettico, alimentata probabilmente da giornalisti esteri, e si è rivelata assai chiaramente nei passati giorni a propo-sito dell'incontro di Odessa (1), ·Colla intensa divulgazione giornalistica avvenuta della impressione che l'incontro era una risposta a quello di Livorno e colla volgarizzazione giornalistica fatta in quest'occasione dalla stampa soviettica della tendenziosa voce di minaccie aggressive alla Turchia da parte dell'Italia, spintavi ed incoraggiatavi dall'Inghilterra che farebbe giocare oggi l'Italia a favore dei suoi interessi imperialisti così come già fece giocare la Grecia. In un paese come questo do-ve c'è una stampa sola, quella del Partito, dove il pubblico non sa che quello che questa stampa racconta, dove questa stampa è l'unica campana che suona, ed altre, nessuna altra può farsi sentire, la gran massa del pubblico che forma la propria opinione su quel che legge, finisce per credere a quel che gli si racconta e per formarsi convinzioni, irreali sì ma ciò non ostante efficaci per la formazione del movimento d'opinione della massa.

A questo stadio dello stato delle relazioni ltalo Russe è venuto il viaggio a Roma del Generale Averescu, il patto Italo Romeno, la Missione a Bucarest di

S. A. R. il Duca di Spoleto, il viaggio del Maresciallo Badoglio in Bessarabia, i discorsi del Maresciallo a Bucarest ed a Kiscineff, alcuni articoli della stampa Italiana, come quello del Tamaro sul Patto ltalo-Romeno in Gera1·chia ed un altro sulla Tribuna in cui vi sarebbe la frase che qui ha tanto colpito, che «il confine della Bessarabia è il confine della Latinità ». L'atmosfera era già preparata per uno sfogo contro l'Italia che si teme troppo amica della grande inreconciliabile nemica, l'Inghilterra, e lo sfogo è avvenuto, graduale ma sistematico, fino all'indecente ed insolente articolo del Zaslavski sulla Isvestia Moscovita del 18 corrente (mio telegramma n. 278 del 19 corr.) (2). Contemporaneamente sono venuti in Italia i provvedimenti del 5 novembre, lo scioglimento del Partito Comunista Italiano, la proibizione dei giornali comunisti, ed allora alla campagna di divulgazione di notizie tendenziose sull'imperialismo Italiano, sulle relazioni Italo Francesi, ma sopra tutto sulle minaccie dell'Italia alla Turchia, si è aggiunta l'altra di racimolamento e pubblicazione di ogni notizia tendenziosa comparsa in giornali od agenzie estere circa il « terrore » ed i « progroms ;) fascisti in Italia.

Il Patto ltalo Romeno, il fatto Bessarabico hanno dunque occasionato la manifestazione di raffreddamento politico sovietico verso l'Italia, ed hanno contemporaneamente servito a far venire alla superficie il senso di freddezza che già preesisteva ma che rimaneva finora latente. Che essi siano o no giustificati, è cosa che praticamente ha valore relativo; esistono; ecco il punto reale ed importante. Altro punto importante è quello di sapere se sono semplici ondate, o vere correnti. Questo non lo sapremo che più tardi, coll'esperienza; è certo però che psicolo~;icamente parlando bisogna tener conto che questa gente è intransigentemente diffidente, intransigentemente imperialista; che sulla diffidenza essa basa la sua

politica realista e materialista antibritannica, anti Lega Nazioni, panasiatica. Con gente così esclusivamente materialista e senza fiducia, è difficile ottenere credito quando si parla di piena indipendenza ed imparzialità nelle relazioni con il suo solo e vero nemico.

Ho cercato subito, e del mio meglio, di arginare questa ondata e farò il possibile per superarla. Le forze in moto non sono che per pochissima parte sotto il mio controllo -ma la mia persuasione personale dell'interesse politico per l'Italia di tenere buone relazioni con la Russia, indipendentemente dal suo Governo interno, per ragioni tanto politiche che economiche, per ragione tanto di possibili diretti contrasti di influenza nei paesi slavi, balcanici, orientali, quanto di equilibrio europeo, mi ajuta nell'azione. Cominciai il 5 ottobre coll'attirare l'attenzione del Commissario Cicerin sulle relazioni generali Italo Russe: poi, man mano che i fatti si realizzavano sono intervenuto presso il Litvinoff, che è più strettamente a contatto del Cicerin coi fatti della politica europea dei Soviet, fino alle precisazioni sui fatti Italo Romeni, sulle stesse relazioni Italo Russe che risultano dai miei recentissimi telegrammi n. 279 (l) e n. 281 (2) del 19 corrente.

Il Corrispondente locale dell'Agenzia Stefani ha fatto contemporaneamente un'azione sua, indipendente ma concordante, esprimendosi energicamente e chiaramente con gli agenti della T.A.S.S., cogli agenti della Censura telegrafica giornalistica.

Con quest'azione spero che l'ondata locale sia stata arginata. Ora resta a vedere ed a passare la reazione in Italia dei fatti avvenuti nella stampa Soviettica di questi ultimi giorni. Passata questa reazione, dovrebbe venire il periodo di ricostruzione dello stato di rapporti il più vicino possibile a quello di mesi fa.

Ufficialmente parlando, l'ambiente Soviettico sembra disposto a ritornare al punto di prima; le dichiarazioni fattemi dal Cicerin e dal Litvinoff sono state chiare e esplicite; ma sarà un ritorno con l'ombra del Patto Italo Romeno, e

bisognerà che in Italia si tenga sempre presente l'estrema sensibilità soviettica per la Bessarabia, della quale sarà bene il non parlare affatto. Bisogna che anche l'amica Romania comprenda, o le si faccia comprendere, che il miglior interesse suo è il non sfruttare in alcun modo la questione per seminare zizzania tra l'Italia e Russia. Il tempo e lo stato di fatto lavorano a favore della Romania molto di più della ratifica del Trattato di Parigi, del quale sono note le vicende e la cui realizzazione l'articolo 9 limita, pei terzi firmatarii, all'assenso della Russia.

L'altro campo politico che ripercuote molto sulle relazioni Italo Russe è il campo Italo Turco. Io continuerò nella mia azione qui nel senso di persuadere che le relazioni Italo Turche sono buone e chiare : procurerò che il mio Collega Turco si esprima nello stesso senso: ma converrebbe che altrettanto avvenisse ad Angora da parte Turca con quell'Ambasciatore dei Soviet ed a mezzo della

Stampa. Credo che possiamo assistere all'azione Soviettica a favore di una Coalizione asiatica antimperialista, con centro Mosca, con una certa tranquillità, perchè finora tutti i segnali sono nel senso che quest'azione trova un'eco puramente spirituale, non adesione materiale; giacchè si sente che in essa vi è un imperialismo moscovita, superiore alle stesse reali e diciamo pur anco sincere intenzioni dei Capi Bolscevichi attuali. Legarsi alla coalizione asiatica antimperialista antibritannica è sinonimo per gli asiatici al legarsi a Mosca, e non da pari a pari, ma in suo sottordine; non per l'indipendenza politica propria, ma per la vittoria mondiale di una rivoluzione economica sociale che non si vuo~e ajutare perchè la si teme e la si avversa. I nostri chiarimenti ad Angora dovrebbero dunque trovare un terreno disposto ad accettarli ed a respingere le insinuazioni in senso contrario. Quando Mosca vedrà che spreca fiato e attività, finirà per persuadersi.

A Roma potrà venir fatta un'azione corrispondente a quella di Mosca e di Angora e di Bucarest. Il cambiamento di titolare dell'Ambasciata Soviettica a Roma si presta per quest'azione.

In ogni caso questa è la situazione attuale dei rapporti tra i due paesi. Se l'ondata attuale dovesse ripetersi o mantenersi allo stato agitante, il raffreddamento di un giorno potrebbe concretarsi in un fatto costante. Ciò non sarebbe, a mio avviso, nell'interesse di nessuna delle due Parti, va quindi evitato; e senza ritardo. Conviene tener presente che dati i regimi interni dei due paesi non è agevole tener tra essi un'atmosfera intermedia; forse non è nemmeno possibile:

-o essa è chiara, del tutto chiara, o è torbida, del tutto torbida. Lo spirito di parte non può, umanamente, meno che per alcune persone, rimanere assente nel lavorio politico delle relazioni tra due poli. Questo stato di cose non comporta che due sistemazioni chiare: o amicizia basata sul completo rispetto reciproco, -o lotta (1).

(l) Non pubblicato.

(l) -Fra cicerin e Tevfik pascià. (2) -Cfr. n. 491 che reca però la data del 20 novembre. (l) -T. Gab. 1648/279, trasmesso il 21, ore 9, per. ore i23,50: negazione da parte del Litvinov della responsabilità del Governo russo per l'articolo giornalistico ingiurioso nei confronti de1la missione italiana in Romania. (2) -T. s. 7097/281, trasmesso il 19, ore 20,41, per. ore 5 del 20: campagna antitalianai dei giomali russi; peraltro dichiarazione di Litvinov di non volere il raffreddamento ma il rafforzamento dei rapporti italo-russi.
493

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1639/714. Belgrado, 21 novembre 1926, ore 7 (per. ore 12).

Viaggio del duca di Spoleto e del maresciallo Badoglio in Romania ha destato in genere poche simpatie. Solo le parole che il maresciallo Badoglio avrebbe pronunziato in un banchetto e con le quali avendo dichiarato che nel momento del pericolo egli si sarebbe trovato a fianco dell'esercito romeno hanno destato in questi circoli politici un certo senso di sorpresa. La stampa ha riportato le dichiarazioni stesse e quella di opposizione se ne è valsa fuggevolmente come una delle tante prove della pretesa tendenza dell'Italia a isolare la Jugoslavia.

(l) Nota marginale di pugno di Mussolini: • Interessante. M.··

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 1637/794. Londra, 21 novembre 1926, ore 8 (per. ore 13,30).

Decifri ella stessa.

Mio telegramma n. 790 (1).

Nel colloquio che mi .sono procurato con Chamberlain per intrattenerlo circa Tangeri ho trovato modo di porre conversazione su rapporti italo-francesi onde indagare sul promemoria presentato da questo ambasciatore di Francia e di cui al telegramma sopra citato. Dalla lunga e cordiale conversazione ho tratto le seguenti impressioni:

l) Chamberlain è stato indubbiamente messo al corrente da parte francese degli incidenti italo-francesi e della situazione che ne era derivata.

2) Segretario di stato non mi ha fatto alcun accenno preciso ad un documento ricevuto, ma non mi resta alcun dubbio che conformemente alle informazioni di cui ero venuto in possesso questo ambasciatore di Francia nell'intrattenerlo degli incidenti e della situazione ha dovuto lasciare documento scritto.

3) Chamberlain pur prendendo, per le ragioni già in altre occasioni da me riferite a V. E., vivo interesse ai rapporti italo-francesi ha dovuto lasciare intendere all'ambasciatore di Francia che dati i rapporti di cordiale amicizia esistenti fra il Gabinetto di Londra e quello di Roma e di Parigi non intendeva prendere partito nelle divergenze italo-francesi;

4) Comunicazione francese è stata con ogni probabilità manifestazione di quella direttiva costantemente seguita dal Quai d'Orsay e da me già segnalata a V. E. di mantenere un continuo contatto col Foreign Office per realizzare la più intima collaborazione in tutte le questioni di comune interesse.

5) Se Governo francese colla sua comunicazione ebbe in animo di attrarre Chamberlain dalla sua parte ed indebolire la intimità italo-inglese, esso ha mancato il suo scopo. Ho constatato che i sentimenti del segretario di stato nei nostri riguardi permangono immutati e la sua volontà di fiduciosa collaborazione col Governo di V. E. è oggi identica a quella di prima. Nel corso della conversazione segretario di stato mi ha ripetuto la sua grande soddisfazione di essersi recentemente incontrato con V. E. e la grande utilità ed interesse dello scambio di idee avvenuto a Livorno.

Nello stesso tempo Chamberlain ha riconfermato suo vivo interesse al chiarimento ed al miglioramento delle relazioni italo-francesi ricordando che il mantenimento della pace l'ordine e la ricostruzione economica europea potranno essere assicurati e garantiti se Londra, Parigi e Roma potranno collaborare con lo stesso spirito di amicizia e reciproca fiducia.

Chamberlain mi ha detto inoltre che mentre si asteneva come era suo dovere di intromettersi o pronunziarsi sulle divergenze italo-francesi, desiderava far conoscere con l'identico linguaggio tanto a Parigi che a Roma come fosse di inte

resse reciproco e generale compiere ogni sforzo onde evitare incresciose polemiche di stampa e frizioni fra i due Governi.

Segretario di stato dopo avermi espresso suo compiacimento per la recente conversazione intervenuta fra V. E. e Graham circa rapporti italo-francesi e la sua favorevole impressione per l'intervista dall'E. V. concessa al Matin (l) ha accennato alla grande utilità ed ai benefici effetti che certamente sarebbero derivati da un incontro fra V. E. e Briand.

(l) T. Gab. s. 1630/790, trasmesso il 19, ore 22, per. ore 6 del 20: presentazione al ForeignOffice da parte dell'ambasciatore francese di un promemoria sui rapporti itala-francesi.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. 788/486. Roma, 23 nov·embre 1926, o'l"e 2. Richiamo severamente vostra attenzione su vituperevole campagna antifascista stampa jugoslava cui fa contrasto la disciplina e la discrezione stampa italiana. Dica al signor Nincich che ciò non serve a migliorare i rapporti fra i due

popoli e aggiunga che considero Balougdjitch responsabile diretto di questo stato di cose.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. PRECEDENZA ASSOLUTA 792/488. Roma, 23 novembre 1926, o1·e 14,55. Notizie provenienti dall'Albania non fanno misurare in modo preciso entità movimento insurrezionale manifestatosi nella regione di Scutari. Alcune informaz.ioni già parlano di presenza di soldati jugoslavi fra gli insorti e forse anche qualcuno di essi sarebbe stato fatto prigioniero. Tutto ciò ha però bisogno di controllo sebbene la direzione stessa da cui proviene il movimento non può fare sussistere dubbio che esso è per lo meno autorizzato da codesto Governo. Nell'interesse stesso dei buoni rapporti che esistono e debbono esistere fra l'Italia e la Jugoslavia, è quindi necessario che su una questione fondamentale come questa dell'Albania intervengano subito parole chiare che possano impedire il crearsi di situazioni più pericolose perchè più ambigue. Non vi ha dubbio che il Governo jugoslavo concorderà ancora una volta col Governo italiano che avvenimenti come quelli che attualmente si svolgono in Albania vanno considerati come fatti interni di quel paese che debbono quindi sfuggire all'azione dei nostri due Governi. Ma appunto per questo bisogna mettere in guardia il Governo jugoslavo sopra qualsiasi atto, anche di semplice tolleranza, che da parte sua potesse rendere fondato il sospetto di un lavorio contrario a quel principio. Prima che malauguratamente un sospetto di questo genere possa venir confermato da avve

nimenti che possano svilupparsi alla frontiera jugoslavo-albanese non dico per volontà di codesto Governo (il che non voglio ammettere) ma per atti o condi

scendenze locali, sarà bene che il Governo jugoslavo si affretti ad esercitare ogni sua autorità per impedirlo.

Prego pertanto V. E. di recarsi subito presso codesto ministro degli affari esteri per formulare questa raccomandazione del R. Governo il quale non può che seguire con ogni preoccupazione ma anche con ogni prontezza il seguito degli avvenimenti. Prego telegrafarmi svolgimento suoi passi che devono essere immediati e precisi.

(l) Vedine il testo nel Corriere della Sera, 16 novembre 1926.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, ALOISI

T. GAB. PRECEDENZA ASSOLUTA 791/489. Roma, 23 novembre 1926, ore 16.

Suo telegramma 633 (1).

Stasera parte Cortese che proseguirà domani 24 da Brindisi per [mezzo] silurante per arrivare costà domani sera. Egli porta pieni poteri e prima somma.

V. E. può quindi domani sera stessa procedere firma e consegna somma. In quanto a rendere pubblico l'accordo, a cui io voglio dare intonazione di risposta all'azione jugoslava sulla frontiera nord-albanese, credo sia bene attendere esito felice delle operazioni di repressione per evitare che pubblicazione impegni a fondo la Jugoslavia nel sorreggere gli insorti.

498

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. 806/494. Roma, 25 novembre 1926, ore 23.

Precedenza su tutte le precedenze.

Suo telegramma 726 (2).

Prego V. E. di recarsi da Nincich immediatamente dico immediatamente e comunicargli che io lo ringrazio anzitutto della sollecitudine con cui ha voluto rassicurarmi sull'atteggiamento del Governo jugoslavo di fronte al movimento determinatosi alla frontiera nord dell'Albania. Io non dubitavo di ricevere queste assicurazioni perchè è naturale che il ministro degli affari esteri di un paese amico non possa parlare altrimenti. Perciò nel prospettare le mie preoccupazioni sulla situazione albanese il mio proposito non era tanto di promuovere una assicurazione facilmente prevedibile quanto di far comprendere che il R. Governo doveva fare ricorso a tutta la ponderazione del Governo jugoslavo per far fermare azioni iniziate o semplici condiscendenze tollerate. Le informazioni che pervengono dalla zona di frontiera non nascondono che il pensiero predominante delle popolazioni locali è che una incursione anche limitata esclusivamente a fuorusciti

(2} T. Gab. 16791726, trasmesso il 25, ore 0,50, per. 'ore 4,15: affermazione di Nino!!ié che il Governo jugoslavo considera gli avvenimenti di Albania come affare puramente interno di quel paese e se ne disinteressa.

albanesi non possa avvenire senza acquiescenza del Governo jugoslavo. Mentre mi rifiuto assolutamente ad ammettere quanto proviene in questo momento dalla zona dell'incursione, debbo far presente tuttavia che in molte situazioni politiche gli stati d'ammo delle masse da cui possono accendersi faville non dipendono tanto dalla realtà delle cose quasi sempre ignorata, quanto dall'apparenza di esse la quale fa risalire in questo momento alla Jugoslavia il movente dell'incursione.

Il R. Governo riconosce che questi singoli avvenimenti possono essere guardati con piena fiducia perchè essi sono facilmente chiariti fra i due Governi appena si producono. Ma esso non può sentirsi egualmente scevro di preoccupazioni quando dai fatti singoli esso risale a considerare la serie e la concatenazione di essi rappresentata da un ripetersi di turbamenti che scuotono il pacifico lavoro del popolo albanese e la compagine di quello stato e che invariabilmente traggono la loro origine territoriale sulla frontiera jugoslava. Questa concatenazione non si verifica senza lasciare traccia nella sensibilità politica dello stesso popolo italiano malgrado l'insistenza con cui il R. Governo continua a dirigerlo ad una concezione di fiduciosi e chiari rapporti fra i due paesi.

Il R. Governo ritiene suo dovere di esporre queste preoccupazioni affinchè lo stesso Governo jugoslavo possa concorrere a dissiparle ed a questo scopo credo che rientri nei compiti di una leale amicizia di non sottrarre alla conoscenza dello stesso Governo jugoslavo tutti quei dati che possono pervenire dai luoghi dell'incursione sulla pretesa partecipazione di elementi jugoslavi in modo che codesto Governo possa giustamente sfatarli di quanto di infondato o di esagerato possono contenere; il che non potrà che giovare alla fiduciosa tranquillità dei nostri rapporti.

Il R. Governo intanto non ha potuto astenersi dal considerare con lo stesso Governo albanese i modi legittimi e naturali per vedere di assicurare una maggiore stabilità nelle condizioni di vita dello stato albanese intendendo con ciò interpretare il desiderio comune a questo come a codesto Governo di allontanare ogni causa di perturbazione e non mancherà naturalmente di intrattenere il Governo jugoslavo sull'esito delle sue conversazioni con quello albanese.

(l) T. Gab. s. 1651/633, trasmesso il 23, ore 1,50, per. ore 5,30: prossima firma del Patto italo-albanese; richiesta di fondi da parte di Ahmed Zogu per pagare le truppe inviate contro i ribelli.

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APPUNTO DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

Roma, 25 novembre 1926.

Padre Tacchi Venturi. L'ho ricevuto oggi nel pomeriggio.

l) Padre Tacchi fa presente l'opportunità che le pratiche fra la S. Sede e il Governo facciano capo ad un solo ufficio (1). Nella sua qualità di fiduciario della

S. Sede Padre Tacchi preferirebbe che il Ministero fosse quello degli Esteri (2), come sede naturale. Tutto ciò, naturalmente, in forma molto discreta per non

mettere la S. Sede in condizioni difficili presso il corpo diplomatico accreditato alla Corte Pontificia (1).

2) Padre Tacchi mi prega di far presente a S. E. il Capo del Governo il vivo desiderio del Santo Padre che il Governo non lasci senza una qualsiasi risposta l'indirizzo rivolto dal Presidente dell'Azione Cattolica Italiana Avv. Colombo a

S. E. Mussolini di incondizionata adesione al Regime. Questo indirizzo fu sottoposto all'approvazione del Santo Padre, che personalmente diede il suo personale consenso. Trattasi quindi di un documento di importanza notevole, e tale viene considerato anche in Vaticano. Lasciarlo cadere senza risposta alcuna, dice P. Tacchi, potrebbe provocare una spiacevole ed errata impressione. Il P. Tacchi raccomanda molto che siano benevolmente accolte queste sue considerazioni (2).

3) Padre Tacchi rimette per S. E. il Capo del Governo un elenco riassuntivo dei fatti di violenza commessi nella prima quindicina di novembre su sacerdoti ed organismi cattolici da parte di fascisti (3). Padre Tacchi informa che questi episodi sopra i quali hanno riferito naturalmente i Vescovi, molti dei quali sono venuti espressamente a Roma, hanno fatto una grande impressione nei circoli vaticani, dando facile esca ai gruppi ostili al Re,gime nella loro tenace campagna tendente a provocare dal Santo Padre nel prossimo Concistoro delle solenni dichiarazioni di deplorazione la cui portata e le cui ripercussioni sarebbero :indubbiamente incresciose.

La S. Sede sa che S. E. il Primo Ministro ha personalmente impartite severe istruzioni ai Prefetti perchè cessino i fatti di violenza lamentati, e glien'è molto grata. Il Santo Padre desidererebbe tuttavia che queste istruzioni fossero note al pubblico, e ciò non tanto per i fascisti quanto per tranquillizzare Vescovi e cattolici in genere ai quali naturalmente la S. Sede non può, se non in forma molto discreta, comunicare i provvedimenti presi dal Governo.

Padre Tacchi rimette a tal proposito un appunto contenente i desiderata della S. Sede ( 4).

Ho detto a P. Tacchi che, sempre salvo gli ordini del Capo del governo, mi sembrava, come mia personale impressione, che una comunicazione pubblica nella forma redatta dalla S. Sede non fosse possibile.

Dicastero.

A,ppunto per evitare il disordine determinato da questa abitudine del P. Tacchi e la

contemporanea trattazione di una stessa pratica con diversi criteri, il sottoscritto aveva rap

presentata la necessità di un coordinamento di tutto questo lavoro, presso il Ministero degli

Esteri, o quell'altro Dicastero che il Capo del Governo intendesse designare.

Ora è la stessa S. Sede che ci viene incontro. Dalle mie informazioni risulta che la

S. Sede ha costituito un Ufficio che tratta i rapporti coJ Governo italiano, e che i Numeri di protocollo delle pratiche ascendono a circa 500, di cui 400 circa attraverso il Ministero

Esteri, un centinaio cogli altri Dicasteri.

Nel caso tuttavia che il Capo del Governo decida di attribuire ad esempio alla Presi

denza del Consiglio o al Ministero dell'Interno questo lavoro, darò disposizioni perchè il nostro

materiale di lavoro e di archivio passi al Dicastero designato, dato che esso avrà in un

avvenire prossimo o lontano un indubbio notevole interesse, epperciò è evidente la ne

cessità del suo razionale coordinamento. (Nota del documento).

P. -Tacchi ha risposto che la S. Sede non intendeva insistere sulla forma e sul modo, ma faceva presente l'opportunità che fosse pubblicato un «qualche cosa » anche generico, nel senso su indicato.
(l) -Nota marginale di pugno di Mussolini: c Si. M.•. (2) -Nota marginale di pugno di Mussolini: « Esteri. M.•. Con circolare del 6 dicembre 1926 MussoJ.ini comunicava ai ministeri di aver disposto che gli affari religiosi ed i rapporti indiretti con la Santa Sede fossero accentrati presso il ministero degli Esteri (ACS, l'residenza del Consiglio dei Ministri, b. 215, fase. 4507).

(l) Il desiderio esposto dal fiduciario della S. Sede di avere contatti quasi esclusivi con un Dicastero, e preferibilmente il Dicastero degli Esteri, è, a mio avviso, di notevole importanza. Fino ad oggi la S. iSede ha sempre espresso il desiderio opposto, evitando il piùpossibile di dare alle relazioni indirette col Governo italiano, qualsiasi carattere diplomatico.Per questo lo stesso P. Tacchi amava dirigersi saltuariamente a questo o quell'ufficio o

(2) -Nota marginale di pugno di Mussolini: • No •. (3) -Cfr. l'elenco consegnato dall'avv. Pacelli a Barone, in PACELLI, op. cit., .pp. 23-25 nota. (4) -Cfr. l'appunto redatto per l'avv. Pacelli da Gasparri, ibid., p. 22 nota l.
500

L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1693/1281/795. Parigi, 25 novembre 1926, ore 20,30 (per. ore 24). Dichiarazioni fatte davanti commissione esteri, alla camera dei deputati ed al senato da Briand, hanno dato luogo a commenti nei riguardi della stampa, in quanto che sono giudicate come esposizione incolore della si:tuazione politica generale alla vigilia della riunione di Ginevra. Per quanto si riferisce ai rapporti con la Germania, la Francia tende a ottenere l'esecuzione delle principali clausole militari prima di decidersi a consentire il ritiro della commissione di controllo. La Francia non è aliena dal considerare come di competenza della Società delle Nazioni risolvere la questione delle fortificazioni orientali, ciò che ridurrebbe il campo dei punti ancora contestati. In tale guisa pur non essendo possibile decidere il ritiro del controllo prima del convegno di Ginevra potrebbe fissarsi una data per ritiro stesso sulla presunta buona volontà tedesca. Deferimento della questione delle frontiere orientali alla Società delle Nazioni sarebbe accetto alla Francia anche perchè verrebbe così anche essere fissato sopra un fatto preciso la funzione investigativa della Società delle Nazioni e relativa procedura. La parte della dichiarazione di Briand che riguarda le relazioni con l'Italia è considerata poco soddisfacente. Essa corrisponde del resto alla realtà. L'opinione pubblica italiana non si è resa conto sufficientemente della tensione cui i nostri rapporti furono sottomessi per gli incidenti di Tripoli Bengasi e Ventimiglia, e forse ancora più per l'affare Sala, Garibaldi La Polla. Contrariamente a quanto probabilmente si pensi in Italia dove si ha la coscienza esatta dei fatti e della loro portata, in Francia a questi incidenti di polizia è stata attribuita una importanza politica grandissima per i lati misteriosi e troublants (per usare l'espressione di Briand e Berthelot) di tale episodio che, messo a tacere, per ragioni di politica generale, ha lasciato un certo malessere che non è ancora dissipato. Continua poi inchiesta per scoprire la provenienza di alcuni fondi pervenuti al Valois nell'ottobre scorso. Insistenti anche sono le voci di movimenti militari che sarebbero fatti in Italia verso la Francia. Certo il Governo francese ha dovuto averne conferma da fonte autorevole, perchè non fa mistero di avere rafforzato le guarnigioni e la gendarmeria sulla frontiera sud-est mentre ha aumentato le unità della flotta del Mediterraneo. La .possibilità di una guerra ·con l'Italia che fino a poco tempo fa era considerata come impossibile, oggi comincia ad essere discussa come un avvenim~mto cui la Francia, pur riluttante, deve prepararsi perchè voluta dall'Italia. Non ho bisogno di rilevare quanto sia assurda questa si

tuazione trattandosi di due nazioni che fra l'altro trovano difficoltà a fare un accordo... (l) la materia di una reale divergenza di interessi; poichè nè

la questione tunisina può essere considerata difficile; nè le altre questioni mediterranee e territoriali dipendono dalla sola Francia. Mi sembra che i due paesi stiano facendo il giuoco di obliqui interessi stranieri e settari, nonchè dei nostri fuorusciti che mai avrebbero sperato così grande successo. Ma pur riconoscendo che manca alla tensione dei rapporti franco italiani un serio fondamento, è mio dovere attirare l'attenzione di V. E. sul fatto che per quanto riguarda l'opinione pubblica francese e parte del Governo, la cosa è tale da potere sopportare male qualsiasi altro incidente. È questo il lato delicato della situazione che maggiormente mi preoccupa. La mancanza di un margine per resistere a qualche nuovo conflitto che può sempre essere determinato dal primo agente provocatore, non può non impressionare. È nell'interesse dei due Governi di ricercare qualche manifestazione che modifichi l'ambiente. Ritornerò sull'argomento dopo aver parlato con Poincaré e Briand che vedrò in questi giorni per attirare appunto la loro attenzione su quanto ho sopra accennato.

(l) Gruppo indecifrato.

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RELAZIONE DEL CAPO DELL'UFFICIO IV DELLA DIREZIONE GENERALE EUROPA E LEVANTE, INDELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

Roma, 26 novembre 1926.

L'Ufficio ritiene di dover segnalare alla particolare attenzione di V. E. l'unito

rapporto (l) col quale il R. Ministro ad Atene rende conto del modo, del tutto

opportuno, col quale egli ha avuto occasione di far valere la particolare influenza

assunta dall'Italia nelle cose dello scacchiere balcanico, avendo importanti col

loqui coi maggiori esponenti della presente situazione politica interna della

Grecia.

È specialmente degno di rilievo }';accenno che si fa in fine del detto rap

porto alla questione, che sopratutto, e gravemente, preoccupa in questo mo

mento la Grecia, della ratifica del noto accordo greco-jugoslavo per Salonicco ed

alla possibilità di un'azione mediatrice italiana fra Atene e Belgrado.

Com'è noto, il detto accordo realizza, in notevole parte, il programma di

uno sbocco jugoslavo all'Egeo, non solo nei riguardi del traffico commerciale

della Macedonia serba, ma anche nei riguardi di rifornimenti militari jugoslavi,

-il che a noi particolarmente interessa -in quanto gli approvvigionamenti

di tal genere che giungano direttamente alla zona franca jugoslava di Salonicco

possono proseguire, all'infuori di ogni controllo greco, in vagoni piombati, sul

tratto greco della ferrovia Salonicco-Belgrado, fino alla frontiera serba di Ghev

gheli.

L'accordo, estorto negli ultimi giorni del suo governo, al Generale Pangalos

sotto le incombenti pressioni combinate francesi ed jugoslave, per quanto in

contri un generale e ben naturale disfavore in Grecia, potrebbe anche, secondo

accenna il Ministro Arlotta, finire coll'essere ratificato, per timore di peggio,

dalla nuova Camera greca. Ed il «peggio» sarebbe l'eventualità di un colpo di

mano di forze jugoslave sulla ferrovia ellenica e sulla zona franca di Salonicco, già ventilato in questi ultimi giorni a Belgrado, secondo ha confermato il Ministro Bodrero, in previsione di possibili torbidi elettorali in Grecia.

Prescindendo dalla linea di azione che potrebbe convenire all'Italia di tener nel caso avesse a verificarsi una simile ipotesi, che evidentemente, aprirebbe una grossa e grave questione, di molteplici conseguenze per l'assetto balcanico, sta in fatto che, allo stato attuale delle cose, un'azione mediatrice dell'Italia fra Atene e Belgrado non sembrerebbe offrire possibilità di essere appalesata colla necessaria sicurezza di soddisfacente risultato. Data la particolare fase delle nostre relazioni colla Jugoslavia, una nostra azione persuasiva, tendente a tarpare in qualche modo i vantaggi assicuratisi dal Governo di Belgrado in una questione che questo considera con spirito specialmente intransigente ed aggressivo, conformemente ad una delle direttive principali della sua politica di espansione, non sembrerebbe potersi svolgere opportunamente ed utilmente fino a tanto che l'orizzonte fra noi e la Jugoslavia non sia, in qualche modo, più netto.

In tali condizioni, parrebbe che non convenisse, almeno per il momento, che il R. Ministro ad Atene precisasse colà delle possibilità di una simile nostra azione mediatrice -che neppure risulta, fino ad ora, se potrebbe avere il favore inglese -ma sembrerebbe più conveniente che il Ministro Arlotta si limitasse ad adoperarsi, con tutta la indispensabile prudenza, ad incoraggiare la resistenza dei circoli ellenici di opposizione all'accordo greco-jugoslavo, sopratutto valendosi dell'argomento -nel senso che a noi interessa -dei pericoli che per la Grecia presenta la via di rifornimento militare serbo attraverso Salonicco in caso di conflitto armato fra la Jugoslavia ed una terza Potenza marittima.

Quanto ad un eventuale colpo di mano in forza da parte della Jugoslavia 'lierso Salonicco, esso non potrebbe, evidentemente, lasciare Atene sola alle prese con Belgrado, venendo a turbare un assetto balcanico sul quale le Potenze e l'Italia per la prima avrebbero da dire e da far sentire la loro parola.

L'Ufficio attenderà, pertanto, di conoscere se nel senso accennato possano essere redatte istruzioni al R. Ministro ad Atene (1).

(l) Si tratta del rapporto Arlotta riservato. n. 1847/404 del 18 novembre 1926, non pubblicato.

502

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, ALOISI

T. GAB. 814/505. Roma, 27 novembre 1926, ore 0,30. Suo telegramma 646 (2). Non posso prestar fede a inverosimili asserzioni di Gemil Dino giacchè se

egli avesse realmente riaperto la questione della nota frase bastava che Ahmed Zogu gli avesse opposto di avere già su tale frase la formale adesione del R. Governo per troncare ogni discussione. Ad ogni modo se Gemil Dino a cui qui è stato chiaramente detto all'atto della sua partenza che la nota frase non co

stituiva pm ragione di dissenso insiste nell'ingombrare il terreno con iniziative

troppo zelanti è bene immediatamente dissuaderlo e farlo rientrare nella grave

ed urgente realtà. Dico grave ed urgente perchè questo rinvio non poteva con

trariarmi di più dal momento che calcolando tutti i tempi della nostra azione

sul dato sicuro della firma per venerdì alle ore 11 io ho fatto pervenire venerdì

mattina al R. ministro a Belgrado una comunicazione in cui aprivo vivacemente

la questione della colpabilità jugoslava sulla serie di incursioni che minaccia

vano lo stato albanese e preparavo il terreno al nostro accordo con l'Albania di

cendo che il R. Governo « non poteva astenersi dal considerare insieme a quello

albanese i modi legittimi e naturali per vedere di assicurare una maggiore sta

bilità nella condizione di vita dello stato albanese » (1). Questa comunicazione

officiosa e vaga doveva svolgersi nel momento stesso in cui V. E. firmava il patto

e ad essa doveva seguire la pubblicazione del fatto avvenuto. Il rinvio viene a

rendere pericolosa la posizione giacchè per quanto io non abbia avuto conferma

dell'avvenuto passo a Belgrado tuttavia è presumibile che in questo momento

codesto ministro jugoslavo abbia già ricevuto istruzioni di cacciarsi in mezzo a

questa situazione ancora per lui oscura e determinarne lo scompiglio facendo

ogni sorta di pressioni e minaccie al signor Ahmed Zogu.

Urge quindi che V. E. eserciti ogni sua azione persuasiva ed amichevole per

ottenere la firma immediata e per contrastare intanto il terreno a codesto ministro

jugoslavo.

Quanto precede deve servire per norma di V. E. e non (dico non) deve essere

comunicato ad Ahmed Zogu se non nel caso che egli ricevesse dal ministro

jugoslavo la precisa notizia del nostro passo a Belgrado. In tale ipotesi V. E.

spiegherà la natura le ragioni e la scelta del tempo del passo stesso e la impos

sibilità di tornare indietro nella conclusione dell'accordo.

Questo contegno riservato con Ahmed Zogu vale a risparmiarci qualche

altro grosso compenso che egli certamente ci chiederà se si accorgerà che ab

biamo queste impellenti ragioni di firmare (2).

(l) -Annotazione marginale çl.i pugno di Grandi: c Visto da S. E. il Capo ldel G. BisognaIncoraggiare la resistenza greca. Grandi> . (2) -T. Gab. s. 1700/646: indugi nella firma del patto itala-albanese. Il telegramma risulta trasmesso il 27, ore 2,10, per. ore 4,45; evidentemente questa data o quella del telegrammapubblicato nel testo è errata.
503

L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1727/12871799. Parigi, 27 novembre 1926, ore 23,30 (per. ore 8 del 28).

La mia conversazione di ieri con Briand è stata dal Quai d'Orsay comunicata alla stampa come avente avuto per oggetto gli affari inscritti all'ordine del giorno della Società delle Nazioni specialmente relativi alla Germania. Ciò non è senza importanza atteso che Briand ha voluto in questa forma non solo opporsi alle tendenze che pretenderebbero escludere l'Italia dal regolamento delle questioni europee, ma far risultare invece il Governo francese e il Governo italiano fascista sotto la guida di V. E. come fattori fondamentali della pace europea. Tale comunicato è stato il risultato della conversazione nella quale si

è parlato anche del controllo militare, ma che ha versato sopratutto sui rapporti italo francesi. Briand ed io abbiamo in un primo tempo dovuto constatare come ho già rilevato .col mio telegramma n. 795 (l) e cioè che effettivamente l'eccitazione degli animi deriva in Italia dalla presunzione che qui risiedesse il principale centro di complotti contro il regime, nonchè dal ripetersi degli attentati contro la vita di V. E., e in Francia dal ripetersi degli incidenti gallofobi che aveva creato una situazione assai delicata. Infatti essa non lasciava margine a pacifici accomodamenti qualora per opera di agenti provocatori, si verificassero altri avvenimenti del genere. Ho fatto notare a Briand come i rapporti fra i due paesi fossero stati eccellenti fino a circa un anno fa e che non solo l'E. V. aveva dato prove di amicizia alla Francia, ma che lo stesso paese, in occasione della catastrofe del Dixmude, della visita della squadra a Napoli e in altre circostanze simili, aveva dimostrato la sua disposizione a sentimenti amichevoli verso la Francia, qualora questa tenesse conto delle sue suscettibilità. Non v'era alcun dubbio che al fondo del peggioramento delle relazioni francoitaliane vi fosse la questione dei fuorusciti. Il Governo francese non facendo nulla per risolverla, l'aveva lasciata invelenire ed ingrossare in modo che oggi noi vivevamo in una atmosfera di delazione e di provocazione che aveva preso il sopravvento sugli interessi reali dei due paesi. La buona volontà di V. E. e il mio impegno non potevano spazzare questi miasmi senza vi concorresse anche il Governo francese, dal quale io tuttora mi aspettavo che prendendo motivo dall'affare Garibaldi, manifestasse la sua impazienza verso i principali autori dell'attuale stato di cose espellendoli dal territorio. Briand ha dovuto convenire nella giustezza dell'esposizione da me fattagli di questo lato dei nostri rapporti e mi ha detto che ne avrebbe parlato in consiglio dei ministri. Incidenti. Un'azione parallela svolgo presso la direzione generale della polizia. Ho poi fatto notare a Briand quanto sarebbe stato pericoloso per le relazioni franco italiane e per la pace europea se Governo francese in caso di nuovi incidenti, uscisse dalla calma con cui essi dovevano essere sempre considerati. Briand mi ha dato le più ampie assicurazioni che da parte sua si sarebbe sempre opposto a qualsiasi atteggiamento aggressivo della Francia verso l'Italia. Egli era disposto a fare tutto quanto poteva per accrescere il prestigio e l'influenza dell'Italia in Europa considerando con ciò di fare anche atto amichevole verso l'E. V., in quanto una maggiore partecipazione dell'Italia ai problemi internazionali non poteva che consolidare sempre più all'interno il regime fascista. In ques·ta discussione dei problemi internazionali l'Italia avrebbe potuto inoltre col leale appoggio della Francia e dell'Inghilterra, trovare la soluzione di quei problemi demografici, ·Coloniali ed economici che giustamente la preoccupano. Entrati in questo ordine d'idee si è parlato della utilità che V. E. partecipasse ad un convegno a quattro con Stresemann, Chamberlain e Briand verso la metà di dicembre a Locarno o in ogni altra località della Svizzera di sua convenienza. Qualora

V. E. convenisse nell'opportunità di questo incontro che avrebbe carattere essenzialmente europeo, la pregherei di telegrafarmelo poichè dovendo far colazione con Chamberlain e Briand mercoledì prossimo, .il convegno potrebbe essere definito in questa occasione. Su tutto ciò sarebbero necessarie le mag

tli Cfr. n. 500.

~9 · -Dowmenti diplomatici -Serie VII -Vol. IV

giori riserve per impedire la ripresa della campagna della stampa di sinistra e la riacutizzazione della massa di intrighi che oggi è chiaro agiscono contro rapporti franco-italiani. Per quanto riguarda le relazioni speciali tra i due paesi, ho manifestato Briand come oltre a provvedimenti di carattere interno che ho più sopra accennato, occorresse pure qualche altro avvenimento che segnasse l'inizio di una nuova politica che indicasse all'opinione pubblica dei due paesi la via sulla quale essi potevano trovare una feconda ed amichevole collaborazione. Briand mi disse che egli non domandava di meglio e che avrebbe accolto qualsiasi proposta in tal senso, naturalmente nei limiti delle sue possibilità, sicuro che la gran massa dell'opinione pubblica francese, la quale era molto esitante verso la Germania, avrebbe visto con favore un negoziato di tal genere, purchè esso fosse in tutto e tale da rischiarare definitivamente atmosfera sulle nostre aspirazioni. Continua con il numero successivo.

(l) -Cfr. n. 498. (2) -Il Patto di amicizia e sicurezza fra Italia e Albania fu firmato a Tirana il 27 novembre. Il testo, in Trattati e convenzioni ecc., XXXVI (1926), pp. 616-617. Cfr. anche ibid., pp. 624-625, la lettera esplicativa concernente il patto stesso, diretta il 5 dicembre 1926 da Aloisi al ministro degli esteri albanese.
504

L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1730/1288/800. Parigi, 28 novembre 1926, ore 16,25 (per. ore 20). Il presente telegramma fa seguito al telegramma numero precedente. Nella ricerca delle basi di un accordo franco-italiano atto a soddisfare l'opinione pubblica dei due paesi e dare loro l'impressione della possibilità di collaborare insieme, Briand ed io abbiamo dovuto riconoscere che il compito non era facile. La stessa stabilizzazione delle convenzioni tunisine non servirebbe allo scopo rappresentando il legale prolungamento di una cosa che esiste in fatto. La nostra attenzione si è portata quindi sopra una formula più vaga nella quale potessero adagiarsi successivamente varie forme di collaborazione economica e finanziaria franco italiana, campo di azione di tutto il dominio coloniale francese che potrebbe essere convenientemente sfruttato come provveditore delle materie prime sia all'Italia che alla Francia. Briand mi ha detto che egli era disposto ad entrare in questo ordine di idee. La Germania lo aveva già presentito in tal senso, ma egli aveva dovuto rifiutare non essendo opinione pubblica francese disposta ad accettarlo, mentre invece sarebbe visto con favore... (l) dei trattati d:i commercio franco italiani carattere finanziario e economico con scopo coloniale. Briand avendo appreso che io contavo recarmi in Italia mi ha preguto di fare conoscere a V. E. queste sue disposizioni. Qualora a Roma -egli ha soggiunto -trovi una formula capace di soddisfare l'opinione pubblica italiana, a meno che non mi si chiedano cose impossibili, metterò ogni impegno per farla adottare. Poichè la ricerca di questa formula era dettata non tanto dal suo intrinseco valore nei riguardi della economia italiana, quanto considerazione politica di chiarire l'atmosfera tra l'Italia e la Francia. Briand ed io abbiamo pensato che ciò potrebbe offrire il motivo di un incontro con V. E. non appena apparisse la convenienza di realizzarlo. Briand mi ha fatto osservare che anche

il ravvicinamento franco-tedesco aveva avuto un principio di carattere economico.

(l) Gruppo indecifrato.

505

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. 825/725. Roma, 29 novembre 1926, ore 21,30.

Rispondo ai suoi telegrammi concernenti ultimo colloquio V. E. con Briand (1). Per sua norma le preciso in tanti paragrafi mio punto di vista:

l) Non intendo di andare e non andrò in nessun caso a Ginevra.

2) Non vedo utilità di un convegno a quattro perchè non so che cosa vi si potrebbe discutere di concreto a meno che non si pensi che uno dei soliti ordini del giorno basti a risolvere dei problemi formidabili.

3) Non parteciperò quindi a nessun convegno a quattro, a me:c.o che non si tenga in Italia nel qual caso non potrei esimermene non fosse altro per ovvie ragioni di cortesia.

4) Comunque io la prego di silurare questo convegno a quattro che sarebbe una specie di bluff dal momento ,che io non so e nessuno sa quali questioni precise vi si potrebbero discutere. È evidente che nostri rapporti colla Francia non potrebbero essere discussi suonando a quattro anzi otto mani e in un termine di tempo relativamente breve quale potrebbe essere quello di una intervista a quattro. Tutto ciò ha dato e più ancora darebbe luogo ad una immensa aspettativa giornalistica con conseguente delusione e aggravamento stato disagio italo-francese.

Riassumendo sono contrario al convegno a quattro.

Passo ai rapporti italo-francesi e faccio osservare quanto segue:

l) Che mentre stampa italiana ed opinione pubblica italiana sono assolutamente tranquille continua invece anche sui giornali che potrebbero essere influenzati da Briand una cattiva campagna allarmistica e provocatoria la quale resta senza risposta in Italia.

2) Che la circolare Sarraut è rimasta lettera morta, del che io non avevo mai del r'esto dubitato. 3) Che la Francia continua quindi ad essere il quartiere generale dell'anti-fascismo.

4) Che ciò malgrado e anche se nuovi attentati si verificassero da parte di gente venuta dalla Francia non si ripeteranno contro i consolati gli incidenti deplorati perchè le misure necessarie sono state adottate e saranno osservate.

5) Che un incontro a due Mussolini-Briand appare completamente inutile allo stato delle cose e perchè non è necessario incontrarsi per stabilizzare di cinque anni le convenzioni tunisine. Aggiungo tuttavia che codesta stabilizzazione accompagnata da serie misure contro i fuorusciti mi permetterebbe di orientare in senso benevolo opinione pubblica italiana. Si avrebbe cosi un rischiaramento dell'atmosfera e si potrebbe calmamente studiare i modi di quella colla.borazione economico-coloniale franco-italiana sulla quale Briand ha intrattenuto invero troppo vagamente V. E.

Conclusione numero due sono contrarlo al convegno con Briand perchè prematuro e inconclusivo. Debbo aggiungere per intelligenza V. E. che non intendo sia presentata Italia fascista come una specie di postulante di convegni a due od a quattro quasi per un bisogno di riabilitazione politica o morale. Italia da venti giorni è calmissima e compatta come non mai dietro Governo. Orienti la sua azione su queste linee e mi tenga informato.

(l) Cfr. nn. 503 e 504.

506

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE RR. 1812/1217.

Londra, 29 novembre 1926 (per. il 4 dicembre).

Da fonte di solito bene informata ho appreso che l'incontro di Livorno fra

V. E. ed il signor Chamberlain, e quello di Odessa fra il signor Cicerin ed il ministro degli affari esteri di Turchia hanno disorientato Belgrado e destato ivi qualche apprensione.

In seguito a ciò, recentemente, Governo jugoslavo si sarebbe rivolto al Foreign Office, chiedendo qualche chiarimento sulla politica britannica nel vicino Oriente, e domandando l'appoggio della Gran Bretagna per indurre Grecia alla pronta ratifica degli accordi greco-jugoslavi conchiusi dal Governo Pangalos.

La richiesta jugoslava, anche per la forma con cui sarebbe stata fatta avrebbe prodotto una assai sfavorevole impressione al Foreign Office, e sarebbe destinata a restare senza alcuna risposta.

Procurerò controllare informazione e non mancherò riferire a V. E.

507

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. R. 827. Roma, 30 novembre 1926, ore 19,30.

Decifri Ella stessa. Con riferimento ultima parte mio telegramma 806/494 (l) comunico a

V. E. che le conversazioni intervenute tra il R. Governo e quello albanese sulla opportunità di assicurare una maggiore stabilità nelle condizioni c1i vita dello stato albanese hanno condotto al:la conclusione di un patto di arbitrato, di amicizia e di sicurezza con cui i due paesi riconoscono un interesse comune nel mantenimento dello statu quo politico, giuridico e territoriale dell'Albania. n testo del patto sarà depositato alla Società delle Nazioni. Le circostanze politiche attuali dell'Albania hanno :fiatto apparire al ·s~gnor Ahmed Zogu la necessità di ritardare la pubblicazione di questo patto di appena qualche giorno. Mi riservo perciò fare a codesto Governo la comunicazione promessa appena ne vedrò la possibilità ma sempre prima della pubblicazione. È tuttavia possibile che qualche indiscrezione giunga a codesto Governo dalla stessa Albania.

Se ciò avvenisse e se codesto Gove11no si mostrasse con lei a conoscenza del fatto avvenuto V. E. me ne informerà con la massima urgenza rimanendo intanto autorizzata a confermare la firma del patto. V. E. giustificherà in tal caso il ritardo della comunicazione con la richiesta albanese di un breve periodo di segreto, e si riserverà di far conoscere il testo preciso del patto.

V. E. aggiungerà le seguenti considerazioni ,sul carattere del patto: «La perfetta rispondenza di questo patto con gli atti internazionali esistenti e con gli interessi comuni al R. Governo ed a codesto Governo di vedere allontanare ogni causa di perturbazione politica, la inclusione in esso deUa clausola di arbitrato e la incidenza del patto nei limiti della Società delle Nazioni, fanno di esso un elemento di pace che l'Italia intende apportare per la tranquillità dell'Europa e in particolare della parte sud-orientale di 'essa. Questi caratteri del documento dimostrano non dico la legittimità ma la piena opportunità politica di esso anche e sopratutto nel quadro delle 'nostre felici relazioni con la Jugoslavia, le quali troveranno ragione di serenità nella nostra riaffermata volontà di concorrere al mantenimento deH'indipendenza albanese».

Ripeto che all'infuori della ipotesi che codesto Governo si mostri direttamente informato V. E. non farà queste comunicazioni che in seguito a mie speciali istruzioni (1).

(l) Cfr. n. 498.

508

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA

T. GAB. PRECEDENZA ASSOLUTA 809/473. Roma, l dicembre 1926, ore 13 (2).

Prego V. E. di recarsi immediatamente dal signor Chamberlain 'per comunicargli che memore dei personali sentimenti di fiducia e di amicizia che lo animano verso di me, sento il dovere di comunicargli come seguito alle conversazioni sinora intervenute sulla situazione dei nostri due paesi in Albania, che il R. Governo ha condotto innanzi i suoi contatti col Governo albanese per assicurare il tranquillo sviluppo di ~quello stato cosi frequentemente turbato come avviene in questo momento da movimenti politici ed ha proceduto alla firma di un patto di amicizia e di sicurezza con cui i due paesi riconoscono un interesse comune nella integrità dello stato albanese. La perfetta corrispondenza di questo interesse con gli atti internazionali esistenti, la inclusione nel patto di una clausola di arbitrato e la incidenza di esso nel quadro della Società delle Nazioni a cui sarà presentato per la registrazione, fanno di questo documento un elemento di pace che l'Italia intende apportare per la tr-anquillità dell'Europa e in particolare della parte sud-orientale di essa.

Prego l'E. V. di mettere in rilievo che ho voluto far giungere personalmente a,l signor Chamberlain questa notizia per dimostrargli il desiderio che ho di intrattenere con lui i rapporti di masslima lealtà e considerazione e di tenerlo al corrente di quanto l'Italia fa nel campo internazionale, con propositi assolutamente pacifici.

(l) -Mussolini dava .no~iz.ia dell'avvenuta conclusione del patto italo-alba_nese a tutte le altre ambasciate e legaz10m m Europa con t. gab. 829, trasmesso a Londra il 30 novembre, ore 19,30, e alle altre l'l dicembre, ore 15,30. (2) -Sic, Sebbene la numerazione di protocollo corrisponda al 26-27 novembre.
509

L'AMBASCIATORE A BRUXELLES, NEGROTTO CAMBIASO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) 687/152. Bruxelles, l dicembre 1926, ore 20,01 (per. ore 23,45).

Telegramma di V. E. 470/230 (1).

Non ·credo esatta notizia che Vandervelde si adoperi per fare ottenere dal re Alberto udienza al conte Sforza poichè questi, ogni qual volta è venuto Brusselle, è stato ricevuto spontaneamente da famiglia reale che lo trattenne anche a pranzo. Rammento che reali belgi sono stati in passato ospiti famiglia Sforza in Italia. Per tramite persona di fiducia ho fatto sapere a S. M. che data attitudine Sforza verso regime e sue relazioni con avversari sarebbe utile maggior riserbo per evitare naturale malcontento in Italia. Circa azione fuorusciti ho più volte attirato attenzione questo Governo pregandolo di rendersi conto responsabilità. Ministero graz1a e giustizia mi annunziava avantieri arresto Vincenti Corrado uno dei capi lega antifascisti. Non noto per il momento recrudescenza campagna antinazionalista nè arrivo dalla Francia di elementi antifascisti.

510

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 1908/1240 (2). Londra, l dicembre 1926 (per. il 10).

Con lo sviluppo della politica di riconciliazione che iniziatasi a Locarno è stata portata, dai colloqui franco-tedeschi di Thoiry, su un terreno di pratica collaborazione, il pensiero di Chamberlain, neHa generale atmosfera di détente e di riavvicinamento diffusasi nell'Europa occidentale, è andato orientandosi verso un concetto fondamentale: cioè quello che è oramai venuto il momento di condurre la politica europea a una si•tuazione di stabilità e di normalità affidando le sorti della pace ·ai rapporti di intesa e di collaborazione dei Governi delle quattro grandi potenze, e cioè di Londra, Parigi, Roma e Berlino. Il suo primitivo concetto, sul quale per lo passato ho avute continue occasioni di richiamave l'attenzione del R. Governo, di cercare cfoè la garanzia della pace europea nella intimità dei rapporti anglo-franco-italiani, è andato naturalmente evolvendo, attraverso le tappe di Locarno e di Thoiry, verso una più larga concezione fino ad includere la Germania, su di un piede di perfetta parità con i tre ex-alleati. Nel concetto di Chamberlain tale collaborazione a quattro dovrebbe trovare il suo naturale terreno di incontro nel consiglio della Società delle Nazioni, mentre i quotidiani contatti fra le cancellerie di Londra, Parigi e Berlino assicurerebbero alla politica concordemente praticata dai quattro Gov·erni una vera e propria funzione direttiva di carattere permanente.

In un certo senso può dirsi che l'antico concetto del « concerto europeo > spezzato dalla guerra, dovrebbe, nel pensiero di Chamberlain, ora risorgere adattato alle mutate circostanze e tenuto conto della nuova fase del diritto pubblico europeo che trova la sua maggiore espressione nell'istituto di Ginevra.

È appena iJ caso di rilevare che la concezione politica di Chamberlain si adegua e aderisce in maniera completa allo spirito di pace profondamente sentito da questa opinione pubblica, la quale vede nell'istituto di Ginevra un prezioso elemento di salvaguardia degli interessi mondiali britannici poichè il consesso di Ginevra serve precipuamente al mantenimento della situazione attuale che è cosi favorevole agli interessi dell'impero.

Chamberlain sente quindi di interpretare perfettamente l'opinione pubblica britannica con la sua opera assidua che mentre da una parte è volta ad accrescere e valorizzare il prestigio della Società delle Nazioni, anche mediante la di lui personale periodica partecipazione ai lavori di Ginevra, si esplica dall'altra nella quotidiana cura di intrattenere, sVIiluppa~e e consolidare i buoni rapporti dell'Inghilterra con i Governi di Roma, Parigi e Berlino. La più grande attenzione egli presta anche al processo di riavvicinamento !fra Parigi e Berlino, onde può dirsi che il colloquio di Thoiry si .inquadra pelìfettamente nelle grandi linee della politica ·Che il signor Chambel"llain si sta sforzando di realizzare. A questo proposito rilevo, an7li, in via del ·tutto incidentale, che, al contrario di quanto è stato affermato, Chamberlain fu tempestivamente prevenuto dal signor Briand del suo incontro con il ministro degli affari esteri .germanico.

Quanto ho finora prospettato all'E. V. mi risulta non solo dalla mia continua osservazione degli avvenimenti e degli atteggiamenti del Foreign Office, ma anche da particolari elementi di dettaglio che coincidono con le direttive sopra tracciate, le quali trovano poi una definitiva conilerma nelle ulttime conversazioni di politica generale da me avute con il s~gretario di stato. Non più tardi di oggi il signor Chamberlain, nell'esprimermi il suo compiacimento per la cordialità dei rapporti esistenti tra Roma e Londra, ha trovato modo di ritornare sul suo concetto fondamentale dicendomi che la pace può considerarsi assicurata se si riuscirà ad attirare completamente nel trinomio LondraParigi-Roma, anche Berlino.

Non mi risulta in modo diretto quali siano le reazioni del Quai d'Orsay di fronte al programma di Chamberlain che assume ormai la fisionomia di un vero sistema politico, ma sono in grado di assicurare che Chamberlain esplica presso la cancelleria di Parigi un'opera perseguita con assiduità e fede e con la convinzione del successo finale.

Sebbene nell'attuazione di detto programma il signor Chamberlain si proponga come fine ultimo null'altro che l'assicurazione della pace basata sul ritorno a una situazione europea normale, è tuttavia evidente che egli riserva in cuor suo alla Gran Bretagna, che di tale situazione si sta facendo la principale promotrice, una funzione di natura essenzialmente direttiva, il che deve sembrargli tanto più naturale in quanto le inevitabili divergenze fra Parigi e BerJino, e fra Roma e Parigi possono a Londra trovare un terreno neutro di conciliazione per quanto Chamberlain tenga a far risaltare in ogni occasione,

ed in modo non suscettibile di equivoco o dubbio, che egli non intende assolu

tamente intromettersi in questioni che non concernono la Gran Bretagna, e che

egli anzi desidera gelosamente conservare un atteggiamento di equHibrio fra

gli interessi particolari delle altre tre nazioni.

Il programma politico di Chamberlain non è però sfuggito all'attenzione

di alcune piccole potenze, le quali nel per.iodo dell'immediato dopo guerra

erano state ammesse a godere, sotto l'influenza dei princi.pi democratici wilso

niani, e assecondate da Lloyd George, una situazione int,ernazionale spropor

zionata alla loro importanza reale. Esse naturalmente non sanno rassegnarsi

all'idea che venga a formarsi un gruppo di potenze dirigenti, presso le quali

esse possono bensì esercitare quella influenza derivante dalla loro situazione

geografica, o da trattati o accordi esistenti, senza però essere ulteriormente

in grado di discutere da pari a pari come è sovente accaduto negli ultimi anni.

Ho più sopra accennato che le direttive programmatiche di Chamberlain

hanno avuto una graduale evoluzione le cui fasi ho volta per volta segnalate

all'E. V., lasciando, sempre che era possibile, prevedere la prossima tappa. Solo

oggi esse sembrano però avere acquistato una precisa fisionomia, onde io mi

affretto a prospettarle in maniera organica a V. E. per tutte quelle conseguenze

che ne possono derivare nello sviluppo della polttica generale e particolare

dell'Italia.

(l) -Di piccola registrazione, trasmesso il 29 novembre, ore 20, non pubblicato. (2) -n numero di protocollo particolare è desunto dal registro dell'ambasciata a Londra perchè manca nel registro del ministero.
511

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL GOVERNATORE DELLA SOMALIA, DE VECCHI

T. GAB. 849/1. Roma, 2 dicembre 1926, ore 21.

Prego far pervenire ·seguente riserV'atissima comunicazione a S. A. R. il Duca degli Abruzzi:

« R. ministro in Addis Abeba riferendo circa miglioramento relazioni italaabissine informa che Ras Tafari gli ha con insistenza richiesto se e quando avrebbe luogo visita di V. A. R. alla quale il Ras tiene moltisSiimo. Egl~ ha fatto inoltre presente che dal 28 febbraio al 1° maggio prossimo ricorre il grande digiuno a'bissino durante il quale è interdetto ,qualsiasi festeggiamento. V. A. R. ricorderà di aver preso meco accordi di massima perchè suo viaggio potesse aver luogo nel marzo prossimo sempre che a quell'epoca atmosfera fosse chiarita e non 'fossero .sorte altre difficoltà. Dato però quanto telegrafa conte Colli sembrerebbe opportuno che visita si compiesse nella prima quindicina di febbraio e non fosse ritardata fino al maggio. Sarò grato a V. A. R. volermi telegrafare con cortese urgenza se Ella possa stabilire fin d'ora la sua partenza dall'Italia verso la fine di gennaio o principio di febbraio in modo da espletare la visita al Has prima del digiuno. In caso affermativo farei subito dare a Ras Tafari comunicazioni ufficiali della visita di V. A. R. cosa che ritengo gioverebbe moltissimo a consolidare miglioramento delle relazioni itala-abissine e sarebbe di grande utilità per lo sviluppo della nostra azione politica in Etiopia. Ossequi).

512

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1780/752. Belgrado, 2 dicembre 1926, ore 18,30 (per. ore 21).

Decifri ella stessa.

Mio telegramma n. 749 (1).

Questa mattina alle ore undici ho avuto l'annunziato colloquio con Nincich.

Egli mi ha detto queste ,testuali parole: « La mia prima impressione è stata di grande sorpresa per la conclusione del patto. Il giorno 26 novembre scorso voi mi informaste che, interpretando il pensiero anche del Governo S.H.S., il Governo italiano aveva iniziato delle conversazioni con Ahmed Zogu al fine di assicurare una maggiore stabilità delle condizioni di sicurezza dello stato albanese. Aggiungevate che mi avreste tenuto al corrente delle conversazioni stesse (2). Lo siesso giorno il Governo italiano firmava, a completa insaputa del Governo S.H.S., un patto di amicizia e di sicurezza col Governo albanese. Il Governo S.H.S. avrebbe potuto da lungo tempo stringere con Ahmed Zogu un patto analogo; non ho voluto mai stipularlo perchè ho sempre considerato che era di ben più grande importanza arrivare ad un accordo completo con l'Italia per quanto concerne l'integrità e l'indipendenza dell'Albania. Un accordo fra il Governo S.H.S. e l'Albania, del genere di quello che Governo italiano ha ora stretto, sarebbe, a mio giudizio, contrario alla intesa esistente fra i due paesi, intesa che stabiliva che (l'ho ripetuto più di una volta) nessuno dei nostri due paesi doveva cercare di crearsi una situazione privilegiata o interessi speciali in Albania. Non ho mai voluto fare un patto simile, perchè stimavo che, a giusto titolo, l'opinione pubblica italiana ne sarebbe rimasta vivamente allarmata dopo che erasi stabilito fra i due Governi che si sarebbe rimasti in continuo contatto nei riguardi delle questioni albanesi. L'Italia ha creduto invece di allontanarsi da questo principio ed ha concluso dietro le nostre spalle un accordo politico di una portata molto grave. Esso si risolve in fondo in un vero protettorato sull'Albania». A questo punto l'ho interrotto per fargli presenti le considerazioni contenute nel penultimo capoverso del telegramma di V. E. n. 827/506 (3) ed in particolar modo ho insistito sull'opportunità politica del patto stesso il quale si inseriva perfettamente nel quadro delle buone relazioni esistenti con questo stato. Nincich mi ha risposto: «Queste sono delle frasi; io considero che tale patto non sia affatto conforme alle relazioni di amicizia esistenti fra i due paesi, e non vedo come possa essere inserito nel quadro dei nostri buoni rapporti. Non abbiamo ancora tutti gli elementi necessari per poter prendere un atteggiamento, ma non posso nascondervi che questo fatto avrà una grande ripercussione nell'opinione pubblica jugoslava. E ciò mi rammarica tanto più in quanto considero che non valeva la pena di cambiare così improvvisamente una politica con tanto amore e fatica creata. La politica fra i nostri due paesi è basata su

interessi talmente profondi che non comprendo perchè si sia voluto compro

metterli».

Io ho tentato ancora di diminuire la portata effettiva del patto, e di dimostrare a Nincich come .esso non uscisse dai limiti di legittimità e di correttezza internazionale, e che esso non rappresentava un patto eccezionale ma si inspirava ai principi di pace, di collaborazione e di assistenza reciproca cui si inspirano oggi tutti stati sotto l'egida della Società delle Nazioni, ma Nincich era troppo preoccupato e allarmato perchè le mie argomentazioni potessero avere presa su di lui. Egli abbandonando il tono piuttosto sostenuto tenuto fino a quel momento, mi ha espresso alcune considerazioni di carattere personale. Mi ha detto: « Vi faccio osservare in quale posizione triste mi ponga di fronte alla opinione pubblica S.H.S. l'annunzio per parte mia improvviso del patto italo-albanese. Voi siete stato invitato a comunicarmelo ieri nel pomeriggio e lo avete fatto con una rapidità sorprendente. Ma fino da ieri sera stessa la Stefani ha diramato la notizia in tutto il mondo. Non mi avete dato il tempo di manifestare i miei apprezzamenti e di farvi presente come la gravità dell'atto e l'immancabile ripercussione, che esso avrebbe avuto, richiedevano una immediata comune decisione che facesse vedere al popolo jugoslavo e agli stati esteri che Governo italiano e quello S.H.S. erano d'accordo.

Inoltre è mia ·Convinzione profonda che questo patto rappresenti un successo di Ahmed Zogu il quale ha sempre tentato di dividerci. Noi non ci siamo prestati al giuoco, voi sì». Subito dopo colloquio con me Nincich si è recato a conferire con S. M. il re Alessandro. Trasmetto con successivo telegramma rimostranze impressioni suscitate dall'annunzio del patto (1).

(l) -T. Gab. 1766!749, trasmesso l'l, ore 21,40, per. ore 24: comunicazione dell'avvenuta firma del patto italo albanese a Markovié il quale c non ha fatto alcun commento ma dalla sua fisionomia ho potuto notare una sorpresa non del tutto gradevole •. (2) -Cfr. n. 498. (3) -Cfr. n. 507.
513

L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1777/1315/816. Parigi, 2 dicembre 1926, ore 18,25 (per. ore 22).

Telegramma V. E. 825/725 (2).

Come V. E. ben osserva, al convegno a quattro manca un programma concreto ed esso non risolverebbe nessuno dei problemi dell'Europa. Tuttavia esso corrispondeva ad un desiderio generico dell'opinione pubblica europea che voleva scorgervi una affermazione della concordia delle quattro potenze e sopratutto una adesione dell'Italia (sospetta di voler provocare guerre in Europa) alla politica di pace che si pretese di instaurare con Locarno e Thoiry. Sebbene nulla di pratico si aspettasse da tale riunione, anche da quelli che la patrocinavano, si stimava che in una discussione di carattere generale con la presenza di V. E. potessero affiacciarsi problemi risolubili solo mediante un accordo europeo; come ad esempio quello dei mandati coloniali, dato pure l'interesse della Ger

mania in proposito. In conformità delle istruzioni di V. E. ho lasciato cadere l'idea del convegno e terrò stessa attitudine anche con Chamberlain se me ne parla. Circa i rapporti itala-francesi (che non avrebbero naturalmente potuto mai essere oggetto di conversazioni nel progettato convegno a quattro) terrò presente quanto V. E. mi scrive per norma effettiva azione. Senonchè V. E. è al corrente degli sforzi continui da me fatti per ottenere da questo Governo misure di repressione e preventive verso nucleo dei fuorusciti che va ingrossando. È da prevedere che come per il passato, anche per l'avvenire non ci sarà data soddisfa2lione. Quando Briand mi diceva di essere disposto a tutto purchè non gli si chiedesse cose impossibili, si riferiva appunto alla situazione interna francese che non .consente al Governo (sopratutto allo stato attuale dei rapporti con l'Italia) nè di impegnarsi a far tacere la stampa cartellista, nè a prendere misure contro i principali esponenti dell'antifascismo italiano. Come esempio più recente di questa situazione interna dto la ricostruzione del cartello per le imminenti elezioni senato e la minaccia del cartello dei funzionari contro Poincaré. Ciò premesso, se si vuole arrivare ad un miglioramento, sia pure temporaneo, dei rapporti itala-francesi, esso non può essere buono che attraverso trattative di carattere di politica estera; le quali non avrebbero neppure esse un contenuto di reale importanza, ma forse potrebbero fornire al Gabinetto francese il pretesto per esercitare una qualche pressione sugli elementi anti-nazionali che si sono rifugiati sul territorio della repubblica. Ad ogni modo però quanto sopra non potrebbe essere preso in ·considerazione che più tardi perchè il discorso di Briand (quantunque spiegabile con la necessità di tener conto degli umori della camera, e banchè abbia svalutato gli incidenti gaHofobi e tacere [sic] di quelli polizieschi) ha avuto una intonazione di gusto discutibile. S1cchè per il momento ci conviene continuare l'atteggiamento adottato da V. E. di riservata aspettativa.

(l) -Cfr. T. Gab. 17811754, trasmesso il 3, ore 7,50, per. ore 10,05: nessun commento dei giornali jugoslavi al patto italo-albanese. (2) -Cfr. n. 505.
514

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1776/829. Londra, 2 dicembre 1926, ore 21,35 (per. ore 3 del 3).

Mio telegramma gabinetto n. 823 (1).

Tyrrel mi ha detto che Chamberlain era rimasto veramente soddisfatto e lieto della comunicazione da me fattagli ieri circa patto itala-albanese e che aveva assai gradito pensiero di V. E. di fargliene pervenire diretta e personale conoscenza. Sottosegretavio di stato ha poi soggiunto che Foreign Office considerava patto italo-albanese come un importantissimo e felice avvenimento per la consolidazione dell'ordine e della pace nei Balcani e felicitava V. E. per essere riuscito a compiere un atto di così capitale importanza.

(l) T. Gab. s. 1768/823, trasmesso l'l, ore 21,35, per. ore 2 del 2: comunicazione a Chamberlain del patto itala-albanese; sue dichiarazioni di non aver nulla da obiettare ma di • temere che al momento in cui trattato diventi di ragione pubblica vi sarà chi metterà innanzi che l'Italia aveva profittato delle attuali difficili condizioni di politica interna e finanziaria dell'Albania per imporle odierno accordo e che perciò sarebbe stato opportuno presentarlo sotto una luce che valesse ad escludere possibilità simili insinuazioni •.

515

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. 854/518. Roma, 3 dicembre 1926, ore 14,50.

Il R. ambasciatore a Londra telegrafa quanto segue:

«Telegramma n. 829 (l) da Londra».

Prego V. E. portare a conoscenza del signor Nincich questa comunicazione inglese per dimostrargli come il patto itala-albanese non abbia dato luogo nel· l'animo di un uomo di stato scrupoloso ed obbiettivo come il signor Chamberlain ad alcuno degli apprezzamenti che lo stesso Nincich ha creduto di dedurne. Nessuno può negare al Foreign Office il carattere di vigile osservatore degli interessi della pace nell'Europa in generale e nel mondo balcanico in particolare; e pure dallo stesso Foreign Office la firma del patto itala-albanese è stata definita « un importantissimo e felice avvenimento per la consolidazione della pace nei Balcani ».

516

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. 8561736. Roma, 3 dicembre 1926, ore 19.

Constato che V. E. riconosce che allo stato delle cose non si deve mutare at· teggiamento Governo italiano di riservata attesa (2). Dalla lettura ultimi sei nu· meri Corriere Italiani mi convinco che attesa dovrà essere sempre più riservata. È evidente che fuoruscitismo coi suoi appelli a non rispondere a una eventuale chiamata alle armi è uno strumento di cui la Francia intende giovarsi per tentare inutilmente H ricatto all'Italia.

517

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 17851755. Belgrado, 3 dicemb1·e 1926. ore 17,25 (per. ore 21,50).

Decifri Ella stessa.

La stampa di questa mattina fa seguire pubblicazione patto itala-albanese da commento di tono piuttosto misurato. Notevole sopratutto quello del Vreme. Con telegramma in chiaro invio riassunto commento predetto.

Da colloquio avuto e da informazioni assunte mi risulta che la impressione prodotta non solo in tutti i circoli poLitici serbi, ma anche nella popolazione è stata penosa e più di sconforto per la disillusione subita che di irritazione. Questa però seguirà a non lunga scadenza. Posizione di Nincich è molto scossa perchè si dà colpa a lui di questo che è ritenuto uno scacco jugoslavo. La opposizione si prepara ad attaccarlo vivacemente alla Camera e questa volta non sarà più spalleggiato dal partito radicale che per essere quasi completamente serbo ha sentito maggiormente il colpo che ritengono inflitto al... [manca]

dal patto. Vi è il pericolo che Nincich per riabilitarsi sia indotto a far mostra di maniere forti. Altra impressione diffusissima è che oggi, essendosi anche 1 serbi, toccati al vivo, schierati contro di noi, si sia formato fra serbi, croati e sloveni una unione spirituale, che prima non esisteva. La incognita principale nella situazione attuale è rappresentata dall'atteggiamento che sarà per assumere il partito militare. Ho cercato con tutti i mezzi ed in tutti gli ambienti di dissipare questa atmosfera di sospetti e di risentimento, e di dimostrare come il trattato si proponga fini del tutto pacifici, servendomi specialmente degli argomenti fornitimi da V. E. coi suoi telegrammi. Credo opportuno segnalare all'E. V. che ministro Serbo-Croato-S.Joveno a Tirana è stato chiamato a Belgrado per conferire e che questo incaricato d'affari d'Albania è stato ricevuto al ministero degli affari esteri sia dal ministro aggiunto che dal capo ufficio Albania in modo marcatamente freddo ed ostile.

(l) -Cfr. n. 514. (2) -Cfr. n. 513.
518

IL CONSIGLIERE DI STATO, BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

(Ed. in BIGGINI, p. 141)

Roma, 3 dicembre 1926.

Mi permetto richiamare la Sua attenzione sul desiderio della Santa Sede che sia rinviata ogni decisione in ordine al Regolamento sui Balilla.

Tale desiderio Le verrà certo manifestato anche a mezzo di altri. Io credo doveroso esprimerLe il timore che il corso delle note trattative possa essere turbato ove quell'argomento fosse vulnerato, atteso il vivo interessamento che ha per esso il Papa, come risulta dalla lettera, di cui Le allego copia.

Non è da escludere che nel «Concordato» -cui si spera di addivenire unitamente al Trattato -possa essere dnserita qualche norma che soddisfi al riguardo le esigenze della Santa Sede e che occorra tenere presente nel Regolamento in 'parola.

Comunque, mi perdoni e mi creda con l'antica devozione.

519

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. GAB. 858/399. Roma, 4 dicemb1·e 1926, ore 18.

Ricevo con piacere suo telegramma 352 (l) che ho portato a conoscenza del

R. mi~istro a Belgrado per contrapporlo all'atteggiamento di sorpresa e sospetto assunto da quel Governo. Voglia agire in modo che Governo jugoslavo possa anche direttamente conoscere pensiero di codesto Governo.

A solo titolo di informazione per codesto Governo credo utile segnalarle azione inconsulta che ha svolto a Tirana quell'incaricato d'affari di Grecia il quale si è recato dal ministro degli. affari esteri albanese per comunicargli con molta eccitazione che patto era contrario agli interessi albanesi.

(l) T. Gab. 1791/352, trasmesso il 3, ore 21, per. ore 3,30 del 4: colloquio sul patto italoalbanese con Argiropoulos il quale « ha dichiarato con effusione essere soddisfattissimo sua conclusione».

520

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALLE AMBASCIATE IN EUROPA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO, E AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. GAB. 864. Roma, 5 dicembre 1926, ore 14,40.

Mi consta che Governo jugoslavo spiega viva azione presso altre potenze per mettere in falsa luce nostro patto di amicizia e sicurezza con l'Albania facendolo appavire come strumento di nostre mire sull'Albania. Prego V. E. rivolgere massima attenzione all'opera di codesto rappresentante jugoslavo presso codesto Governo e di non lasciarsi sorpassare da lui nel prospettare la portata del nuovo patto. V. E. conosce già le considerazioni da svolgere. In ogni caso V. E. metterà in rilievo che è ridicolo parlare di una mira dell'I,talia e persino di protettorato sopra un paese della cui indipendenza l'Italia stessa si fa garante. Questa garanzia non può dispiacere che a coloro che nutrono fini contrari alla indipendenza albanese.

521

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1827/768. Belgrado, 6 dicembre 1926, ore 18,10 (per. ore 20,20).

Mio telegramma n. 761 (1).

Questo ministro di Ungheria, conversò ieri con me circa patto itala-albanese. Nell'esprimere suo apprezzamento molto favorevole a detto patto che suo Governo ritiene un successo della politica italiana ed un nuovo importantissimo elemento di ordine nei Balcani, mi ha espresso dubbi che il signor Nincich per procurarsi un successo di fronte a questa opinione pubblica voglia affrettare conclusione del patto di arbitrato con l'Ungheria, che è in discussione già da due mesi. In ta'l modo questo Governo tenterebbe dimostrare che non esiste accerchiamento della Jugoslavia per parte della Italia, argomento di cui si serve opposizione contro Nincich.

522

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, ROSSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1831/839. Londra, 6 dicembre 1926, ore 21,30 (per. ore 3 del 7).

Telegrammi di V. E. n. 855/496 (2) e 864/499 (3).

In una conversazione odierna con Tyrrel ho ripetuto al sottosegreta·rio

permanente dichiarazioni e considerazioni che il R. ambasciatore aveva già

fatto a Chamberlain e a lui stesso circa spir~to e portata del patto italo-albanese.

Accennando poi alle manifestazioni di irritazione da parte jugoslava, ho

fatto rilevare inconsistenza e illogicità dei sospetti di Belgrado ed ho osservato

che Governo jugoslavo sarebbe certamente indotto ad una più giusta valutazione

delle cose quando si accorgesse che il suo modo di vedere non era condiviso

da chi giudicava situazione con equanimità e imparzialità.

Tyrrel mi disse che informazioni pervenute al· Foreign Office mostravano come eccitazione jugoslava fosse realmente molto vivace. Oiò era dovuto principalmente, secondo lui, al fatto che accordo italo-albanese era giunto a Belgrado di sorpresa. Allo stato delle cose sembra a Tyrrel che una franca spiegazione del R. Governo a quello di Belgrado potrebbe riuscire particolarmente utile. Per parte sua Tyrrel raccogliendo la mia suggestione mi ha assicurato che avrebbe fatto conoscere al Governo di Belgrado il giudizio favorevole che il Foreign Office aveva già espresso al marchese della Torretta a proposito della conclusione del patto italo-a,lbanese (1). D'altra parte egli si proponeva di fare anche osservare a Belgrado che dopo tutto niente impediva al Governo jugoslavo di seguire nei suoi rapporti con Albania esempio del Governo italiano. ·

A questo riguardo credo interessante notare che ad un concetto del genere ha fatto accenno anche assistente segretario di stato signor Gregory che ho visto subito dopo Tyrrel ed il quale ha trovato modo di insinuare idea che dalla attuale fase di disagio fra Italia e Jugoslavia si potrebbe facilmente uscire qualora accordo italo-albanese potesse in qualche modo svilupparsi fino a includere anche la Jugoslavia in un patto più generale.

Mi sono interessato di conoscere anche se e quali notizie si avessero sulle impressioni del Governo greco circa patto italo-albanese ma in proposito nulla risulta finora al Foreign Office.

(l) -T. Gab. 17981761, trasmesso il 4, ore 2,20, per. ore 5,10: impressione prodotta dal patto italo-albanese nei circoli diplomatici di Belgrado. (2) -Trasmesso il 3, ore 19: istruzioni di fare in modo che il Foreign Office faccia giungere a Belgrado il proprio favorevole giudizio sul patto itala-albanese. (3) -Cfr. n. 520.
523

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. GAB. 874/243. Roma, 8 ,dicembre 1926, ore 6.

Il R. ministro a Belgrado telegrafa quanto segue:

« (come nel telegramma in arrivo da Belgrado n. 1827) (2) ».

Occorre più che mai in questo momento alimentare sensazione buone disposizioni dell'Italia verso l'Ungheria e mantenere contatti con codesto Governo in base alle precedenti intese senza tuttavia ingenerare sospetto che noi vogliamo accerchiamento della Jugoslavia o che abbiamo bisogno di un appoggio in Ungheria. A questo proposito sono ancora in attesa della lettera di Bethlen da V. E. annunciatami. Prego V. E. tenermi informato con maggiore diligenza.

(l) -Cfr. n. 514. (2) -Cfr. n. 521.
524

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, ROSSO

T. GAB. PER CORRIERE 876. Roma, 8 dicembre 1926, ore 18.

R. ministro Addis Abeba comunica risultargli che ras Tafari ha fatto a quel ministro Inghilterra nuova richiesta armi e munizioni analoga alla precedente e che quest'ultimo si è riservato trasmetterla al suo Governo.

Prego V. E. intrattenere subito confidenzialmente Foreign Office, possibilmente prima che giunga richiesta ministro Inghilterra, facendo notare come richieste armi da parte ras Tafari si facciano troppo frequenti e come sarebbe utile cercare di evitarle. Gradirò ricevere comunicazioni al riguardo.

525

IL MINISTERO DEGLI ESTERI AI MINISTERI DELL'INTERNO, DELLA GUERRA (l) E AL MINISTRO DELLE COMUNICAZIONI, CIANO

T. GAB. R. U. 879. Roma, 8 dicembre 1926, ore 20.

In considerazione dell'attuale delicata situazione dei rapporti politici italojugoslavi ritengo indispensabile che siano date ai funzionari ed agenti di pubblica sicurezza, delle Ferrovie dello Stato e delle linee di navigazione categoriche e rigorose istruzioni di evitare ogni possibile incidente con sudditi jugoslavi che soggiornano in Italia o viaggiano nel regno, allo scopo di non dar esca a campagna di stampa anti-italiana e tanto meno offrire pretesto ad eventuali complicazioni diplomatiche.

Prego V. E. disporre massima urgenza in conformità, raccomandando specialmente alle autorità di frontiera di mantenere contegno sereno e prudente. Istruzioni in tal senso dovranno essere impartite anche alla milizia volontaria nazionale, alla milizia ferroviaria ed ai carabinieri.

526

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. GAB. 881/257. Roma, 8 dicembre 1926, ore 24.

Prego telegrafarmi impressione prodotta costì da accordo italo-albanese e dimissioni Nincich. Occorre più che mai in questo momento mantenere contatti con codesto Governo ed alimentare sensazione buone disposizioni dell'Italia verso la Bulgaria senza tuttavia ingenerare sospetto che noi vogliamo accerchiamento della Jugoslavia e che abbiamo comunque bisogno appoggio potenze vicine.

(l) Si usa la dizione impersonale per evitare l'identità di mittente e destinatario nella persona di Mussolini.

527

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. GAB. 887/407. Rome, 9 dicembre 1926, ore 1,30.

R. incaricato di affari a Londra telegrafa che ancora nulla risulta al Foreign Office sull'atteggiamento del Governo greco di fronte al patto itala-albanese (1). Signor Chamberlain ed altre personalità del Foreign Office si sono già ripetutamente espressi con noi in senso molto favorevole al nuovo patto che hanno definito un importantissimo e felice avvenimento per la pace nei Balcani. Interessa ora che Governo britannico sia informato del modo di vedere dei vari governi balcanici affinchè non venga influenzato soltanto dalle manovre contrarie della Jugoslavia. Perciò prego V. E. di volere fare in modo che giunga anche a Londra il pensiero favorevole di codesto Governo.

528

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOIA

T. GAB. 889. Roma, 9 dicembre 1926, ore 21. Richiamo seriamente sua attenzione su quanto accade dopo firma trattato itala-albanese. Cose stanno termini seguenti. Per anni ed anni si è tempestato contro imperialismo italiano che mirava ad occupare Albania ed a togliere indipendenza a quel popolo. Un bel giorno quella stessa Italia sospettata di nutrire tenebrosi disegni, firma coll'Albania un patto che almeno per cinque anni garantisce integrità territoriale e indipendenza politica Albania. Non mi sono mai atteso che questo patto fosse accolto con manifestazioni di giubilo da parte di tutti i pacifisti perchè di costoro la malafede persistentemente antitaliana è ormai inguaribile ma il cancan odioso scatenatosi di seguito a Parigi ed a Belgrado col contorno drammatico delle dimissioni di Nincich è veramente intollerabile. Il risultato è questo che la ratifica del patto, ratifica la quale doveva seguire quasi immediatamente la firma si trascina da parecchi giorni nelle secche della procedura rigidamente parlamentare della Camera e del Senato albanesi e non escludo ulteriori ritardi ed incagli. Bisogna sottolineare per codesti ambienti societari che attuale campagna riguarda anche la Società delle Nazioni presso la quale il patto dovrebbe essere registrato. È curioso che molti Governi societari non diano credito eccessivo alla Società delle Nazioni quando ritengano di vedere per fas aut nefas lesi i loro interessi. Invito V. E. a far intendere nettamente -dico nettamente -al signor Briand che atteggiamento assunto dalla Francia in questa occasione è destinato a scavare nuove profonde trincee fra i due popoli a colmare le quali non bastano e basteranno sempre meno le banali

frasi di un latinismo sentimentale e rettorico che ha fatto suo tempo. Aggiunga che politica della Francia la quale dall'Abissinia all'Albania si pone perenne

30 -· DoCllmenti diplomatici -Serie VII -Vol. IV

mente in contrasto colle più legittime e modeste aspirazioni italiane è una politica pericolosa sopratutto per la Francia. Infine prego V. E. di tenere conversazione su questo argomento a Chamberlain e di dirgli più o meno velatamente che se questa preconcetta ostilità di talune potenze societarie contro l'Italia dovesse continuare, Governo italiano potrebbe essere indotto a riesaminare sua posizione in seno alla Società delle Nazioni poichè convivenza e lavoro comune in queste condizioni di ingiustificati sospetti e di pregiudiziali avversioni è moralmente e praticamente impossibile. Voglia poi V. E. ragguagliarmi sui colloqui non appena saranno avvenuti (1).

(l) Cfr. n. 522.

529

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO

T. GAB. 890/598. Roma, 9 dicembre 1926, ore 21.

Informo V. E. che ambasciatore americano a Roma ha assunto in questi ultimi tempi un atteggiamento ostile specie dopo il pacifico patto italo-albanese.

530

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 1882/364. Atene, 9 dicembre 1926, ore 2,15 (per. ore 6,30).

Miei telegrammi nn. 361 e 36·2 (2).

Ho fatto stamane la prima vi•sita ufficiale al nuovo ministro degli affari esteri signor Michalacopoulos e dopo essermi con lui felicitato gli ho succintamente riepilogato le relazioni avute col suo predecessore ponendo in rilievo come le direttive della nostra politica verso la Grec.ia fossero riassunte in termini chiari e precisi nelle note dichiarazioni fatte dall'E. V. in occasione della firma del trattato di commercio e che egli mi ha dato subito prova di · conoscere testualmente. Gli ho anche fatto leggere tutto il primo comma del telegramma direttomi dall'E. V. il 30 novembre col n. 391 (3).

Rammento ad ogni buon fine che Michalacopoulos è profondo ammiratore della nostra cultura letteraria artistica e giuridica e che sa servirsi correntemente della nostra lingua.

E~li mi ha accolto con la maggiore cortesia, e dopo avermi insistentemente rievocato come eg1i avesse con entusiasmo approfittato (nella sua qualità di presidente del consiglio) del centenario di Santarosa per avviare convenientemente questa opinione pubblica al riavvicinamento all'Italia, ha avuto espres

sioni di così calda effusione nel manifesta,rmi i suoi amichevoli sentimenti a nostro riguardo, che ritengo finanche superfluo riferire più dettagliatamente.

Egli ha riassunto dicendo: l) che è soddisfattissimo e perfettamente convinto della perfetta sincerità di intendimenti ai quali V. E. ispirò le surricordate sue dichiarazioni; e 2) che l'amicizia dell'Italia è sopra ogni altra preziosissima per la Grecia, per motivi naturali, geografici ecc. indipendenti dal ragionamento o dalla volontà.

Mi ha pregato di portare a conoscenza dell'E. V. quanto sopra.

Abbiamo poi senz'altro parlato francamente del patto itala-albanese e lo abbiamo insieme esaminato in tutti i suoi dettagli trovandoci perfettamente d'accordo su tutte le considerazioni da me già precedentemente svolte in proposito al segretario generale di questo ministero secondo ieri telegraficamente riferito all'E. V.

Per quanto indubbiamente questi ambienti siano rimasti oggi ·un tantino disorientati per il peso che sembra aggiungere all'importanza attribuita dalla Serbia alla questione il fatto delle dimissioni di Ninckh e dell'intero Gabinetto S. H. S., questo ministro degli affari esteri mi ha dichiarato ripetutamente ed esplicitamente, che malgrado tutte le critiche e le insinuazioni che si fanno contro il patto dalla stampa S. H. S. egli non vede assolutamente in esso alcuna minaccia alla pace balcanica da parte dell'Italia. Ha aggiunto anzi che in questo documento che l'Italia porta spontaneamente a conoscenza della Lega delle Naz,ioni, la Grecia vede con soddisfazione la leale consacrazione da parte nostra di quella indipendenza dell'Albania la cui situazJone giuridica internazionale come stato sovrano, nei limiti territoriali recentemente assegnatile, il Governo ellenico ha ormai lealmente riconosciuto in mÒdo definitivo. Quest'ultima spontanea dichiarazione sulle labbra del nuovo ministro degli affari esteri greco non può mancare di essere consdderata importante da chi ha personalmente assistito all'azione diplomatica e materiale svolta fin dal 1913 dal Governo di Venizelos (al quale MichaJacopoulos era intimamente legato) per l'annessione alla Grecia del così detto Epiro del nord.

Discorrendo della portata del patto il mio interlocutore ha espresso di volo l'opinione che esso non potesse interpretarsi come esclusione nello spirito dei firmatari della possibilità che analogo patto venisse eventualmente stipulato dall'Albania con altro stato limitrofo. N o n ho creduto opportuno soffermarmi a rilevare l'ac.cenno !,imitandomi alla considerazione generica che coll'articolo secondo l'Italia e l'Albania s'impegnano a non concludere con altre ,potenze accordi politici o militari comunque pregiudizievoli agli interessi dell'altra parte.

Mi risulta che ministro degli affari esteri ha anche ricevuto questo ministro d'Albania e non (ripeto non) potrei escludere in modo assoluto che possa essere balenato nell'animo di questo Governo il pensiero di esaminare l'eventuale opportunità di fare approcci coll'Albania per la conclusione di un patto greco-albanese.

Giornale Estia di questa sera organo notoriamente ligio al Michalacopoulos (ed il fratello del cui direttore, signor Chiron è anzi il capo Gabinetto dell'attuale ministro degli affari esteri) ha ampio articolo di commento alle notizie segnalate dai corrispondenti di Belgrado ed è intonato a far apparire esag.erato ed ingiustificato l'allarme di quella stampa.

Passando finalmente a parlarmi dell'opportunità di sempre più intime relazioni tra l'Italia e la Grecia nell'interesse anche della migliore soluzione di importanti problemi balcanici e mediterranei, Michalacopoulos ha toccato espressamente la questione di Salonicco, e dopo aver fatto una carica a fondo sulla nota convenzione Ruffos-Gavrilovitch che ha tacciata addirittura di nefanda pei vitali interessi delia Grecia, ha dichiarato senza reticenze che mai potrebbe egli sottoporre al parlamento ellenico per la ratifica un accordo così concepito.

Su questo punto lo ho lasciato pel momento parlare senza esprimere alcun avviso, tanto più che mi ha manifestato il vivo desiderio di tornare a discorrere con me, e che mi sembra in ogni modo conveniente riservarci di giudicare definitivamente in proposito dopo che le parti a ciò interessate ci abbiano eventualmente concretato le loro possibili richieste.

(l) -Cfr. n. 536. (2) -T. Gab. 1835/361, trasmesso il 7, ore 3,20, per. ore 8,35 e T. Gab. 1840/362, trasmesso il 7, ore 3,30, per. ore 7: favorevole impressione suscitata in Grecia dal patto italo-albanese, nonostante l'azione del ministro jugoslavo; pressioni di Arlotta perchè tale impressione sia comunicata a Belgrado. (3) -T. Gab. 836/391, trasmesso l'l, ore 2: istruzioni di esprimere ad Argiropoulos la viva soddisfazione italiana per la conclusione del trattato di commercio con la Grecia, firmato a Roma il 24 novembre 1926, testo, in Trattati e convenzioni ecc., XXXVI (1926), pp. 572-600.
531

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AI MINISTRI A BELGRADO, BODRERO, E A DURAZZO, ALOISI

T. GAB. 895. Roma, 10 dicembre 1926, ore 4,30. A chiarimento odierno comunicato Stefani (l) col qua,le ho smentito di aver dato suggerimento a questo ministro di Jugoslavia informo per sua norma di linguaggio che tale smentita ha Io scopo di arrestare inesatte deduzioni di una parte della stampa estera sull'atteggiamento del Governo italiano di fronte ai commenti suscitati dalla firma del patto itala-albanese e dalle dimissioni di Nincic e del Governo jugoslavo. L'origine di tali deduzioni può essere ricercata in un ccJlloquio che questo ministro jugoslavo ebbe il 6 corrente col segretario generale ministero affari esteri. Il ministro riferì a Bordonaro che Bodrero in una sua conversazione con Nincic avrebbe accennato come sua idea personale alla possibilità di un'adesione della Jugoslavia al patto itala-albanese e ricordò che Bordonaro stesso nel consegnargli il testo del trattato gli aveva detto r.he Jugoslavia avrebbe potuto fare qualche cosa di simile a garanzia della integrità e dell'indipendenza dell'Albania. Ministro jugoslavo fece capire che suo Governo sarebbe stato forse disposto ad iniziare conversazioni per esaminare possibilità di :.ma forma di partecipazione al patto che avrebbe permesso di sviluppare assetto pacifico dell'Albania calmando frattanto gli animi e dissipando attuale tensione. Bordonaro rispose che tanto Bodrero che lui avevano parlato a titolo personale senza essere autorizzati e che mi avrebbe riferito la conver

sazione. Non concordando in quest'ordine di idee e non ritenendo opportuno iniziare conversazioni nel momento attuale la cosa non ha avuto altro seguito

(l) Vedilo nel Corriere de!!a Sera, 9 dicembre 1926.

532

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CHIARAMONTE BORDONARO, AL MINISTRO AD OSLO, COMPANS DI BRICHANTEAU

T. GAB. (P. R.) U. PRECEDENZA ASSOLUTA SU TUTTE LE PRECEDENZE 493/232.

Roma, 10 dicembre 1926, ore 13.

Agenzia Stefani riceve notizia da Oslo secondo la quale premio Nobel per la pace sarebbe assegnato agli uomini del patto di Locarno: Chamberlain, Briand, Stresemann. Nella notizia non figura nome Mussolini. Pregola assumere subito informazioni adoperandosi eventualmente rimediare inammi:ssibile omissione che produrrebbe la più incresciosa impressione in Italia.

533

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1909/795. Belgrado, 10 dicembre 1926, ore 20,15 (per. ore 24).

Suo telegramma n. 895/530 gabinetto (1).

Aff.ermazione del signor Balugdjich che io abbia espresso a Nincich mio parere personale sulla possibilità di una adesione della Jugoslavia al patto italo-albanese è destituita di fondamento.

Infatti com'è noto a V. E., io vidi Nincich il giorno 2 dicembre mattina per comunicargli il patto itala-albanese e di quel colloquio, che fu l'ultimo che ebbi con lui, da me riferito esattamente a V. E. (2), feci un resoconto approvato da Nincich e dal quale risulta che, da parte mia, non si avanzò alcuna proposta del genere di quella attribuitami.

Devo soggiungere che non mi sono mancati da varie parti accenni e suggerimenti sulla opportunità di trovare una via di uscita alla situazione creata dal patto, mediante una adesione al patto stesso della Jugoslavia. Accenni e suggerimenti che non ho raccolto, e ciò per due ordini di idee: l) perchè ignorando le linee della politica generale di cui V. E. tiene con mano maestra le fila, qualsiasi proposta da parte mia mi sarebbe sembrata avventata; 2) perchè se fossi stato richiesto del mio parere, questo sarebbe stato piuttosto contrario ad un immediato atto che, venendo incontro ai desideri jugoslavi, avesse in qualsiasi modo dato a vedere a questi circoli politici anche soltanto una parvenza di debolezza da parte nostra.

Ciò è [vero] specialmente oggi, dopo caduta del ministero, che, come telegrafai a V. E. (3), è dovuta alla ·crisi interna e solo in minima parte alla situazione determinatasi in seguito al patto italo-albane.se, dopo dimissioni di Nincich con la nota motivazione, infelice nella forma, e sproporzionata all'effetto che egli si proponeva di suscitare all'estero; ed in fine dopo la morte di Nicola Pasich, che era l'unico uomo polHico che avrebbe potuto fronteggiare la attuale gravissima situazione interna.

che aveva avuto conversazioni coi rappresentanti della Piccola Intesa e con Briand. La Romania ha dimostrato sentimenti amichevoli che mi sono stati del resto dichiarati anche direttamente da Titulesco. Benes ha domandato consiglio circa atteggiamento da prendere e Chamberlain con Briand hanno raccomandato la più grande moderazione suggerendo di telegrafare a Belgrado in modo analogo ai telegrammi mandati dagli stessi Chamberlain e Briand. Questa notizia del resto mi era stata già data ieri da Bènes con cui mi incontrai occasionalmente a colazione. Chamberlain ha telegrafato a Belgrado che il trattato per se stesso non poteva considerarsi come una violazione buone relazioni della Jugoslavia ed ammonendo di non prendere le cose al tragico. Riteneva una reazione esagerata l'atto delle dimissioni di Nincich. Chamberlain mi aggiungeva che egli non vedeva nulla di censurabile nella sostanza del trattato. Pensava solo che si sarebbe potuto informare a tempo la Jugoslavia. Un altro fatto che sec001do Chamberlain se vero avrebbe potuto prestarsi a rilievi sarebbe che, mentre il ministro jugoslavo a Roma avrebbe avuto da Bordonaro notizie che trattato non era ancora ratificato dall'Albania, giungeva invece a Belgrado da Ahmed Zogu la notizia della ratifica. Io ho fatto notare che, anche supponendo vero il fatto, che io ignoravo, poteva trattarsi di equivoco fra la ratifica da parte capo Governo e la ratifica parlamentare. Ad ogni modo Chamberlain mi assicurava che per parte sua, come per parte degli altri qui presenti, si cercava con ogni mezzo di evitare ogni inasprimento. Briand che ho veduto immediatamente dopo mi ha fatto esplicite dichiarazioni analoghe a quelle dei colloqui avuti coi rappresentanti Piccola Intesa e con Chamberlain e del suo pieno accordo con Chamberlain circa modo di procedere verso la Jugoslavia. L'accordo... (l) persuaso della verità dei fatti. Briand per dimostrarmi come sua condotta era stata sempre ispirata principio di procedere d'accordo con Italia, mi ha ricordato come egli in vista del desiderio di V. E. espressogli a suo tempo qui per mio mezzo aveva sospeso per molti mesi firma del trattato franco-jugoslavo. Egli mi ha rinnovato assicurazione della sua ferma inten:mone di procedere d'intesa con l'Italia di cui riconosce la situazione di principio verso l'Albania. Ha soggtunto che le osservazioni eccessive di qualche giornale non dovevano essere confuse con l'atteggiamento del Governo.

Per quanto riguarda la Società delle Nazioni assicuro nel modo più preciso

V. E. che non ho potuto notare il minimo atto meno che amichevole e riguardoso verso l'Italia da parte così dei rappresentanti dei paesi stranieri come degli organi della Società. Voci contrarie possono avere soltanto origine giornali attingenti informazioni di giornali di altri paesi che sono ben lungi dal rappresentare l'opinione della Società o quella dei propri Governi. Come V. E. sa, la voce (del resto in se stessa assurda) della domanda jugoslava intesa ad ottenere il rifiuto della registrazione del trattato è stata subito pubblicamente smentita dallo stesso signor Jovanovich ministro jugoslavo a Berna, qui presente quale delegato del suo Governo presso la Società delle Nazioni.

(l) -Cfr. n. 531. (2) -Cfr. n. 512. (3) -Cìr. T. Gab. 1855/774, trasmesso il 7, ore 23,10, per. ore 2,40 dell'S.

(l) Gruppi indecifrati.

537

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1941/749. Washington, 11 dicembre 1926, ore 7,17

(per. ore 4,45 del 12).

Seguito mio telegramma 744 (1).

Segretario di stato mi ha confermato che Governo Stati Uniti considera il trattato italo albanese come questione strettamente di politica europea, nella quale non si vuole ingerire. Mi ha aggiunto che egli non presta nessuna fede a voci che spesso gli giungono di intenzioni italiane a turbare la pace europea. Gli ho fatto osservare che l'Italia, impegnata nella sua opera di ricostruzione, non intende minimamente compromettere tale opera con una guerra. Egli mi ha ripetuto che crede infatti assurdo pensare ad una minaccia italiana alla pace.

538

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLl ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE RR. 2053/7966. Costantinopoli, 11 d.icembre 1926 (per. il 19).

L'ambasciatore di Germania di ritorno da Berlino è venuto a visitarmi. Egli si è detto soddisfatto di vedere come il suo Governo si sia messo sulla strada verso J.'Italia segnata da lui al signor Stresemann fin dall'aprile sco·rso e della quale già ho parlato a V. E. Secondo il pensiero del signor V. Nadolny è assolutamente necessario per la Germania stabilire, mantenere fiduciosi amichevoli rapporti con l'Italia, ed è per ciò che egli sempre ha consigliato al siJgnor Stresemanu a non lasciarsi prender la mano dai bavaresi e dai signori di Vienna, a non permettere che motivi sentimentali, che non toccano da vicino il Reich, vengano a disturbare la politica reale rivolta al conseguimento dei fini vitali, essenziali per il medesimo. Secondo il signor V. Nadolny oggi questi sono la liberazione dal controllo militare quale oggi è, e la liberazione del territorio occidentale ancora sotto la occupazione straniera, domani la correzione della frontiera orientale etc. Questi sono e devono rimanere i due scopi principali da raggiungersi dalla diplomazia germanica. Perciò egli ha consigliato (e il signor Stresemann è d'accordo) di mantenere fiduciosi rapporti con l'Italia naturalmente in una forma e con quei riguardi capaci di non eccitare sospetti e aumentare le difficoltà presso altri più direttamente interessati, di concentrare gli sforzi verso quei due fini nazionali e non complicar·e l'azione con tentativi per riavere questa o quella colonia. Il rimettersi sulla strada segnata in passato dall'ammiraglio Tirpitz sarebbe secondo il signor Nadolny un grave errore, errore di tattica e di valutazione delle forze del Reich. Perchè risuscitare il sospetto negli animi inglesi?

Perchè voler esser «dappertutto» quando la Germania ha tanto da fare in casa propria e nei dintorni? Il signor Stresemann è con lui d'accordo anche su questo punto, soltanto per ragioni di politica parlamentare, per riguardo ai signori di Amburgo, di Brema, ed alcuni grandi industriali il signor Stresemann deve fare sembiante di occuparsi anche del riacquisto di colonie, ma la realtà è ben differente. Stresemann se riuscirà a risolvere i problemi occidentali rivolgerà in un secondo tempo la sua attività verso il settore orientale di Danzica.

La strada che il signor Stresemann vorrebbe percorrere è lunga, molte sono le difficoltà d'ordine parlamentare che gli si frappongono, la preoccupazione maggiore per gli amici dell'attuale ministro degli esteri viene dallo stato della salute di lui. Il signor Stresemann è ammalato di cuore. Ha serio bisogno di riposo. Ciò non gli è concesso anzitutto dalla necessità di condurre, parallelamente alla sua azione all'estero il suo partito attraverso gli scogli parlamentari. Questa duplice intensa attività è quella che lentamente mina un organismo già indebolito.

Difficile è a me il controllare da qui quanto confidenzialmente dicevami il collega di Germania, poichè il signor Nadolny attivo diligente lavoratore, che ha nel Reichstag molte simpatie e nel signor Meissner, capo di gabinetto del presidente della repubblica, un fedele amico, non considera certo chiusa con l'ambasciata a Costantinopoli la sua carriera politica. Egli mi lasciava comprendere che della sua fretta a trasportare definitivamente l'ambasciata germanica a Angora, fretta che ha avuto recente espressione in telegrammi e interviste ai giornali che hanno causato in questi circoli diplomatici una certa impressione. non sarà certo lui a godere il risultato.

Da tempo egli si considera come candidato al posto di Mosca, e la successione del conte Rantzau, presso il quale sempre più manifesto appare il disordine organico provocato dall'abuso dell'alcool, si prospetta vicina. Ma non è detto che le sue aspirazioni personali non abbiano nel frattempo preso una mira più alta, tanto più che un autocandidato alla successione in Mosca, più giovane del Nadolny (il signor V. Dirksen) si è presentato e lavora nei corridoi della Wilhenlmstrasse.

(l) T. Gab. 19001744, senza data di partenza, per. ore 8,30 del 10, non pubblicato po.ichè contiene quanto ripetuto nel presente telegramma.

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IL CAPO DELL'UFFICIO III DELLA DIREZIONE GENERALE EUROPA E LEVANTE, UMILTA, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. GAB. s. 919/416. Roma, 12 dicembre 1926, ore 24. Suo telegramma n. 364 (l) e riferimento n. 362 e suo rapporto n. 404. Dichiarazione fattale da attuale ministro degli esteri circa impossibilità ratifica così come è stato firmato accordo greco-jugoslavo per Salonicco farebbe ritenere che Governo greco abbia fermo proposito non cedere pressioni che gli vengono fatte ed esige almeno modificazioni clausole più pericolose per la Grecia.

Tale atteggiamento che evidentemente presuppone intanto possibilità aggiornamento della questione non può che essere ben visto da noi che tali clausole

anche direttamente interessano. Peraltro nell'attuale delicato momento politico ed in attesa di un chiarimento della situazione in Jugoslavia, occorrerà che V. S. perseveri nel contegno di cordiale e generica simpa.tia e nel tempo stesso di effettiva prudente riserva tenuto finora di fronte agli approcci costà fattile in modo da riservarci quella libertà di decisioni che ci è indispensabile per quanto concerne un nostro eventuale intervento così nella questione di Salonicco come nelle altre per le quali l'interessamento dell'Italia è per intuitive ragioni quello che può offrire maggiori garanzie di uno stabile e utile assetto conciliativo nel campo delle relazioni tra gli stati balcanici.

(l) Cfr. n. 530.

540

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, MANZONI

T. GAB. 925/339. Roma, 13 dicembre 1926, ore 21. La reazione jugoslava al patto italo-albanese si è manifestata fra l'altro con una tendenza di alcuni circoli di Belgrado a rivedere la politica della Jugoslavia verso il Governo dei sovieti per cercare in Russia un contrappeso all'Italia. Oc

corre vigilare sugli eventuali sviluppi che può avere costà tale tendenza, raccogliere ogni sintomo e tenermi minutamente informato.

541

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1977/807. Belgrado, 13 dicembre 1926, ore 20,50 (pe1'. ore 0,55 del 14).

Decifri ella stessa.

Stando così le cose il patto italo albanese, venendo a consacrare l'indipen

denza albanese sotto la garanzia italiana, è apparso agli occhi serbi come una

mossa decisiva che ha sconvolto i progetti lungamente accarezzati dai circoli mi

litari di Belgrado. Per questi ultimi Italia in Albania significa rinunzia alla ser

bizzazione della Macedonia coi sistemi di violenza usati fino ad ora e quindi ri

torno ad una recrudescenza dell'irredentismo macedone; significa rinunzia al

libero sbocco a Salonicco; significa incoraggiamento delle agitazioni montene

grine, e rinunzia alla grande via fra le Bocche di Cattaro e la pianura storica

di Kossovo, ed ha anche molte altre importantissime conseguenze; la minaccia

che le minoranze macedoni ed albanesi della Macedonia scuotano il giogo poli

tico di Belgrado e forti dell'appoggio italiano inviino alla Scupcina deputati

appartenenti alle minoranze loro, compromettendo così la superiorità politica dei

serbi tanto faticosamente racimolata insieme ai croati e sloveni. Agli occhi dei

serbi tutta la loro politica di egemonia sui Balcani è venuta a crollare colla firma

del patto italo-albanese. E di ciò i serbi non potranno facilmente darsi pace,

tanto più che essi stimano che la loro stessa indipendenza sia posta in p·ericolo

da questo squarcio che si è aperto nel loro .fianco e che va diritto al loro cuore

ossia alla Macedonia. Tre sono stati quindi i sentimenti suscitati nel popolo serbo dall'annunzio del patto: sorpr-esa, indignazione, paura. Sono rimasti sorpresi che un fatto così importante per loro sia avvenuto senza averlo preveduto e quindi attacchi asprissimi contro Nindch; sono rimasti indignati contro il modo di procedere dell'Italia che li colpiva nonostante il patto di amicizia e da ultimo dal gesto inconsulto delle dimissioni del ministro Nincich con la nota motivazion-e, aggravata dalle sue pratiche, per quanto immediatamente smentite, di fare appello aU'Europa, ha avuto paura di questo... (l) saldo compatto e sereno sotto la guida di V. E. ed ha cercato aUora con delle timide avances di entrare anche essa nel patto. La crisi interna e la morte di Pasich hanno aggravato lo stato d'animo dolorante di questo popolo e non mi è possibile fare oggi previsioni sulla futura linea di condotta nei nostri riguardi che sarà per tenere il futuro gabin-etto S.H.S. Se si tiene però conto dei due elementi decisivi: l'asservimento della politica estera del regno ai circoli militari e l'innata turbolenza balcanica di un popolo che si vanta di avere scatenata la più grande delle guerre mondiaU, le previsioni non possono essere buon-e; pare assicurato che i serbi tenteranno di provocare nuovi torbidi in Albania scagliandovi delle bande di armati raccolte fra gli albanesi della Macedonia e comandate ed equipaggiate da militari. È troppo innata in loro l'abitudine alla lotta per lasciare cadere una occa~ione così propizia. Può darsi però anche che la scissura fra le tre razze si aggravi in seguito morte Pasich e che sotto la minaccia di vedersi strappato predominio negli affari del regno per opera di croati i serbi vengano a miglior consiglio e cerchino di nuovo quell'amicizia italiana che aveva loro permesso el-evarsi al rango di potenza al di sopra delle competizioni balcaniche. Sulla decisione influirà molto la misura dell'appoggio che lo stato S. H. S. potrà trovare presso altre grandi potenze e ciò sopratutto dopo che loro tentativo di solidarizzare nazioni balcaniche contro l'Italia può miseramente fallire. Certo che l'ambiente è qui saturo di elettricità e persino negli anni 1921 e 22 la situazione non si presentò così grave.

542

L'AMBASCIATORE A MOSCA, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 2107/1522. Mosca, 14 dicembre 1926 (per. il 24).

Telegrammi di V. E. n. 864/330 del [5] corrente 907/159 dell'11 corrente

e 925/339 del 13 conente (2).

Nel colloquio avuto oggi col commissario aggiunto Litvinoff lo ho messo al corrente del concentramento di truppe francesi -con mezzi -e di navi francesi nella regione di Nizza. Egli ignorava la cosa ed ha ricordato l'interpellanza Cachin al palazzo Borbone. Gli ho aggiunto che noi non ne eravamo nè impressionati nè preoccupati e che, tranquilli delle nostre intenzioni pacifiche, avremmo atteso con calma il chiarimento della situazione.

Per mezzo di questi addetti militare e navale ho fatto informare questi ambienti militari della esatta situazione delle cose. Ho incaricato questo corrispondente della Stefani di informarne la direzione della Tass.

Quanto al trattato italo-albanese ho attirato l'attenzione del signor Litvinoff, sulla tendenza di certa stampa, e forse del signor Radkh stesso, di sfruttare la situazione anche a danno dei rapporti italo-soviettici coll'insinuare che la Jugoslavia senta suonata l'ora di annodare rapporti coi soviet per premunirsi contro l'Italia. Litvinoff mi ha fatto quasi ex abrupto la recisa dichiarazione che i soviet «non hanno interesse nei Balcani». È una dichiarazione sorprendente, alla quale non presto fede: ma è stata fatta molto precisa. Egli ha quindi parlato della morte di Pasich e del tentativo che il Pasich, nella scorsa estate, stando a Karlsbad, ha fatto per avere un colloquio col Litvinoff che era a Marienbad. Il colloquio non ebbe luogo perchè il Litvinoff pose la ·condizione che avvenisse in luogo neutro ed il Pasich fece sapere che le sue condizioni di salute non gli permettevano di lasciare il suo albergo in Karlsbad. Siccome il Radich fu nell'estate 1924 in Mosca ed ebbe colloqui con commissario Cicerin e non col Litvinoff, in quel momento assente da Mosca, ho tenuto a metter Litvinoff in guardia contro questo mestatore della politica jugoslava, estera ed interna, un vero avventuriero della politica, un giorno monarchico e l'altro repubblicano, un giorno conservatore e l'altro comunistizzante. Il commissario Cicerin [sic] mi lasciò capire che egli ne aveva bene intuito la personalità.

(l) -Gruppo indecifrato. (2) -Cfr. nn. 520, 535 e 540.
543

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, E AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. PER CORRIERE 943. Roma, 15 dicembre 1926, ore 18. (Per Belgrado). Ho telegrafato alla R. ambasciata a Parigi quanto segue: (Per tutti). In un recente colloquio questo ambascia.tore di Francia mi ha dichiarato essere sorpreso atteggiamento stampa italiana contro Governo francese accusato di aizzare Belgrado contro di noi. Ho risposto che opinione pubfiliCa italiana av·eva avuto l'impressione di una rinnovata ostilità contro l'Italia perchè, diversamente dall'Inghi:lterra, nessuna manifestazione c'era stata da parte del Quai d'Orsay. Governo italiano assiste tranquillo alla nuova montatura che ha preso a motivo patto italo-albanese di natura assolutamente pacifica e non diretta contro la Jugoslavia. Se i nostri rapporti con Belgrado non sono più quelli di due anni fa lo si deve non all'Itailia, ma a·l Governo di Belgrado che in venti mesi non ha potuto o voluto ratificare convenzioni di Nettuno. Nincich ha voluto drammatizzare le cose e invece di chiedermi delle spiegazioni che io gli avrei fornite, se ne è andato sbattendo gli usci e con lui tutto il Governo jugoslavo. Dinanzi a me non c'è nessuno mentre se Belgrado

avesse avuto minore precipitazione di giudizi, si sarebbe evitato il cancan internazionale che oggi deploriamo.

Besnard ne ha convenuto e mi ha chiesto se vedevo possibilità sanare situazione. Ho risposto di si, ma che l'iniziativa non può partire da Roma. Noi non abbiamo da spiegare nulla se nessuno nulla ci chiede.

(Solo per Parigi). Venendo a parlare della tensione esistente fra i due paesi, ambasciatore mi ha detto che li Governo francese era stato débordé mandando forze a Nizza ed ha aggiunto che considerava pazzesco e criminale ogni pensiero di conflitto tra Italia e Francia. Gli ho detto che condividevo la sua opinione e soggiunto che Governo italiano esaminava assai tranquillamente situazione. Ho detto anche che Governo francese, conoscendo reale situazione forz·e armate italiane, non poteva nutrire timori di attacchi da parte nostra e che queste misure avrebbero finito per ridicolìzzare qua.Icuno. L'ambasciatore mi ha confidato sua speranza che nei prossimi mesi tutto ritornerà alla normalità purchè i giornali ci lascino in pace.

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IL MINISTRO A DURAZZO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 20141730. Durazzo, 15 dicembre 1926, ore 23,20 (per. ore 4 del 16). Col regolamento avvenuto in questi giorni delle questioni minori inerenti alla messa in pratica dei lavori della Svea, sì può considerare ultimato l'inquadramento della nostra penetrazione pacifica in Albania, se non del monopolio come i ministri .persistono a credere. D'altra parte la firma del patto ha regolato pure definitivamente da·l punto di vista internazionale la nostra situazione politica nei confronti dell'Albania. Avendo così adempito la missione che V. E. mi aveva fatto l'onore di affidarmi mi sento autorizzato, quantunque non richiesto, ad esprimere a V. E. il mio subordinato avviso circa l'azione susseguente da volere svolgere. A me sembra che il programma massimo da noi ottenuto non darebbe il suo pieno effetto sia dal punto di vista delila situazione interna albanese, come da quello delle relazioni dell'Italia con il corpo diplomatico e con le altre potenze, se i suoi risultati non fossero immediatamente tangibili. Sì dovrebbe perciò formulare un secondo programma di attuazione molto più facile, ma che necessita direttive più precise e che abbraccia il lato politico e quello economico. E cioè: dal punto di vista politico economico perfezionare subito, se V. E. lo creda opportuno nella prossima visita di Ahmed Zogu a Roma, il patto di Tirana con accordi speciali, che potrebbero essere quelli indicati nella nota convenzione pubblica (1). Questo lavoro prenderebbe le forme di un programma politico che V. E. detterebbe a Ahmed Zogu per il prossimo avvenire. Come controparte però credo mio dovere mettere subito in rilievo che bisogna altresì venire incontro

ai bisogni finanziari dell'Albania. Dal lato economico politico questioni più urgenti che bisogna risolvere sono in ordine di importanza: quella del clero

Il) Cfr. p. 271, nota l.

cattolico di Scutari che occorre risollevare dall'ultimo scacco avuto dall'azione dei Dukag.ini per attirarlo completamente a noi e farne il centro dell'espansione delJa cultura itaiiana in Albania; la questione della linea di navigazione fra l'Italia e l'Albania, problema di assoluta necessità per... (l) un traffico naturale fra i due paesi; la questione ortodossa per aumentare la nostra influenza. Oggi dei 900.000 abitanti circa che sono in Albania, i mussulmani

(500.000) possono considerar.si a noi favorevoH; restano 100.000 cattolici da g1.1.adagnare completamente; 300.000 ortodossi da tilrare in parte nel nostro giuoco, infine molti... [manca] di minore importanza; per poter riferire esaurientemente su tutto quanto... [manca] giudicherei indispensabile conferire verbalmente con V. E. e poichè la possibiJità di pericolo immediato in questo momento non domanda la mia presenza in Albania, sarei g1rato a V. E. di volermi autorizzare venire a Roma.

545

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. GAB. 953/420. Roma, 17 dicembre 1926, ore 4,30. Ministro Mavrudis è venuto riconfermarmi dichiarazioni fatte a V. E. da ministro esteri Grecia sopra patto Tirana. Mi ha inoltre domandato se notizie apparse in giornali di Bucarest, Londra e Belgrado circa la possibilità di estendere il patto di T·irana facendovi partecipare anche Jugoslavia avesse qualche fondamento verità. In caso affermativo Governo greco fa presente suo legittimo desiderio esservi pure compreso dato che interessi greci in Albania non sono dissimili interessi jugoslavi. Quanto sopra beninteso sempre nell'eventualità che ipotesi affacciata nella stampa abbia probabilità verificarsi. Ho risposto ministro Mavrudis che notizia era assolutamente falsa e inventata e che patto Tirana per ragioni evidenti non era e non è suscettibile di modificazioni di sorta. Ho colto ·occasione per far conoscere al Governo di Atene come sia stato

apprezzato da tparte italiana atteggiamento della Grecia, e come ciò sia ancora una prova degli amichevoli rapporti esistenti fra i due paesi.

546

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AI MINISTRI A BUCAREST, DURAZZO, E A PRAGA, PREZIOSI

T. GAB. 954. Roma, 17 dicembre 1926, ore 4,30.

Bisogna lavorare perchè possibile iniziativa serba di una riunione della Piccola Intesa per discutere sulla situazione itala-albanese non giunga in porto.

(l) Gruppi indecifrati.

547

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO

T. GAB. 960/342. Roma, 17 dicembre 1926, ore 19.

Suo telegramma n. 314 (1).

Per norma di V. E. le comunico che R. Governo pur apprezzando sereno atteggiamento del Governo rumeno non ritiene che la posizione assunta dall'Italia nella questione albanese, richieda o renda opportuna una forma di mediazione tra l'Italia e la Jugoslavia.

548

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, ROSSO (2)

T. GAB. 961. Roma, 17 dicembre 1926, ore 23.

Ambasciatore Inghilterra prendendo motivo notizie pubblicate Bucarest, Londra e Belgrado, circa eventualità partecipazione Jugoslavia patto T·irana, ha domandato conoscere a titolo confidenziale e per sua norma personale punto di vista Governo italiano. Gli ho fatto r.ispondere che:

l) Governo italJ.ano non ha mai dato suggerimenti Belgrado per incoraggiare azione tendente sia ad estendere patto Tirana comprendendo anche Jugoslavia sia concludere patto separato fra Albania e Jugoslavia.

2) Governo jugoslavo non ha fatto passi del genere, passi che, specie dopo campagna denigratrice condotta circoli responsabili Belgrado, non sarebbero certo favol.'evolmente accolti dall'Italia.

3) Notizie pubblicate giornali sono pertanto destituite qualsiasi fondamento. Patto Tirana è ormai legittimamente concluso e internazionalmente perfetto, nè può subire modificazioni di sorta.

4) È augurabile che Bel•grado, esaminati con maggior calma e ponderazione gli avvenimenti, riconosca il buon diritto delll'Italia.

5) In tal senso Governo ital.iano aveva molto apprezzato opera svolta Governo inglese per ristabilire presso circoli Belgrado situazione suoi precisi termini e dileguare un'atmosfera di panico e di allarmi artatamente creata.

549

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, ROSSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. R. 2045/869. Londm, 17 dicembre 1926, ore 20 (per. ore 3 del 18).

In conversazione con assistente segretario di stato circa patto Tirana e situazione balcanica, ho creduto scorgere una certa cura da parte del signor Gregory

nel dichiarare come del tutto inconsistente voce corsa di una attitudine divergente fra Parigi e Londra nei riguardi del conflitto italo-jugoslavo, nel senso che mentre Gran Bretagna avrebbe parteggiato per Italia, Francia invece avrebbe appoggiato Governo di Belgrado.

Una concezione del genere, ha dichiarato mio interlocutore, è assolutamente errata, perchè Inghilterra e Francia sono d'accordo su un punto essenziale e cioè sulla necessità di conservare la pace nei Balcani: conseguentemente esse si sono adoperate in pieno accordo per dare consigli di calma e moderazione a Belgrado.

Ho osservato per parte mia ·che la voce cui sottosegretario accennava non era affatto giunta a questa R. rappresentanza e che in ogni modo conservazione della pace nei Balcani era uno dei postulati anche della politica italiana e che patto Tirana era diretto a costituire appunto un nuovo elemento di pace. Il signor Gregory riconobbe che come tale lo aveva interpretato Governo britannico, in base alle comunicazioni che a nome di V. E., il marchese della Torretta aveva successivamente fatto a Chamberlain e a Tyrrel (1). Malauguratamente però Governo Belgrado aveva creduto vedere in esso minaccia italiana in Albania ed eccitazione spiriti, anche se ingiustificata, non aveva mancato dare al Foreign Office qualche preoccupazione.

A questo punto valendomi delle notizie contenute nel telegramma di V. E.

n. 918 (2), ho fatto rilevare come Governo greco altrettanto interessato alle cose d'Albania quanto quello jugoslavo, aveva invece interpretato trattato Tirana secondo vero spirito dichiarandosene pienamente soddisfatto. Il signor Gregory ascoltò con molta attenzione tale notizia interrogandomi poi con particolare interesse circa attuali rapporti italo-greci che io gli descrissi eccellenti.

Qualunque sia la fonte delle voci giunte al Foreign Office e alle quali il sottosegretario aveva accennato è in ogni modo assai significativa la premura messa dal signor Gregory nello smentire esistenza di divergenze fra Parigi e Londra, il ·che riconferma ancora una volta la cura dei due Governi di mantenersi e apparire in completo accordo. Non resta dubbio che sulla situazione derivata dal trattato di Tirana, i Governi di Londra e Parigi, hanno avuto attivo scambio di vedute cercando, per quanto possibile, agire di conserva. Sempre sull'argomento del patto di Tirana ho avuto occasione conversare anche con signor Sargent, capo dell'ufficio competente, il quale pur riconoscendo scopi pacifici del trattato mi ha lasciato capire che egli si spiegava eccitazione Governo Belgrado il quale si attendeva forse di essere tenuto al corrente delle trattative italo-albanesi. Signor Sargent espresse il voto che tensione tra l'Italia e la Jugoslavia abbia presto a rallentarsi, osservando che il Governo italiano potrebbe fare molto per una pronta pacificazione degli spiriti a Belgrado, prendendo l'iniziativa di franche e cordiali spiegazioni. Egli è ritornato sull'ormai ripetuto concetto di un possibile allargamento del patto di Tirana, aggiungendo che all'Italia sarebbe più agevole compiere primo passo tale direzione. Da queste mie conversazioni con i funzionari del Foreign Office e da altri indizi, sono indotto a concludere che il consenso pieno e cordiale espresso da Chamberlain e da

31 -Documenti diplomatici • Serie VII · Vol. IV

Tyrrel al primo annunzio loro dato della conclusione del trattato, non è disgiunto oggi presso Foreign Office da qualche riserva suggerita dalle preoccupazioni derivanti dalla reazione di Belgrado. Negli ambienti del Foreign Office si ritiene che nel superare la situazione di disagio creatasi tra l'Italia e la Jugoslavia, molto possa aspettarsi da una mossa italiana, tendente a tranquillizzare Belgrado. Dovendo prossimamente vedere Chamberlain, mi riservo di accertare fino a quale punto vedute suddetti funzionari prevalgano presso segretario di stato.

(l) -T. Gab. 1983/314, trasmesso il 14, c.re 14, per. ore 19: la Romania non vede nel patto italo-albanese pericoli per la pace e Io statu quo nei Balcani ed è disposta ad interporre i suoi buoni uffici perchè sia appianata la divergenza itala-jugoslava in proposito. (2) -Il telegramma venne inviato, per conoscenza, anche a Parigi e Belgrado. (l) -Cfr. n. 514. (2) -Trasmesso il 12, ore 20, con il quale Mussolini comunicava a Parigi, Londra, Belgrado,Durazzo, Sofia e Ginevra il telegramma da Atene pubblicato al n. 530.
550

L'AGENTE DIPLOMATICO A TANGERI, VANNUTELLI REY, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CHIARAMONTE BORDONARO

L. Tangeri, 18 dicembre 1926.

Come feci in analoga circostanza nella scorsa primavera rimetto a te diret

tamente l'accluso rapporto di carattere riassuntivo generale, pregandoti di far

presente, ove e a Chi occorra, che, se gli argomenti in esso svolti e le conclu

sioni in esso formulate non corrispondono alle direttive generali della nostra

politica in questo momento, io spero di esserne scusato in nome della mia co

scienza che mi fa obbligo di esprimere sinceramente al Governo, di cui sono qui

agente, il mio modo di vedere.

Conto di giungere a Palermo per il Capodanno e a Roma verso il 10 gen

naio.

.ALLEGATO

TELESPR. 1255/458. Tangeri, 18 dicembre 1926.

Alla vigilia di partire in congedo mi reco a premura di riassumere, per oppor

tuna informazione di V. E., il mio giudizio sulla fase attuale della questione del

Marocco in genere e di Tangeri in ispecie, nonchè sullo sv·iluppo che dai presenti

sintomi essa appare destinata ad avere, sopratutto nei nostri riguardi.

Per quanto concerne Tangeri, l'avere soprasseduto, nella scorsa estate, ad im

pegnarci per l'adesione allo Statuto sulla base dei famosi nove punti -come

avrebbe desiderato l'Inghilterra per metterei nel sacco -ci ha permesso di conse

guire (traendo partito della sia pur momentanea galvanizzazione della politica

8pagnola e del fantasma di una conferenza) quello che era da tre anni il nostro

principalissimo scopo, ossia la parità col Governo britannico, oramai sancita da

formali accordi, nella partecipazione ai convegni per le modificazioni dello Statuto

medesimo. Abbiamo inoltre avuto campo, nel frattempo, di riorganizzare questa

nostra modestissima colonia, dianzi quasi ignota ed ora composta pur sempre, per

dir così, di quattro noci in una scatola, ma che fanno abbastanza rumore. Ed

abbiamo anche tutto predisposto, nella massima segretezza, per l'apertura di un

ufficio postale italiano, mentre siamo prossimi a perfezionare l'acquisto di un

immobile imponente, dove avranno ampia e degnissima sede una nostra clinica

e nostri istituti di istruzione ed educazione secondaria e di propaganda culturale.

Per il resto del Marocco -ed è questo, a mio modo di vedere, ciò che più

importa -ci è stato poi possibile intuire (se non ancora studiare metodicamente

per l'assoluta insufficienza di organizzazione della nostra rappresentanza consolare) l'intero quadro della situazione di più che diecimila concittadini, finora quasi dimenticati sul margine della snazionalizzazione, nonchè il programma dei ripari cui conviene ricorrere senza indugio per salvarli.

Non dobbiamo dunque addormentarci sugli allori, nè limitare la nostra azione ad una congrua soddisfazione dei nostri postulati materiali e morali nell'ambito dell~ singola questione di Tangeri. Tangeri, come credo aver più volte dimostrato, è per noi in funzione di Marocco ed il Marocco in funzione dell'intero problema del Nordafrica francese. Il successo diplomatico che abbiamo riportato assicurandoci la partecipazione alle • conversazioni a quattro • per la riforma dello Statuto rimarrebbe una ben sterile vittoria se dovesse restar conchiuso nella ristretta cerchia dei negoziati per la sistemazione della breve zona internazionale. :t quindi da augurarsi, anzi da cercare per quanto possibile, che tali negoziati, anche con il nostro intervento ed appunto a causa di esso, falliscano, lasciando sempre aperto quest'unico spiraglio di ingerenza estranea, che è l'attuale anarchia tangerina, nel protettorato della Francia sull'impero sceriffiano.

Contrariamente a quanto hanno interesse a far credere Francia e Inghilterra (associate e complici, la prima per trasformare insensibilmente il protettorato in colonia, la seconda per stornare ogni alterazione di quell'equilibrio fittizio da essa voluto e creato sulla soglia del Mediterraneo) la questione marocchina-abilmente celata sotto una frettolosa, per quanto ingegnosa, impalcatura di varii istromenti internazionali più o meno claudicanti, come il trattato franco-spagnolo del 2'1 novembre 1912 e la dichiarazione italo-francese del 28 ottobre dello stesso anno -è tutt'altro che chiusa, troppi contrasti politici, etnici e geografici rimanendo tuttora insoluti nel suo seno. La irresistibile tendenza francese a portare il confine militare fino aìlo spartiacque atlantico-mediterraneo, la controversa na.tura giuridica della influenza della Spagna sulla propria zona, la forte percentuale di europei non francesi stabiliti nel Protettorato, la diversità di regime locale cui le loro varie nazionalità sono sottoposte, le reazioni indigene che covano nelle città e divampano intermittentemente in vaste oasi di dissidenza, ecc. sono tutti elementi negativi che, collegati sia fra di loro sia con il problema di Tangeri, costituiscono un conglomerato di sicure complicazioni per un avvenire non lontano.

Nello stesso meschino girone del problema di Tangeri non bisogna lasciarsi

illudere che la momentanea capitolazione, cui sembra rassegnarsi la Spagna di

fronte alle difficoltà suscitatele nella sua politica africana ed interna dall'opera

di sobillazione massonica della Francia e favorite dall'Inghilterra, significhi il

seppellimento definitivo delle sue aspirazioni quali furono enunciate lo scorso

agosto da Primo de Rivera. La Spagna potrà bensì, come fece nel 1923, aderira

per forza ad una nuova edizione dello Statuto che le verrà imposta dalla Francia

e dall'Inghilterra e che non conterrà se non irrisorie modificazioni di pura forma,

ma cìò non le impedirà di riprendere all'indomani il suo programma di sordo e

accanito sabotaggio delle istituzioni statutarie, mercè i fattori di disgregazione che

la struttura economica, la mentalità iberica e la ubicazione topografica della città

internazionale pongono decisamente al suo servizio, con pregiudizio radicale e

permanente del processo di gallicizzazione che sotto il manto della internazionalità

persegue la Francia.

E allora a che pro dovremmo noi, per la mera soddisfazione delle richieste

d'indole locale da noi formulate nelle trattative con il Foreign Office, fare il gioco

altrui rinunziando ai privilegi capitolari ed alla libertà di manovra, che l'attuale

nostra posizione ci consente non solo a Tangeri, ma per riflesso morale in tutto

il Marocco? Questa posizione è ben più forte di quella onde potremmo godere

quando fossimo divenuti prigionieri e complici di una amministrazione mista, che

è e sarà sempre, per la sua stessa ibrida natura, la negazione del buon senso e

della pratica convivenza. Meglio (mi si perdoni la locuzione familiare, ma espres

siva) essere uccel di bosco che uccel di gabbia e contribuire a mantenere viva;

con la nostra mancata adesione, questa irritante questione tangerina, che è come

una miccia per le disperse ma non per anco svanite polveri dell'altra più grossa

questione, quella del Marocco. Strappata questa miccia (come, con evidente preoc

cupazione, si sta da un pezzo adoperando l'Inghilterra) dalle nostre mani particolar

mente pericolose di • enfant terrible •, si ridurrebbe al minimo il rischio di nuove,

più ampie complicazioni e la Francia potrebbe consolidare il suo impero maroc

chir..o, con la compiacente connivenza britannica, schiacciando o per lo meno para

lizzando per sempre la tenace, ma isolata ed inabile opposizione spagnola. E noi, divenuti una minoranza trascurabile nell'amministrazione dello Statuto, avremmo perduto l'ultima ridotta di cui ancora disponiamo sul fianco occidentale del Nordafrica francese per contestare alla Francia il dominio esclusivo della sponda meridionale di quel gran lago latino che è il Mediterraneo tra lo stretto di Gibilterra e il canale di Malta.

Il vero confine tra l'Europa e l'Africa, ad ovest dell'Italia, non è infatti il ~editerraneo, ma il Sahara o per meglio dire una linea che dal fondo della piccola Sirte va alla foce dell'Ued Draa nell'Atlantico. Tutto il paese a nord di questa linea, ossiano la Tunisia, l'Algeria e il Marocco (la regione dell'Atlante insomma od Africa Minore che dir si voglia) è strettamente affine per clima, flora e pae~ saggio alle opposte sponde dell'Italia, della Francia e della Spagna e tale si rivela apertamente a chi, come me, ha avuto la cura e la soddisfazione di percorrerlo e di studiarlo. Questo paese, ricchissimo di risorse naturali e scarsamente popolato, non può non essere destinato a divenire lo sbocco principale e obbligato, perchè il più vicino e il più congenere, delle tre maggiori stirpi neolatine. E lo sfruttamento monopolistico che il capitalismo e il militarismo francese ne stanno intensificando, dopo aver accantonato le pigre iniziative spagnole in un angolo morto tra le creste del Riff ed il mare, non potrà alla lunga resistere contro la invasione demografica italiana, se questa non sarà artificialmente sviata dai maneggi britannici verso colonie e mandati in piaghe meno adatte e più lontane dove si scinderà la compattezza del nostro esodo transmarino, la quale sarebbe invece assicurata dal lento ma infallibile fermentare di una nuova Italia -sia pur attraverso lotte iniziali tra il ius sangu.inis ed il ius loci -nelle terre della antica signoria di Cartagine, dalla Numidia alla Mauritania. Meglio, a mio parere, attendere pazientemente la nostra ora per conseguire con i mezzi e nei modi che ci verranno indicati dalla storia il posto a noi spettante in queste terre di elezione e non rinunziare nel frattempo a nessun avamposto che, come Tangeri nelle condi:lioni presenti, rappresenta un foro da mina praticato nell'imperialismo della nazione sorella e rivale ed una conseguente eventuale breccia di penetrazione in favor nostro.

Mi permetto perciò di concludere esprimendo l'avviso che, qualora superiori motivi di politica generale non creino al R. Governo l'obbligo contingente di regolarsi altrimenti, convenga a noi desiderare non solo ma addirittura procurare che la questione di Tangeri non sia risolta nelle convenute prossime conversazioni a due e a quattro, pur salvando abilmente le apparenze della buona volontà di collaborare con Francia, Spagna e Inghilterra alla soluzione.

Occorrerebbe, in tal ordine di idee:

l) risollevare, se possibile, il Governo spagnolo dallo stato di prostrazione agnostica in cui sembra caduto nei riguardi della questione e !asciargli cautamente intendere che, se opporrà una ferma resistenza nelle conversazioni a due contro le pretese della Francia, troverà in noi un appoggio non meno fermo nelle successive conversazioni a quattro, in modo che da queste ultime, nel peggiore dei casi, non esca niente di fatto;

2) prepararci, in ogni modo, a chiedere nelle conversazioni a quattro (sotto il pretesto che in quelle a due saranno stati verosimilmente negoziati tra Francia e Spagna dei compensi estranei alla zona internazionale vera e propria) molto di più dei nove punti confidenzialmente ma, credo, tassativamente indicati al Foreign Office come base delle nostre rivendicazioni, onde la Francia possa indursi, per venire a capo della nostra intransigenza, ad offrirei in cambio per i nostri connazionali stabiliti nel suo protettorato marocchino una situazione ana

loga a quella che verrà stipulata per Tunisi, ovvero concessioni di tale .entità a

Tangeri, che valgano a creare qui per essi un centro di irredentismo coloniale,

3) cercare che la questione si imbrogli il più possibile e magari stimolare

indirettamente, in caso estremo, le pretese ad un intervento, di diritto o di fatto,

nelle conversazioni a quattro che saranno con molta probabilità avanzate, a un

dato momento, dall'America e dalla Russia. A noi conviene infatti valerci di tutto

per recuperare nel Marocco quanto più si possa di quello a cui, per ignoranza di

cose o per errore di apprezzamento, abbiamo rinunziato nel 1912 e nel 1916.

Mi rendo perfettamente conto delle esigenze imperiose e complesse della situazione internazionale, le quali possono consigliare ed anche forse costringere il R. Governo a seguire una direttiva affatto diversa. Ritengo però mio dovere affermare che, secondo me, per le considerazioni esposte in questo rapporto, la nostra entrata nello statuto (sia pure in seguito alle conversazioni paritarie a quattro ed al conseguimento di tutti i vantaggi locali da noi pretesi) costituirebbe senza dubbio un brillante episodio politico di sicuro effetto all'interno e all'estero, ma equivarrebbe in realtà ad una notevole diminuzione della nostra energia potenziale in quel campo di naturale e fatale espansione italiana che è il Nordafrica francese (1).

551

IL SEGRETARIO GENERALE DEI FASCI ALL'ESTERO, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (ACS, Segreteria particolare del Duce, Carteggio riservato)

L. P. Roma, 18 dicembre 1926.

I giornali ci portano la notizia che un altro Potere è passato a un altro Fascismo (2). Non sarà l'ultimo. Ho l'orgoglio di dirVi che anche questo avvenimento figurava sul calendario delle previsioni della Segreteria dei Fasci all'estero. Nei primi mesi di quest'anno un luogotenente di Grigaliunas (3) venne a Roma nel mio ufficio ed esaminò sotto la mia guida i nostri statuti ed il nostro programma. Quando ci lasciammo mi disse: Viva Mussolini. Anche questa rivoluzione ha in Voi il suo Capo spirituale. Mi guardo dal farmi profeta, ma ritengo che non sarà l'ultima e credo sempre più alla solidarietà internazionale del Fascismo o, per dir meglio, dei Fascismi. Questa solidarietà sarà per l'Italia una forza difensiva di prim'ordine e per Roma la realizzazione del suo nuovo dominio.

552

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. 982/783. Roma, 20 dicembre 1926, ore 13.

Ambasciatore Besnard mi ha letto un telegramma del Quai d'Orsay che si lagna atteggiamento a,ggressivo stampa ita'liana contro il Governo francese a proposito del patto di Tirana. Aggressivo ed ingiustificato perchè il Governo

francese ha consigliato calma a Belgrado. Nello stesso telegramma viene posto in 11isalto che l'atteggiamento amichevole del Quai d'O~say sulle questioni del Marocco per cui l'ItaJia maigrado convenzioni precedenti viene messa suilo stesso piede dell'Inghilterra non ha suscitato akun benevolo commento nella stampa italiana. Gli ho risposto:

l) che prendevo atto ,con piacere della comunicazione;

2) che sarebbe bene Quai d'Orsay facesse conoscere al pubblico questo suo atteggiamento; 3} èhe i giornali italiani avevano sospeso ogni polemica; 4) 'che bisognava spiegare una volta per tutte che in Italia non esiste

censura preventiva ma soltanto sequestro postumo. Ambasciatore mi ha dichiarato che avrebbe trasmesso quanto sopra a Parigi.

(l) -Nota marginale di pugno di Mussolini: c Interessante. M. •· Il Vannutelli aveva giàmanifestato concetti analoghi a quelli contenuti nel presente doc., con particolare riferimento alla opportunità di procrastinare la nostra adesione allo Statuto di Tangeri, in due lettere del 19 luglio dirette a Guariglia e a Chiaramonte Bordonaro. In margine a quest'ultima, annotazione di pugno di Mussolini: • Importante. Niente fretta! •· E prima ancor<a, concetti analoghi del Vannutelli nel telespr. 431/156 del 18 maggio, in margine al quale si trova la seguente annotazione di pugno di Mussolini: • Importante •. (2) -Allude al colpo di stato militare effettuato in Lituania. (3) -Il colonnello Grigaliunas Glovazki, capo dei fascisti lituani.
553

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, ROSSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2083/876. Londra, 21 dicembre 1926, ore 20 (per. ore 1,45 del 22).

Mio telegramma n. 859 (1).

Come ho riferito con telegramma per corriere n. 1279 (2), probabilmente non ancora pervenuto a codesto ministero, venerdì scorso feci all'assistente segretario di stato, perchè ne desse comunkazione a Chamberlain, dichiarazione prescrittami da V. E. con telegramma n. 952/525 (3), circa trattato italatedesco. Riservomi interessare personalmente segretario di stato appena pervenutomi testo del trattato.

In proposito faccio presente che tale testo cui invio mi è stato annunziato

fin dal 14 corrente non mi è finora pervenuto.

Oggi per bocca del capo dell'ufficio competente Chamberlai:n mi ha ma

nifestato suo compiacimento per dichiarazioni da me fattegli a nome di V. E.

e si è mostrato molto grato per annunziatagli comunicazione del testo del

trattato.

Mio intedocutore mi ha detto in via personale che Chamberlain commen

tando mie dichiarazioni circa trattato, ha espresso speranza che comunicazione

analoga sarebbe stata fatta anche a Briand.

Chamberlain pensa che tale atto cortese da parte di V. E. e sue assicu

razioni circa politica di concilia~ione e di ricostruzione ispirantesi agli stessi

principi del patto di Locarno non mancherebbero di essere apprezzati dal

Governo francese in tutto il loro valore.

(l) -T. Gab. 1987/859. trasmesso il 14. ore 20, per. .;>re 2 del 15: desiderio di Chamberlain di avere il testo del progetto di trattato italo-tedesco. (2) -T. Gab. per corriere 2100/1279, trasmesso il 17, per. il 23, non pubblicato. (3) -Trasmesso il 17, ore 4,30: autorizzazione a comunicare a Chamberlain il testo del progetto di trattato italo-tedesco.
554

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, ROSSO

T. GAB. 998/538. Roma, 22 dicembre 1926, ore 1. Legazione Durazzo telegrafa quanto segue: « (Come nel tel. n. 20431741 da Durazzo):. (1). Pur comprendendo che questi passi sono precedenti alle dichiarazioni da

me fatte a questo ambasciatore britannico come da mio telegramma n. 961 (2), non sarà superfluo di confermare a codesto Governo che allo stato della questione e data la posizione assunta dall'Italia che non fa sembrare opportuna la ricerca di soluzioni intermedie senza una diretta spiegazione con la Jugoslavia, questi suggerimenti a Belgrado ed Atene possono avere l'effetto di irrigidire la questione giungendo a risultati contrari alle finalità conciliative di codesto Governo.

555

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2095/839. Belgrado, 22 dicembre 1926, ore 22,35 (per. ore 20 del23). Mio telegramma n. 76>8 (3). Mi risulta che al momento in cui giunse la notizia del patto italo-albanese

le trattative fra Ungheria e Jugoslavia erano ultimate per il patto di amicizia ed arbitrato, mentre si erano arrestate per quanto riguarda altre convenzioni regolanti numerose questioni rimaste insolute in seguito trattato pace fra cui quelle circa trattamento delle minoranze ungheresi, e ciò per... (4) preconcetto ostilità del noto Toderovic. In seguito notizia patto predetto, questo Governo propose subito a questa legazione Ungheria di affrettare conclusione trattative dimostrandosi disposto a maggiore condiscendenza. Ma delegati ungheresi, avendo compreso gioco jugoslavo, misero avanti alcune difficoltà formali procrastinando conclusione trattative. A tale proposito ho creduto opportuno tenermi in contatto con questo ministro d'Ungheria Hory, già al corrente, il quale del resto si è reso subito conto della necessità .soprassedere a qualsiasi atto (5).

556

L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 2134/1410. Parigi, 22 dicembre 1926 (per. it 29). Mio telegramma n. 1403/883 (6). Nella conversazione che ho avuto ieri sera con Briand, gli ho detto che

in Italia si era rimasti molto sorpresi per le esagerazioni di tutta la stampa

francese che ci aveva atwibuito fantastici disegni di agg.ressione ed aveva denunziato concentrazioni di nostre forze alla frontiera, e ciò per giustificare i movimenti di truppe che avevano avuto luogo sul confine francese, nonchè la riunione della squadra francese nelle acque di Nizza. Le notizie propalate, per la parte che ci riguardava, erano destituite da ogni fondamento. L'esercito si trovava ad av&e il minimo di forze per il congedamento della classe e non un uomo nè un obice era stato inviato nella regione di frontiera dove esistono guarnigioni. Quanto alla milizia volontaria fascista, su tutto l'arco delle Alpi, e cioè su un percorso di 3.000 chi'lometri, erano disseminate 5.000 camicie nere, e, più particolarmente nel settore di Ventimiglia ve ne erano 400, con le quali non si potevano certamente esegui·re i temuti coLpi di mano sul confine sud-orientale.

Quello che più mi aveva ·colpito tornando a Par1gi, era che alcuni giornali parigini seri, come l'Intransigeant e molta ·stampa di provincia, continuavano a diffondere tali notizie, mentre il Governo f~ancese era al corrente della loro falsità. Infatti, il nostro addetto mi'litare, su mie istruzioni, ne aveva intrattenuto lo stato maggiore francese e aveva potuto constatare ch'esso era a conoscenza della nostra astensione da qualsiasi provvedimento di carattere militare. Ciò era stato confermato dall'addetto militare e dall'ambasciata di Francia a Roma.

Per contro dallo stato maggiore erano state date al nostro addetto militare formali assicurazioni che i movimenti avvenuti di truppe francesi non avevano alcuna relazione con la situazione politica, ma che erano stati determinati dalle seguenti cause:

l) Ritorno delle truppe d'Arfrica; 2) alleggerimento della guarnigione della Sar:re; 3) applicazione del nuovo ordinamento dell'esereito.

Ho chiesto al ministro, come mai, dopo un esauriente chiarimento come quello sopra menzionato, il Governo francese lasciasse ancora circolare voci che allarmavano l'opinione pubblica e cagionavano una vJvissima agitazione nei centri italiani, donde mi giungevano domande sulla opportunità di rimpatriare in vista di una guerra fra i due paesi.

Briand mi ha risposto che Painlevé aUa Camera aveva fatto le dichiarazioni necessarie per chiarire l'entità ed i motivi del d1slocamento di forze notato in questo ultimo mese. Mi ripetè che tali misure non avevano rapporto con la situazione po1itica, escludendo con forza l'ipotesi di un conflitto arrmato :fra i due stati. Effettivamente dal Marocco erano tornati 40.000 uomini tolti a loro tempo dai territori renani dove non potevano essere rimandati.

I rinforzi derivavano pure dal nuovo ordinamento dei reggimenti che erano formati su quattro battaglioni anzichè tre. Painlevé poi, per sfuggire alla competizione elettora11e, aveva soppresso per quanto era possibile il sistema delle guarnigioni nei piccoli capoluoghi, preferendo tenerle nei settori dove sono assegnate. Infine, la autorità di pubblica sicurezza aveva chiesto forti rinforzi per far fronte ai gravi conflitti che a Nizza e dintorni si temeva dovessero scoppiare fra fascisti ed anHfascisti.

Per ciò che riguarda la flotta, essa si era riunita come per H consueto nel Mediterraneo per le esercitazioni. Anche qui trattavasi di coincidenza. ma

non di correlazione coi noti incidenti politici, gli ordini relativi rimontando a

parecchi mesi prima.

Briand riconoscendo il ben fondato delle mie lagnanze sull'equivoco che si lasciava sussistere circa la entità degli armamenti italiani ed i motivi di quelli francesi, mi ha promesso che ne a~rebbe parlato col min1stro della guerra, allo scopo di concordare il miglior modo per mettere a posto le cose e far conoscere al pubblico, oggi disovientato, la verità dei fatti corrispondenti alle pacifiche disposizioni dei Governi.

Briand però, si è lamentato che il Governo italiano avesse incaricato i suoi rappresentanti all'estero di denunZiiare gli armamenti della Francia, mentre in realtà le truppe ora al confine, anche dopo gli ultimi movimenti, raggiungevano un numero di gran lunga inferiore a ciò che erano ptrima della guerra.

Gli ho risposto che non poteva lagnarsene, avendo io stesso riportato, mentre ero in Italia, dalla lettura dei giornali francesi, non contraddetti da nessuno, che in Francia si procedesse ad una specie di mobilitazione per difendersi da presunte aggressioni o per esercitare una pressione. Ero pereiò lieto delle assicurazioni l'licevute, che avrei comunicate al Governo, ma mi permettevo di suggerj[oe che in simili ,casi sarebbe molto utile un tempestivo intervento ufficiale per dare un indirizzo alla stampa e non lasciare accreditare le più assurde notizie (1).

Briand mi ha parlato poi a lungo del suo deside-rio di vedere ripresi rappo:rti di fiducia e di amicizia fra l'Italia e la Francia. Qui è tornato sul suo vecchio concetto che la pa,ce di Europa non può essere asskurata se non è assisa su quattro pilastri: Germaiilia, Francia, Inghilterra e Italia. Mancando uno di essi, la situazione diveniva instabile.

In quest'ordine di idee J.'Italia poteva rappresentare una parte di primo ordine. Nessun uomo di stato aveva la posizione di forza e di stabilità che call'atterizzavano quel'la di V. E. Egli, Briand, aveva, da che era al potere subito quattro crisi; Stresemann appena rientrato in patr.ia era stato abbattuto. Probabilmente risorgerà, ha soggiunto, ma intanto è a terra. Chamberlain, anche lui, ha non lievi difficoltà. Mussolini potrebbe rappresenta:re il punto fermo al quale si riferirebbero le variabili espressioni delle altre potenze.

In Italia l'opinione pubblica soffre di una crisi di prestigio. E~ssa si adombra ritenendo che all'Italia non si dia l'importanza di grande potenza cui ha dj[oitto. Quale errore! Noi sappiamo tutti il peso dell'Italia nei consigli d'Europa, ed è perciò che ne desideriamo vivamente la collaborazione. Perchè il vostro capo di Governo ha rifiutato di venire in Svizzera? Ghamberlain e Stresemann sarebbero stati, come me, feHcissimi di incontrarsi in qualsiasi luogo con lui. Se fos,se venuto a Ginevra, avrebbe potuto presiedere l'ultima seduta del consiglio.

La mia maggiore aspirazione è di vedere Mussolini unjrsi ai nostri lavori e portarvi tutta l'autorità che gli viene dalla sua alta intelligenza e dalla sua unica .posizione interna. Perchè, fin d'ora, non si studierebbe e non si prepa

rerebbe un incontro a quattro nel marzo, quando avrà luogo la nuova riunione del consiglio? Briand mi ha chiesto i motivi della profonda animosità deU'Italia, dichiarandosi pronto, come avanti, a fare tutto quanto è in suo potere per dissiparla.

Gli ho risposto che a questo l'liguardo bisognava distinguere. Non era esatto che l'Italia fosse incurabilmente gallofoba e che dovesse escludersi la possibilità di un'intesa di essa con la Francia. A provare il contrario vi erano stati esempi sentimentaU come quello della catastrofe del «Dixmude :., quando dinanzi ad una sventura francese le popolazioni avevano spontaneamente manifestato la loro dolorosa simpatia per la ~rancia; ed esempi politici come quello della visita della squadra francese a Napoli che vi era stata ricevuta con grandissima cordialità. Gli amichevoli rapporti con la Francia avevano funzionato durante l'occupazione della Ruhr, nella questione di Corfù, ed in innumerevoli circostanze a Ginevra per la difesa dei comuni interessi.

Anche durante i ministeri Herriot e Painlevé vi erano state simpatiche maniiestazioni per l'Italia alla Camera ed a BLigny da parte dei due presidenti del consiglio.

Dal punto di vista commerciale durante il regime fascista erano stati annodati patti utili agli scambi reciproci, e le trattative erano state sempre condotte da entrambi i lati con sincera cordialità.

Ho accennato a questo punto la soddisfazione con cui sarebbe stata accolta dalla nostra opinione pubblica la conclusione degLi accordi serici, ora in corso di negoziato, non solo per gli interessi che essi equamente avrebbero tutelato, ma come un segno della ripresa effettiva dei nostri buoni rapporti politici. (A questo rigual'do sarà bene V. E. si tenga al corrente di quanto è stato fatto qui da me e dal commendator Di Nola).

Ma ancor più. Questi nostri rapporti, durante la prima parte del suo mini•stero, prima e dopo Locarno, erano venuti migliorando al punto che più volte io avevo potuto fargli accenno alla posstbilità di un accordo politico fra i due stati, e che egli aveva vagheggiato il progetto di un patto per garantire l'integrità dell'Austria, e di un accordo a tre fra Francia, ItaHa e Jugoslavia.

La situazione si era andata mutando ed oscurando con l'ingrossare della massa dei rifugiati in Francia, con la crescente loro baldanza ed attività, senza nessun segno di repressione da parte del Governo francese; con una intensificata campagna di attacchi e false notizie della stampa carteUista, cui avevano corrisposto i vari attentati perpetrati contro la vita di V. E., che avevano esasperato gli animi degli italiani, i quali li avevano posti in correlazione con l'atteggiamento benevolo del Governo ed incoraggiante di certi partiti francesi per i fuorusciti e le loro mene.

Poichè Briand mi interrompeva protestando dell'innocenza del Governo

che aveva le mani legate dalle leggi e dalle tradizioni della Francia, g:li dissi

che per il momento non .gli rinnovavo ancora le proteste già elevate su tale

ordine di fatti, ma che gli esponevo la situazione con l'intento di rimetterla

bene a posto senza illusioni ma pur senza esagerazioni, e sopratutto con la

volontà di chiarirla per riprendere i nostri buoni rapporti.

Così, dunque, dalla suscettibilità di ca·rattere interno in Italia, e dalla

pretesa dei partiti estremi francesi di premere sul regime fascista, era stata ravvivata una virulenta polemica che aveva fatto tornare a galla in Italia i risentimenti in via di assopirsi, originati dagli atteggiamenti della Francia in Adriatico e in Asia Minore, durante la seconda parte della guerra e le trattative di pace. Nè la Francia, dal punto di v.ista politico, aveva mostrato in questi ultimi mesi di rendersi conto dei suoi veri interessi, dimostrando in qualsiasi manifestazione diplomatica dell'Ital.ia, a traverso non solo la stampa cartellista, ma anche quella ligia al Governo, una mal celata animosità, non tralasciando occasione per ostacol:arci e denunziarci.

Gli citavo a questo riguardo, la difficoltà con la quale era stata accolta la convenzione conclusa con l'Inghilterra per l'.1\bissinia, e la recente levata di scudi di tutti i giornali per tl patto di Tirana.

Conclusi ·che mentre, pertanto, non si potesse parlare di irriducibile ostiLità del popolo italiano, e di impossibilità di un sincero accordo con la Francia, il concorso di questa era pur necessario per togliere di mezzo le barriere di carattere sentimentale e politico che ingombravano la via del riavvicinamento, ed espressi la speranza che le nostre odierne reciproche franche spiegazioni costituiranno il primo passo per riprenderla.

Brdand mi ha risposto che io dovevo ben conoscere quanto gli fosse difficile di intervenire per darci soddi•sfazione riguardo ai fuorusciti, i quali però erano attentamente sorvegliati perchè non esorbitassero da manifestazioni puramente verbali.

Era ben doloroso per lui di dover subire il contraccolpo degli errori commessi dalla Francia durante la guerra e nei negoziati di pace.

Io mi sono rivoltato contro quel pazzo di Clemenceau egli ha detto, cosi nel caso di Fiume che in quello di Smirne, ed avvertii che la Francia commetteva uno sbag.lio di cui più tardi avrebbe sulbirt;e le conseguenze.

Lo interruppi dicendogli che infatti la Francia doveva iscrivere nella sua linea politica la necessità di riparare quegli errori quando se ne presentasse l'occasione.

Briand riprendendo il suo di-scorso, ha contestato di aver agito contro i desideri italiani nella questione abissina ed in quella d'Albania.

Egli aveva dato istruzioni ad Addis .1\beba di non ostacolare l'accordo anglo italiano ed in occasione dell'accordo di Tirana aveva impartito ordini a Belgrado per calmare il Governo jugoslavo, essendo in ciò d'accordo con Chamberlain col qualle si era messo a questo scopo in comunicazione.

Gli ho ri!ij)osto che erano note le istruzioni da lui inviate a Belgrado, ma che egli doveva conveil>ire che cosi in occasione dell'affare di Abissinia che in quello d'Albania, H Quai d'Orsay aveva circondato la sua azione di una specie di mi-stero, con cui si era dato campo ana stampa di sbizzarrirsi in ipotesi e commenti che avevano urtato la suscettibilità dell'opinione pubbllica itaUana, la quale era stata portata a ritenerli espressione del pensiero dei circoli ufficiali

francesi. La nostra conversazione portò su altri punti minori. Si rimase intesi di considerarla come chiusura della fase acuta traversata dai rapporti francoitaliani e con tale significato ne è stata data comunicazione ai giorna<li. Col corriere di domani riferirò sul valore di questa conversazione e sullo stato dello spirito pubblico e dei partiti nei riguardi dell'Italia.

(l) -Trasmesso il 17, ore 21,30, per. ore 0,30 del 18: tentativi inglesi di indurre la Jugoslavia e la Grecia a stringere un patto con l'Albania identico a quello italiano. (2) -Cfr. n. 548. (3) -Cfr. n. 521. (4) -Gruppo indecifrato. (5) -Annotazione marginale di pugno di Grandi: c per Budapest. G.•. (6) -T. Gab. 2092/1403/883, trasmesso il 22, ore 18,25, per. ore 22, col quale Romano Avezzana dava un primo sommario resoconto a Mussolini del colloquio con Briand.

(l) Fino a qui il telegramma fu comunicato ai ministeri della guerra e della marina il 2 gennaio 1927 (t. gab. 20).

557

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, ROSSO

T. GAB. 1005. Roma, 23 dicembre 1926, ore 3.

Telespresso di V. E. n. 3495/1310 (1).

Prendo atto comunicazioni fatte da Foreign Office ma non posso non rilevare che esse sono pervenute a codesta R. ambasciata dopo due me·si dalla nostra richiesta e che durante tale periodo di tempo fu spiegata da parte funzionari inglesi locali la più febbrile attività per raggiungere intese ed accordi con potentati penisola arabica.

Tale attività mi è ancora oggi confermata dal se,guente telegramma inviato in data 20 corrente dal R. console a Gedda:

« (Riprodurre tel. gab. in arrivo 2076 R./165 da Gedda)» (2).

Prego pertanto V. E. far comprendere nel modo che crederà più opportuno a codesto Governo il nostro desiderio che è del resto legittimo che neUa imminenza dei colloqui di Roma (3) non vengano creati con gli stati della penisola arabica, con opera precipitosa di a,genti locali, stati di fatto e di diritto nuovi e tali da rendere meno vantaggiosa la cordiale intesa italo-britannica iniziatasi nella penisola arabica.

558

L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. R. 4685/1623. Parigi, 24 dicembre 1926.

Come ho informato col mio telegramma n. 1403/883 del 22 corrente (4), le dichiarazioni fatte da V. E. in varie interviste riportate dalla stampa francese, le informazioni ufficiose di cui ho curato la diffusione per smentire le notizie insistentemente propalate circa preparativi militari da parte nostra, le conversazioni che ho avuto con varie personalità politiche hanno riportato nell'atmosfera agitata di questi circoli politici una notevole calma. La conversazione avuta con Briand (mio telegramma per corriere n. 1410 di ieri) (15) può anZii dirsi che abbia chiuso effettivamente la fase acuta dei rapporti franco italiani.

Tuttavia, è da tener presente che molto cammino deve ancora percorrersi prima di poter contare sul ristabilimento di una vera cordialità tra i due Paesi. Sono infatti completamente mutate le condizioni che spingevano l'anno scorso una parte dell'opinione pubblica francese a ricercare la nostra amicizia. In quell'epoca era ancora meno definita la politica di Locarno con la Germania, incerta la situazione al Marocco e in Siria, profondamente diviso il Paese tra cartellisti e moderati, preoccupante la situazione finanziaria e monetaria: sicchè

forte era la reazione alle sinistre ed operante la pressione sul Governo per cercare nell'appoggio italiano il rimedio alla debolezza della Francia.

Con la totale o parziale risoluzione di queste difficoltà e con la formazione del Gabinetto di concentrazione Nazionale essendosi assopito il conflitto dei partiti nelle questioni d'interesse generale, è stato facile ai partiti di sinistra di approfittare degl'incidenti gallofobi per inoculare nell'intera Nazione francese il dubbio che l'Italia Fascista rappresenti un pericolo per l'integrità della Francia. Trattasi, naturalmente, di un sentimento vago di carattere popolare che, come tutti gli stati d'animo di questo genere, potrebbe anche essere dileguato e rovesciato da avvenimenti politici atti ad impressionare: se non si adoprassero a tenerlo vivo il risorgere di concetti tradizionali di politica estera ed interessi di !Jartito e di setta.

L'idea che l'Italia possa costituire una minaccia costante sul fianco della Francia, ha ripreso vigore con la costatazione della forza presente e avvenire dello Stato Fascista e con il dubbio diffuso dovunque che l'animosità dell'Italia verso la Francia possa essere profonda ed incurabile e che l'incoercibile espansione dell'Italia si orienti istintivamente a danno del territorio metropolitano e coloniale della Repubblica.

I partiti di sinistra partono da un'ideologia diversa. Per loro il Regime Fascista è il naturale nemico della Francia e della democrazia. In nome di entrambe, esso deve essere abbattuto -anche con le armi, se necessario, nella convinzione che solo con un'Italia democratica potrebbe realizzarsi, oltre all'accordo còn la Francia, anche il sistema utopistico di pace europea sotto l'egida di Ginevra, al quale pretendono faccia unico ostacolo l'imperialismo fascista.

Il Governo francese, che naviga su queste due correnti, le quali, nei momenti di crisi convergono, segue la situazione. Esso pertanto si limita a prendere tutte le precauzioni per costituire un alibi alla Francia, per il caso che le cose volgano al peggio. Egli è perciò che noi lo vedremo porre la maggior cura nel dimostrare la sua formale ·correttezza verso il Governo italiano per lasciare a questo la responsabilità di qualsiasi avvenimento. Ciò gli è tanto più facile in quanto si trincera dietro l'irresponsabilità che gli deriva dalla massima libertà apparente del regime, cui fa contrasto l'unità disciplinata del regime italiano.

Con tale atteggiamento, il Governo francese si premunisce verso l'opinione pubblica internazionale, di fronte alla quale esso deve apparire come provocato per rimanere nella linea delle dichiarazioni pacifiche cui informa la sua politica nei riguardi della Germania e dell'Inghilterra.

Da queste premesse, consegue: l) che la Francia non possa muoversi senza ·costituire prima un caso ben chiaro di provocazione da parte nostra;

2) che però questa provocazione è considerata come possibile per un movimento d'impazienza del popolo italiano, insofferente degli atta·cchi di alcuni elementi di sinistra francesi, che spingono innanzi la falange abbastanza numerosa dei rifugiati italiani e la massa degli italiani residenti in Francia, su cui dominano attraverso gli interessi economici;

3) che il partito dei politici tradizionalisti e quello militare, se ciò avvenisse, sarebbero consenzienti con l'azione della democrazia, in quanto risponderebbe a ciò che essi verrebbero a considerare un interesse superiore della Nazione.

Sono queste le ragioni per cui tutti i partiti hanno concordemente approvato le misure militari prese alla frontiera italiana.

L'addetto Militare (il quale, come ho già scritto, dietro mie istruzioni, ha approfittato di una conversazione ·col Capo di Stato Maggiore per far risultare che nessun accrescimento di forze era avvenuto da parte italiana per giustificare lo spiegamento di quelle francesi) ha constatato che la nostra situazione militare era ben nota a Parigi, ricevendo in contraccambio l'assicurazione che l'invio di truppe francesi al Confine era determinato dal ritorno dei contingenti del Marocco, dall'alleggerimento della guarnigione della Sarre e dall'applicazione del nuovo ordinamento dell'Esercito.

Ma risulta anche che ciò è solo parzialmente vero e che, per un motivo o per l'altro, la Francia ha mosso la sua prima pedina verso il nostro scacchiere, con soddisfazione di tutta l'opinione pubblica.

Queste cose credo doveroso scrivere a V. E. non perchè io creda che una guerra sarebbe facilmente eseguibile da parte della Francia, dato anche il probabile intervento delle Potenze interessate al mantenimento della pace, ma per porre in guardia sulle possibili illusioni che potrebbero nascere dal prevedibile miglioramento -forse abbastanza rapido -dei nostri rapporti formali e ufficiali con questo Governo.

Rimarrà sempre più necessario un atteggiamento di grande prudenza e una politica misurata, diretta a mutare lo stato d'animo che ho sopra descritto ed a ridare forza alle correnti che ci sono amiche.

(l) -Non pubblicato. Sulla questione, cfr. n. 462. (2) -Trasmesso il 20, ore 14, per. ore 3 del 21: trattative del console inglese con lbr Saud. (3) -Cfr. p, 462, nota 2. (4) -Cfr. p. 431, nota 6. (5) -Cfr. n. 556.
559

IL VICE SEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, ATTOLICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

(ACS, Segreteria particolare del Duce, Carteggio riservato)

L. Ginevra, 27 dicembre 1926. Con mio telegremma in data 18 dicembre (l) informai l'E. V. essere pervenute al Segretariato alcune petizioni di profughi italiani che, naturalmente, non avevano, nè avrebbero, avuto alcun seguito. Ritengo ad ogni buon fine opportuno precisare di quali petizioni o appelli si tratta. l) Un primo appello pervenne da Ma•ssimo Rocca. Ne allego in copia (2) il testo. Copie dell'appello -dattilografato -erano indirizzate a Lord Robert Cecil e a Stresemann. Esse vennero naturalmente restituite allo stesso Rocca. 2) Un secondo appello -questo a stampa -pervenne da Francesco Ciccotti, Alceste De Ambris, Ettore Cuzzani, Adelmo Podrini e Mario Pistacchi. Anche di questo accludo copia (2). A proposito di quest'ultimo qualche giornale

pubblicò ·che, la S. D. N. nulla potendo nel merito della questione politica, essa avrebbe tuttavia potuto estendere ai rifugiati in questione l'assistenza già accor

data ai profughi russi ed armeni (Passaporto Nansenetc.). Nulla di più contrario al vero. Il Consiglio della Lega delle Nazioni, ha, proprio nella sua ultima sessione, deciso in senso opposto.

3) Sebbene non precisamente indirizzata alla Lega delle Nazioni, ritengo tuttavia opportuno infine inviare all'E.V. copia (l) della prima deliberazione delrla Direzione del partito socialista italiano testè costituitosi a Pari,gi, deliberazione intesa ad ottenere un «controllo internazionale delle libertà interne».

(l) -T. gab. (p. r.) 760/7179/177, trasmesso il 18, ore 13, per. ore 14,30, non pubblicato. (2) -Non pubblicata.
560

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI

T. GAB. 1029/472. Roma, 28 dicembre 1926, ore 21. Imminenza firma trattato italo-tedesco occorre che capo ufficio stampa affari esteri germanico orienti la stampa poichè stampa italiana adeguerà tono, forma e sostanza suo1 commenti a quelli stampa germanica. È necessario che stampa tedesca dica che iniziativa del patto appartiene a Stresemann il che è vero e torna in onore del neo premiato Nobel. Ho già detto a V. E. che non si deve far credere a una Italia sollecitatrice di patti politici internazionali a scopo di prestigio del regime. Sarà bene che stampa tedesca aggiunga che io non ho mai sollecitato Stresemann di venire in Italia pur essendo disposto ad accoglierlo con schietta cordialità nè ho mai inteso di dare al trattato un valore politico superiore a quello che in realtà possiede. Se stampa tedesca saluterà patto con parole calde e consenzievoli di simpatia stampa italiana farà esattamente altrettanto. Se non vi saranno commenti a Berlino non ve ne saranno a Roma. Si rechi quindi da Schubert o dal capo del Pressabteilung per informarlo in questa maniera. Mia opinione è ·che pur senza esagerare e dando come già detto la precedenza alla

stampa tedesca convenga salutare il trattato con parole di simpatia che giovino fra l'altro a migliorare l'atmosfera morale fra i due paesi.

561

IL MINISTRO A DURAZZO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 2166/775. Durazzo, 30 dicembre 1926, ore 21 (per. ore 24). Ahmed Zogu mi ha detto che ha intenzione di inviare prossimamente a Roma una missione composta da monsignore Koletzi, Cocci e Gemil Dino per la ripresa delle trattative per H concordato con il Vaticano. Mi ha pregato di non meravigliarmi se monsignore Koletzi, noto jugoslavofìlo, fa parte della missione: ma egli ha voluto appunto dargli tale incarico per comprometterlo verso jugoslavi. Su questo punto non hb fatto obbiezioni tanto più che presenza di Cocci dà garanzia. Ahmed Zogu darà incarico pure a questa missione di preparare una sua visita a Sua Santità durante il suo soggiorno a Roma.

Scopo di questa sua iniziativa, secondo le sue stesse dichiarazioni, è quello di riportare tutto il clero cattolico tra i suoi aderenti e sottrarlo alla influenza

jugoslava. Poichè tale disegno collima con mie idee che ho avuto l'onore di

esporre a V. E. -mio rapporto n. 727 (1), 730 (2), telegramma per corriere

834 (3) -e che mi sembra si inquadri mol,to opportunamente nella nostra poli

tica, ho provocato Ahmed Zogu su questa questione ampliandone la portata.

Egli trova molto opportuno un nostro intervento nel senso da me indicato nel telegramma precitato, e sarà molto felice se, con l'autorizzazione potrò coadiuvarlo. Inoltre mi ha esposto pure le sue idee circa la questione della chiesa ortodossa albanese verso influenza greca: gli ho allora convenientemente suggerito che una risoluzione del problema potrebbe trovarsi come in Transilvania nella chiesa unita, questa idea avendo pure incontrato la sua piena approvazione gli ho consigliato di trattarla nella sua eventuale visita al Papa. Naturalmente tali suggerimenti e consigli ho dato in via del tutto personale senza impegnare in alcun modo le alte decisioni dell'E. V., cercando solo spianare la via per qualsiasi risposta. Seguo in linea di massima il principio di neutralizzare ora qualsiasi influenza estera e stimo che prestandoci nell'assicurare per nostro mezzo, al regime di Ahmed Zogu i cattolici e parte degli ortodossi chiesa unita, la nostra preponderanza e prestigio ne saranno aumentati in misura molto maggiore di quello che potrà beneficiarne il regime di Ahmed Zogu, che pure conviene a noi di rinsaldare fortemente. Sarei grato a V. E. se per mia linea di condotta volesse intanto farmi conoscere d'urgenza il suo pensiero al riguardo.

(l) Non pubblicata.

562

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2156/887. Londra, 30 dicembre 1926, ore 21,55 (per. ore 3,45 del 31).

A causa vacanze natalizie tanto Chamberlain che Tyrrel trovansi tuttora fuori Londra. Ho pertanto avuto conversazione circa Albania con sottosegretario aggiunto tenendo presente i vari telegrammi inviatimi da V. E. in argomento. Ho avuto cura ben precisare:

l) Che il patto italo-albanese era ormai fatto compiuto e che R. Governo non riteneva possibfle nè una estensione di esso alla Jugoslavia e alla Grecia, nè l'opportunità della conclusione di patti analoghi o para:Lleli.

2) Che ogni intromissione di terze .parti diretta a tal fine oltre ad essere destinata a sicuro insuccesso, avrebbe indubbiamente complicato e peggiorato la situazione.

3) Che se Governo di Belgrado con una più esatta valutazione della situazione si fosse mostrato disposto continuare politica amicizia con l'Italia, il Governo del re era disposto seguirlo su tale via.

4) Che se Foreign Office voleva spiegare opera veramente utile, poteva rivoLgere a Belgrado consigli di moderazione intesi a promuovere un chiarimento diretto e un riavvicinamento fra i due paesi.

Sottosegretario aggiunto che era già informato da Graham dei nostri punti di vista in proposito si è reso pe11fettamente conto di quanto io gli avevo esposto, e mi ha lascia,to intendere che Foreign Office abbandonava ogni azione non conforme al pensiero di V. E., e avrebbe inoltre ,consigliato Governo di BeLgrado a dvolger,si direttamente a Roma. Mio interlocutore ha pre>so nota con particolare compiacimento delle disposizioni di V. E. a continuare politica di amicizia con la Jugoslavia, ed ha espresso speranza che conversazioni dirette fra Roma e Belgrado avrebbero potuto ristabi!lire situazione normale fra i due paesi. Da fonte indiretta ma sicura ho poi saputo che Foreign Office non ha mai cessato di dare a questa legazione di Jugoslavia consigU di prudenza e moderazione e che ha respinto tutte le argomentazioni da essa prospettate tendenti a dimostrare che il trattato di Tirana era contrario agli obblighi generali derivanti dal patto della Società delle Nazioni. Sarebbe stato fatto anche sentire a questa legazione jugoslava che il rispetto della integrità territoriale delll'Albania professato dall'Italia aveva soddisfatto Governo britannico che non si vedeva quindi motivo perchè ciò non sembrasse soddisfacente anche a quello jugoslavo.

(l) -Si tratta evidentemente del T. gab. 1979/727, trasmesso il giorno 14, ore 20,30, per. ore 22,45, col quale Aloisi proponeva di insignire Gemil Dino di un'onorificenza italiana in occasione della sua andata a Roma per lo scambio delle ratifiche del patto italo-albanese. (2) -Cfr. n. 544. (3) -Numero errato.
563

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2161/865. Belgrado, 30 dicembre 1926, ore 22,10 (per. ore 4 del 31).

Decifri ella stessa.

Ho conferito con questo ministro affari esteri per... [manca] che... rmanca] da molti anni e col quale ho sempre conservato cordiali rapporti anche quando non era al Governo.

Dopo miei complimenti d'uso per la sua assunzione all'alta carica egli mi ha fatto senz'altro la seguente dichiarazione che trascrivo testualmente: « Quando si tratta della politica generale del nuovo Governo io posso assicurarvi a nome di tutti che sono favole quelle di una nuova orientazione della nostra politica; noi vogliamo continuare nei rapporti più amichevoli con Roma quali sono stati dettati dal patto di Roma. Vi prego di delineare questo al signor Mussolini, insistendovi sopra. Tutte le questioni arretrate, prima fra tutte le convenzioni di Nettuno saranno spinte avanti. Voi mi conoscete e sapete che sono energico e laborioso». Ho risposto che lo ringraziavo della sua dichiarazione che avrei testualmente telegrafato a V. E. e che potevo infatti assicurarlo che il Governo di V. E. non si era mai discostato da quella politica di amicizia con la Jugoslavia inaugurata dal patto di Roma. Venuto a parlarmi sul tema dell'Albania egli ha soggiunto testualmente, ed ha tenuto copia di quanto mi ha detto: «sulla base del fatto il patto è assolutamente pacifico e che non vi è alcuna intenzione da parte dell'Italia, e che l'indipendenza dell'Albania sarà garantita...

32 ~~-Dowmenti diplomatici -Serie VII · Vol. IV

sta base occorre dibattersi e prego S. E. Mussolini di trovare una formula diplomatica per potere dire qualche cosa all'opinione pubblica». E poichè egli aveva l'aria di ritenere che io avessi qualche cosa da comunicargli in proposito, mi sono limitato a dirgli: « non ho nulla da dire a tale riguardo, se non che patto italo albanese è di natura assolutamente pacifica e non diretto contro Jugoslavia o qualsiasi altra potenza». Di questa dichiarazione Peric ha preso nota per iscritto.

Ho creduto opportuno di metterlo al corrente dei fatti, tutti causati per la maggior parte dal Governo di Belgrado, che avevano influito sui rapporti fra i due paesi, e cioè: l) ritardo ratifica degli accordi di Nettuno; 2) scandalo campagna della stampa jugoslava; 3) libro del generale Dascalovic; 4) politica verso istituzioni culto ebraico in Dalmazia; 5) dodici espulsioni di cittadini italiani senza plausibile motivo; 6) difficoltà all'esercizio del commercio, delle industrie e delle professioni degli italiani; 7) regìa dei tabacchi del Montene1gro; 8) aiuti finanziari e materiali ai ribelli albanesi che promossero sollevazione Albania, con grave pericolo della pace generale; 9) aver voluto far credere che la crisi è stata fatta per opera del patto italo-albanese, mentre le ragioni dovevano essere ricercate nella situazione interna; 10) lettera dimissioni Nincich e sue dichiarazioni avventate. Perle ha convenuto con me ed ha preso nota delle surriferite considerazioni che io gli ho illustrato. Ho creduto altresì metterlo sull'avviso che avrebbe dovuto far cessare la irrequietezza dei rifugiati albanesi, e cercare di moderare la stampa ed impedire che le disposizioni che si andavano prendendo verso nostri connazionali avessero l'aria di rappresaglia. Mentre mi ha dato assicurazione su tutto il resto sulla questione della stampa mi ha detto che pregava

V. E. di tener presente soltanto l'attitudine del Governo, della quale rispondeva e dei giornali ufficiosi (Samouprava) ma che avrebbe cercato di frenare anche il linguaggio degli altri giornali. Ho creduto opportuno, come ho già detto a V. E. col mio telegramma 860 (1), di .sottometter.gli •l'articolo della Politica del quale è ritenuto autore Balucic. Peric mi ha detto di aver fin da ieri iniziato serie indagini in proposito e che, se fosse risultato vero il fatto, avrebbe senz'altro disposto contro Balucic.

Mi risulta che anche questo ministro d'Inghilterra al quale io ne avevo fatto cenno, ha attirata la sua attenzione su tale ultima questione. Prima di !asciarmi Peric ha voluto ancora insistere, a nome di tutto il Gabinetto sulle dichiarazioni di amicizia verso l'Italia, pregandomi di portarle a conoscenza di V. E. subito.

Mi ha detto che studierà bene il patto itala-albanese e che si riserva di tornare sull'argomento nella speranza che io pure avrei avuto qualche comunicazione da fargli da parte di V. E. (2).

(2} Cfr. la seguente risposta, che peraltro non risulta sia stata spedita e che venne probabilmente archiviata 1'8 gennaio 1927:

• Ho preso atto con piacere delle dichiarazioni fatte a V. E. dal Signor Perich e approvo la risposta datagli da V. E. poichè anche da parte mia sussiste inalterata la ferma intenzione di continuare con la Jugoslavia negli amichevoli rapporti inaugurati col pattodi Roma.

Non sono contrario in linea di massima a che il Signor Perich faccia, per ragioni di politica interna e come chiarificazione dei rapporti fra Italia Jugoslavia e Albania, una dichiarazione sulla base delle stesse sue affermazioni all'E. V. tanto per la poJitica generaledella Jugoslavia verso l'Italia, quanto per la nostra politica verso l'Albania e nei Balcani in genere. Patto Tirana venne concluso allo scopo di assicurare una maggiore stabilità nelle

(l) -nel!lo spirito della decisione della conferenza degli ambasciatori, su que (l) -Gruppo indecifrato.

(l) T. Gab. 2143/860, trasmesso il 30, ore l, per. ore 2,50. L'articolo giudicava il patto italo-albanese • un fiero colpo portato al prestigio della Società delle Nazioni •.

564

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL CARDINALE SEGRETARIO DI STATO, GASPARRI (Ed. in BIGGINI, pp. 109-110) (l)

Roma, 31 dicembre 1926.

Con riferimento allo ·scambio di idee avvenute a mezzo dei nostri fiduciari Cons. Barone e Prof. Pacelli in ordine alla poss~bilità di addivenire ad una definitiva ed irrevocabile sistemazione dei rapporti fra il Re,gno d'Italia e la

S. S., sistemazione la quale, assicurando alla S. S. una posizione di sua soddisfazione, dia luogo al riconoscimento da parte della medesima degli avvenimenti che culminarono nella proclamazione di Roma Capitale del Regno d'Italia sotto la dinastia di Casa Savoia, mi è gradito indirizzare a Lei lo stesso Consigliere di Stato Cav. di Gr. Cr. Dott. Prof. Barone, cui conferisco l'incarico ufficiale di trattare per la formale determinazione di detti rapporti.

Queste trattative alle quali sono autorizzato da S. M. iJ Re si svol,geranno da parte del Cons. Barone con la più assoluta segretezza ed ad referendum.

Nella fiducia che esse meneranno a risultato favorevo[e e che in tal modo potrà essere preparata una nuova era nei rapporti fra il Regno d'Italia e la Chiesa Cattolica, mi è gradito inviare a V. E. le espre·ssioni del mio profondo ossequio.

565

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA

T. GAB. 10/2. Roma, l gennaio 1927, ore 18.

Trovo strano e ingiustificato nonchè sommamente deplorevole contegno molti giornali inglesi i quali a proposito del recente trattato itala-tedesco stampano troppe insinuazioni e menzogne. Provvedo a rettificare con comunicato Stefani

condizioni di vita dello stato albanese nell'interesse non solo dell'Italia ma della pace europea.La perfetta corrispondenza di questi interessi con gli atti internazionali esistenti, la inclusione nel patto di una clausola di arbitrato e la incidenza di esso nel quadro della Società d~lle Nazioni a cui sarà presentato per la registrazione, fanno di questo documento un elemento di pace che l'Italia intende apportare, ripeto, per la tranquillità dell'Europa e in particolaredella parte sud orientale di essa.

Circa poi il valore di questo patto nei nostri confronti con la Jugoslavia, Le confermo quanto ebbi a telegrafarLe col mio telegramma n. 853/516 relativo al contegno tenuto dalla stampa italiana in occasione della Sua conclusione.

Valendosi di tali argomenti V. E. potrà, come sua iniziativa personale, concordare col Signor Perich, una dichiarazione che questi potrà fare o alla stampa o alla Scupcina allo scopo di consolidare la sua posizione e delineare quale potrà essere la politica estera del Gabinetto S.C.S. verso l'Italia. Tale dichiarazione l'E. V. vorrà previamente sottomettere alla mia approvazione. E, sempre come sua iniziativa personale, V. E. suggerirà al SignorPerich che, a conferma delle sue dichiarazioni di voler continuare una politica di amicizia verso l'Italia quale è stata dettata dal patto di iRoma, e in cambio della dichiarazione che sono disposto di concertare con lui per consolidare la sua posizione, per quanto riguarda il suo programma di politica estera, egli dovrebbe impegnarsi a portare alla Scupcina le c<;>nvenzioni di Nettuno e adoperarsi seriamente per la loro pronta approvazione e dare ordini affinchè le misure di ostilità ultimamente prese dal Governo di Belgrado verso le nostre istituzioni e i nostri connazionali in Dalmazia e la campagna antitaliana che si svolge da qualche mese in qua in codesta stampa abbiano a cessare, come pure fare in modo che le altre questioni accennate da V. E. nel telegramma a cui rispondo siano risolte in modo per noi soddisfacente. ·

Quando su di ciò noi avremo non solo buone parole ma serie e sicure garanzie o meglio ancora un principio di esecùzione, io sarò ben lieto di dare il mio consenso alla dichiarazione che il Signor Perich desidera fare e alla quale mi associo molto volentieri •.

In luogo di questa risposta cfr. i nn. 567, 572 e 578.

(2) al qua[e desidero sia dato massimo rHievo anche negli ambienti responsabili.

(l) -La lettera è ed. anche in PACELLI, op. cit., p. 269. Cfr. anche ibid., pp. 43 e 45. (2) -Vedilo nel Corriere della. Sera, 2 gennaio 1927, c Le origini e la portata del trattato italo-tedesco •.
566

IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 14/2/276. Bucarest, l gennaio 1927, ore 20 (per. ore 3 del 2).

Notizie secondo le quali una delle prossime ripercussioni del dissenso italajugoslavo possa essere riavvicinamento Jugoslavia a U.R.S.S. non trovano credito in questi circoli governativi e giornalistici. Si rileva contrarietà che ciò susciterebbe in Francia; conseguenze fatali che ne deriverebbero per la Piccola Intesa; e si esclude pertanto che Governo jugoslavo possa praticamente mettersi per questa via in un prevedibile avvenire, pur riconoscendosi che corrente russofila in Serbia è sempre viva e riavrebbe sopravvento non appena condizioni Russia evolvessero verso forme più stabili e normali.

567

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 21/2. Belgrado, 2 gennaio 1927, ore 13 (per. ore 15,05).

Mio telegramma 865 (1).

Dopo il colloquio avuto con me, il signor Peric ha chiamato questo ministro

d'Inghilterra signor Kénnard, al quale ha riferito le parti più importanti del

nostro colloquio, informandolo altresì di avere incaricato il ministro S.H.S. a

Londra di fare uguale comunicazione al Foreign Office. Kennard mi ha detto di

avere informato di quanto precede Londra. Mi è parso da tutti discorsi di Ken

nard che l'azione del Peric a Londra sia diretta a rappresentare al Governo in

glese l'opportunità che qualche cosa sia fatta per calmare questa opinione pub

blica S. C. S. Peric si proporrebbe così di rinforzare la sua posizione di ministro

degli affari esteri.

568

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI (2), E ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA

T. GAB. PER CORRIERE 26. Roma, 4 gennaio 1927, ore 18.

(Per tutti). R. ministro ad Addis Abeba telegrafa quanto segue:

« (come nel telegramma in arrivo n. 2141/240 gab. R.) » (3).

(Per le Colonie). Sembra a questo ministero che nell'attuale momento non {!Onvenga dipartirsi dalla linea di condotta già concordata di non farci parte di

ligente per la realizzazione dell'accordo itala-britannico, lasciando al R. mmlstro in Addis Abeba di concedere al suo collega inglese l'appoggio previsto dal trattato, ma in quei modi e con quelle cautele atte ad evitare ogni dannosa ripercussione sulle relazioni itala-etiopiche e senza avanzare per ora da parte nostra quelle domande di concessioni ferroviarie che la situazione presente non ci consentirebbe di tradurre in pratica. Prima però di rispondere al R. ministro in Addis Abeba, gradirò conoscere l'autorevole parere di V. E.

(Per Londra). Ho comunicato quanto precede al ministero delle colonie aggiu!lgendo: « Sembra a questo ministero che nell'attuale momento.... ecc. » fino alle parole « ... gradirò conoscere l'autorevole parere di V. E.».

(l) -Cfr. n. 563. (2) -A Federzoni il telegramma venne trasmesso a mano. (3) -Trasmesso il 29 dicembre, ore 13, per. ore 19,55: intenzione del ministro inglese ad Addis Abeba di iniziare trattative col governo locale per la realizzazione del trattato italobritannico relativo all'Abissinia, nella parte che interessa l'Inghilterra.
569

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. R. PER CORRIERE 162/31. Londra, 4 gennaio 1927 (per. il 14). Telegramma di V. E. n. 10/2 (1). Dai miei telegrammi stampa l'E. V. avrà rilevato che i principali giornali inglesi, sia col pubblicare notizie ricevute direttamente dai propri corrispondenti da Roma, sia col riprodurre comunicato Stefani, hanno rettificato avanti a questa opinione pubblica le false impressioni circa recente accordo di arbitrato itala-tedesco.

Da parte mia ho avuto cura nelle mie conversazioni negli ambienti politici e giornalistici di ristabilire la verità dei fatti sopratutto nei punti indicatimi da

V. E. e cioè: che il R. Governo non aveva mai pensato dare al trattato un più ampio contenuto di carattere politico con tendenza anti-francese -che la iniziativa dell'accordo era partita da Berlino -che il R. Governo non aveva mai invitato il signor Stresemann a venire in Italia e che quindi non si poteva parlare di rifiuto di quest'ultimo, che la provincia italiana dell'Alto Adige non era nè poteva essere in alcun modo contemplata nel trattato.

Questa mia azione di rettifica non è andata naturalmente disgiunta da una accurata indagine tendente a precisare da quale fonte provenivano le notizie tendenziose. Mi è risultato che di esse si erano fatti zelanti propalatori elementi tedescofili che in questo momento lavorano con grande attività onde favorire un riavvicinamento franco-tedesco inteso a indebolire il trattato di Versailles. Tali elementi tendono qui a dimostrare che malgrado gli allettamenti italiani la Germania resta fedele allo spirito di Locarno e della S. D. N.

Nel corso di tale mia azione di indagini mi è stato dato sapere che in appoggio delle insinuazioni cui ho sopra accennato veniva fatta circolare la voce che il desiderio del R. Governo di concludere intese politiche e militari antifrancesi con la Germania datava da un pezzo, e precisamente dall'epoca dell'occupazione francese della Ruhr.

4t5

In questi ambienti era stato lasciato intendere che a quell'epoca un generale italiano, sebbene non munito di mandato formale, ma certamente di intesa col suo Governo, si era recato a Berlino a prendere contatto con gli elementi militari tedeschi per offrire armi e munizioni, e che, in un secondo tempo avevano fatto seguito a questi contatti altri passi più stretti per la conclusione di una alleanza offensiva e difensiva italo-tedesca con particolare mira alla Francia. Tale piano sarebbe poi caduto per la recisa volontà del Governo tedesco il quale avrebbe dichiarato a quello italiano che la Germania era «bundunfahig » (non capace a concludere alleanze).

Ho naturalmente smentito con la massima energia tali voci, ma ritengo ad ogni modo opportuno riferirle a V. E., costituendo esse una manifestazione del come gli elementi ligi alla Germania cercano di influire sull'opinione pubblica inglese a vantaggio dei fini che Stresemann, profittando delle disposizioni politiche nei riguardi della Germania tanto del signor Chamberlain che del signor Briand, si propone oggi di raggiungere.

(l) Cfr. n. 565.

570

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. 36. Roma, 5 gennaio 1927, ore 2. Vale la pena di far notare a Briand che la ripresa della campagna del Matin

contro il patto di Tirana -a base di grandissime menzogne -non è la più indicata a migliorare i rapporti franco-italiani.

571

APPUNTO DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

Roma, 5 gennaio 1927. l) Graham mi informa che il nostro Ambasciatore Torretta conversando con Chamberlain qualche giorno fa ha espresso gravi preoccupazioni sui rapporti italo-<:francesi, acuitisi mag,giormente per la dislocazione di reparti militari sulla frontiera italiana. Siccome Graham in un recente col!loquio con S. E. il Primo Ministro ha avuto da S. E. Mussolini l'impressione contraria, cioè che una certa détente era cominciata, e che i movimenti militari francesi avevano lasciato perrfettamente tranquillo il Governo italiano, il Governo inglese domanda a quale delle due versioni deve attenersi. Naturallmente gli ho risposto che l'Ambasciatore Della Torretta aveva evidentemente riferito sopra una situazione sorpassata, e che mi sentivo autorizzato a confermargli il contenuto della sua conversazione con S. E. Mussolini. 2) Rapporti itala-jugoslavi. Graham premette che quanto sta per dirmi non ha carattere di conversazione ufficiale. Soltanto, dovendo per incarico di

Chamberlain, conferire con S. E. Mussolini, desidera avere col sottoscritto uno scambio di idee, assolutamente a titolo privato, onde potersi regolare, anche perchè Chamberlalin non desidera fare cose che possano dispiacere a S. E. Mussolini.

Graham riferisce che il Ministro Jugoslavo a Londra si è presentato a Chamberlain facendogli presente ancora una volta l'incresciosa situazione determinatasi fra Italia e Jugoslavia in seguito al Patto di Tirana. Tre sarebbero, secondo il Ministro Jugoslavo, i mezzi rper ristabilire la normalità dei rapporti, e togliere definitivamente ogni strascico alla questione:

a) estensione del Patto di Tirana con partecipazione jugoslava;

b) conclusione di un patto jugoslavo-albanese del tipo del Patto di Tirana;

c) una dichiarazione ufficia1le od ufficiosa da parte italiana, o da parte jugoslava con assenso dell'Italia, o sottoscritta da ambedue i Governi di Roma e Belgrado, che potesse determinare un nuovo stato d'animo nell'eccitata opinione pubblica serba.

Sopra il contenuto di tale dichiarazione Graham è stato molto generico, nè io ho creduto opportuno per il momento richiedergli maggiori dettagli.

Ho risposto a Graham che nuUa di nuovo era intervenuto che potesse modificare quanto già io gli avevo dichiarato, circa due settimane fa, a nome del Primo Ministro, a proposito del noto malinteso, e che pertanto lo sconsigliavo di insistere sopra un patto a tre (italo-jugoslavo-albanese) o patto a due (italo-albanese, jugoslavo-aLbanese), ambedue inammissibili. Circa la terza ipotesi l'ho informato che il nostro Ministro Bo<k"ero aveva già conversato con Perich sull'argomento, e che vi era stato uno scambio di brevi dichiarazioni verbali tendenti da una parte ad assicurare il Governo del!la assoluta legittimità del Patto dii Tirana, dall'altra a confermare al Governo italiano la .politica di amicizia e di cordiale collaborazione. Una rottura del «ghiaccio :. si era quindi già determinata. Ma sugli eventua,li sviluppi non poteva non influire grandemente quella che è stata e che sarà la condotta della Jugoslavia verso l'Italia, in merito ad alcuni fatti specidìci, remoti e recenti. Questi fatti ho voluto illustrare e specificare a Graham:

a) ostruzionismo voluto alla ratifica degli accordi di Nettuno.

b) dimostrazioni anti-italiane, con partecipazione di elementi responsabili e funzionari pubblici jugoslavi. c) ingiurie continuate nella stampa anche ufficiosa. d) persecuzione agli italiani di Dalmazia, d'ogni genere e specie.

e) preparazione meditata della rivolta albanese, notoriamente organizzata e diretta da jugoslavi.

Da parte italiana nessuna attività da parte di uomini politici, di privati ecc. ecc. che potesse ledere interessi o suscettibilità jugoslave. Se la Serbia aveva approfittato del Patto di Tirana per precipitare, in questo o quel senso, la propria crisi interna, non è questa cosa che riguardi l'Italia.

Graham mi ha ringraziato confermandomi che ripetutamente il Governo di Londra aveva dato a Belgrado consigli di moderazione e di prudenza.

572

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, E AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. RR. 51. Roma, 7 gennaio 1927, ore 2.

Per lei solo. Decifri ella stessa.

(Per Belgrado). Telegramma di V. E. n. 2 (1).

(Per tutti). È venuto oggi a vedermi questo ambasciatore di Inghilterra (2). Egli mi ha detto che il ministro S.H.S. a Londra aveva sollecitato l'intervento di Chamberlain per chiarire i rapporti italo-S.H.S. dopo il patto di Tirana e che Chamberlain, in linea assolutamente privata, domandava il mio parere.

Gli ho risposto testualmente nei seguenti termini: « Vi prego di dire al signor Chamberlain che gli sono molto grato per la discrezione della sua démarche e per l'amabilità personale con la quale l'accompagna. Quanto al merito vi prego di comunicargli che non intendo assolutamente entrare in conversazioni con Belgrado e per le seguenti ragioni:

l) Non c'è un Governo abbastanza solido a Belgrado. Già due ministri sono dimissionari.

2) La ratifica delle convenzioni di Nettuno è stata ancora rinviata.

3) Mentre la tensione provocata dal patto di Tirana era scomparsa, pub

blicazioni franco americane la stanno riaccendendo. Ho mostrato a Graham un

numero del Matin sul «Mistero di Tirana ». Egli mi ha detto: «C'est bete!».

4) Da Vienna, Basilea, Belgrado ci è giunta notizia che elementi serbi preparerebbero un attentato contro S. M. il re e il sottoscritto.

5) A Belgrado si sta fomentando di nuovo un movimento insurrezionale

in Albania contro Ahmed Zogu.

6) La sostituzione di Baludcich con un generale serbo non è un elemento

distensivo della situazione.

Per tutte queste ragioni non desidero di entrare in conversazioni di nes

suna specie con Belgrado nè amo che altri mi faccia suggestioni in proposito.

Quello che Chamberlain può consigliare a Belgrado è di tornare nella calma

e nella ragione».

Graham ha convenuto che per il momento non c'è nulla da fare.

Le comunico quanto precede per sua opportuna norma di linguaggio con

codesto Governo.

(l) -Cfr. n. 567. (2) -Graham aveva avutu il gwrno 5 un colloquio con Grandi (cfr. n. 571), preliminare a questo del 6 con Mussolini.
573

IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 106/10. Bucarest, 7 gennaio 1927, ore 16,30 (per. ore 1 dell'B). Decifri ella stessa. Ieri Averescu mi ha pregato di far sapere a V. E. che aveva appreso con grande soddisfazione la firma del trattato itala-tedesco perchè credeva sapere che questo fosse l'ultimo ostacolo che si frapponeva alla ratifica dell'accordo per la Bessarabia. Averescu mi disse poi comprendere che risultato positivo di eventuali buoni uffici italiani a Mosca è ormai da escludersi; ma che, secondo suo personale avviso, sarebbe utile sempre, come procedura, che nostro atto ratifica fosse preceduto pro forma da nostri assaggi amichevoli diretti a far comprendere al Governo dei soviets che il Governo italiano non poteva ormai più tenere in sospeso soluzione nei riguardi della Romania ed a provocare quindi da Mosca qualche proposta conciliativa. Malgrado un rifiuto che sarebbe quasi certamente opposto a .questa nostra apertura, tale passo gioverebbe, secondo Averescu, a provare anche in seguito e fino all'ultimo momento che la nostra attitudine è stata priva di qualsiasi intenzione poco amichevole verso la Russia e la nostra decisione è stata presa soltanto dopo constatata l'impossibilità di smuovere l'intransigenza russa. Averescu concluse poi esprimendo desiderio che non sia dato alcun carattere di molesta pressione o insistenza

alle cose dettemi. Egli continuerà ad attendere con piena fiducia adempimento affidamenti ricevuti anche ultimamente a mezzo lettera di Badoglio.

574

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, ALOISI

T. GAB. 65/27. Roma, 8 gennaio 1927, ore 19.

In seguito alle note pubblicazioni del New York Herald Tribune e del Matin la legazione albanese a Parigi ha diramato comunicato che le telegrafo in chiaro a parte. L'affermazione in esso contenuta che Governo albanese è pronto a concludere patto analogo al nostro con altri stati e specialmente con quelli limitrofi oltre ad essere superflua e fuori luogo in un comunicato del genere non è conforme agli impegni risultanti dal patto di Tirana. Bisogna far comprendere a codesto Governo che tutto quanto riguarda il meccanismo del patto ed il suo funzionamento nei riguardi di terzi stati non può essere oggetto di atteggiamenti unilaterali albanesi senza ledere quegli interessi comuni che costituiscono il fondamento del patto stesso.

575

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA E DEGLI AFFARI DI CULTO, ROCCO

L. 260732/45. Roma, 8 gennaio 1927.

Ho esaminato con ogni attenzione le circostanze che tu mi prospetti nella tua lettera del 10 corrente (l) circa la convenienza di accentrare presso il Ministero degli Affari Esteri la direzione degli affari religiosi.

Devo a tal uopo farti rilevare che la mancanza di ogni direttiva generale nella trattazione di tali affari ha fatto sì, finora, che ci trovassimo colla S. Sede nella condizione di non negoziare quel che si concede dalle varie amministrazioni dello Stato, in base a richieste o iniziative individuali di persone più o meno autorizzate, ciò che si traduce in pratica a dare, senza sapere quel che si dà, e senza la possibilità di subordinare talune concessioni, con prudenti negoziati, a richieste per concessioni che ci interessano in particolar modo nei riflessi internazionali.

La vecchia tradizione di considerare i rapporti tra Stato e Chiesa come un affare puramente interno non sarà mutata, per ovvie ragioni, ma: ciò non toglie che i rapporti con il Sommo Pontefice come Sovrano Spirituale e Sommo Capo della cattolicità, richiedano una condotta che non può prescindere da considerazioni e riflessi di carattere internazionale. Mi sono pertanto deciso ad emanare la lettera-circoLare del 6 corrente N. 249627 con la quale, non ho inteso, in sostanza, di mutare uno stato di fatto, nè turbare in alcun modo la competenza delle singole Amministrazioni, e specialmente di quella della Giustizia, come ho chiaramente fatto presente nella suaccennata lettera a te diretta, * ma soltanto mettere in grado questo Ministero, attraverso una completa ed aggiornata conoscenza delle pratiche che si vanno man mano svolgendo, di informare la propria azione nell'ambito della propria competenza * (2).

576

IL MINISTRO A DURAZZO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 122/45. Durazzo, 10 gennaio 1927, ore 21,30 (per. ore 24).

Ahmed Zogu mi ha pregato portare a conoscenza di V. E. che da rapporti pervenutigli dal suo ministro ad Atene e da altri indizi egli crede di potere dedurre che la Jugoslavia stia tentando, dietro suggerimento della Francia, di avvicinarsi alla Grecia per unificare la loro azione di fronte alle possibili conseguenze del patto di Tirana. Secondo Ahmed Zogu il cambiamento dei ministri di Francia nelle capitali balcaniche non avrebbe altro scopo. Egli mi ha informato altresì che il ministro degli affari esteri jugoslavo, parlando a quel ministro d'Albania, gli avrebbe fatto comprendere che il Governo S.H.S. non si lascia fuorviare dalle dichiarazioni secondo le quali Governo Tirana sarebbe pronto

fare con i suoi vicini patti analoghi a quello di Tirana, dichiarazioni che servono soltanto, secondo il signor Perich, a mascherare altre intenzioni; e che il Governo di Bélgrado stava prendendo ripari con opportune intese. Su questa ultima dichiarazione di Perich che viene da Zeno bey faccio tutte le mie riserve.

(l) -Recte 10 dicembre, cfr. n. 534. (2) -Il brano fra asterischi è di pugno di Mussolini.
577

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, A TUTTE LE AMBASCIATE E LEGAZIONI D'EUROPA E D'AMERICA

T. GAB. PRECEDENZA ASSOLUTA 100. Roma, 14 gennaio 1927, ore 4.

Siamo dinnanzi a una nuova campagna di stampa antitaliana provocata da una corrispondenza di un malfamato giornale ingl-ese il Daily Chronicle il quale profetizza che il conflitto itala-jugoslavo scoppierà ben presto. Giornali francesi fanno coro alle fantasie del giornale inglese. Manovra ha solite origini e tende ai soliti obiettivi di disfattismo anti-italiano e borsistico. Bisogna reagire energicamente e immediatamente in tutti gli ambienti politici, finanziari, giornalistici insistendo sul fatto che come è dimostrato da tanti trattati, Italia segue ne1 Balcani e dovunque una politica essenzialmente pacifica. Gradirò informazioni.

578

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. 98/33. Roma, 14 gennaio 1927, ore 18.

Mentre questo ambasciatore d'Inghilterra svolgeva passi di cui al mio telegramma n. 51/18 (l) questo ministro S.C.S. ha avuto con me un colloquio che egli ha iniziato dicendo di essere a conoscenza attraverso un telegramma del suo Governo della démarche di V. E. presso codesto ministro degli affari esteri. L'ho interrotto subito dicendogli che nessuna démarche era stata fatta dall'Italia e che prima di continuare nostro colloquio era bene chiarire questo fatto a scanso di equivoci e per tagliar corto gli ho letto la prima parte del telegramma di V. E.

n. 865 (2) pregandolo di prenderne atto. Baludgich non ha insistito ed ha dichiarato che per lui la forma non ha importanza e che lo scambio di dichiarazioni verbali fra V. E. ed il ministro degli esteri jugoslavo rappresentava una passo avanti. Egli ha continuato esprimendo ufficialmente il pensiero dell Governo di Belgrado che il patto di Tirana modifichi la dichiarazione di Parigi tendendo a svincolare l'Italia dalla procedura del consiglio della Società delle Nazioni nel caso di un intervento in Albania. Il Governo S.C.S. domanderebbe pertanto secondo Ba

. ludgich che l'Italia presentasse una nota alla Società delle Nazioni per dichiarare che il patto di Tirana non è in contrasto con la dichiarazione di Parigi.

Questo passo del signor Baludgich non ha avuto naturalmente alcun seguito date le direttive della nostra azione attuale comunicate all'ambasciatore britannico come da mio telegramma n. 51/18.

(l) -Cfr. n. 572. (2) -Cfr. n. 563.
579

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. GAB. 108/15. Roma, 16 gennaio 1927, ore 4,30. Su mie precise istruzioni stampa italiana tiene un contegno di grande riserbo a proposito del viaggio Conte Bethlen riserbo che deve appunto segnare un netto contrasto colla sguaiataggine giornalistica della ridicola ·stampa gialla di Belgrado. Questo riserbo non deve però far credere al conte Bethlen od ai sinceri amici ungheresi dell'Italia che la visita non sia gradita. Essa è molto gradita

non solo per le ragioni di ordine economico ma anche per ragioni di ordine morale. Quanto a convenzioni di ordine politico da svolgere prima o durante

o dopo il viaggio Governo italiano non intende assumerne iniziativa se non preventivamente sicuro dell'accoglienza da parte ungherese. Aggiungo però che Governo italiano non scarta completamente la possibilità di simili intese ed è convinto della loro utilità specie nei confronti dell'Ungheria. Indaghi sulle intenzioni del Governo ungherese ed in ogni caso mi tenga frequentemente informato.

580

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO

T. GAB. 109/24. Roma, 16 gennaio 1927, ore 4,30. Decifri da sè. Rispondo suoi recenti telegrammi concernenti desiderio Averescu per questione ratifica Bes,sarabia (1). Questione merito non ho nulla da cambiare a quanto affermai nella mia lettera e cioè che sono dìsposto alla ratifica salvo questione tempo e modo e conseguenze probabili. Per quanto concerne trattato itala-tedesco esso è bensì stato firmato, ma non è perfetto. Deve avvenire ancora scambio ratifiche e dovrà essere approvato dal Reichstag. Occorrono quindi alcune settimane. Ma il punto grave della situazione è dato da quanto può accadere nei rapporti italo-russi che già attraversano una fase molto delicata. Conte Manzoni in prima linea e altre persone attendibili affermano senz'altro che ratifica della Bessarabia condurrà ad una rottura relazioni diplomatiche italo-russe. Quests eventualità deve essere attentamente considerata non solo dal punto di vista economico ma anche dal punto di vista politico poichè la Russia ha possibilità di un vasto giuoco. È evidente che la ratifica della Bessarabia spingerebbe la Russia verso la Jugoslavia tenuto conto che elementi politici S.H.S. già vagheggiano questa politica di riavvicinamento fra Mosca e Belgrado. Per i gravi pericoli a cui Italia esponesi ratificando la convenzione per la Bessarabia, la semplice contropartita del patto politico di amicizia concluso l'estate scorsa a

Roma non è sufficiente e del resto come è ovvio utilità del patto è maggiore per la Romania che per l'Italia. Nè basta a fare da sufficiente contropartita le con

cessioni di ordine economico o il trattato di commercio di imminente negoziazione. La contropartita capace di compensare i rischi ed i danni di una rottura delle relazioni diplomatiche fra Italia e Russia deve esserci offerta dalla Romania sul terreno politico danubiano. Sotto l'egida ed eventualmente colla compartecipazione dell'Italia la Romania deve tendere a realizzare un accordo coll'Ungheria da una parte e colla Bulgaria dall'altra. Solo realizzando sotto l'inspirazione e la guida italiana una quadruplice italo-magiara-romena-bulgara, Governo italiano può affrontare tranquillamente la crisi inevitabile colla Russia. Aggiungo che questa serie di accordi potrebbero giovare grandemente alla Romania stessa. So che generale Averescu segue una molto intelligente politica di détente coi suoi vicini bulgari e magiari; mi sarebbe opportuno di conoscere fino a qual punto intende pervenire. Faccio una domanda esplicita. Se Italia riuscisse a persuadere la Bulgaria e la Ungheria sarebbe disposto Averescu a stringere accordi con questi due paesi facendo loro opportune concessioni di ordine economico e culturale? La risposta a questa domanda è molto importante perchè può determinare l'attività diplomatica dell'Italia. Voglia con tutta la discrezione e la misura possibile intrattenere generale Averescu su gli argomenti di questo dispaccio e quindi riferire.

(l) Cfr. per tutti n. 573.

581

APPUNTO DEL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CHIARAMONTE BORDONARO

Roma, 17 gennaio 1927, È venuto a vedermi il Ministro S.H.S. e mi ha intrattenuto sui seguenti argomenti:

l. -Patto di Timna. Ricordando l'ultimo colloquio avuto con S. E. Grandi

2. -Montenegro. Il Governo S.H.S. avrebbe ricevuto notizia di un movimento di indipendenza che si andrebbe accentuando nel Montenegro, movi-

O) Cfr. n. 578.

mento che l'opinione pubblica -non il Governo - crede appoggiato dal

l'Italia.

Gli ho risposto che un movimento di indipendenza da parte dei Monte

negrini, di cui non avevo avuto alcuna notizia, mi sembrava assurcj_o ed anche ri

dicolo. Con che cforze? Con che Capo? E, quanto all'appoggio Italiano, non mi

meravigliavo che lo si facesse credere dagli elementi Italofobi, così come da

varie parti si vuoi far credere in Italia che gli Jugoslavi preparino una nuova

insurrezione nell'Albania settentrionale.

«L'idea di un'insurrezione in Albania, fomentata dalla Jugoslavia

ha detto B. -sarebbe in questo momento una cosa pazzesca, alla quale nessun

patriota albanese e nessun buon Jugoslavo potrebbe pensare».

3. -Ungheria. Commenti provocati dalla visita di Bethlen a Roma. Mi ha chiesto che cosa potevo dirgli su tale visita. Gli ho detto che già da tempo il Conte Bethlen aveva espresso il desiderio di venire a Roma, che ne era stato finora impedito da ragioni di politica interna. Che la visita è decisa in massima, ma non è ancora fissata la data. Che la visita sarà di pura cortesia e servirà nello stesso tempo a fissare alcuni punti delle conversazioni già iniziate per la utilizzazione del porto di Fiume da parte Ungherese. Non sarà firmato alcun accordo di carattere politico. Quanto al porto di Fiume, B. mi ha detto aver saputo che ultimamente sarebbero state riprese fra Budapest e Belgrado le trattative per la questione del transito e che egli si augurava che l'accordo !taio-Ungherese per Fiume, necessariamente completato da accordi UngaroJugoslavi per il transito delle merci, avrebbe potuto essere un propizio terreno d'intesa politico-economica per dissipare ogni diffidenza tra le due Nazioni.

B. non mi ha parlato del suo trasferimento.

(l) intorno alla conversazione Perich-Bodrero ed ai mailintesi che ne sono sorti, il signor Balugdjch si è mostrato preoccupato del fatto che non ci sia modo di spiegarsi fra Roma e Belgrado dopo l'eccitazione provocata nell'opinione pubblica dalla stipulazione del patto di Tirana. Mi ha detto che S. E. Grandi gli aveva espresso i suoi dubbi sulla disposizione del Capo del Governo di fare qualsiasi dichiarazione sul patto di Tirana. Gli ho risposto che non potevo che confermargli quanto S. E. Grandi gli aveva detto. E che del resto non mi sentivo autorizzato a dirgli nulla, ricordandogli come, sin dal primo giorno dopo la firma del trattato, una mia frase, che non rispecchiava che la mia idea persona,le e non autorizzata, era stata, da lui e dal Governo di Belgrado, interpretata come un'iniz,iativa e un'offerta, dimostratesi poi inesistenti. Ho aggiunto che il Governo Italiano non aveva spiegazioni da dare. Che se Perich, invece di chiedere a Bodrero: «Non avete nessuna dichiarazione da fare? » gli avesse posto una precisa domanda, la questione sarebbe stata posta su un altro terreno. Balugdjch ha riconosciuto che avevo ragione.

582

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 199/17. Budapest, 17 gennaio 1927, ore 21,35 (per. ore 3,15 del 18).

Telegramma di V. E. n. 108/15 di ieri (1). Già mi è riuscito incontrarmi or ora di sfuggita col conte Bethlen che si mostrò assai grato per quanto gli esposi circa riserbo nostra stampa e mi ha incaricato ringraziarne V. E. Mia rinnovata, precisa impressione da brevità colloquio, si è che egli intenderebbe addivenire con noi anche convenzione d'ordine politico da trattarsi prima suo viaggio a Roma e dopo che avrà avuto scambio d'idee con ifattoni competenti di questo ministero affari esteri. Io sarei quindi subordinato avviso che ci convenga lasciare iniziativa od almeno dell'iniziativa all'Ungheria. Avrò sempre modo ora di non !asciarne cadere idea senza aver l'aria di sollecitare decisione in proposito. Mi sarebbe tuttavia assai utile per mia norma conoscere fin da ora se V. E. intenderebbe concludere eventuale trattato di amicizia od altra convenzione del genere ed entro quali limiti.

(l) Cfr.n. 579.

583

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 207/48. Belgrado, 19 gennaio 1927, ore 9 (per. ore 11).

Mio telegramma n. 31 (1).

Ho veduto questa mattina Kennard ministro d'Inghilterra il quale mi ha detto di aver avuto lungo colloquio con questo ministro aggiunto affari esteri al quale avrebbe fatto presente assoluta necessità che vengano ripresi i cordiali rapporti di una volta tra i Governi italiano e jugoslavo. Egli avrebbe inoltre aggiunto che per raggiungere tale scopo era prima di tutto necessario: che Balugich sia allontanato da Roma; che convenzione di Nettuno sia approvata e ratificata e che i rifugiati albanesi siano allontanati dalle frontiere.

Egli mi ha detto di avere avuto assicurazioni in tal senso da Markovich e che ne aveva telegrafato a Londra. Kennard ha aggiunto che quanto al patto italo-albanese egli ritiene che questo Governo cercherà agire press·o Società delle Nazioni a chiedere spiegazioni sull'articolo primo, e ciò al momento in cui l'atto sarà presentato per la registrazione.

Kennard mi ha lasciato chiaramente intendere che il suo Governo ritiene che la segreteria generale della Società delle Nazioni non sia tenuta ad entrare in merito e che debba limitarsi aUa registrazione pura e semplice. Parlando in generale, Kennard si è mostrato molto preoccupato dell'andamento che prendono gli affari in Cina, e mi ha detto che quando il mondo è sotto l'incubo di un massacro di bianchi in Cina non v'è tempo da pensare a quello che pensano qui sul patto italo-albanese. Dal tono del discorso di Kennard ho constatato che egli doveva aver ricevuto dal suo Governo delle istruzioni tali che hanno avuto effetto desiderato sul suo atteggiamento.

Informo inoltre V. E. che i giornali di Belgrado di ieri e di oggi tacciono circa rtalia ed il patto. Aggiungo infine che Fetich, capo ufficio Società delle Nazioni presso questo ministero degli affari esteri è partito da vari giorni per Ginevra.

584

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. GAB. 138/24. Roma, 20 gennaio 1927, ore 22.

Decifri da sè.

Rispondo suo telegramma (2) e le preciso quanto segue.

Sono disposto a concludere un patto di indole politica coll'Ungheria. Questo patto può essere più o meno ampio. Può essere un patto puro e semplice di conciliazione o di arbitrato come quello che ho recentemente firmato colla Germania. Non nego importanza a patti di questo genere, ma non vedo la imperiosa necessità di concluderne uno coll'Ungheria dato che i rapporti fra i due paesi non possono essere turbati poichè nessuna specifica grave questione divide

i due paesi stessi. Certamente più significativo e più utile per Ungheria sarebbe un patto di amicizia coll'aggiunta della conciliazione e dell'arbitrato. Tale patto avrebbe un valore sopratutto, ripeto, per Ungheria che vedrebbe definitivamente spezzato attorno a sè il cerchio della Piccola Intesa e avrebbe una prova di simpatia e domani la possibilità di un aiuto politico e morale da una grande potenza come è e come sempre più sarà Italia. Al patto di amicizia aggiungerei un impegno di consultarsi quando uno dei due firmatari o entrambi ritenessero pericolanti i loro interessi. Riassumendo la mia preferenza è per un patto di amicizia ma come meno peggio non rifiuterei anche un patto di semplice conciliazione e arbitrato. Quanto al punto delicato dell'iniziativa è preferibile che sia ungherese anche da un punto di vista strettamente ungherese. Deve essere Ungheria che senza pressioni o suggestioni muova il primo passo. Italia non sarà sospettata e nessuno potrà rimproverare all'Ungheria di avere cercato amicizia di una grande potenza, amicizia leale e disinteressata. Naturalmente la dignità e la giusta suscettibilità del Governo ungherese sarebbe convenientemente risparmiata. Questo telegramma offre a S. V. tutte le direttive necessarie per eventuali convenzioni che devono farsi per normale via diplomatica, prima del viaggio di Bethlen, il quale a trattative felicemente concluse, firmerebbe a Roma. Ripeto che attesa viaggio Bethlen atteggiamento stampa italiana continuerà ad essere riservato e discreto. Mi tenga sollecitamente informato di tutto.

(l) -T. Gab. 146/31, trasmesso il 13, ore 9,10, per. ore 11,45: contegno poco amichevole nei confronti dell'Italia di Kennard. (2) -Cfr. n. 582.
585

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO

T. GAB. 165/38. Roma, 25 gennaio 1927, ore 3.

Nota mandata dai Soviety al Governo francese in seguito pubblicazione trattato franco-romeno (l) è in realtà diretta all'Italia e deve servire da monito e minaccia contro di noi. Questo fatto conferma il contenuto del mio precedente telegramma (2) e che cioè la semplice contropartita di un trattato commerciale non basta a indennizzare Italia dei rischi inevitabili a cui andrà incontro ratificando convenzione Bessarabia.

586

IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. R. P. 151/34. Bucarest, 25 gennaio 1927.

Soltanto ieri ebbi modo ed occasione di intrattenermi molto confidenzialmente col Generale Averescu sul contenuto del telegramma di V. E. Gabinetto

n. 109/24 riservatissimo (2) relativo alla ratifica dell'accordo sulla Bessarabia ed alla contropartita politica che V. E. ne attende dalla Romania.

Riferendomi a recenti ·conversazioni da me avute col Generale al riguardo dei rapporti romeno-bulgari e romeno-ungheresi, cominciai col chiedergli se a questo riguardo fosse stato fatto ultimamente qualche sensibile progresso.

Per ciò che concerne l'Ungheria, egli mi ripetè quanto mi aveva in massima già detto: che, cioè, la Romania ha tutto l'interesse di andar d'accordo con gli ungheresi ed è anche disposta a farlo .se ed in quanto gli ungheresi stessi mostreranno praticamente di mettersi e di mantenersi sulla base del rispetto dei trattati esistenti e dell'accettazione dello statu quo. Osservai essere perfettamente comprensibile che l'Ungheria non potesse prendere una tale attitudine in modo più esplicito e definitivo che coll'andar del tempo: e che l'avrebbe prima

o poi potuta prendere, almeno implicitamente con tanta minor difficoltà in quanto la Romania si fosse mostrata più arrendevole nell'appianare le questioni in sospeso, d'indole sopratutto economica, derivanti appunto dall'esecuzione dei trattati di pace e quelle concernenti il trattamento delle minoranze ungheresi. Il Generale Averescu non rispose che all'ultima parte di questa mia osservazione e disse che era pienamente d'accordo coll'avviso manifestato a suo tempo da V. E. a proposito dell'agitazione per le minoranze tedesche in Italia: che, cioè, il trattamento delle minoranze era questione d'indole strettamente interna, salva sempre l'osservanza degli impegni assunti nei trattati. Aggiunse che, del resto, il trattamento delle minoranze ungheresi era già pienamente soddisfacente (come la stessa Società delle Nazioni aveva dovuto a più riprese constatare e riconoscere) e senza dubbio molto più soddisfacente di quel che mai fosse stato per il passato il trattamento delle minoranze romene in Ungheria. Mi accennò, per darmene prova, a vari fatti particolari e ad alcune delle questioni speciali ultimamente dibattute in argomento: aggiungendo che egli e il suo governo, fin dal primo avvento al potere, avevano, ·come tutti sanno, dato prova della migliore volontà in proposito.

Quanto alla Bulgaria, il Generale Averescu mi disse che, dopo le severe misure militari prese dalla Romania alla frontiera della Dobrugia meridionale (il così detto Quadrilatero) non si erano più verificate da parecchi mesi le lamentate incursioni di bande o incidenti seri di frontiera; e, quanto al resto, essere in discussione colla Bulgaria soltanto questioni d'indole economica che saranno, alla fin dei conti, in un modo o nell'altro transatte ed alle quali non gli pare doversi attribuire soverchia importanza.

A questo punto interruppi il Generale dicendogli che se ero tornato con lui su questi argomenti non era per entrare in discussioni di dettaglio ma piuttosto per mettere in rilievo, da un punto di vista più strettamente politico, l'importanza decisiva che potrebbe avere un ravvicinamento della Romania all'Ungheria ed alla Bulgaria e l'interesse che da V. E. si annetteva alle migliori relazioni fra questi tre paesi.

Avendomene il Generale Averescu chiesto il perchè, dissi che la questione era collegata, più strettamente di quello che egli credesse, a quella che a lui stava tanto a cuore: la ratifica italiana dell'accordo di Parigi circa la Bessarabia. Dopo aver accennato incidentalmente al fatto che il trattato italo-tedesco era stato bensì firmato ma doveva ancora essere ratificato e approvato dal Reichstag passai a svolgere le considerazioni che formavano oggetto del telegramma direttomi da V. E. Parlai delle ripercussioni dannose, anche in linea politica, che deriverebbero quasi certamente all'Italia dall'atto di ratifica tanto nei riguardi speciali dei rapporti italo-russi quanto in quelli della nostra politica generale e dissi che quindi V. E. si preoccupava a buon diritto della contro

o33 ··-Doc11menti diplomatici o Serie VII Vol. IV

partita anche politica che la Romania avrebbe avuto o meno la possibilità e la buona volontà di offrirei, in compenso dei vantaggi e, peggio, dei rischi e dei pericoli che ce ne potevano incogliere. E poichè il Generale Averescu pareva non rendersi ben conto del significato di questo mio discorso io gli chiesi se egli ritenesse che l'attuale sistema d'alleanze della Romania, imperniato sulla Piccola Intesa, fosse tuttora corrispondente e sufficiente alla salvaguardia di tutti i suoi interessi di conservazione e di difesa in vista di qualsiasi eventualità o non fosse piuttosto per essa alquanto sorpassato da situazioni e necessità nuove. L'Italia, aggiunsi e conclusi, sarebbe pronta e disposta a facilitare alla Romania l'acquisto di nuove e preziose amicizie purchè la Romania, valutandone l'importanza, fosse disposta dal canto suo a fare per ciò qualche sacrificio nel campo economico e culturale.

Il Generale Averescu, preso un po' di sorpresa, rimase alquanto sconcertato e mi rispose allora in un senso piuttosto evasivo. Conoscendolo per uomo altrettanto avveduto che prudente, io non mi aspettavo per ora da lui risposta più precisa. Si rifece alla genesi della Piccola Intesa, opera politica di Take Jonescu ma patrocinata anche da lui Averescu benchè, come egli disse, per considerazioni e con intenti alquanto diversi. Mentre Take Jonescu aveva veduto e cercato sopratutto nella Piccola Intesa la difesa comune dei popoli vincitori dell'Europa Orientale Danubiana contro lo spirito di rivincita dei popoli vinti, egli, Averescu, non riteneva che questo spirito di rivincita fosse temibile, almeno per ciò che concerne la Romania; ma aveva veduto sopratutto nella Piccola Intesa un mezzo per la Romania di esercitare un maggior peso nei consigli internazionali evitando l'isolamento che l'aveva minacciata nel periodo dell'immediato dopo guerra. E da questo punto di vista, almeno, la Piccola Intesa rendeva tuttora alla Romania segnalati servigi. Una combinazione diversa potrebbe renderne altrettanti?

Per ciò che concerne il pericolo russo, l'alleanza della Romania colla Polonia suppliva, in quanto era possibile, alle deficienze della Piccola Intesa; e del resto, nell'eventualità di un conflitto russo romeno, gli Stati maggiori della Piccola Intesa avevano presi accordi perchè la Romania potesse usufruire di aiuti importanti se anche indiretti (rifornimenti, trasporti). Il recente trattato colla Francia e il patto d'amicizia coll'Italia offrivano allo stesso riguardo garanzie supplementari, per lo meno d'ordine morale e diplomatico.

Egli, Averescu, comprendeva che la situazione creatasi fra Roma e Belgrado potesse influire su certe nostre dlrettive: ma, secondo lui, a Roma si commetteva, se gli era permesso di dirlo francamente, un errore dando e mostrando di dar troppa importanza alle relazioni jugoslave. Con ciò si giovava indirettamente al prestigio della stessa Jugoslavia in modo sproporzionato alle sue difficoltà di consolidamento interno ed all'indebolimento che gliene deriva nella sua posizione così all'interno che all'estero. La possibilità poi di un effettivo ravvicinamento della Jugoslavia all'Unione Sovietica, nelle condizioni attuali, era per lui da escludersi.

Dopo queste divagazioni, il Generale Averescu tornò direttamente all'ar

gomento che più gli sta a cuore e mi chiese se tutto quanto gli avevo esposto

volesse dire che la ratifica della Bessarabia fosse nuovamente rinviata sine die.

Gli risposi che un termine per detta ratifica non era stato neppure previsto nelle lettere scambiate a Roma; e che. ad ogni modo tutto quanto gli avevo detto significava evidentemente che V. E. stava tuttora pesando il pro e il contro.

Il Generale Averescu, visibilmente impressionato dalla possibilità ancora attuale che «il contro » prevalesse, mi disse allora quasi testualmente cosi: « Può far saper a Mussolini che io non dimenticherò mai le parole che ci siamo scambiate dopo il primo colloquio di ben due ore che ebbi con Lui, dopo il mio arrivo a Roma. Alla fine di tale colloquio io rilevai che su nessun punto si era manifestato tra noi il benchè minimo dissenso. Ed Egli mi rispose che accadeva sempre così quando si trattava fra due uomini onesti. La parola di Mussolini mi basta; e per questo troverei inutile mescolare ora alla questione dell'attesa ratifica altre questioni d'indole assai più complessa e generale. Ma aggiungo subito che se già ora la Romania mostra di volersi muovere assai più di prima nella sfera degli interessi della politica italiana ciò potrebbe verificarsi assai meglio e di più a ratifica avvenuta :11.

Avrei desiderato far seguire subito alla relazione molto sommaria ma sostanziale di questo mio colloquio un insieme di considerazioni che fornissero a

V. E. gli elementi più esaurienti per giudicare delle possibilità attuali di realizzazione, per quel che concerne la Romania, del vasto disegno adombrato nel telegramma direttomi da V. E. Ma poichè non avrei materialmente il tempo di farlo prima dell'odierna partenza del corriere settimanale, mi riservo di far seguire al presente un rapporto che invierò col prossimo corriere (1).

(l) -Sul trattato, cfr. Corriere della Sera, 21 gennaio 1927. (2) -Cfr. n. 580.
587

L'AMBASCIATORE A MOSCA, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 279/23. Mosca, 26 gennaio 1927, ore 19,40 (per. ore 23,35).

Commissario affari esteri ha comunicato telefonicamente che giornali pubblicheranno domani nota di protesta Soviet all'Italia relativa patto italo-romeno. Ho fatto subito telefonare a Litvinoff che non potevo rendermi conto del motivo di questa attuale pubblicazione; che tutta la responsabilità di essa e di tutte le sue conseguenze ricadrebbero sul Governo russo; che io specialmente rilevavo inopportunità della pubblicazione il giorno stesso in cui Kameneff parte per Roma.

588

L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 298/121/80. Parigi, 27 gennaio 1927, ore 15,25 (per. ore 18).

Poincaré parlandomi deHe conversazioni corse a Roma per un accordo tra i due paesi, mi ha confermato di esservi completamente favorevole e si augurava che queste conversazioni potessero precisarsi.

(l) Nota marginale di pugno di Mussolini: c Importante •· Per il successivo rapporto di Durazzo, cfr. p. 464, nota l.

589

IL MINISTRO A DURAZZO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 297/96. Durazzo, 27 gennaio 1927, ore 19,30 (per. ore 23). Tutte le informazioni datemi dalla E. V. e da me raccolte circa attitudine del Governo jugoslavo verso l'Albania, sembrerebbero... (l) stabilire che la loro situazione sia migliorata. Ma la reticenza nella condotta dei vari fattori responsabili della politica jugoslava e di questo ministro S.H.S. e le contrastanti affermazioni, i molto dubbiosi sentimenti e dichiamzioni di Zeno bey a Belgrado nonchè altri indizi mi danno a credere che si sta sortendo ora a Belgrado da una fase di tentennamento per scegliere la politica atta a far fronte al nuovo stato delle cose create dal patto di Tirana. Questa politica, come più volte ho manifestato l'opinione, non poteva essere quella della resistenza aperta, provocando altre rivoluzioni in Albania, ma un'altra più consona alla mentalità slava. Secondo informazioni raccolte dalle fonti più serie, il Governo jugoslavo prima di prendere una decisione al riguardo avrebbe voluto assicurarsi del consenso della maggioranza della popolazione alla sua politica interna, ciò che ha fatto. E nelle elezioni di ieri sembra effettivamente avere ottenuto la maggioranza. In seguito a ciò dovrebbe sviluppare la sua linea di condotta nei riguardi dell'Albania, che consisterebbe nel promuovere un movimento fra gli albanesi sudditi jugoslavi residenti nel suo territorio, ... [manca] Kossovese, tendente all'autonomia nell'ambito dello stato S.H.S. Siccome gli albanesi rimasti tagliati fuori dal territorio patrio, e residenti in Jugoslavia, sono circa un milione, superiori in numero a quelli residenti in Albania, la Jugosl,avia costituirebbe così un centro di attrazione ed una massa di manovra da gettare al momento opportuno contro la nostra preponderanza in questo paese. Si tratterebbe di un duplicato dell'idea slava della costituzione della repubblica moldava di fronte alla questione della Bessarabia. Quantunque queste informazioni io le abbia raccolte da fonti sicure non posso evidentemente garantirle, ma è certo che ,le ultime accertate disposizioni del Gove,rno jugoslavo contro politica albanese, le chiamate misteriose a Belgrado dei principali esponenti dei kossovesi

jugoslavofili e sopratutto l'orgoglio smisurato di Zeno bey, kossovese, nel porsi come emulo di Ahmed Zogu onde strappargli il potere mi danno a credere

• ad un tentativo di attuazione di questo piano. E poichè qui più che altrove bisogna prevedere in tempo, io non vedrei altra soluzione che quella di ceroare immediatamente le vie per sventare a tempo questa politica di Belgrado. E prima di tutto il sistema che abbiamo adottato con questa (?) ultimamente a mezzo di un'azione vigorosa sulrla stampa per impedire velleità di rivolta, mi sembrerebbe anche in questo caso molto indicato. Smascherare tale progetto nella stampa europea e tenerlo vivo darebbe degli ottimi risultati. Se questa azione non bastasse occorrerebbe a mio avviso imitare il concetto jugoslavo anzi preve

nirlo. L'autonomia kossovese, sembra un espediente intelligente e un'arma a doppio taglio per lo stato jugoslavo, poichè ad una azione di Belgrado diretta a provocare una autonomia territorio kossovese, verso la Jugoslavia possiamo rispondere (e ne abbiamo i mezzi) con una nostra azione fra i kossovesi per il riavvicinamento alla madre patria. Ma ancora più efficace e pericolosa per Belgrado sarebbe una nostra azione sui bulg,ari macedoni per imitare le tendenze dei kossovesi, aiutate da Belgrado. Questo sarebbe il movimento più sensibile. Trattandosi di una questione eccessivamente delicata resto in attesa delle impressioni e delle particolari istruzioni di V. E.

(l) Gruppi indecifrati.

590

IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 296/41. Bucarest, 27 gennaio 1927, ore 18,30 (per. ore 3,50 del 28).

Mi sono valso del telegramma di V. E. gab. n. 165,/38 (l) per trarne nuovo argomento in appoggio a quelli già da me svolti con Averescu (contenuto telegramma di V. E. gab. 109/24) (2). Ma Averescu mi ha detto che quanto succede per protesta Soviet contro trattato franco-romeno si presta anche all'altra considerazione. Egli ha attirato mia attenzione su attitudine ferma che il Governo e tutta la stampa francese ha preso in questa circostanza respingendo protesta Soviet come tendenziosa infondata prendendo efficace difesa diritti romeni su Bessarabia. Egli mi ha dato lettura a tale proposito di un telegramma del ministro romeno a Parigi e numerosi riassunti telegrafici dei giornali francesi. Averescu ha attirato attenzione mia sulla ripercussione oltremodo favorevole che ha avuto qui tale attitudine della Francia aggiungendo temere che corrente simpatia verso l'Italia che andava qui ravvivandosi potrà soffrirn·e al confronto. È un fatto che appaiono già seri indizi di un revirement di questa opinione in netto favore della Francia e a nostro sfavore. A questo proposito prego V. E. prendere visione miei telespressi 43 e 44 (3) del 25 corrente circa commenti di questa stampa al trattato franco romeno ed alle trattative commerciali in corso a Roma. Ho risposto ad Averescu non doversi dimenticare che all'atto della conclusione del recente trattato, Francia trovavasi in posizione affatto differente della nostra nei riguardi della questione della Bessarabia, visto che essa aveva già ratificato noto accordo prima di riprendere relazioni con Governo russo; e che ancora oggi Francia si trova nei riguardi della Russia cosi dal punto politico che da quello economico in situazione tale che, a differenza dell'Italia, può prendere la presente attitudine senza serio rischio o sacrificio ed ho espresso meraviglia che a tale considerazione non si dia qui tutto il peso che merita.

(l) -Cfr. n. 585. (2) -Cfr. n. 580. (3) -Non pubblicati.
591

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI (1), ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, E AL MINISTRO AL CAIRO, PATERNÒ

T. GAB. 196. Roma, 29 gennaio 1927, ore 24.

(Per Colonie e Cairo). Ho telegrafato a•l R. ambasciatore a Londra quanto

segue:

(Per tutti). Con rapporti in data 3 e 9 gennaio che le invio a parte per corriere, R. console Aden riferisce essergli giunta notizia circa progetto ampliamento locale sezione aviazione britannica che dovrebbe servire come mezzo più efficiente per svolgimento politica inglese verso tribù protettorato ed in relazione al quale arriverebbero prossimamente Aden tre nuove squadriglie con dodici apparecchi da bombardamento pilotati da venti ufficiali. R. console Aden riferisce altresì circa invio Camerun [sic] ufficiale incaricato esaminare condiztoni campo atterraggio e lavori occorrenti per stabilire colà una base rifornimento per aeroplani e segnala aumentata attività quella residenza con tribù capi hinterland Aden e con personalità più influenti dello Assir aggiungendo che presenza nello Yemen e nello Assir di agenti propagandisti fa pensare a grandi preparativi per avvenimenti prossimi.

Prego V. E. intrattenere urgenza Foreign Office in proposito chiedendo esplicitamente se notizie siano esatte. Qualora esse come non mi auguro rispondano a verità V. E. vorrà far presente codesto Governo come tutta questa intensificata attività che ritengo dovuta eccessivo zelo agenti locali britannici possa complicare attuale situazione col provocare qua<lche reazione da parte dello Yemen che in tali preparativi può giustamente ravvisare una minaccia contro di esso diretta, con conseguente pregiudizio anche per gli stessi sudditi italiani colà residenti.

V. E. vorrà aggiungere che il R. Governo è spiacente dover far rilevare come tutto ciò non sia in armonia con quello spirito di amichevole collaborazione che ha dato luogo ed ha informato recenti conversazioni di Roma (2) e con il quale il R. Governo non dubita esse saranno prossimamente riprese. V. E. vorrà adoperarsi efficacemente perchè il Foreign Office si renda conto opportunità impartire precise istruzioni suoi agenti in Arabia affinchè nessun fatto nuovo possa venire a complicare situazione penisola arabica mentre sono in corso conversazioni fra i due Governi. Gradirò urgenti comunicazioni.

(Solo per Cairo). Prego V. S. voler anche da parte sua intrattenere nello stesso senso codesto alto commissario britannico il quale non può certo ignorare l'attività che si sta svolgendo ad Aden. Gradirò urgenti comunicazioni.

(Solo per Colonie). Ho impartito istruzioni al R. ministro al Cairo di voler anche da parte sua intrattenere nello stesso senso quell'alto commissario britannico.

cui Mussolini infonnava del loro contenuto il ministero delle colonie, l'ambasciata a Londra e la legazione al Cairo.

(l) -A Federzoni il telegramma venne trasmesso a mano. (2) -Tenute dall'H al 15 gennaio. Cfr. il t. gab. 194, del 29 gennaio, non pubblicato, con
592

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 310/79. Belgrado, 29 gennaio 1927, ore 8,50 (per. ore 14). Decifri ella stessa. Ieri sera al tradizionale rice~imento per la festa di San Sava, S. M. il re

Alessandro dopo avermi parlato deLla mia partenza, entrò improvvisamente nell'argomento delle nostre relazioni in g·enere e sul patto italo albanese trattenendomi a parlarne per circa tre quarti d'ol"a. Mi preme far subito rilevare due cose che egli affermò risolutamente e cioè:

l) che il Governo S. H. S. non ha alcuna intenzione di fare opposizione al patto; ·

2) che gli accordi di Nettuno saranno approvati e che solo nelle condizioni interne del paese e nelle lotte dei partiti dovevasi [ricercare] la vera ragione del ritardo e non nell'ostilità contro l'Italia. Risposi che di ciò non era nostra la colpa ed egli soggiunse che anche e per le stesse ragioni accordi con altri paesi erano tratti in lungo. E poichè noto fanatico protezionista Todorovich (il cui nome si fa per sostituire Ribarz) era presente, gli parlò subito e facendogli comprendere che desiderava le convenzioni fossero approvate. S. M. prosegui insistendo sulla impressione che egli aveva di un cambiamento di politica da parte nQstra verso la Jugoslavia ed io gli risposi cosi che non in Italia bensì in Jugoslavia dovevasi ricercare tale mutamento, e che specie daU'avvento di Radich i sintomi del cambiamento di poLitica verso di noi erano andati molto peggiorando, a cominciare dal contegno della stampa alle persecuzioni sciocche contro tutto ciò che sapesse di italiano giungendo in fine alla lettera di Nincich che a tale cambiamento di politica aveva dato quasi una sanzione ufficiale.

Quando parlai della stampa il sovrano mi interruppe ed accennò alla maggiore comprensione di responsabilità dei giornali in questi ultimi tempi; e che ciò mi mostrava che se 11 Governo voleva poteva dominare la stampa o farle tenere un linguaggio più moderato e corretto. Il sovrano parlò in tono concitato quando ricordando il patto di Roma, firmato or sono giustamente 3 anni sottolineò che i 2 paesi alleati intimamente avrebbero potuto fare «grandi cose insieme » ma non mi ha nascosto che la situazione era divenuta tale da poter generare turbamento nei buoni rapporti fra i due paesi. A proposito patto italoal'banese, S. M. con tono non privo di amarezza mi disse il suo Governo era stato sorpreso dal patto di Tirana (e mostrò che ciò era quanto gli scottava di più) e che nella questione a~banese l'Italia avrebbe subito delle grandi disillusioni con c quella gente che noi non conoscevamo perfettamente». E soggiunse: c forse voi credevate che se voi non aveste fatto il patto con Ahmed Zogu, l'avremmo fatto noi» al che non credetti di rispondere. Nell'atteggiamento del sovrano durante tutto il lungo colloquio traspariva grande amarezza e mal celata irritazione ta,le da portarmi alla necessità chiarificare la situazione. Ritengo

che sovrano cerchi la via di uscita dalla disgraziata situa7l.Ìone estera neHa quale questo paese si trova oggi, e che secondo metodo balcani, non rifugga dal volere esercitare una leggera intimidazione facendo intravedere come un prolungarsi di questo stato di cose non possa che aumentare un disagio che potrebbe diventare acuto. Poichè sovrano mi permise di parlare francamente ho esposto con fermezza il punto di vista di V. E. quale risulta dai suoi telegrammi. Sovrano tenne a farmi rilevare che mi aveva parlato « en ami » come sfogo assolutamente personale. Ho creduto naturalmente opportuno riferire tenore del colloquio a

V. E. e ciò perchè prima che io parta dovrò recarmi da lui.

593

IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 317/45. Bucarest, 30 gennaio 1927, ore 2 (per. ore 4).

Averescu mi ha dato lettura di un telegramma di codesto ministro di Romania che segnala viva campagna della stampa italiana relativamente al trattato franco romeno. Secondo Lahovary, nostra stampa mettendo a raffronto nostra attitudine e quella della Francia nei riguardi della Bessarabia, ne trae nuovi argomenti contro ratifica italiana e denunzia recente trattato franco romeno come contrastante a politica di pace e di consolidamento.

Averescu aggiunse che tale telegramma gli fece tanto più impressione in quanto gli pervenne contemporaneamente a un telegramma del ministro di Romania a Parigi, del quale pure mi diede visione, riferentesi a un comunicato di quel rappresentante dei soviets di cui Governo francese aveva fatto sospendere pubblicazione."

Avendo io osservato che anche questa stampa, in occasione della pubblica

zione del trattato franco romeno, aveva pubblicato articoli e commenti sgrade

voli per noi, mi disse che tali appunti non potevano certamente farsi ad alcuni

dei giornali che rappresentano direttamente ed indirettamente direttive del suo

Governo: m€ntre che in Italia tutta la stampa è fascista.

Al che replicai ciò non vuoi dire che non è consentito alla stampa italiana una ragionevole libertà di giudizio sopratutto n€11e questioni estere. Averescu, riservandosi di tornare meco sull'argomento quando i commenti stampa italiani gli siano più ampiamente noti, mi disse che se questi dovessero significare un f'ambiamento di rotta di V. E. nella tanto dibattuta questione d€ll'accordo sulla Bessarabia, preferirebbe che io glielo dicessi francamente per potersi regolare in conseguenza.

Risposi che le cose stavano esattamente come io gliele avevo espost€ nel

recente colloquio, circa il quale riferii a V. E. col mio rapporto n. 151/34 del

25 corrente (1).

• Interessante • :

c Da quando ho assunto questo posto, cioè da quindici mesi, ho constatato un costante

progresso di chiarificazione nell'apprezzamento dell'essenza, dell'importanza e dei risultati del fascismo italiano. Vi è anche qui chi non lo ama; vi è chi Io ammira e ci invidia; vi è, e sono i più, chi si rende conto del grande aumento di prestigio e di potenza che ne è venuto e ne verrà all'Italia.

Anche all'infuori delle simpatie, in parte reali e istintive, in parte rettoriche, derivanti dalle affinità di origine e di sangue latino che per un popolo vanaglorioso come il romeno

(l) Cfr. n. 586. Sui rapporti italo-rumeni, cfr. l'ultima parte del rapporto riservato 214~52 inviato da Durazzo a Mussolini il 31 gennaio 1927, in margine al quale Mussolini ha annotato:

594

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. 213/82. Roma, l febbraio 1927, ore 2.

Dica a qualcuno se un governo qualsiasi esiste che le incredibili panzane stampate in questi giorni sui fogli jugoslavi non sono le più indicate a diminuire la tensione che non per colpa italiana esiste fra i due paesi. V. E. è autorizzata a diramare comunicato per smentire assurde menzogne e ridicole fantasie.

non sono completamente prive di importanza ~nche nel ca~po della P<?litica pratica, ~ certo che l'ascensione dell'Italia Fascista ha eserc1tato ed eserc1ta anche qlll la sua forza d1 attrazione. La persuasione che la nuova Italia potrebbe prestare molto più che per il passato un appoggio di prim'ordine per la valorizzazione politica ed economica della Romania ha fatto molta strada. Non mancano d'altra parte le preoccupazioni che questa ripresa politicadell'Italia nei Balcani possa trascinare la Romania, ove questa ci seguisse incondizionatamente in giuochi o, per dir la paroJa, in avventure pericolose. Anche gli stati di tensione franco-italiana che si ripetono di quando in quando sono sempre, per i romeni, causa di dispiaceri. Essi temono di trovarsi un giorno davanti al penoso dilemma di dover sceglierefra le direttive di Roma e di Parigi, dilemma che, per le ragioni già dette, si risolverebbe ancora, a tutt'oggi, in favore della Francia. Tuttavia, l'attitudine tenuta dalla Romania nella controversia per il trattato italo-albanese dimostra che, fra questi due poli diversi se non opposti, essa sta già riacquistando una certa libertà di movimento, inspirato non solo al conto in cui tiene l'amicizia dell'Italia ma anche ad una visione più indipendente, caso per caso, dei suoi effettivi e particolari interessi.

Le tappe percorse dai rapporti italo-romeni dall'avvento al potere del Generale Averescu nell'aprile scorso furono segnate dagli accordi finanziari ed economici di Roma nel giugno scorso, dal patto di amicizia firmato nel settembre, dalla visita di S. A. R. il Duca di Spoleto nel novembre, dalle trattative commerciali testè iniziate a Roma e da quelle economiche da iniziarsi quanto prima a Bucarest. I primi, cioè gli accordi del giugno, contro un prestito di 200 milioni che si riduce in grandissima parte ad anticipazioni sul prezzo di forniture ordinate o da ordinarsi in Italia, ci hanno fruttato commissioni alle nostre industrie per una somma che ammonta già complessivamente a 130 milioni di Lire e che potrà ammontare in un prossimo avvenire a molto di più; e ad un successo completo del nostro tentativo di cointeressarci e prender parte in condizioni assai favorevoli alla produzionepetrolifera romena.

Il patto d'amicizia, pur !asciandoci libertà d'azione (almeno circa il tempo e il modo)

in ordine alla ratifica dell'accordo sulla Bessarabia, ci ha già fruttato un risultato positivo

e molto significativo: che, nel dissidio itala-jugoslavo per il trattato di Tirana, la Romania

ha preso una posizione che ha contribuito a calmare i bollori di Belgrado ed a scoraggiare

tendenze a noi avverse che in un primo momento parevano prevalere anche altrove.

La visita di S. A. R. il Duca di Spoleto a questa Rea! Corte valse a cancellare qualsiasi

residua suscettibilità per la mancata visita dei Sovrani Romeni a Roma; le ripercussioni

del viaggio del Maresciallo Badoglio in Bessarabia indussero anche i più impazienti ad

attendere con fiducia la ratifica italiana.

Dei risultati delle trattative commerciali attualmente in corso è prematuro parlare:

ma in vista delle disposizioni manifestate sino a oggi dal Generale Averescu e dal suo

Governo si può per lo meno dire che essi sono promettenti.

Sono, tùtti questi, risultati economici e politici acquisiti in tempo relativamente breve,

certamente passibili di ulteriori s~4!uppi e tanto più apprezzabili quando si pensi allo stato

in cui si trovavano i nostri rapporti coJla Romania poco più di un anno fa. Tanto è vero che

essi hanno seriamente preoccupato la Francia la quale non ha mancato di manifestare qui, l!O

vratutto per gli affari di forniture navali e militari, un vivo malumore; hanno preoccupato

e preoccupano Belgrado dove si è veduto da alcuni di quei circoJi politici, in questo rapido

e progressivo riavvicinamento italo-romeno, un inizio di smembramento della Piccola Intesa

ed un anello del temuto accerchiamento ostile sotto l'egida italiana. So che parecchi di questi

miei colleghi esteri hanno segnalato ai loro Governi questa nostra serie di successi come una

delle prove più concludenti del rinato prestigio dell'Italia anche in questa parte d'Europa.

È giusto riconoscere che senza l'amicizia e la fiducia che il Generale Averescu nutre

nel nostro Paese e nell'E. V. questo cammino non avrebbe potuto essere percorso. Tanto gli

accordi economici del giugno quanto la firma del patto d'amicizia sollevarono, come è noto,

contro di lui una tempesta di opposizioni. È ben vero che fu il precedente Governo liberale

ad intavolare e condurre sino a un certo punto le trattative per il patto; ma ho l'assoluta

convinzione che esso non avrebbe mai consentito a firmare un patto d'amicizia in cui la

nostra ratifica non fosse più o meno implicita. Malgrado nuove opposizioni, il Generale

Averescu ha fatto testè sospendere l'applicazione di nuovi inasprimenti doganali e ha fatto

partire senz'altro per Roma la Delegazione romena per le trattative commerciali. Non pochi

dei suoi partigiani, alcuni dei membri stessi del suo Governo, hanno trovato e trovano che

va troppo oltre; che, compromettendosi troppo per noi senza la sicurezza assoluta che l'atto

di ratifica italiana sarà fra breve un fatto compiuto, egli offre ai suoi nemici politici un'arma

sufficiente per forzarlo in qualsiasi momento ed abbandonare il potere. E tuttavia egli insiste

o almeno ha insistito sinora nella sua direttiva recisamente favorevole all'Italia.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. 216/101. Roma, l febbraio 1927, ore 21.

Suo 82 (1).

Non mi sembra opportuno ravvivare in Italia polemiche e discussioni con stampa francese per smentire più che assurde sciocche voci di possibilità nel novembre scorso di massacri di francesi in Italia e di occupazione da parte nostra di Mentone Beaulieu e Nizza. Bisogna invece costà ripetere sempre che noti elementi antifascisti viste spuntate tutte le loro armi per campagna contro Governo fascista in Italia hanno tentato e tenteranno ancora mettere seriamente in pericolo cordialità rapporti italo-francesi. Spetta a Governo francese meditare e provvedere. Bisogna ora sopratutto compiacersi che anche nella stampa francese questa verità sacrosanta comincia a farsi strada.

Egli non può tuttavia celarsi i rischi in cui incorre. Al suo ritorno da Roma e di fron!e all'agitazione provocata dallo scambio di lettere sulla Bessarabia egli riusci a far penetrare m tutte le più alte personali~à po~itiche la fiducia di cui eg~i ~esso. era profond!'mente pen~trato in seguito ai colloqm avutt con V. E. a Roma. Dopo tl vtaggto del Maresctallo Badoghoed in seguito ai ripetuti affidamenti che quest'ultimo gli fece pervenire per iscritto da Roma, il Generale Averescu credette poter confermare qui le assicurazioni già date; ne fece accenni significativi nel Consiglio dei Ministri e ne parlò a S. M. U Re.

Le cose da me dettegli nel colloquio del 24 corrente devono quindi averlo lasci11.to assai più perplesso di quel che egli abbia voluto apparire; e di ciò sono anche chiaro sintomo le ripetute comunicazioni che egli mi fece in questi ultimi giorni (miei telegrammi del 27 [cfr. n. 590) e del 19 corrente n. 41 e 45).

Il Generale Averescu aveva, prima di venire al potere ed anche dopo, espressoabbastanza recisamente a me ed altri la sua persuasione che la nostra tanto attesa ratifica non fosse in definitiva di alcuna essenziale importanza per risolvere il grave dissidio russoromeno o per assicurare il possesso della Bessarabia alla Romania. Ed era sincero. Ebbe peròil torto di nulla fare per far penetrare questa sua personale e ragionevole convinzione nella opinione e nello spirito di questi circoli politici dirigenti. Egli non volle prendere di fronte l'ostacolo, nè con noi nè coi suoi connazionali; lo allontanò e ciò gli permise di far con noi la strada già percorsa; ma ora se lo ritrova dinnanzi e comincia anch'egli a temere che esso possa presto bloccare il cammino.

Conclusione.

Dopo tutto quanto ho sinora esposto credo potermi limitare a riassumere in modo sche

matico le conclusioni che, a mio giudizio. ne derivano in ordine alle questioni sollevate dal

Telegramma di V. E. del 16 corrente [cfr. n. 580].

l) Tenuta presente l'attuale situazione estera della Romania, non credo che una contropartita politica romena che potesse sconvolgere, direttamente o indirettamente, l'attuale quadro delle sue alleanze sia praticamente ottenibile, e ciò .malgrado la miglior buona volontà che il Generale Averescu, personalmente, avesse o manifestasse in proposito.

2) Credo quindi che la contropartita politica romena all'atto di ratifica italiana non potrebbe per ora essere costituita che dalla sempre maggiore neutralizzazione, in seno alla stessa Piccola Intesa, di tendenze a noi avverse o di disegni contrastanti coi nostri interessi e col nostro prestigio in questa parte d'~uropa. A lungo andare ciò porterebbe facilmente ad

un sempre maggiore indebolimento nella compagine della Piccola Intesa, forse anche sino a provocarne, in certe determinate eventualità, una crisi mortale.

3) Credo che questa contropartita puramente politica dev'essere valutata in istretta connessione cogli ulteriori sviluppi dei risultati economici già acquisiti e che possono ancora attendersi da un progressivo riavvicinamento italo-romeno.

4) Credo infine che i risultati già raggiunti e gli effetti utili futuri, accennati sub numero due e tre, verrebbero seriamente compromessi qualora l'atto di ratifica venisse ancora rinviato a tempo indefinito; e ciò anche perchè il Generale Averescu o finirebbe col desistere dall'accordarci tutto il suo favore ovvero la posizione sua e del suo Governo ne sarebbe molto scossa e forse irrimediabilmente compromessa.

Se la contropartita romena, limitata, come io la vedo, dall'attuale realtà politica della situazione estera ed interna di questo Stato, possa essere sufficiente a controbilanciare i rischi e i sacrifici che a noi deriverebbero, nei rapporti italo-russi, dall'atto di ratifica non sono in

grado nè è mio compito di giudicare. '

.Ho. vo!uto .solta~to f~rnire a V. E. nel modo più fr_anco, completo ed obbiettivo gli elemel?-t! dt gtUdiz~o att~en~t al ~ampo sottop~~o alla m1~ osservazione circa le conseguenze postttve o negative. net nguardt tdei rapportt ttalo-romem, cosi della ratifica come di un suo

ulteriore e indefinito rinvio.

Mi preme in ultimo assicurare l'E. V. che in ogni caso io mi adopererò nel modo più

efficace per esplicare una azione conforme alle direttive che V. E. crederà impartirmi •·

(l) T. Gab. 307/132/82, trasmesso il 28 gennaio, ore 16,35, per. ore 20.

596

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 334/89. Belgrado, 1 febbraio 1927, ore 4,30 (per. ore 11,45).

Suo telegramma Gabinetto 200/74 (1).

Come ho riferito dopo tutto con telegrammi precedenti, il patto italaalbanese portando l'Italia nel cuore dei Balcani ha sconvolto il piano della Jugoslavia creando una ondata di irritazione e di paura da cui serbi non si sono ancora risollevati. La classe dirigente di questo paese ha creduto per un momento ·che la guerra fosse vicina e si è preoccupata subito di armare gli spiriti per una simile eventualità. Onde la campagna di stampa ispirata evidentemente dallo stato maggiore e dall'elemento militare in generale. Oggi la parte ben pensante dei dirigenti stessi oltre a circoli commerciali ed ai pochi intellettuali si sono riavuti ed hanno compreso che l'Italia non vuole minacciare, e che quindi si può ancora trovare il modo di dilazionare se non proprio di sanare il conflitto. Si è compreso altresì quale pericolo deriverebbe dal lasciare modo ai militari che allarmino popolazione con notizie allarmistiche. Vennero quindi date nuove direttive e la stampa serba (non parlo della croata mantenutasi sempre nella stessa linea di odiosità all'Italia) in questi ultimi giorni si è fatta silenziosa o per lo meno cauta. I circoli militari ed i circoli più prettamente balcanici non hanno disarmato. Essi cercano la rivincita. Due sono quindi oggi le correnti che procedono di pari passo: da una parte i circoli ufficiali borghesi che cercano una via di uscita pur non volendo diplomaticamente che serva per lo meno a dar tempo; dall'altro i circoli militari che meditano un'azione violenta. Questi stanno evidentemente studiando e preparando nello scacchiere della Serbia meridionale, e forse anche a Tirana, un colpo che rovesci l'attuale ::;ituazione. Ciò premesso: l) Non è da escludere che i serbi fomentino altre rivoluzioni in Albania in un'epoca più o meno prossima. Il fatto che i rifugiati siano stati internati può raffreddare... (2) essendo ormai questo tramite compromesso, i serbi non intendono, almeno per ora, valersi di questi elementi troppo conosciuti. 2) Le ultime elezioni amministrative non hanno avuto significato attribuli.to loro dal R. ministro nella conversazione ... (2) e nel caso esse iossero state destinate sondare opinione pubblica esse sarebbero risultate piuttosto sfavorevoli che favorevoli al Governo attuale come viene dimostrato dalle ultime notizie provenienti sopratutto dalla Bosnia. 3) Circa autonomia da concedere ai Kossovesi si tratta certamente di voci messe in giro dagli stessi serbi, ma che praticamente non possono essere prese sul serio, poichè se essa si realizzasse... [manca] un più vasto movimento autonomistico nella Macedonia, il che i serbi combattono con accanimento costituendo esso la causa principale di

dissidio fra serbi e bulgari. Già nel 1919 tali voci e promesse di autonomia

venivano fatte dai serbi al comitato di Kossovo che si era ricostituito a Scutari

dopo la guerra sotto gli auspici del generale francese Fertou, ed aveva a capo

il defunto Hogia Kadri. Tali promesse non avevano altro scopo che di unire gli

albanesi contro gli italiani sia in Albania che alla conferenza di Parigi. 4) Non

mi risulta che i capi kossovesi siano stati chiamati a Belgrado (come è detto

nel telegramma cui rispondo) nè ve ne sarebbe stata la necessità essendo già

alla Camera il gruppo dei deputati del kossovese. 5) Zena bey è senza dubbio in

mano ed a disposizione dei serbi. Se le circostanze lo richiederanno, egli sarà

certamente impiegato in quella qualsiasi azione che i predetti circoli militari si

propongono di fare. Ma egli è uomo malfido, di poca levatura ed ha poco seguito

sia nel Kossovese che in Albania. Inoltre egli, se vuole mantenersi in buoni

rapporti coi serbi, non vuole neppure disgustarsi Ahmed Zogu. 6) Dato che qual

che azione sia in corso di preparazione da parte dei serbi verso l'Albania, con

cordo col parere espresso dal R. ministro a Durazzo che molto efficace potrebbe

essere un nostro contatto, fatto senza forma molto cautamente e segretamente,

coi bulgari macedoni autonomisti, e ciò, non per controbattere l'eventuale mo

vimento autonomista kossovese, ma per immobilizzare i serbi nella frontiera

albanese, e per non dare nuova esca di odio fra bulgari e serbi. Questa azione

sui macedoni dovrebbe però essere fatta d'accordo con Ahmed Zogu, il quale

nel 20 .costrinse il generale ... (l) a lasciare Tirana e ciò per istigazione del Go

verno S.H.S.

Del resto, da notizie pervenutemi, e non confermatemi, da Uskub sembra che generale... (l) sia passato di questi giorni in Albania e che quindi i contatti tra macedoni autonomisti e gli albanesi siano già sicuri.

Come dissi col mio telegramma 32 (2) la Macedonia è il tallone di Achille

della Jugoslavia e su quel terreno si può inchiodare ogni sua attività.

Non posso però tacere a V. E. una mia impressione, avuta dall' ... (l) di

pace, che, quali siano per essere le decisioni di V. E. circa azione da svolgere

per controbattere le inutili macchinazioni jugoslave in Albania, ci si sta fatal

mente avviando verso una serie concatenata di ostilità per ora combattute nel

l'ombra, ma che non tarderanno ad acuirsi ed a scoppiare in conflitti. Ciò di

cendo credo di adempiere ad un mio elementare dovere, tanto più che da tele

gramma di V. E. a cui mi riferisco mi sembra rilevare una certa sorpresa per

la reazione che questo Governo e elementi militari serbi in particolare stanno

preparando tenendosi nella linea della ormai famosa consuetudine balcanica.

(l) -Trasmesso il 30 gennaio, ore 4, con il quale Mussolini comunicava il telegramma di Aloisi (pubblicato al n. 589) a Belgrado e Sofia chiedendo un parere in proposito. (2) -Gruppo indecifrato. (l) -Gruppo indecifrato. (2) -T. Gab. 151/32, trasmesso il 13 gennaio, ore 9, per. ore 13, relativo ai commenti della stampa jugoslava al progettato viaggio a 'Roma di Bethlen. L'accenno alla Macedonia si li;mita. alle. pf\role seguenti: il giornale Politik • pubblica poi. notizia che in Bulgaria molti cl.I'coh pohbci, che fanno capo a Radoslavow, pensano che Sia questo il momento propizio per tentare ad ogni modo liberazione della Macedonia per cui sono entrati in stretto contatto col comitato macedone •.
597

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 355/100. Belgrado, 3 febbraio 1927, ore 14,50 (per. ore 16,25).

Questo ministro di Grecia ha avuto ieri una lunga conversazione con questo ministro degli affari esteri Peri-eh. Ho saputo da fonte attendibile che Perich ha chiesto a Policroniades di recarsi ad Atene per informare il suo governo della situazione creatasi qui in seguito al patto di Tirana e di cercare di influire perchè Governo greco prenda una attitudine favorevole alla Jugoslavia. Policroniades avrebbe chiesto in cambio pel suo paese vantaggi per la definitiva soluzione della questione della zona franca di Salonicco e della ferrovia Gevgeli Salonicco, e ne avrebbe avuto da Peflich promessa formale. Policroniades partirebbe sabato per Atene. Mi riservo controllare la notizia e riferire.

598

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 380/103. BeLgrado, 5 febbraio 1927, ore 23,40 (per. ore 7,30 del 6).

Confermo... (1). Signor Policroniades parte effettivamente oggi per Atene con intenzione di agire presso suo Governo nel senso chiestogli da Perich. Egli ha mantenuto sino all'ultimo momento segretissima la sua partenza tanto che ha appositamente accettato inviti per la prossima settimana. Esso ha detto che scopo del suo viaggio era queLlo di liquidare sue pendenze personali. Circa le idee del PoUcroniades sul patto di Tirana, mi riferisco al mio telegramma 816 del 15 dicembre scorso (2), dal quale appare che egli, pur ammettendo che l'Italia aveva ottimamente salvaguardato i propri interessi, non poteva mancare di fare delle ampie riserve sulle ripercussioni che il patto avrebbe potuto avere nei riguardi della situazione politica. Egli in una parola considerava il patto stesso come un mezzo atto a diminuire la pressione jugoslava su Salonicco, ma non nascondeva che, una volta liquidate le pendenze fra Grecia e Jugoslavia nei riguardi della zona franca di Salonicco e della ferrovia GevgeliSalonicco le due nazioni avevano tutto l'interesse per accordarsi contro l'Italia la cui presenza in A·lbania non poteva essere gradita alla Grecia. E su questa tesi egli deve avere sviluppato la sua recente azione con Perich, il quale molto probabilmente avrà promesso la modificazione delle convenzioni di Salonicco nel senso voluto dal Governo ellenico in cambio di una stretta intesa contro il patto di Tirana. Se a ciò Perich riuscisse, grande sarebbe n suo merito davanti alla nazione serba potendosi allora dire che il cerchio di ferro ·che stringe la Jugoslavia è stato finalmente spezzato sulla frontiera della Serbia meridionale ove più delicata e preoccupante era La situazione. A tale proposito non bisogna dimenticare che, se la questione dello sbocco a Salonicco aveva diviso profon

\11 Gruppo indecifrato. Si riferisce evidentemente al n. 597.

damente Grecia e Jugoslavia, la questione macedone le ha di nuovo riunite contro il comune nemico, la Bulgaria e più specialmente contro il partito macedone autonomista sobillato. Salonicco infatti non è meno desiderata dai bulgari macedoni che dai serbi, ed anzi essa è stata sempre considerata come il naturale sbocco della Macedonia. Una forte ripresa quindi del movimento autonomista macedone dovuta al patto di Tirana costituirà un altro elemento che contribuirà ad uno stretto accordo fra la Grecia e la Jugoslavia.

(2) T. Gab. 2021/816, trasmesso il 15 dicembre 1926, ore 16, per. ore 19,30, non pubblicato.

<
APPENDICI

APPENDICE I

AMBASCIATE E LEGAZIONI DEL REGNO D'ITALIA ALL'ESTERO

AFGANISTAN

Kabul -CAVICCHIONI Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 26 maggio 1926 CECCHI Gino); MARINI Vittorio, addetto consolare; MILANDRI Giuseppe, interprete (dal 12 aprile 1926 PENNACCHIO Luigi).

ALBANIA

Durazzo -DuRAzzo marchese Carlo, inviato straordinario e ministro plenipotenzial'io (dal 7 agosto 1925 CoRA Giuliano; dall'H febbraio 1926 ALOISI barone Pompeo); AssERETo nob. Tomaso, segretario (dal 22 aprile 1926 JACOMONI Francesco; dal 28 gennaio 1927 SoLA Ugo); DANISCA Pietro, interprete.

ARGENTINA

Buenos Aires -S. E. ALDROVANDI MARESCOTTI conte Luigi, ambasciatore (dal 20 maggio 1926 S. E. MARTIN FRANKLIN conte Alberto); GAZZERA Giuseppe, consigliere (dal 24 novembre 1926); KocH Ottaviano Armando, segretario.

AUSTRIA

Vienna -CHIARAMONTE BoRDONARO Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; AuRITI Giacinto, consigliere (dal l o ottobre 1926 inviato straordinario e ministro plenipotenziario); ScADUTo Gioacchino, segretario (dal 13 settembre 1926 MELI LuPI DI SoRAGNA marchese Antonio); Dr NoLA Carlo, addetto commerciale.

BELGIO

Bruxelles -S. E. 0RSINI BARONI Luca, ambasciatore (dal 9 gennaio 1926 S. E. NEGROTTO CAMBIASO nob. Lazza•ro); DANEO Giulio, consiglie·re (dal 3 febbraio 1926 CHIARAMONTE BoRDONARO Gabriele); BELLARDI RICCI Alberto, segretario; NASI Guglielmo, tenente ·colonnello, addetto militare (residente a Parigi); BoGETTI Gustavo, capitano di corvetta, addetto navale (residente a Parigi).

BOLIVIA

La Paz -CASTOLDI Fortunato, inviato ·straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Lima); CAFIERO Ugo, incaricato d'affari (dal 23 dicembre 1926).

34 -Documenti diplomatici · Serie VII -Vol. IV

BRASILE

Rio de Janeiro -S. E. BADOGLIO Pietro, ambasciatore (dall'S ottobre 192,5 S. E. MoNTAGNA nob. Gaetano); BoscARELLI nob. Raffaele, consigliere (dal 5 febbraio 1926 GAZZERA Giuseppe; dal 24 novembre 1926 FRANSONI Francesco); BERARDIS Vincenzo, segretario (dal 10 agosto 1925 CRoLLA Guido; dal 9 marzo 192·6 DE PEPPo Ottavio).

BULGARIA

Sofia -RINELLA Sabino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 26 maggio 1926 PIACENTINI Renato); WEIL ScHOTT Leone, segretario (dal 29 maggdo 1926 KELLNER Gino Lodovico; dal 10 .gennaio 1927 RoNCALLI nob. Guido, dei conti di Montorio); SPIGO Umberto, tenente colonnello, addetto militare; FocARILE Angelo, reggente lla delegazione commerciale; NEGRONE Luigi, capitano di fregata, addetto navale (residente a Costantinopoli) (poi P. MARANI, comandante).

CECOSLOVACCHIA

P1·aga -PIGNATTI MoRANO DI CusTOZA conte Bonifacio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 10 luglio 1926 PREZIOSI Gabriele); MARCHETTI nob. Alberto, segretario; BERTINI Francesco, colonnello, addetto militare; BENEDETTI Gian Paolo, reggente la delegazione commerciale.

CILE

Santiago -S. E. MARTIN FRANKLIN conte Alberto, ambasciatore (dall'8 settembre 192!6 S. E. GARBAsso Carlo); DE PEPPO Ottavio, segretario (dal 9 marzo 1926 WEILL ScHOTT Leone).

CINA

Pechino -CERRUTI Vittorio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DI GIURA nob. Giovanni, segretario (dal 14 ottobre 1926 CAPRANICA DEL GRILLO marchese Giuliano); DA ZARA Alberto, capitano di corvetta, addetto navale (poi MENGARINI Paolo, comandante).

COLOMBIA

Bogotà -DEPRETIS Agostino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 30 dicembre 1925 MEDICI nob. Francesco).

COSTARICA

S. Josè de Costarica -AcTON nob. Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dall'8 ottobre 1925 TosTI DI VALMINUTA conte Mauro, con residenza alternata tra S. Josè e Panama).

CUBA

Avana -VIVALDI Guglielmo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

DANIMARCA

Copenaghen -ALLIATA DI MONTEREALE E DI VILLAFRANCA principe Giovanni, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CITTADINI Pier Adolfo, segretario; DI GIAMBERARDINO Oscar, capitano di fregata, addetto navale (residente a Berlino) poi PFATISCHER Giuseppe, capitano di fregata); LuZI Renato, addetto commerciale.

DANZICA

Danzica -BERTANZI Paolo, console generale.

EGITTO

Cairo -CACCIA DOMINION! DI SILLAVENGO conte Carlo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 23 agosto 1926 PATERNÒ DI MANCHI DI BILICI marchese Gaetano); PERSico Giovanni, segretario; LISARDI En11ico, addetto commerciale.

EQUATORE

Quito -FILETI Vincenzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

ESTONIA

Reval -STRANIERI Augusto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dall'8 luglio 1926 VIGANOTTI GmsTI conte Gianfranco).

ETIOPIA

Addis Abeba -CoLLI DI FELIZZANO conte Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 20 dicembre 1926 CoRA Giuliano); SAPUPPO Giuseppe, segretario.

FINLANDIA

Helsingfors -PATERNÒ DI MANCHI DI BILICI marchese Gaetano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 10 luglio 1926 PAGLIANO conte Emilio); MARIANI Alessandro, segretario; DI GIAMBERARDINO Oscar, capitano di frega,ta, addetto navale (residente a Berlino) (poi PFATISCHER Giuseppe, capitano di fregata).

FRANCIA

Parigi -S. E. ROMANO AVEZZANA barone GamiUo, ambasciatore; SUMMONTE Gonsalvo, consigliere (dal 7 giugno 1926 BoscARELLI nob. Raffaele); CHIARAMONTE BoRDONARO Gabriele, segretario (dal 22 dicembre 1925 Rocco Guido); CoRTINr Claudio, segretario; MARTIN-FRANKLIN Giorgio, tenente colonnello, addetto militare (poi NAsi Guglielmo, tenente colonnello); BoGETTI Gustavo, ·capitano di vascello, addetto navale; Piccro Pier Ruggero, genera.Ie di divisione aerea., addetto aeronaJUtico; CoLETTI Silvio, ·Consigliere per l'emigrazione; BALLERINI Elisio, consigliere commerciale.

GERMANIA

Ber,ino -S. E. DE BosDARr conte Alessandro, ambasciatore (dal 2 marzo 1926

S. E. ALDROVANDI MARESCOTTI Luigi, çonte di Viano); GuARNERI Andrea, consigliere (dal 24 settembre 1926 DE LIETO Casimiro); LEQUIO Francesco, segretario (dal 1° novembre 1926 BERTELÈ Tommaso); COSTA SANSEVERINO Francesco, principe di Sant'Agata, segretario (dal 16 maggio 1926 GARBAccro Livio); FIER Giulio, maggiore, addetto aeronautico; DENTI DI PrRAJNO marchese Salvatore, capitano di vascello, addetto navale (poi Dr GrAMBERARDINO Oscar, capitano di 'Corvetta; rpoi PFATISCHER Giuseppe, capitano di fregata); RrccrARDI Adelchi, addetto commerciale.

GIAPPONE

Tokio -S. E. DELLA ToRRE DI LAVAGNA conte Giulio, ambasciatore; SAVONA Giuseppe, consigliere (dal 5 febbraio 1926); NANI MocENIGO conte Ludovico, segretario (dal 7 giugno 1926 Dr GIURA nob. Giovanni); LEONE Vincenzo, capitano di vascello, addetto militare, navale ed aeronautico.

GRAN BRETAGNA

Londra -S. E. TOMASI DELLA TORRETTA nob. Pietro dei principi di Lampedusa, Senatore del Regno, ambasciatore; PREZIOSI Gabriele, consigliere (dal 4 dicembre 1925 Rosso Augusto); SoLA Ugo, segretario; RoASENDA DI RoASENDA nob. Vittorio, segretario; CoPPI Americo, tenente colonnello, addetto miLitare; GumoNr Alessandro, generale, addetto aeronautico; RArNERI-BiscrA conte Giuseppe, capitano di vascello, addetto navale; CECCATO Giovanni Batta, consigliere commerciale.

GRECIA Atene -BRAMBILLA Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 4 settembre 1926 ARLOTTA Mario); DE FACENDrs Domenico, consigliere; DE ANGELIS Mariano, segretario (dal 13 ottobre 1926); Dr STEFANO Mario, segretario; PERRONE DI SAN MARTINO Fernando, colonnello, addetto militare; CoRAGGIO Cario Alberto, capitano di fregata, addetto navale; DE MARTINO Giuseppe, addetto commerciale.

GUATEMALA

Guatemala -AcTON nob. Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a S. Josè di Costarica) (dal 15 novembre 1925 MACARIO Nicola, incaricato d'affari, re.sidente a Guatemala).

HAITI

Haiti -VIVALDI Guglielmo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

HONDURAS

Tegucigalpa -AcToN nob. Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a S. Josè di Costarica) (dal 15 novembre 1925 MACARIO Nicola, incaricato d'affari, residente a Guatemala).

LETTONIA

Riga -PIACENTINI Renato, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 10 agosto 1926 STRANIERI Augusto).

LIECHTENSTEIN Vaduz -MILAZZO Silvio, console generale (residente a Zurigo).

LITUANIA

Kaunas -PIACENTINI Renato, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Riga) (dal 10 agosto 1926 STRANIERI Augusto).

LUSSEMBURGO

Lussemburgo -COMPANS DI BRICHANTEAU CHALLANT mar,chese Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 6 luglio 192,6 VARÈ Daniele).

MAROCCO

Tangeri -BoRGHETTI Riccardo, agente diplomatico e console generale (dal 10 settembre 1925 VANNUTELLI REY conte Luigi).

MESOPOTAMIA (Irak) Bagdad -SPERANZA Vincenzo, console.

MESSICO Messico -MACCHIORO VIVALBA Gino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario. MONACO (Principato) Monaco -PITTALIS Francesco, console.

NICARAGUA

Managua -ACTON nob. Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a S. Josè di Costarica) (dal 15 novembre 1925 MACARIO Nicola, incaricato d'affari, residente a Guatemala).

NORVEGIA

Oslo -CAMBIAGIO Silvio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal1'11 gennaio 1926 COMPANS DI BRICHANTEAU CHALLANT marchese Alessandro); RoNCALLI nob. Guido, dei conti di Montorio, segretario.

PAESI BASSI

L'Aja -MAESTRI MoLINARI marchese Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ALLIEVI Antonio, segretario (dal 18 gennaio 1927 ScADUTo Gioacchino).

PALESTINA

Gerusalemme -GAUTTIERI Antonio, console generale (dal 3 aprile 1926 ZANOTTI BrANco Mario).

P ANAMA

Panama -PAGLIANO conte Emilio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dall'8 ottobre 1925 TosTI DI VALMINUTA conte Mauro, incaricato d'affari, con residenza alternat,a fra Panama e S. Josè di Costarica).

PARAGUAY

Asswnzione -MEDICI nob. Francesco, dei marchesi di Marignano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

PERSIA

Tehemn -GALLI Carlo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 25 dicembre 1926 DE FACENDIS Domenico); MoNACO Adriano, segretario.

PERU'

Lima -CASTOLDI Fortunato, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 24 dicembre 1926 BEVERINI Giovanni Battista).

POLONIA

Varsavia -MAJONI Giovanni Cesare, inviato straordinario e ministro plenipotenzi:ario; CAFIERO Ugo, consigliere (dal 4 giugno 1926 SAPUPPO Giuseppe); RoNCALLI nob. Guido, dei conti di Montovio, segretario (dal 22 gennaio 1926 MENZINGER DI PREUSSENTHAL Enrico); IVALDI Giuseppe, colonnello, addetto militare (poi RoATTA Mario, colonnello); CoRVI dott. Antonio Menotti, addetto commerciale.

PORTOGALLO

Lisbona -BoRGHESE, dei principi, don Liv.io, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 22 novembre 1926 GALLI Carlo); PoRTA Mario, segretario.

ROMANIA

Bucarest -ALOISI barone Pompeo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 2 novembre 1925 DuRAZZo mal'chese Carlo); SAVONA Giuseppe, consigliere; SILENZI Renato, segretario; LEQUIO Francesco, segretario (dal 13 novembre 1926); DELLA PoRTA Francesco, addetto; MERCALLI Luigi, tenente colonnello, addetto militare; LuPI Ernesto, capitano di fregata, addetto navale; PALEANI dott. Paolo Augusto, addetto commerciale.

SALVADOR

San Salvador -AcToN nob. Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 15 novembre 1925 MACARIO Nicola, incaricato d'affari, residente a Guatemala).

SAN DOMINGO

San Domingo -VrvALDI Guglielmo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

SAN MARINO

San Marino -GoRI Giuseppe, console.

SERBI CROATI E SLOVENI (Regno dei)

Belgrado -BoDRERO gen. Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PETRUccr Luigi, segretario; ScAMMACCA nob. Michele, segretario; VIscoNTI PRASCA Sebastiano, tenente colonnello, addetto militare; LUPI Ernesto, capitano di fregata, addetto navale (residente a Bucarest).

SIAM

Bangkok -AMADORI Giovanni, incaricato d'affari.

SIRIA

Damasco -N. N., console generale.

SPAGNA

Madrid -S. E. PAULUCCI DE' CALBOLI marchese Raniero, Senatore del Regno, ambasciatore; MAcARIO Nicola, consigliere (dal 9 novembre 1925 VIOLA Guido, conte di Campalto); DE ANGELIS Mariano, segretario; ToNI Piero, segretario (dal 18 gennaio 1926 CAPECE GALEOTA Giuseppe); MARSENGO Maurizio, colonnello, addetto militare; ZAPELLONI Federico, maggiore, addetto aeronautico.

STATI UNITI D'AMERICA

Washington -S. E. DE MARTINO nob. Giacomo, ambasciatore; Rosso Augusto, consigliere; RoGERI nob. Delfino, dei conti di Villanova, segretario (dal 25 agosto 1926 consigliere); VITETTI Leonardo, segretario (dal 16 luglio 1925); VILLA AUGUSTO, colonnello, addetto militare; SoMMATI, dei conti di Mombello, nob. Ettore, capitano di fregata, addetto navale (poi LAIS Alberto, eomandante); ScARONI Silvio, capitano, qddetto aereonautico; ANGELONE Romolo, addetto commerciale.

SVEZIA

Stoccolma -NANI MocENIGO conte Giovanni Battista, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 15 luglio 1926 CoLONNA don Ascanio, dei principi); KELLNER Gino Lodovico, segretario (dal 22 settembre 1926 Rossi LONGHI dei marchesi nob. Alberto).

SVIZZERA

Berna -GARBAsso Carlo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 12 luglio 1926 PIGNATTI MoRANO DI CUSTOZA conte Bonifacio); GAZZERA Giuseppe, segretario.

TURCHIA

Costantinopoli -S. E. MoNTAGNA Giulio Cesare, ambasciatore (dal 4 ottobre 1925

S. E. ORSINI BARONI Luca); TALIANI Francesco Maria, consigliere; BERTELÈ Tommaso, segretario (dal 5 dicembre 1926 SILENZI Renato); BoNARELLI dei conti nob. Vittorio Emanuele, segretario; RuLLI Guglielmo, segretario; CAPIZZI Manlio, maggiore, addetto militare; NEYRONE Luigi, capitano di fregata, addetto navale (p,oi MARONI Paolo, comandante).

UNGHERIA

Budapest -DuRINI DI MoNZA conte Ercole, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DIANA dei marchesi nob. Pasquale, segretario (dal 5 novembre 1926 ALLIEVI Antonio); DE Asns Giovanni, addetto (dal 1° aprile 1926, vice segretario).

UNIONE DELLE REPUBBLICHE SOVIETTISTE SOCIALISTE (Russia)

Mosca -S. E. MANZONI dei conti nob. Gaetano, ambasciatore; NEGRI dei conti nob. Vittorio, consigliere; QuARONI Pietro, segretario (dal 1° settembre 1925).

URUGUAY

Montevideo -D'ALIA Antonino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 12 luglio 1926 BERNARDI Temistocle Filippo); ToNI Piero, segretario (dal 22 dicembre 1925).

VENEZUELA

Caracas -VIGANOTTI GIUSTI conte Gianfranco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

APPENDICE II

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

(Situazione al 15 febbraio 1926)

MINISTRO SEGRETARIO DI STATO MussoLINI S. E. Benito, Capo del Governo, deputarto al Parlamento.

SOTTOSEGRETARIO DI STATO GRANDI S. E. Dino, deputato al Parlamento.

GABINETTO DEL MINISTRO

Affari confidenziali -Ricerche e studi in relazione al lavoro del Ministro -Rapporti coHa stampa e le Agenzie telegrafiche -Relazioni del Ministro col Parlamento e col Corpo Diplomatico -Udienze Tribuna diplomatica

CAPO DI GABINETTO

PAULucci DE' CALBOLI BARONE marchese Giacomo, consigliere di legazione di la classe.

SEGRETARI DEL MINISTRO

MAMELI Francesco Giorgio, 2° segretario di legazione; Bossi Carlo, 1° commissario consolare; OTTAVIANI Luigi, vice segretario di legazione.

SEGRETARIO GENERALE

CoNTARINI S. E. Salvatore, ministro di Stato, ambasciatore, senatore del Regno, consigliere di Stato.

UFFICI ALLA DIRETTA. DIPENDENZA DEL SEGRETARIO GENERALE UFFICIO STAMPA Rivista della stampa estera e della stampa italiana nei riguardi della politica estera -Informazioni a giornali ed agenzie italiane ed estere Traduzioni

Capo ufficio: ARONE (dei baroni di Valentino) nob. Pietro, consigliere di legazione di la classe.

UFFICIO TRATTATI E SOCIETA DELLE NAZIONI

Lavori preparatori delle sessioni dell'AssembLea e deL Consiglio deLLa Società deLle Nazioni per tutto ciò che concerne L'opera dei deLegati italiani: cooperazione e assistenza loro occorrenti -Coordinazione, a questo fine, deL lavoro delle varie Amministrazioni del Regno -Collegamento fra gli organi della Società, le Amministrazioni del Regno e i Regi delegati alL'Assemblea ed al Consiglio -Ordinamento e custodia degli atti e documenti relativi alla Società -Congressi conferenze e convenzioni collettive in attinenza coi compiti della Società delle Nazioni -Raccolta e pubblicazione delle convenzioni internazionali Atti reLativi alla loro efficacia: ratifiche, adesioni, denuncie, leggi e decreti di esecuzione -Questioni dipendenti dalL'applicazione dei trattati di pace in quanto abbiano carattere d'interesse pubblico

Capo ufficio: SANDICCHI Pasquale, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

UFFICIO COORDINAMENTO ECONOMICO

Segreteria della Commissione Interministeriale per l'azione economica all'estero -Collegamento in materia economico-commerciale fra le Direzioni Generali Europa e Levante ed Africa, America, Asia ed Australia ed i Ministeri tecnici competenti

Capo ufficio: CIANCARELLI Bonifado Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

DIREZIONE GENERALE AFFARI GENERALI

Direttore generale: LoJACONO Vincenzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

UFFICIO COORDINAMENTO GENERALE

Raccolta, coordinamento e valorizzazione sistematica di tutti gli elementi tratti dal carteggio delle Regie Rappresentanze alL'estero e cia ogni altra fonte -Studi e preparazione di carattere politico ed economico

Capo uffi,cio: DE Rossi DEL LION NERO nob. Pier Filippo, consigliere di legazione di 2a classe.

UFFICIO STORICO E DIPLOMATICO

Raccolta e compilazione di materiale storico sopra questioni di politica estera d'interesse pratico contemporaneo a complemento e illustrazione dei documenti ufficiali -Raccolta, custodia e aggiornamento di collezioni cartografiche e studi geografici -Diario storico del Ministero Classificazione e diramazione degli atti dipLomatici -Diramazione di essi per telegrafo o per corriere -Libri verdi.

Capo ufficio: DANEO Giulio, consigliere di legazione di la classe.

UFFICIO ARCHIVIO E CORRISPONDENZA

Organizzazione e sorveglianza degli archivi -Registrazione e sunto della corrispondenza in arrivo e in partenza -ControlLo del carteggio degli Uffici in relazione alla con'ispondenza in arrivo -Archivi correnti e archivi in deposito -Speàizione della corrispondenza -Servizio dei corrieri.

Capo ufficio: DE Rossi DEL LION NERO nob. Pier Filippo, consigliere di lega. zione di 2a classe, reggente.

UFFICIO CIFRA

Corrispondenza telegrafica e ordinaria in cifra -Compilazione e distribuzione dei cifrari Capo ufficio: FossATI Oreste, direttore dell'archivio storico.

ARCHIVIO STORICO

Conservazione delle collezioni manoscritte del Ministero e dei Regi uffici aLl'estero -Conservazione degli originali degli atti internazionali Conservazione delle carte 1·iservate degli archivi del Ministero e àei Regi uffici alL'estero -Ricerche e studi su materie storiche e questioni internazionali per incarico del Ministero -Inventari e schedari

Direttore dell'archivio: FossATI Oreste.

UFFICIO CONTENZIOSO E LEGISLAZIONE

Studi sulle questioni aventi carattere giuridico e risoluzione di quesiti sulla legislazione, attinenti a pratiche del Ministero

Capo ufficio: N. N.

UFFICIO PUBBLICAZIONI E RACCOLTE AMMINISTRATIVE

Raccolta dei decreti organici -Coordinamento di leggi e regolamenti -Testi unici -Raccolta delle circolari e degli ordini di servizio Bollettini vari -Annuario diplomatico

Capo ufficio: ToscANI Angelo, console generale di la classe.

BIBLIOTECA

Conservazione ed incremento delle pubblicazioni; proposte per acquisto di libri e periodici -Scambio di pubblicazioni con altri Ministeri ed istituti italiani ed esteri -Raccolta sistematica della legislazione straniera per ciò che può concernere le relazioni internazionali e l'amministrazione degli affari esteri -Forniture di pubblicazioni ufficiali a corredo di Regi uffici diplomatici e consolari -Cataloghi e schedari

Bibliotecario: PIRONE Raffaele.

TIPOGRAFIA RISERVATA

Stampa e rilegatura degli atti riservati delle Conferenze internazionali -Trattati, convenzioni, protocolli e accordi stipulati dall'Italia Cifra1·i -Annuario diplomatico e delle scuole italiane all'estero -Atti del consiglio del Contenzioso diplomatico -Bollettini: amministrativo e del personale -Pubblicazioni ufficiali del ministero -Libri verdi, questionari, atti e documenti diplomatici riservati

Direttore: BERNI Fedele.

DIREZIONE GENERALE DEL PERSONALE, DEL CERIMONIALE E DEGLI AFFARI AMMINISTRATIVI

Direttore generale: NASELLI S. E. ·conte e nobile di Savona Gerolamo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di la classe.

UFFICIO DEL PERSONALE

Capo ufficio: CRIVELLAR! Quirino, console generale di 2a classe.

UFFICIO CERIMONIALE

Regole del cerimoniale -Lettere reali -Credenziali -Lettere di richiamo -Pieni poteri -Privilegi ed immunità degli agenti d.iplomatici e consolari -Franchigie in materia doganale ai regi agenti all'estero e agli agenti stranieri in Italia -Massima1·io -Visite e passaggi di Capi di Stato, Principi e autorità este1·e -Decorazioni nazionali ed estere -Libretti e richieste ferroviarie per il personale

Capo ufficio: CAVRIANI dei marchesi nob. Giuseppe, console generale di 211 classe.

UFFICIO AMMINISTRATIVO

Capo ufficio: RrNVERSI Romolo, capo divisione dei commissari consolari.

UFFICIO LEGALIZZAZIONI E PASSAPORTI

Legalizzazione di atti -Corrispondenza e contabilità relativa -Passaporti diplomatici ed ordinari -Visti consolari per l'entrata di stranieri nel Regno· -Accordi internazionali sul regime dei visti

Capo ufficio: DE STEFANI Pietro, l o segretario di legazione.

DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, COMMERCIALI E PRIVATI D'EUROPA E LEVANTE

Direttore generale: ARLOTTA Mario, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a ·classe.

Vice Direttore generale: BERNARDI Temistocle Filippo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 28 classe.

UFFICIO I

Belgio -Francia -Germania -Gran Bretagna -Lussemburgo -Mo

naco -Olanda -Portogallo -Spagna -Svizzera

Capo ufficio: DE MARSANICH nob. Alberto, console generale di aa classe.

UFFICIO II

Danimarca -Norvegia -Polonia -Stati Baltici -Svezia Unione delLe Repubbliche Socialiste Soviettiste

Capo ufficio: SILENZI Guglielmo, console di l a classe.

UFFICIO III Austria -Cecoslovacchia -Romania -Ungheria Capo ufficio: BIANCHERI CHIAPPORI Augusto, consigliere di legazione di la classe.

UFFICIO III J. Regno dei Serbi, Croati e Sloveni Capo ufficio: N. N.

UFFICIO IV

Albania -Bulgaria -Grecia

Capo uffido: INDELLI Mario, 1° segretario di legazione.

UFFICIO V

Africa Mediterranea -Assir -Hegiaz -Etiopia -Mesopotamia Palestina -Siria -Transgiordania -Turchia -Yemen -Affari concernenti la colonia Eritrea, la Somalia e il Benadir

Capo ufficio: GuARIGLIA Raffaele, consigliere di legazione di la classe.

UFFICIO VI

Affari privati nei suddetti Paesi (Rogatorie -Estradizioni -Atti giudiziari -Atti di stato civile -Pensionati -Ricerche nell'interesse di cittadini italiani -Successioni di cittadini italiani)

Capo ufficio: SrLVESTRI Ugo, console generale di la classe.

4S5

DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, COMMERCIALI E PRIVATI DI AFRICA, AMERICA, ASIA E AUSTRALIA

Direttore generale: CHIOSTRI Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di la classe.

UFFICIO I

America del Nord ed AustraLia

Capo rufi'ìc'io: PASETTI Vittorio, 2° segretario di legazione, reggente.

UFFICIO II

America Latina

Capo ufficio: UMILTÀ Carlo, console generale di 3a ,classe.

UFFICIO III

Asia ed Africa (salvo le regioni attribuite alla Direzione generale Europa e Levante)

Capo ufficio: SERPI cavaliere nob. don Giuseppe, console di la classe.

UFFICIO IV

Affari privati in America del Nord e in Australia (Rogatorie -Estradizioni -Atti giudiziari -Atti di stato civile -Pensionati -Ricerche nell'interesse di cittadini italiani -Successioni di cittadini italiani)

Capo ufficio: NoBILI VITELLESCHI, dei marchesi, nob. Pietro, console di 2a dasse, reggente.

UFFICIO V

Affari privati in America latina, Asia e Africa non mediterranea (Rogatorie -Estradizioni -Atti giudiziari -Atti di stato civile -Pensionati -Ricerche nelL'interesse di cittadini italiani -Successioni di cittadini italiani)

Capo ufficio: TALAMO ATENOLFI, dei marchesi di Castelnuovo, nob. GiuS!eppe, secondo segretario di legazione, reggente.

DIREZIONE GENERALE DELLE SCUOLE ITALIANE ALL'ESTERO

Direttore generale: TRABALZA prof. Ciro, direttore generale del ministero della pubblica istruzione.

UFFICIO DIRETTIVO

Capo ufficio: SARTORI Francesco, console generale di t a classe.

RAGIONERIA CENTRALE

Direttore capo di ragioneria: FANO Alberto.

COMMISSARIATO GENERALE DELL'EMIGRAZIONE

Commissario generale: DE MICHELIS S. E. Giuseppe, ambasciatore.

CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

Presidente: S. E. Benito Mm;soLINI, ministro degli Affari Esteri.

Vice Presidente: SciALOJA Vittorio, senatore del Regno, professore di diritto nella R. Università di Roma.

Consigliere di diritto: CoNTARINI S. E. Salvatore, Segretario generale del Ministero degli Affari Esteri, Ambasciatore, Senatore del Regno, Consigliere di Stato, Ministro di Stato.

Consiglieri: BARONE Domenico, Consigliere di Stato; BARZILAI Salvatore, Senatore del Regno; BoNIN LoNGARE S. E. conte Lelio, Ambasciatore, Senatore del Regno; CATELLANI Enrico Senatore del Regno, p,rofessore di diritto nella R. Università dii Padova; CAVAGLIERI Arri,go, Professore di diritto nella R. Università di Napoli; CoRRADINI Camillo, Consigliere di Stato; D'AGoSTINO S. E. marchese Ernesto, Presidente di sezione del Consiglio di Stato; D'AMELIO S. E. Mariano, Senatore del Regno, Presidente della Corte di Cassazione; DE MICHELIS S. E. Giuseppe, Ambascia

tore, Commissario Generale dell'Emigrazdone; DIENA Giulio, Professore di diritto nella R. Università di Pavia; FEDOZZI Prospero, Professore di diritto nella R. Università di Genova; IMPERIALI DI FRANCAVILLA S. E. marchese Guglielmo, Ambasciatore, Senatore del Regno; MAzzucco Generale Ettore, Deputato al Parlamento; MEDA avv. Filippo; ORLANDO S. E. Vitto,rio Emanuele, Professore di diritto pubblico nella R. Università di Roma; PAULUCCI DE' CALBOLI S. E. marchese Raniero, Ambasciatore, Senatore del Regno; PERLA S. E. Raffaele, Presidente del Consiglio di Stato, Senatore del Regno; RoLANDI RICCI S. E. Vittorio, Senatore del Regno, Ambasciatore onorario; RuFFINI Francesco, Senatore del Regno, Professore di diritto nella R. Università di Torino; SALANDRA S. E. Antonio, Deputato al Parlamento, Profes:sore ,di diritto nella R. Unive~sità di Roma; VALVASSORI PERONI Angelo, Senatore del Regno; VENZI S. E. Giulio, Senatore del Regno, Presidente di sezione della Corte di Cassazione.

Segretario generale: GIANNINI S. E. Amedeo, Inviato straordinario e Ministro plenipotenziario onorario con rango di ta classe, Consigliere di Stato.

Segretario aggiunto: N. N.

APPENDICE III

AMBASCIATE E LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA

Afganistan: Sirdar AziMULLAH KHAN, inviato straordinario e ministro pieni· potenziario (dal 20 novembre 1926 Sirdar Ala ABD-UL-AZIZ KHAN); Mirza ABD-UL-AZIZ KHAN, 1° segretario (dal 6 settembre 1926 Mohammed KAsiM KHAN); A. Hamid Aziz KHAN, segretario onorario (dal 6 settembre 1926).

Albania: Ekrem bey LIBOHOVA inviato straordinario e minri.s1tro plenLpotenziario (dal 16 novembre 1926 DjemH DINo); Nedjb bey KoKA, 1° segretario (dal 5 febbraio 1926 Ferid DERVISHI, incaricato d'affari ad interim dal 1° giugno 1926); Hamdi KARAZI, 2° segretario (dal 15 .gennaio 1927); Assaf bey LIBOHOVA, addetto onorario.

Argentina: Fernando PEREZ, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 4 dicembre 1926 ambasciatore); Conrado RoLANDONE, 1° segretario (dal 19 gennaio 1927 Manorio LEGUIZAM6N PoNDAL, consigliere); Oscar Oneto AsTENGO 2° segretario; maggiore Juan N. ToNAZZI, addetto militare; capitano di vascello Riccardo UGARRIZA, addetto navale (dal 4 agosto 1926 capitano di vascello Julrian FABLET; Carlo BREBBIA, addetto commerciale onorario.

Austria: Lota11io von EGGER MoELLWALD, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Carlo FREUDENTHAL, consigliere di legazione, 1° segretario; Iwo JoRDA, consigliere aulico; Luigi JoRDAN, addetto di legazione (poi 2° segretario); Maximilian ATTEMS, 2° segretario (dal 24 marzo 1926).

Belgio: S. E. conte della FAILLE DE LEVERGHEM, ambasciatore; Louis LECLERCQ, consigliere; G. DE ScHOUTHEETE DE TERVARENT, 1° segretario (dal 26 gennaio 1926); Jacques BEHAGHEL DE BUEREN, 2° segretario.

BrasiLe: S. E. Oscar DE TEFFÈ, ambasciatore; Paulo DE NIEUWERVE CoELHO DE ALMEIDA, 1° segretario (dal 19 aprile 1926 Joao Severiano DA FoNSECA HERMES Junior); Labienna SALGADO Dos SANTOS, 2° segretario; Leopoldo TEIXEIRA LEITE FILHO, 2° segretario (dal 24 maggio 1926 Arthur Dos GurMARAES BASTOS e dal 27 settembre 1926 Joiio CARVALHO DE MARAES); tenente di vascello Alfonso CELso DE OuRo PRETO, addetto navale (dal 16 aprile 1926 capitano di corvetta Mario DE OLIVEIRA SAMPAio); tene_nte colonnello SebasWio Do REGo BARROS, addetto militare; Deoclecio DE CAMPOS, addetto commerciale; Luiz SPARANO, addetto.

Bulgaria: Giorgio P. RADEFF, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Stoil C. STOILOFF, consigliere; Alexandre SAMARDJIEFF, I 0 segretario (dal 30 agosto I926); Dimitri M. DAPHINOFF, segretario; Ni.cola GELEFF, segretario.

Cecoslovacchia: Vojtech MASTNY, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Antonio PAPIRNIK, consigliere (dal 26 novembre 1925 Milos CÉRMÀK); Francesco NEUGEBAUER, Io .segretario; Otakar KÀDNER, segretario (dall'li gennaio I926); tenente colonnello Vàclav KuNES, addetto militare, Miroslav KuNDRÀT, addetto commerciale.

Cile: S. E. Enrique VILLEGAS, ambasciatore; Alvaro BAEZA YAVAR, consigliere (dal 9 febbraio I926 Armando LABRA CARVAJAL); Jorge SAAVEDRA A., segretario; capitano di vascello Enrique CosTA PELLÉ, addetto navale (dal I2 aprile I9216 capitano di corvetta Guglielmo TRoNcoso PALACIOs); Pedro INIGUEZ, consigliere commerciale onorario.

Cina :TANG TsAI Fou, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 5 marzo I926 CHAO HsrN CHu); SHEN KING Yr, incaricato d'affari ad interim (fino al 4 marzo I926); HoUANG SHoU-KAN, Io segretario; TcHou YIN, 2° segretario; CHUMPÉ To KrN, 3° segretario; CHANG CHIA-YOUNG, addetto.

Colombia: Luciano HERRERA, incaricato d'affari ad interim. (dal I8 maggio 1926).

Cuba: Carlos DE ARMENTEROS Y CARDENAS, inviato straordinario e ministro ;pleni;potenz,iario; Alfonso FoRCADE y JoRRIN, •consigliere, incaricato d'affari .ad interim; ·capitano Raimondo FERRER Y ARIAS, addetto militare; Carlo MENDIOLA Y RoURA, addetto commerciale; Ignazio RODRIGUEZ ALEGRE, addetto (dal 30 agosto I926 Ignazio DE AGRAMONTE).

Danimarca: Harald DE ScAVENIUS, inviato straordinario e minist1ro plenipotenziario; Herman PouLSEN, segretario, A. F. BAssE, segretario onorario.

Egitto: Ahmed ZULFICAR pascià, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 20 marzo I926 Sadik HENEIN pascià); Hussein RAMZY, segretario; Hamed KHOLUCHY bey, Io segretario; Mourad KAMEL bey, 2° segretario (dal 28 giugno I926); Hassan MouKHTAR RASMY, 3° segretario; Midhat ZIWER bey, addetto f. f. segretario.

Equatore: Delfin B. TREVINO, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (fino al 22 agosto I925); Luigi PENAHERRERA, 1° segretario, dal 23 agosto I925 incaricato d'affari ad interim (dal 26 luglio I926 Francisco GUARDERAS, Io segretario, incaricato d'affari ad interim); colonnello Carlos

FLORES GuERRA, addetto militare (dal 12 novembre I926 maggiore Guil

lermo BuRBANo); Victor Emilio EsTRADA, addetto commerciale.

35 -Documenti diplomatici • Serie VII · Vol. IV

Estonia: Herman HELLAT, incaricato d'affari (dal lO giugno 1925 Alexsander JURGENSON, incaricato -d'affari ad interim); Gregoire WoLKONSNKY, segretario (dall'8 settembre 1925).

Finlandia: Herman Gregorio GUMMERUS, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 25 dicembre 1925 Rolf THESLEFF); Johannes NYYS·· soNEN, segretario; Halvar H.ARKNOEN, segretario onorario; Emilio HYNNINEN, addetto; comandante Berte! MARTENSON, addetto aereonautico.

Francia: S. E. René BESNARD, ambasciatore; Jean RoGER, consigliere; visconte Robert DE DAMPIERRE, 1° segretario; Henry GUEYRAUD, 2<> segretario (dall'8 ottobre 1925 Hubert GuÉRIN); Marcel PICCIONI, 3° segretario ;barone Edmond DE BEAUVERGER, addetto (dal 2 febbraio 1926); tenente colonnello Louis LANGLOIS, addetto militare; capitano Georges RoLLIN, addetto militare aggiunto (dal 5 novembre 1925 capitano Vietar DEBENEY); capitano di vascello JouBERT, addetto navale (dal 14 agosto 1926 capitano di fregata barone Henry DE VIGOURoux D'ARVIEU); tenente di vascello Robert de LAROSIÈRE, addetto navale aggiunto!; BONNEFON-CRAPONNE, addetto ~commerciale; J. SANGUINETTI, addetto commerciale aggiunto.

Germania: S. E. barone Kostantin von NEURATH; ambasciatore; Friedrich von PRITTWITZ und GAFFRON, consigliere; Hans Georg von MACKENSEN, 1° segretario (dall'll marzo 1926 Guglielmo NoLDEKE); Max LoRENZ, 2° segre·· tario (dal 14 settembre 19,26 Siegfried MEY); Adolf von BuLow, addetto, poi 3o segretario; barone C. A. von NEURATH, addetto onorario; Adolf FREUDENBERG, segretario (dal 3 febbraio 1926); Heinrich STROHEKER, consigliere di commercio.

Giappone: S. E. Kentaro 0TCHIAI, ambasciatore (dal 20 novembre 1926 Michikazu MATSUDA); Yasusaburo MoRI, consigliere; Shigenori TASHIRO, 3° segretario (dal 26 luglio 1926 Shin-ichi CHIBA); Toshitaka OKUBO, addetto; Seiichi lNOUYE, segretario, interprete; luogotenente colonnello Sadakata !IDA, addetto militare; capitano di vascello Nobuto TsuRu, addetto navale (dal 31 }uglio 192!5 capitano di fregata Soichi KASUYER).

Gran Bretagna: S. E. Sir Ronald GRAHAM, ambasciatore; Esmond OVEY, consigliere di ambasciata (dal 14 gennaio 1926 Charles WINGFIELD); colonnello W. F. BLAKER, addetto militare; comandante Richad Thornton DowN, addetto navale (dal 17 febbraio 1926 capitano Charles Dominick BuRKE); comandante I. N. FLETCHER, adde:tto aeronautico; S.ir Thomas ELLIOT, consigliere onorario; John Hosel HENDERSON, l o ,segretario di ambasdata per gli affari ~commerciali (dal 15 settembre 1926 Evelyn Charles Donaldson RAWLINS); William Kidston MAc CLURE direttore ufficdo stampa, con rango di 1o se~gretario onorario; Ol.iver Charles HARVEY, 2° segretario per gli affari commerciali; Herbert Dugdale CREEK, addetto onorario; visconte CAsTLEREAGH, addetto onorario (dal 13 o.ttobre 1926 capitano W. E. P. SAUNDERs); capitano Colin DuNCAN, addetto onorardo (dal 27 novembre 1925).

Grecia: Alexandros C. CARAPANos, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 19 novembre 1925 Nicolas MAVRouors); Kimon CoLLAS, lo segretario (dal 12 gennaio 1926 Dimitri CAPSALIS); Dimitri TZIRACOPOULOS, 2° segretario; maggiore Sofocle VENIZELOS, addetto militare provvisorio (residente a Parigi) (dal 5 aprile 1926 tenente colonnello di fanteria Dimitri VLACHOPOULOS).

Guatemala: Adriano REcrNos, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Parigi).

Haiti: Georges T. LAFONTANT, incaricato d'affari ad interim (dal 12 maggio 1926).

Hegiaz: Emiro Habib LOTFALLAH, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Ayet bey LrBoHOVA, 2° segretario.

Lettonia: Wiiis ScHUMANS, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Karlès BERÉNDS, segretario.

Lituania: Petras KLrMAS, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 12 dicembre 192'5 Valdemaras CARNECKro; Adalberto STANEIKA, l o segretario.

Messico: Don Rafael NrETO, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 16 novembre 1926 Carlos Puig CASAURANc); Leopoldo BLÀSQUEZ, consigliere; Alfonso Herrera SALCEDO, i 0 segretario (dal 20 gennaio 1926 Alfonso AcosTA, dal 15 aprile 1926 incaricato d'affari ad interim); don José J. GUTIÉRREZ, addetto (dal 20 luglio 1926 Juan BALLESTEROS); tenente colonnello Francesco J. AGUILAR, addetto militare (dal 18 marzo 1926 maggiore di cavalleria don Miguel BADILLo); don Salvador PRIETO, addetto commerciale.

Monaco (principato): conte Henri de MALEVILLE, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Norvegia: Johannes lRGENS, inviato straordinario e ministro plenipotenz,iario; Ove C. L. VANGESTEN, 1° segretario; Anders FJ:ELSTAD, addetto (fino al dicembre 1925).

Paesi Bassi: J an Herman van RoYEN, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; A. W. MossELMANS, consigliere (fino al settembre 1925; dal 23 novembre 1926 L. G. van HooRN); R. van ScHUYLENBURCH, addetto;

J. J. van RrJN, addetto commerciale.

Panama: Juan BRIN, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; dottor Guillermo PATTERSON junior, segretario.

Paraguay: Ettore VELASQUEZ, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Parigi); Justo Pastor BENITEZ, incaricato d'affari (dal 6 febbraio 1926).

Persia: DJELLAL-Us-SULTANEH, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 7 giugno 1926 ABOLGACEM AMm); Molvafaghos Sultaneh NouRY, 1° segretario; Mohsen Khan MEDHAT, segretario; barone Lazzaro de PoLIAKOFF, addetto commerciale onorario.

Perù: Don Germàn CISNEROS y RAYGADA, incaricato d'affari; Adolfo OYAGUli: y SoYER, 2° segretario (assente); don Gonzalo N. de ARAMBURU, 2° segretario; don José Franc<isco MARIATEGNI, 2° segretario; Luis LANATA CouDY, addetto onorario; don Salvador SoYER y CAVERO, addetto onorario (dall'll agosto 1926); capitano di fregata Julio V. GoYcocHEA, addetto navale; tenente colonnello don Manuel A. Rurz BRAVO, addetto militare.

Polonia: Augusto ZALESKI, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 5 marzo 1926 Stanislao KoziCHI; dal 31 gennaio 1927 Roman KNOLL); Ladislao de ScHWARZBURG-GUNTHER, consigliere, incaricato d'affari ad interim, dal lo dicembre 1926 al 30 gennaio 1927; Leone GOLSTAND, consigliere (dal 15 febbraio 1926 Giorgio ToMASZEWSKI); conte Giovanni DROHOJOWSKI, segretario (dal l<> giugno 1926 Tommaso DE SARYusz-BIELSKI; dal 29 gennaio 1927 Miecislas CHALUPCZYNSKI, 1° segretario); Leone Ladislao SIEMIRADZKI, segretario; Stanislas MICIELSKI, addetto (dal 29 gennaio 1927); conte Giuseppe MICHALOWSKI, addetto onorario; conte Luigi MoRsTIN, addetto onorario; colonnello Ignazio MATUSZEWSKI, addetto militare; Boleslao MIKULSKI, consigliere commerciale.

Portogallo: Eusebio LEA.o, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 31 gennaio 1927 Enrico TRINIDADE COELHO); Justino de MONTALVAO, consigliere; Gastao de AvELLAR TELLES, 2• segretario (incaricato d'affari ad interim dal 25 ottobre 1926 al 30 gennaio 1927); Valentin DA SILVA, 2° segretario (dal 7 dicembre 1925); Antonio de MANTERO BELARD VELARDE, addetto; Waldemar DA FONSECA ARAUJO, addetto.

Homania: Alessandro LAHOVARY, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Alessandro CRETZIANU, segretario (dal 25 marzo 1926 Raul Bossv, lo segretario); N. M. VLADEsco, 2° segretario; colonnello Michele SKELETTI, addetto militare, navale e aereonautico; capitano Robert BossY, addetto militare aggiunto (dal 1° aprile 1926); Prof. Eugenio PoRN, addetto commerciale, capo del servizio stampa.

Salvador: Dott. J. Gustavo GUERRERO, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Parigi).

S. Domingo: N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Parigi); dott. Tullio Franco FRANCO, incaricato d'affari ad interim (dal 2g giugno 1926); Guaroa VELAZZQUEZ, 1° segretario (fino al settembre 1926).

Serbi, Croati e Sloveni: Vojislé1v ANTONIEVIé, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 7 giugno 192·6 Jivoine BALOUGDJié); Milan JovANOVIé, consigliere (dal 24 novembre 1926); Miodrag LAZAREvré, lo segretario, Vladimir MILANovré, 2° segretario; Borislav Vouvré, 2° segretario (dal 22 marzo 1926); (dal 10 dicembre 1926 Vojislav YAKOVLJEVIé); geneo:ale Milan YETCHMÉNré, addetto militare (dal 12 gennaio 1927 generale Dragoliub TAssré); maggiore Stanko M. BRAéié, addetto militare aggiunto.

Siam: Phya SAARBAKICH PRIJA, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Luang BAHIDDHA NUKARA, 2o segretario; Luang Saman MAITRIRAKS, go segretario.

Spagna: S. E. don Cipriano Mu:Noz y MANZANo, conte De La VHiaza, ambasciatore; don Pedro GARCIA CoNDE, consigliere; don Bernardo RoLLAND, segretario (dal 19 giugno 1926 don José GALLOSTRA Y COELLO DE PORTUGAL); don Mariano CRESPI DE VALLAUNZA v CAVERO, barone de Callosa de Ensarria, addetto; don Javier BERMEJILLO, addetto; don Antonio VARGAS MACHUCA, addetto (.fino al dicembre 1925); don Rafael SANCHEZ MAZAS, addetto per i rapport,i culturali ed economici (dal 15 maggio 19·26); don José m;: LA GANDARA v PLAZAOLA, marchese de la GANDARA, addetto onorario; don Manuel CARRAsco, addetto onorario; conte de YEBES, addetto onorario; maggiore don Carlos MARTINEZ DE CAMPOS Y SERRANO conte de LLOVERA, addetto militare; capitano di vascello don Javier DE SALAS Y GoNZALES, addetto navale.

Stati Uniti d'America: S. E. Henry PRATHER FLETCHER, ambasciatore; George

T. SmvrMERLIN, consigliere (dal 20 luglio 1926 Warren D. RoBBINs); Norman ARMOUR, 1° segretario (dal 16 ottobre 1925 John F. MARTIN); Copley AMORY Jr., 2° segretario (dal 7 luglio 1925 Harold H. TrTTMANN); Edward Savage CROCKER, go segretario; ·capitano di vascello Kenneth G. CASTLEMAN, addetto navale (poi capitano di vascello Forde Anderson Tono); capitano di corvetta Henry B. CECIL, addetto navale aggiunto (dal 25 settembre 1926 luogotenente comandante Ralph F. WooD); tenente colonnello E. R. Warner Mc. CABE, addetto miJ,itare (dal 17 agosto 1926 maggiore di S. M. Robert C. RrcHARDSON Jr.); maggiore Martin F. ScANLON, addetto militare aggiunto per l'aviazione; capitano Walton W. Cox, addetto militare aggiunto; Henry

C. MAc LEAN, addetto commerciale; A. A. OsBORNE, addetto commerciale aggiunto.

Svezia: barone Augustino BECK FRns, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; barone Karel DE BrLT, consigliere onorario; Sven Harald PousETTE, l o segretario.

Svizzera: Georges WAGNIÈRE, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Theoring DE SoNNENBERG, ·consigliere; Pietro VIELI, segretario; Ca:·lo Edoardo DE BAVIER, segretario.

Turchia: S. E. SuAo bey, ambasciatore; AALI bey, consigliere (dal l o dicembre 1926); Moustapha AGHE'ACH bey, 1° segretario; Munir PERTEW bey, 2° segre· tario; tenente colonnello KouRTDJÉBÉ bey, addetto militare; (dal 2 dicembre 1925 tenente colonnello RIFAAT bey, addetto militare, navale e aeronautico); comandante HussEIN Moustapha bey, addetto militare aggiunto (dal 25 ottobre 192,6); capitano Nazif RucHDI bey, addetto militare aggiunto (dal 25 ottobre 1926).

Ungheria: conte Alberto NEMES DE HmvÉG, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; dott. Stefano DE HEDRY, consigliere; barone Giorgio BAKACH-BESSENIEV, 1° segretario (dal 17 maggio 19·2•6 Jean VoMLE); Nicolas DE GHYCZY, 1° segretario (dal 5 gennaio 1926 Constantin ScHINDLER); ·conte André DE SEMSEY, addetto, poi 2o segretario.

Unione delLe Repubbliche Soviettiste Socialiste: S. E. Platone KERJENTSEFF. ambasciatore; Alessandro MAKAR, consigliere (dal 3 maggio 1926 Nicola GLEBOFF-AVILOFF); Daniele RYDEL, 1° segretario (dal 21 dicembre 1925 Eugenio RUBININ); Anton ScHUSTER, 2° segretario (dal 2 febbraio 1926 Isac~o KARTASCEFF-CHEIFETZ); Ivan SoLOVIEFF, 3° segretario (dal 20 settembre 1926); Gregorio KIRDETZOFF, capo ufficio stampa con rango di addetto (dal 9 ottobre 1925 Samuele PEVSNER); Valentino TROUDOLJOUBOFF, addetto militare (dal 1° ottobre 1925 Cirillo JANSON); Paolo JUZBASCEFF, ·capo della rappresentanza comm""rciale; (dal 2 febbraio 192,6 Demetrio GoLENISTCHEFF-KUTUSOFF, rappresentante commerciale); ingegnere Valerio RoMANOJ<'F, membro del consiglio commer·oiale (residente a Milano); Alessio BARSKY, membro del consiglio commerciale (residente a Genova); Leone ALEXANDRI, rappresentante commerciale aggiunto (dal 13 gennaio 192.6); Leone RUBINSTEIN, rappresentante commerciale aggiunto (dal 9 aprile 1926).

Uruguay: Don Diego PoNs, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 28 maggio 1925); Federico GRUNWALDT-CUESTAS, 1° segretario (incaricato d'affari ad interim fino al 27 maggio 1925); Arturo PozziLLI, addetto; Don José RAMAsso, addetto commerciale (dal 17 giugno 1926).

Venezuela: Cesar ZuMETA, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Fernando DIAZ PAUL, 1° segretario (dall'8 settembre 1925, J. M. CAsAs ERICENO); Pedro CENTENO VALLENILLA, addetto.